in seno al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’unica possibilità concessa all’opposto per introdurre una domanda riconvenzionale si abbia nel caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare a propria volta in una posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis.

Tribunale|Brescia|Sezione 3|Civile|Sentenza|13 febbraio 2020| n. 340

Data udienza 11 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA

SEZIONE TERZA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del giudice dr. Giovanna Faraone

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al ruolo generale n. 8392/2014 promossa da

LA (…) SRL (p. i.v.a. (…)), con il patrocinio degli avv.ti CO.DA. e CU.ST., elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in VIA (…) BRESCIA;

attore

contro

S.A.S. DI (…) (p.i.v.a. (…)), con il patrocinio dell’avv. IO.VI., presso il cui studio è elettivamente domiciliata in VIA (…) MODICA;

convenuta

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con decreto n. 1721/2014, emesso in data 6.03.2014, questo Tribunale ha ingiunto a La (…) srl di pagare alla società Sas di (…) l’importo di Euro 89.466,61, oltre interessi come da domanda, a titolo di provvigioni per prestazioni svolte in esecuzione dell’incarico di agenzia, con riferimento a n. 13 fatture (le nn. (…), (…) e (…) del 2012; e la n. da 1 a 10 del 2013).

Avverso il decreto ingiuntivo, con atto di citazione notificato il 30.04.2014. La (…) srl ha proposto opposizione chiedendo la declaratoria di invalidità e/o nullità e/inefficacia e comunque la revoca del provvedimento monitorio e, in riconvenzione, la condanna della società opposta a restituirle ogni indebito e al risarcimento dei danni patrimoniali e non, scaturiti dagli inadempimenti alla stessa imputabili.

Con comparsa del 21.07.2014, si è costituita la società Sas di (…) chiedendo il rigetto dell’opposizione.

La convenuta, inoltre, in via di reconventio reconventionis ha chiesto la condanna di La (…) srl a corrisponderle la provvigione per la vendita di animali di cui alla fattura n. (…) del 15.11.2011.

Con ordinanza del 25.09.2014 il Giudice ha concesