La morte di uno stretto congiunto costituisce di per sé un fatto noto dal quale il giudice può desumere, ex art. 2727 cod. civ., che i congiunti dello scomparso abbiano patito una sofferenza interiore tale da determinare un’alterazione della loro vita di relazione e da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero altrimenti compiuto,sicché nel giudizio di risarcimento del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante dimostrare l’inesistenza di tali pregiudizi.

Tribunale Milano, Sezione 6 civile Sentenza 25 marzo 2019, n. 2928

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SESTA CIVILE

Il Tribunale di Milano, VI sezione civile, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Anna Giorgia Carbone, ha emesso la seguente sentenza

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 56494 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2014

TRA

(…) (C.f. (…)), in qualità di procuratore speciale di (…) in proprio in qualità di convivente more uxorio del sig. (…) nato in R. il (…) e deceduto il 23.10.2013 e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori (…) (c.f. (…)), (…), A.B., come da procura notarile dott. (…) di (…) del (…) Rep. N. (…) rappresentato e difeso dall’Avv. St.Ro. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Roma, Via (…), come da procura a margine della comparsa depositata in data 6.5.2015.

ATTORE

CONTRO

(…) S.C.(…) (P. IVA (…)), in persona del Procuratore dott. (…), rappresentata e difesa dall’ avv. Fi.Ma., ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Milano Via (…) come da procura a margine della comparsa di costituzione.

CONVENUTA

E

EREDI (…)

CONVENUTO CONTUMACE

E

(…),

CONVENUTO CONTUMACE

OGGETTO: Responsabilità extracontrattuale

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Premessa

L’attrice (…) in proprio e quale esercente la potestà sui minori (…), (…) e (…) nella qualità di convivente more uxorio del sig. (…), deceduto in data 23.10.2013 ha citato in giudizio gli eredi del sig. (…), conducente del ciclomotore modello (…) 250 con targa estera (…), il sig. (…), proprietario del suddetto ciclomotore e l'(…) per conseguire la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni sofferti dall’attrice in proprio e quale esercente la potestà sui minori (…), (…) e (…) per l’ammontare di Euro 1.304.600,00 ( di cui Euro 326.150,00 in favore della convivente more uxorio (…) in proprio ed Euro 978.450,00 quale esercente la potestà genitoriale sui tre figli minori) oltre ai danni patrimoniali da liquidarsi in via equitativa, alle spese per le esequie, agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria dal giorno del sinistro al soddisfo, previo accertamento della responsabilità del sig. (…) nella causazione del sinistro mortale, con vittoria di spese da distrarsi a favore del procuratore anticipatario in conseguenza del sinistro stradale verificatosi in data 23.10.2013.

L’attrice a fondamento della propria pretesa ha dedotto:

– che il sig. (…), conducente del ciclomotore modello (…) 250 con targa estera (…) di proprietà di (…) ed assicurato con la compagnia (…), mentre percorreva a velocità elevata una curva volgente a destra ed in pendenza della Via (…) spaccata in direzione Quarto giunto all’altezza del palo della luce n. 270076 perdeva il controllo del mezzo e, dopo avere scarrocciato per oltre otto metri circa, invadeva l’opposta corsia di marcia urtando frontalmente il veicolo (…) targato (…) di proprietà e condotto da (…);

– che il terzo trasportato a bordo del ciclomotore, (…), ed il conducente, a causa del fortissimo impatto venivano proiettati sull’asfalto e schiacciati dalla parte anteriore destra del veicolo (…) proveniente dall’opposta corsia di marcia, decedevano all’istante come documentato dal rapporto di incidente redatto dalla polizia locale di Napoli;

– di avere inoltrato la raccomandata A/R del 24.3.2014 con la quale si chiedeva all'(…) il risarcimento dei danni patrimoniali e non in favore dei congiunti del sig. (…);

– che l'(…) designava quale corrispondente della compagnia estera C.I. S.r.l. ai fini della trattazione del sinistro stradale;

– che nonostante i ripetuti solleciti C.I. non provvedeva al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in favore dell’attrice;

– che la responsabilità del sinistro era imputabile a colpa esclusiva del conducente del ciclomotore (…) ed ai sensi dell’art. 141 del codice delle Assicurazioni il sig. (…) in qualità di terzo trasportato doveva essere risarcito dall’impresa assicuratrice del veicolo sul quale viaggiava il terzo trasportato;

– che il decesso del giovanissimo (…), che aveva soli 28 anni al momento dell’incidente mortale, aveva provocato intense sofferenze alla convivente e ai 3 figli minori che avevano perso il legame affettivo rispettivamente con il compagno e padre;

– il danno da perdita del rapporto parentale in considerazione della convivenza more uxorio che per l’intensità e la stabilità del legame di reciproco affetto ed amore era assimilabile ad un rapporto coniugale risalente all’anno 2006 quando (…) e la sig. (…) avevano iniziato a convivere nel medesimo centro di accoglienza di Napoli con i tre figlioletti minori ( di sette anni, undici anni e otto anni) e si sostenevano moralmente e materialmente nelle necessità della vita quotidiana;

– Il danno esistenziale derivante dallo sconvolgimento della propria esistenza, considerato che la scomparsa di (…) ha causato il cambiamento delle abitudini di vita di tutta la famiglia in quanto la convivente more uxorio è rimasta sola con i tre figli e ha dovuto affrontare sia il trauma psicologico dei minori che le difficoltà economiche che hanno costretto i bambini a trasferirsi dai nonni in Romania per essere accuditi;

– danni biologici riflessi a causa del forte shock psicologico causato dall’improvviso e inaspettato decesso del compagno;

– Il danno catastrofale da perdita della vita considerato che il sig. B. decedeva all’istante;

– danni patrimoniali derivanti dalla perdita del reddito del compagno, tenuto conto che il sig. B. svolgeva attività lavorativa occasionale come operaio e contribuiva con il proprio stipendio al sostegno economico dei figli minori e della famiglia, oltre ai danni derivanti dalle ingenti spese sostenute per le esequie.

Con comparsa depositata in data 6.5.2015 si costituiva l’avv. Stefania Rondini per conto dell’avv. (…) in qualità di procuratore speciale di (…) in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori (…), (…), A.B. riportandosi ai precedenti atti e documenti. A tale comparsa era allegata la revoca del mandato conferito all’avv. E.C..

Con comparsa depositata in data 29.5.2015 si costituiva in giudizio il convenuto (…) che, in via preliminare, ha eccepito la nullità della notifica dell’atto di citazione nei confronti degli eredi del sig. (…) presso il domicilio eletto ex lege presso l'(…) stante l’incertezza assoluta della persona a cui è fatta, sempre in via preliminare ha contestato la legittimazione ad agire degli attori risultando incerto se agiscano in proprio o quali soggetti rappresentati dal procuratore speciale. Nel merito la convenuta ha chiarito che l'(…) quale garante ex lege del veicolo straniero è garante di tutti gli aventi diritto per cui dovrebbe prima ricercare tutti i soggetti che possano avere riportato danni per effetto dell’evento assicurato e poi ripartire tra costoro la somma complessiva di cui al massimale della garanzia e ha escluso l’applicazione dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni ai veicoli stranieri potendo il terzo trasportato danneggiato agire direttamente nei confronti del responsabile civile. Infine ha precisato che l’eventuale liquidazione del danno dovrebbe avvenire in base alla legge vigente nel paese in cui il danno si verifica per evitare una ingiusta loclupletazione degli attori che risiedono in Romania e ha concluso per il rigetto delle domande.

La trattazione della causa inizialmente è stata rinviata su richiesta delle parti che stavano valutando soluzioni transattive, con ordinanza del 22.12.2015 è stata rigettata la richiesta di assegnazione di una provvisionale. All’udienza del 27.10.2016 parte attrice manifestava la volontà di rinunciare agli atti ex art. 306 c.p.c. e la convenuta si riservava di dichiarare se accettare la rinuncia, due udienze venivano ulteriormente rinviate in pendenza di trattative tra le parti e concessi i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c. la causa è stata ritenuta matura per la decisione e all’udienza del 11 ottobre 2018, mutato l’organo giudicante, le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

2. La domanda attorea – legittimazione attiva – procura speciale

Parte attrice (…) ha promosso il presente giudizio in proprio, in qualità di convivente more uxorio del sig. (…), deceduto a seguito dell’incidente verificatosi in data 23.10.2013, e quale esercente la potestà sui minori (…) (nata ad A. il (…)), (…) (nato in R. il (…)) e (…) (nato in R. il (…)) per ottenere una pronuncia di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali sia iure proprio (danni da perdita del rapporto parentale) che iure hereditario (danni esistenziali, danni biologici riflessi e danno catastrofale), nei confronti dell'(…).

Parte attrice in sede di precisazione delle conclusioni nel limitare la propria domanda risarcitoria alla condanna nei confronti dell'(…) ha, implicitamente, rinunciato alla domanda di condanna, in solido, degli eredi di (…), conducente del motociclo deceduto nel medesimo sinistro, e del sig. (…), proprietario del motociclo con targa estera ed assicurato dalla compagnia estera S.C. (…), previo accertamento della responsabilità esclusiva del conducente del ciclomotore (…). Si rende, pertanto, superflua una pronuncia in merito all’inesistenza (e non alla nullità della notifica come eccepito da parte convenuta) della notifica dell’atto di citazione, relativamente alla domanda ex art. 2054 c.c, nei confronti di (…) e degli eredi di (…), avvenuta presso il domicilio ex lege dell'(…) anziché presso la residenza del responsabile civile e del conducente ai sensi dell’art. 142 c.p.c., e alla conseguente mancata instaurazione del rapporto processuale tra l’attrice e i suddetti convenuti (cfr. Cass. 13.2.1996, n. 1084; Cass. 15.1.1996, n. 272; Cass. 9.4.1990, n. 2939; Cass. 16.1.1988, n. 302; Cass. 11.5.1987, n. 4338).

Ne consegue che il presente giudizio ha ad oggetto unicamente l’azione diretta ex art. 141 del D.Lgs. n. 209 del 2005 proposta nei confronti dell'(…), garante ex lege ai sensi dell’art. 125, comma terzo n.2 per il risarcimento dei danni cagionati in Italia dalla circolazione dei veicoli muniti di targa di immatricolazione rilasciata da uno stato terzo, ed essendo stato notificato l’atto introduttivo oltre che all'(…), anche al responsabile del danno ex art. 126, II comma n.2 del D.Lgs. n. 209 del 2005, e cioè a (…) proprietario straniero del ciclomotore, presso il suo domiciliatario ex lege, risulta ritualmente integrato il contraddittorio nei confronti del litisconsorte processuale atipico (o imperfetto o anomale), costituito appunto dal responsabile civile del danno (vedi Cass. Civ., Sentenza n. 23716 del 22/11/2016 e Cass. Civ. 7932/2012).

Prima di procedere all’esame del merito della domanda occorre valutare le questioni preliminari sollevate dalla convenuta (…)

I dubbi sollevati in merito alla legittimazione ad agire dell’avv. C. nella qualità di procuratore speciale di (…) ( M. è il cognome da nubile della sig. G. che la stessa ha riacquistato per effetto della sentenza di scioglimento del matrimonio con G.L. pronunciata in data 10.4.2014 – doc. n. 14 e 13 fascicolo attoreo-) devono essere superati dalla lettura della procura speciale prodotta (doc. n. 26 fascicolo attoreo) che ha ad oggetto non solo la rappresentanza processuale bensì anche quella sostanziale della sig. (…) in proprio ed in qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori) in piena aderenza con le nome che regolano il nostro sistema.

Si legge infatti testualmente nella procura del 14 aprile 2015 che l’avv. C. “in suo nome, in sua vece ed interesse quale parte lesa possa compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione e disposizione affinchè proceda giudizialmente e anche stragiudizialmente per il risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti e subendi per l’incidente avvenuto il 23 ottobre 2013in Napoli.. lo stesso viene incaricato a nominare difensori, consulenti tecnici”. Al suddetto procuratore è, altresì, conferito il potere di “concludere accordi e transazioni, intervenire nella redazione dell’atto e sottoscriverlo e convenire l’importo del ristoro e riscuoterlo, previa autorizzazione del giudice tutelare, incassare assegni emessi a nome della sottoscritta…”.Dalla lettura di tale procura speciale emerge con chiarezza inequivocabile che al sig. C. è stato conferito non soltanto il potere di rappresentanza processuale bensì anche sostanziale; ed invero da un lato la procura fa riferimento a tutti i diritti, e quindi anche di natura sostanziale, e dall’altro non si spiegherebbe altrimenti la specificazione del suo potere di nominare difensori e eleggere domicilio anche per procedere giudizialmente. Ed infatti nella comparsa di costituzione depositata in data 6.5.2015 l’avv. C. ha conferito la procura alle liti all’avv. Stefania Rondini che, quindi è intervenuta come nuovo difensore a seguito della revoca del mandato all’avv. E.C..

Alla luce della copiosa documentazione prodotta in giudizio da parte attrice devono essere superati anche i dubbi sollevati dalla convenuta in merito alla qualifica di prossimi congiunti assunta dalla sig. (…) e dai minori (…), (…), (…). In particolare:

– dal certificato di nascita (doc. n. 17 fascicolo attoreo) risulta che (…) è nata il (…) ad A. (C.), I. da (…) e (…);

– la sentenza civile n. 903 emessa in data 4.4.2014 ( doc. n. 18 fascicolo attoreo) dal Tribunale di primo grado di Calarasi (Romania) ha dichiarato che “il defunto (…), deceduto in data 23.10.2013, è il padre biologico del minorenne (…) nato il (…)” consentendo al minorenne A. a portare il cognome del suo padre naturale, quello di “B.” e disponendo le modifiche da effettuare sull’atto di nascita (come risulta dal certificato di nascita doc. 19);

– dalla sentenza civile n. 951 emessa il 10.4.2014 (doc. n. 14) emerge che sebbene (…) sia nato (il (…)) in costanza del matrimonio celebrato da (…) con G.L. in data 17.1.2005, il minorenne è figlio di (…) con il quale la sig. M. aveva un rapporto sentimentale prima di sposarsi con G., matrimonio di convenienza e mai consumato, come peraltro ammesso dal sig. G.L. che nel corso del giudizio il quale ha riferito che al momento della celebrazione del matrimonio la sig. M. era incinta e dopo circa un mese è nato il minorenne (…) che non è suo figlio, ma figlio di (…), precisando di non avere avuto alcun rapporto con la sig. M.. La sentenza ha dichiarato, quindi, il defunto (…) padre del minorenne (…) nato il (…) a C. consentendo al minorenne di prendere il cognome del padre, B. come risulta dal certificato di nascita (doc. n. 21) da cui emerge che B.(…) è nato il (…) a C. da (…) e (…);

– dalla relazione del 18.11.2013 del Responsabile del procedimento F.C. del Centro Lima – Protezione civile “Centro comunale di accoglienza e supporto territoriale (…)” emerge che il nucleo familiare composto da (…), (…), (…) , (…) e (…) era stato accolto e ha dimorato stabilmente dal 15.6.2009 nel Centro Comunale di Accoglienza e Supporto Territoriale allestito presso la ex scuola (…) ed in tutti gli anni trascorsi i genitori dei minori avevano accudito amorevolmente i loro figli e si erano perfettamente integrati nella comunità e nel territorio ospitate. Si dava atto che a seguito dell’avvenuto decesso di (…), padre dei minori, a seguito di un incidente stradale, i minori si recavano a visitare i nonni in patria ma chiedevano di riprendere gli studi in Italia dove sono regolarmente iscritti.

Non vi sono dubbi, alla luce della documentazione esaminata che la sig. M., in qualità di convivente more uxorio di (…) e di genitore esercente la potestà genitoriale sui figlio (…), (…), (…) ha diritto ad agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni patiti per effetto dell’incidente stradale verificatosi il 23.10.2013 in cui il sig. (…) ha perso la vita. E tali diritti sono stati esercitati per il tramite di un rappresentante, sia sostanziale che processuale, Avv. (…) che agisce in nome e per conto della sig. (…) in proprio e quale esercente la potestà sui minori.

3. Art. 140 D.Lgs. n. 209 del 2005- litisconsorzio necessario- insussistenza

Parte convenuta, inoltre, nel dedurre di non potere essere condannata che nei limiti e nel rispetto del limite di garanzia fissato dalla legge, ha invocato l’art. 140 del D.Lgs. n. 209 del 2005 indicando l’esistenza di altri parenti di (…) (il padre della vittima sig. (…), i due fratellastri (…) e (…), la moglie (…) e la sorella (…)) che hanno avanzato richiesta di danni all'(…) ( e nella comparsa conclusionale parte convenuta richiama il procedimento n. R.G. 10877/2016 incardinato innanzi al Tribunale di Napoli ed introdotto ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. dai suddetti parenti) ma non ha formulato espressa domanda di accertamento del massimale nei confronti di tali soggetti, domanda che avrebbe legittimato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i parenti della vittima.

Al riguardo deve, infatti, osservarsi, che i casi di litisconsorzio necessario, in quanto limitativi della libertà di agire in giudizio, devono formare oggetto di interpretazione restrittiva ed una lettura dell’art. 140 del Codice delle Assicurazioni Private, che dilatasse la necessità del litisconsorzio a tutti i casi in cui un danneggiato proponga domanda risarcitoria nei confronti dell’impresa di assicurazione, renderebbe tale norma fortemente sospetta di incostituzionalità, non potendo porsi a carico dell’attore danneggiato un onere di individuare tutti gli altri soggetti danneggiati nel corso del medesimo sinistro e di chiamarli in giudizio per concorrere proporzionalmente sulla somma assicurata.

Proprio per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione correttiva e costituzionalmente orientata della norma in questione, nel senso di ritenere sussistente il litisconsorzio necessario ex art. 140, comma 4, D.Lgs. n. 209 del 2005 soltanto in due ipotesi:

1) se l’assicurazione, a fronte delle richieste di più danneggiati, formuli essa stessa una specifica domanda di accertamento del massimale nei confronti di tutti;

2) se uno dei danneggiati, a fronte della contestazione dei limiti del massimale da parte dell’impresa di assicurazione, formuli domanda di accertamento della insussistenza del diritto al risarcimento degli altri danneggiati ovvero della minor quota (rispetto a quella prospettata dall’eccipiente assicurazione) ad essi spettante (v. Cass. n. 1862/2009 cit., richiamata sul punto anche da C.Cost. n. 329 del 2009 cit.).

Detta interpretazione, d’altra parte, è coerente con l’intero sistema dell’art. 140, D.Lgs. n. 209 del 2005, che:

a) pone in capo alla stessa impresa di assicurazione un onere di ricercare i danneggiati entro 30 giorni dal sinistro con la normale diligenza (incorrendo altrimenti in responsabilità per mala gestio);

b) consente all’impresa di assicurazione, ove tale onere sia stato rispettato e purtuttavia emerga successivamente la sussistenza di altri danneggiati, di opporre a questi ultimi il limite del massimale residuato a seguito del pagamento a favore di alcuni di essi “di una somma superiore alla quota spettante” (per come rideterminata in base ai danneggiati, la scoperta dei quali da parte dell’assicurazione sia incolpevolmente sopravvenuta);

c) consente, inoltre, all’impresa di assicurazione di liberarsi in ogni caso dall’obbligo risarcitorio nei confronti di tutti i possibili aventi diritto, depositando la somma corrispondente all’intero massimale.

In tal senso, anche di recente, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, rigettando un motivo di doglianza formulato da un’impresa di assicurazione relativamente alla necessità di integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 140, D.Lgs. n. 209 del 2005, ha chiarito come tale norma ponga per l’assicuratore una rigida alternativa: o l’assicuratore non può sapere di altri danneggiati, per quanto li abbia diligentemente ricercati, ed allora non v’è bisogno di litisconsorzio tra le vittime, perché l’assicuratore che abbia pagato i soli danneggiati noti non può essere costretto ad un secondo pagamento eccedente il massimale; o l’assicuratore sa dell’esistenza di altri danneggiati (ovvero lo ignora per sua negligenza), ed allora è suo interesse, onde evitare condanne ultramassimale, chiamarli in causa o effettuare il deposito liberatorio del massimale (Cass. sent. 16.4.2015, n. 7685).

Orbene, non risulta che, nel caso di specie, l'(…) abbia formulato una specifica domanda di accertamento del massimale nei confronti di tutti i parenti; né, d’altra parte, l’attore, a fronte della contestazione dei limiti del massimale da parte della (…), ha chiesto un accertamento sull’insussistenza del diritto al risarcimento di alcun altro danneggiato, ovvero sulla minor misura della quota a questi spettante. Ne discende che nel caso di specie va esclusa la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario ai sensi dell’art. 140, D.Lgs. n. 209 del 2005.

4. ammissibilità dell’azione diretta ex art. 141 D.Lgs. n. 209 del 2005

Con riferimento alla questione dell’ammissibilità dell’azione diretta ex art. 141 del codice delle assicurazioni da parte dei prossimi congiunti del terzo trasportato deceduto per conseguire il risarcimento sia dei danni subiti “iure proprio”, come il danno da perdita del rapporto parentale lamentato dall’attrice, che dei danni subiti “iure hereditario” quali il danno biologico riflesso, il danno morale, il danno esistenziale ed il danno catastrofale del pari richiesti dall’attrice, occorre fare qualche precisazione.

E’ ormai pacifico in giurisprudenza che gli stretti congiunti della vittima primaria possano richiedere “iure proprio”, quali vittime di rimbalzo del fatto illecito, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti nella loro sfera giuridica per effetto della morte del congiunto. Si rammenta relativamente a quest’ultimo punto che, secondo il più che stratificato orientamento giurisprudenziale formulato in ordine alla risarcibilità dei danni c.d. “riflessi” subiti dalle vittime secondarie della condotta integrante una fattispecie di reato, “ai prossimi congiunti della vittima di un reato (nella specie omicidio colposo) spetta iure proprio il diritto al risarcimento del danno, avuto riguardo al rapporto affettivo che lega il prossimo congiunto alla vittima, non essendo ostativi ai fini del riconoscimento di tale diritto né il disposto dell’art. 1223 del codice civile né quello di cui all’art. 185 del codice penale, in quanto anche tale danno trova causa diretta e immediata nel fatto illecito” (cfr. Cassazione civile, sez. un., 01 luglio 2002, n. 9556; Cassazione civile, sez. III, 28 novembre 2007, n. 24745).

Sviluppando tali indicazioni, in mancanza di precipue disposizioni normative sul punto, ritiene la scrivente che possa essere ravvisata la legittimazione ad agire delle vittime secondarie che hanno proposto tale giudizio in ragione dello stretto vincolo di parentela e di convivenza che li legava a vario titolo alla vittima del denunciato sinistro in quanto convivente more uxorio e figli minorenni, per il risarcimento dei danni riflessi subiti per la perdita del loro stretto congiunto.

Sebbene la giudicante, sia consapevole di un orientamento della giurisprudenza di merito che ha interpretato restrittivamente l’art. 141 del codice delle assicurazioni che avrebbe limitato l’ambito del risarcimento diretto solo al danno proprio del trasportato, si ritiene ammissibile l’azione risarcitoria promossa dai congiunti della vittima trasportata mediante l’azione diretta prevista dall’art. 141 del Codice delle Assicurazioni sia con riferimento al ristoro dei danni iure proprio che iure hereditario. E’ ben vero che il primo comma dell’art. 141 citato sembra riferirsi al solo danno “subito dal terzo trasportato” e, coerentemente alla lettera della norma la giurisprudenza di merito non ha avuto dubbi nel ritenere ammissibile l’azione diretta ex art. 141 allorchè i congiunti della vittima richiedano iure successionis il ristoro del danno biologico, morale, esistenziale ovvero tanatologico subito dalla vittima del sinistro. In tali ipotesi, infatti, la pretesa ha effettivamente ad oggetto i danni subiti dal terzo trasportato il cui risarcimento viene chiesto agli eredi che si affermano succeduti nel lato attivo del rapporto obbligatorio trasmissibile. Ma ritenere che i congiunti della vittima possano avvalersi dell’azione diretta ex art. 141 del codice delle assicurazioni soltanto per la tutela dei danni subiti iure successionis creerebbe una palese disparità di trattamento con i danni subiti iure proprio e si porrebbe in contrasto, altresì, con i principi di effettività della tutela ex art. 24 della Costituzione, di ragionevole durata dei processi e di economicità dei giudizi, principi, questi che impongono una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 141 del codice delle assicurazioni. La disparità di trattamento che subirebbero i congiunti della vittima trasportata si evidenzierebbe anche con riferimento alla posizione del terzo trasportato al quale il legislatore ha voluto riconoscere una tutela rafforzata di cui si ritiene possano fruire i congiunti della vittima per vedere riconosciuti tutti i danni risarcibili.

Tali considerazioni sono rafforzate ulteriormente dal principio della natura unitaria ed omnicomprensiva del risarcimento del danno non patrimoniale che, come ribadito di recente dalla Corte di Cassazione (vedi ordinanza n. 23469 del 28/09/2018) “può riferirsi a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica, con conseguente obbligo, per il giudice di merito, di tenere conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze “in peius” derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici.”.Tale principio impone al giudice di esaminare congiuntamente tutti i pregiudizi lamentati dai congiunti al fine di limitare le pretese risarcitorie ai danni effettivamente subiti escludendo le duplicazioni di poste risarcitorie ed assicurando in tal modo una tutela effettiva.

Facendo applicazione di tali principi al caso in esame la giudicante, ritiene ammissibile l’azione diretta promossa nei confronti dell'(…) ai sensi dell’art. 141 con riferimento a tutte le tipologie di danno richieste dall’attrice.

5. Normativa applicabile – Regolamento CE n. 864 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11.7.2007 – locus damni – legge italiana

Prima di esaminare nel merito la pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice occorre fare una premessa in merito, sia alla normativa applicabile, trattandosi di sinistro che, sebbene sia avvenuto in Italia ha coinvolto persone di nazionalità straniera, che ai criteri di liquidazione applicabili nel caso in esame, alla luce della contestazione sollevata da parte convenuta.

Non vi sono dubbi nel caso in esame in ordine alla normativa applicabile. Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 4 Regolamento (CE) n. 864 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”), in G.U.U.E, L. n. 199 del 31 luglio 2007, 40 (efficace ai sensi del suo art. 31, a partire dall’11 gennaio 2009 e, dunque, applicabile al caso che ci occupa), la responsabilità aquiliana è regolata dalla legge del luogo in cui “il danno si verifica” (locus damni).

Il decesso di (…) è avvenuto in Italia per cui è applicabile la legge italiana.

Inoltre, come statuito da Corte di Cassazione civile sez. III 4 aprile 2013, n. 8212 “L’art. 16 disp. prel. cod. civ., nella parte in cui subordina alla condizione di reciprocità l’esercizio dei diritti civili da parte dello straniero, pur essendo tuttora vigente deve essere interpretato in modo costituzionalmente orientato, alla stregua del principio enunciato dall’art. 2 Cost., che assicura tutela integrale ai diritti inviolabili della persona.

Ne consegue che allo straniero è sempre consentito, a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità, domandare al giudice italiano il risarcimento del danno, patrimoniale e non, derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona (quali il diritto alla salute e ai rapporti parentali o familiari), ogniqualvolta il risarcimento dei danni – a prescindere dalla verificazione in Italia del loro fatto generatore – sia destinato ad essere disciplinato dalla legge nazionale italiana, in ragione dell’operatività dei criteri di collegamento che la rendono applicabile”. Ne consegue che il risarcimento del danno per perdita parentale o per lesione del diritto alla salute è, pertanto, riconoscibile a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità.

6. Criteri di liquidazione del danno non patrimoniale-

La controversia in esame investe, inoltre, la discussa questione relativa al quantum del risarcimento del danno non patrimoniale liquidabile ad un soggetto straniero o ai suoi prossimi congiunti, qualora gli stessi, siano residenti in un paese diverso da quello in cui si è verificato il fatto lesivo, tematica su cui si sono profilati in giurisprudenza indirizzi contrastanti.

La convenuta (…) ha contestato l’utilizzo dei parametri economici vigenti in Italia per la liquidazione monetaria del risarcimento, rappresentando che, per giurisprudenza costante, “L’esigenza di riconoscere a tutti i danneggiati un risarcimento uguale non può ritenersi soddisfatta dalla mera attribuzione di un uguale valore monetario che sia indipendente dal contesto economico in cui vive il singolo danneggiato, perché in tal modo si creerebbe un ingiustificato arricchimento in capo a coloro che vivano in Stati ad economia depressa con prezzi medi del costo della vita inferiori a quelli dell’Italia o di altri Paesi, come è notoriamente per l’Albania.

Occorre pertanto individuare il potere d’acquisto della valuta in cui viene effettuata la liquidazione dei due Paesi interessati, parendo all’uopo utile avvalersi dei coefficienti di conversione previsti nel Decreto del Ministero del Lavoro del 12 maggio 2003 per la determinazione del livello di reddito equivalente, per ciascuno Stato, a quello di cui all’art. 38 L. n. 448 del 2001 in funzione dei computo del trattamento pensionistico che in ciascuno Stato estero consente un potere d’acquisto pari a quello proprio della pensione sociale conseguita e spesa in Italia” (Tribunale Torino, sez. IV, 20/07/2010, n. 4932).

Ad avviso della scrivente non è condivisibile la tesi sostenuta dal convenuto (…) (pure affermata da parte della giurisprudenza di merito, cfr. Corte appello Trieste 25 gennaio 1995 n. 72 in Il civilista 2010, 11, 68; Tribunale di Treviso n. 1127/2008, in Responsabilità e Risarcimento, n. 8 del 2008, Tribunale di Conegliano n. 334/2008, del Tribunale di Saronno – Sez. dist. di Busto Arsizio n. 141 del 2008, Tribunale di Monza n. 3302/2007, Tribunale di Torino 20 luglio 2010 n. 4932), che afferma la necessità di ridurre il danno riconoscibile in relazione al potere di acquisto medio della nazione di residenza dei danneggiati.

Si richiama, in proposito, il contenuto delle considerazioni svolte dalla S.C. nella sentenza 13 novembre 2014, n. 24201 (richiamata anche nella sentenza sez. III, 07/10/2016, n.20206), nella quale sono state poste in evidenza le ragioni che inducono a ritenere illegittima la decurtazione del risarcimento dei danni – liquidato in base ai parametri monetari desunti dalla prassi giurisprudenziale che ha trovato avallo nella sentenza 12048/2011 della Corte regolatrice – che si basi sulla mera constatazione della diversità tra il potere di acquisto della moneta nel Paese di appartenenza del danneggiato ed in Italia, desunto dai livelli economici equivalenti di cui al D.M. 12 maggio 2003 emesso in forza del disposto dell’art. 38, comma 9, della L. n. 289 del 2002, concernente le determinazioni di livelli di reddito equivalente per ciascun paese straniero al reddito di cui alla L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 1.

È stato, in particolare, osservato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza citata, che “come la Corte costituzionale ha più volte insegnato, le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano tra quelle che, nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall’appartenenza a determinate entità politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato (v. la sentenza n. 306 del 2008, nonché, in relazione al diritto inviolabile alla salute, la sentenza n. 252 del 2001); e la medesima Corte ha anche dichiarato contraria all’art. 3 Cost. – benché tale parametro faccia riferimento ai “cittadini” una disposizione di legge regionale che immotivatamente escludeva gli stranieri dal novero dei fruitori di una provvidenza sociale (nella specie, il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea, sentenza n. 432 del 2005).

Questa Corte, sulla scia di quanto indicato dal Giudice delle leggi, ha riconosciuto (sentenza 11 gennaio 2011, n. 450) che “allo straniero, indipendentemente dalla condizione di reciprocità, compete il risarcimento dell’intero danno non patrimoniale, di cui all’art. 2059 c.c., allorché esso sia liquidato non come ipotesi espressamente prevista dalla legge (nella formulazione letterale ed originaria della norma), ma quale risarcimento della lesione di un valore della persona umana, costituzionalmente garantito”.

“In altre parole – si precisa nella sentenza 13 novembre 2014, n. 24201, della Sez. III – non si vede, alla luce della giurisprudenza costituzionale nonché della semplice logica giuridica, per quale ragione un medesimo evento dannoso (…) possa determinare conseguenze diverse a seconda della nazionalità dei soggetti aventi diritto al risarcimento.

Questa Corte, d’altra parte, ha in numerose e ben note sentenze ribadito che il risarcimento del danno deve avere come obiettivo fondamentale il ripristino del valore-uomo nella sua insostituibile unicità (v., tra le altre, le sentenze 20 novembre 2012, n. 20292, 22 agosto 2013, n. 19402, e 14 gennaio 2014, n. 531); ora, anche se la morte rende impossibile tale ripristino, pur tuttavia il risarcimento che ne consegue non può differenziarsi per il fatto che il denaro erogato a tale titolo è destinato ad essere speso in un Paese nel quale il costo della vita è diverso da quello dell’Italia”.

Facendo applicazione di tali principi al caso in esame si deve ritenere che spetta sia alla convivente more uxorio, (…), che ai figli, (…), (…) e (…) il risarcimento dei danni patiti in conseguenza del grave incidente in cui (…) ha perso la vita che saranno liquidati alla luce delle Tabelle del Tribunale di Milano nell’ultima versione del 2018.

7. Danno non patrimoniale risarcibile – perdita del rapporto parentale-

Occorre fare una precisazione con riferimento alle voci di danno dedotte da parte attrice.

Con riferimento al lamentato danno “catastrofale” si evidenzia come la morte istantanea del sig. (…) accertata nell’immediatezza dell’incidente dal medico intervenuto impedisce la risarcibilità di tale voce di danno. E a tale conclusione si perviene facendo applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Suprema Corte (vedi Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015 n. 15350) che è costante nell’affermare che i danni non patrimoniali risarcibili alla vittima e trasmissibili iure hereditatis sono:

– il danno biologico (danno terminale), lesione del bene salute come danno conseguenza, “consistente nei postumi invalidanti che hanno caratterizzato la durata concreta del periodo di vita del danneggiato” dalla lesione alla morte. Si richiede però che tra evento lesivo e decesso sia intercorso un apprezzabile lasso temporale (ex multis, Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2006 n. 1877);

– il danno morale soggettivo (danno catastrofale), ossia lo stato di sofferenza spirituale patito dalla vittima nell’avvicinarsi della fine-vita, trattandosi di un danno conseguenza, è necessaria la prova della “lucida e cosciente percezione dell’ineluttibilità della propria fine” (ex multis, Cass civ., sez. III, 13 giugno 2014 n. 13537), danno conseguente alla sofferenza patita per essere sopravvissuto per un lasso di tempo, anche minimo, in condizione di “lucida agonia”, tale da consentirgli di percepire la gravità della propria condizione e di soffrirne (cfr. Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6273; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2013, n. 7126; Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537). In consonanza con la giurisprudenza ampiamente maggioritaria della Corte di cassazione, le note sentenze rese a Sezioni Unite dell’11 novembre 2008 (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26972; Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26973; Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26974; Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26975) hanno precisato che, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, tale danno si sostanzia in una “sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, (…) che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. (…) Il giudice potrà (…) correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine”.

Quanto ai danni biologici “riflessi” lamentati dalla convivente more uxorio che, secondo la prospettazione contenuta nell’atto di citazione avrebbe subito “un forte shock psicologico causato dall’improvviso quanto inaspettato decesso del proprio compagno”. Ma non risulta documentato che la sofferenza psichica si sia “cristallizzata” in una vera e propria patologia nosograficamente apprezzabile, pertanto tale voce di danno non può essere risarcita dovendo essere ricompresa nel danno da perdita del rapporto parentale.

Anche le dedotte voci di danno “esistenziale” e “morale” sono una mera duplicazione dell’unica voce di danno risarcibile che è rappresentata dal “danno da perdita parentale”.

Infatti parte attrice deduce a fondamento delle voci di danno “esistenziale” e “morale” circostanze di fatto quali le “sofferenze e patemi d’animo”, “intense sofferenze subite a causa della perdita del legame affettivo”, “intensissime sofferenze per la scomparsa del medesimo” ” sconvolgimento della propria esistenza e dal senso di vuoto per la perdita del legame affettivo con la vittima”.

Tutte le circostanze allegate fanno riferimento alla sofferenza patita dai congiunti che li affligge a causa della perdita del rapporto parentale , per cui la lesione dell’interesse della perdita del rapporto parentale è stata qualificata sia danno morale che danno esistenziale oltre che danno da perdita del rapporto parentale, in tal modo finendo per triplicare la stessa voce di danno in spregio al sopra citato principio della natura unitaria ed omnicomprensiva del risarcimento del danno non patrimoniale.

In tali termini si è pronunciata la Corte di Cassazione (Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972 (punto 4.8): “egualmente determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato …”.

La conclusione è stata di recente riaffermata (con nettezza, tra le altre, da Cass. 8 luglio 2014, n. 15491; Cass. 23 settembre 2013, n. 21716) ed è corroborata dalla stessa giurisprudenza di questa stessa terza sezione che è poi intervenuta per delimitare i contorni di questo divieto di duplicazione: giurisprudenza che precisa appunto che la considerazione separata delle componenti del pur sempre unitario concetto di danno non patrimoniale è ammessa, quando però sia evidente la diversità del bene od interesse oggetto di lesione (Cass. 9 giugno 2015, n. 11851; Cass. 8 maggio 2015, n. 9320).

Pertanto (vedi Sez. 3 – Ordinanza n. 30997 del 30/11/2018) , è inammissibile, costituendo una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione, al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza di un fatto illecito costituente reato, del risarcimento a titolo di danno da perdita del rapporto parentale e di danno esistenziale (inteso quale sofferenza soggettiva, ma che in realtà non costituisce che un aspetto del più generale danno non patrimoniale) (Cass. 10/01/2017, n. 238).

Né la vittima ha allegato – sì da integrare la seconda condizione – la ricorrenza di situazioni eccezionali atte a far ritenere che il pregiudizio sofferto fosse diverso e maggiore rispetto ai casi consimili (Cass. 27/03/2018, n. 7513; Cass. 18/11/2014, n. 24471).

Ne consegue che nel caso in esame è risarcibile unicamente il danno “iure proprio” da perdita del rapporto parentale in quanto l’interesse fatto valere è intangibilità della sfera degli effetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 cost.

Si tratta di un “interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c., nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad una riparazione ai sensi dell’art. 2059 c.c., senza il limite ivi previsto in correlazione all’art. 185 c.p. in ragione della natura del valore inciso, vertendosi in materia di danno che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato” (Cass., n. 2557/11).

L’uccisione del congiunto dà luogo a danno non patrimoniale, consistente nella perdita del rapporto parentale, quando colpisce soggetti legati da un vincolo parentale stretto, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che connota la vita familiare nucleare;

“Solo in tal modo il rapporto tra danneggiato primario e secondario assume rilevanza giuridica ai fini della lesione del rapporto parentale, venendo in rilievo la comunità familiare come luogo in cui, attraverso la quotidianità della vita, si esplica la personalità di ciascuno (art. 2 Cost.).

La presenza di un dato esteriore certo, a fondamento costituzionale, che elimina le incertezze in termini di prevedibilità della prova caso per caso di un rapporto affettivo intimo intenso, si sostituisce, così, al dato legalmente rilevante della parentela stretta all’interno della famiglia nucleare e, parificato a quest’ultimo, consente di usufruire dello stesso regime probatorio, per presunzione della particolare intensità degli affetti, che la giurisprudenza di legittimità ammette per i parenti stretti” (Cassazione civile sez. III 06 agosto 2013 n. 18659, cfr. anche Cass. n. 10527/2011; n. 4253/2012; n. 10527/2011).

La morte di uno stretto congiunto inoltre “costituisce di per sé un fatto noto dal quale il giudice può desumere, ex art. 2727 cod. civ., che i congiunti dello scomparso abbiano patito una sofferenza interiore tale da determinare un’alterazione della loro vita di relazione e da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero altrimenti compiuto,sicché nel giudizio di risarcimento del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante dimostrare l’inesistenza di tali pregiudizi” (Cassazione civile sez. III 06 agosto 2013 n. 18659, cfr. anche Cass. n. 10527/2011; n. 16018/2010).

In base a quanto esposto deve ritenersi sussistente il danno in esame, in assenza di elementi contrari, neppure allegati dalla convenuta (la quale incentra la propria linea difensiva sul quantum risarcitorio e sulla applicazione del diritto rumeno per la liquidazione del danno), tenuto conto della afflizione normalmente percepita da chi subisce ingiustamente una perdita parentale.

Per la liquidazione del danno in esame si ritiene necessario fare riferimento alle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano nell’aggiornamento del 2018 che risultano, invero, adottate dalla maggior parte dei tribunali italiani e a questa giudicante appare incongrua una scelta che comporti rilevanti disparità rispetto al prevalente metodo di liquidazione del danno non patrimoniale e possa in tal modo favorire un effetto distorsivo sulla scelta tra più fori facoltativi da parte del danneggiato.

Venendo alla concreta determinazione del risarcimento, deve rilevarsi che una volta riconosciuta anche su basi presuntive (come nella specie) la sussistenza del danno in esame, la sua concreta liquidazione, come insegna la suprema Corte, “deve avvenire in base a valutazione equitativa ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c., tenendo conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza (quali ad es. le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti ecc.)” (Cassazione civile, sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828). Ai fini, dunque, della concreta liquidazione del danno non può prescindersi dall’esame di quelle circostanze del caso concreto (quali la convivenza, la sopravvivenza o meno di altri congiunti, il grado di frequentazione e l’intensità della relazione affettiva con la persona perduta), idonee ad indicare l’intensità della sofferenza d’animo di cui si chiede il risarcimento.

Nel caso di specie risulta documentato che dal 15.6.2009 il nucleo familiare da (…), (…), (…), (…) e (…) era stato accolto e ha dimorato stabilmente nel Centro Comunale di Accoglienza e Supporto Territoriale allestito presso la ex scuola (…) ed in tutti gli anni trascorsi i genitori dei minori avevano accudito amorevolmente i loro figli e si erano perfettamente integrati nella comunità e nel territorio ospitate.

Risulta, inoltre, dagli atti che (…) era la convivente more uxorio di (…). Al momento del decesso del convivente aveva 27 anni e tre figli, una dell’età di un 7 anni, uno di 8 anni e l’altro di 11 anni. (…) ha specificamente allegato il grave pregiudizio patito in seguito alla prematura scomparsa del suo compagno di vita e il forte perturbamento delle abitudini di vita di una madre che ha dovuto crescere i tre figli in età scolare senza il sostegno del compagno. Se dunque risulta raggiunta la prova del grave pregiudizio patito da (…) che, al di là della ordinaria sofferenza transeunte da lutto, ha inciso radicalmente sulla sua vita, d’altra parte, nella valutazione del suo danno da perdita parentale, non può essere trascurato che la stesso aveva appena 27 anni.

Di tale peculiare situazione non può non tenersi conto proprio in ragione della finalità che il risarcimento del danno da perdita del congiunto persegue e che si identifica con la riparazione per equivalente dello sconvolgimento della vita derivante dalla perdita.

Tale pregiudizio va necessariamente rapportato al presumibile lasso di tempo che i due conviventi avrebbero trascorso insieme e ai benefici relazionali concretamente perduti. Appare infatti del tutto evidente che tanto maggiori – in termini di tempo – sono le prospettive di vita in comune, tanto più gravi saranno le conseguenze della perdita.

In tale contesto, tenuto conto dell’età dei conviventi, delle circostanze che hanno condotto alla morte (…), delle conseguenze della perdita su (…) si ritiene di liquidare – utilizzando i criteri di cui alle tabelle di Milano 2018, in misura pressocchè prossima al massimo, in ragione degli elementi sopra indicati – in Euro 250.000,00 in moneta attuale il danno non patrimoniale da perdita del congiunto patito da (…).

Anche con riferimento alla richiesta di risarcimento del danno da perdita del congiunto svolta da (…) in qualità di esercente la potestà parentale sui figli minori di (…) – (…), (…) e (…) – occorre tener presente come sia presumibile che la vita di tre bambini, di 7, 8 e 11 anni, sia completamente stravolta dall’assenza di un padre, di cui potranno solo serbare il ricordo. Dover affrontare tutta la vita senza il sostegno, per i tre bambini, del loro padre costituisce un elemento che porta a presumere come la perdita di (…) abbia concretamente inciso sulle loro vite.

Risulta del tutto evidente l’irreparabilità della distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra padre e figli, anche in considerazione della età dei bambini ancora bisognosi di cure e della presenza del padre. In tale contesto si ritiene di liquidare per il danno da perdita del congiunto subito da (…), (…) e (…) la somma di Euro 250.000,00 in misura attuale per ciascuno dei tre minori.

Quanto al danno patrimoniale parte attrice ha, innanzitutto, chiesto in atto di citazione in termini del tutto generici il risarcimento del danno da perdita del reddito del marito che svolgeva attività occasionale di operaio. Tale pretesa risarcitoria è destituita di fondamento in quanto non v’è prova alcuna del reddito da lavoro del defunto.

Del pari non possono essere risarcite le spese per le esequie che non sono state in alcun modo documentate.

La convenuta (…) è tenuta a corrispondere all’attrice in proprio ed in qualità di esercente la potestà genitoriale sui figli minori (…),(…), (…) l’ammontare di Euro 1.000.000,00 a titolo di risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro del 23.10.2013, in cui perse la vita (…). La somma così individuata deve essere maggiorata degli interessi compensativi nella misura legale sulla somma – previa devalutazione – via via rivalutata annualmente dal 23.10.2013 alla data della sentenza e gli interessi legali dalla sentenza al saldo in ossequio all’orientamento formulato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 1712/1995.

Alla soccombenza segue la condanna dell'(…) alla rifusione a parte attrice delle spese di lite liquidate come in dispositivo tenuto conto del valore della causa determinato ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto e dell’attività effettivamente svolta, con distrazione ai sensi dell’art. 93 c.p.c. a favore dell’avv. Stefania Rondini che si è dichiarata anticipataria.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, difesa, eccezione disattesa, così provvede:

a) in accoglimento della domanda attorea condanna l'(…), in persona del legale rappresentante pro-tempore al risarcimento dei danni subiti da (…), in proprio, e a corrispondere a quest’ultima, rappresentata dall’avv. (…) suo procuratore speciale, la somma complessiva di Euro 250.00,00, oltre agli interessi compensativi nella misura legale sulla somma – previa devalutazione – via via rivalutata annualmente dal 23.10.2013 alla data della sentenza e gli interessi legali dalla sentenza al saldo;

b) condanna l'(…) in persona del legale rappresentante pro-tempore al risarcimento dei danni subiti da (…), in qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sulle minori (…), (…) e (…), e a corrispondere a quest’ultima, rappresentata dall’avv. (…) suo procuratore speciale, la somma complessiva di Euro 750.00,00, oltre agli interessi compensativi nella misura legale sulla somma – previa devalutazione – via via rivalutata annualmente dal 23.10.2013 alla data della sentenza e gli interessi legali dalla sentenza al saldo;

c) Condanna la convenuta a rifondere a parte attrice le spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 9.545,00 euro (di cui Euro oltre Euro 545,00 per spese ed Euro 9.000,00 a titolo di compensi) oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge da distrarsi a favore dell’avv. (…) che ai sensi dell’art. 93 c.p.c. si è dichiarata anticipataria.

Così deciso in Milano il 25 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.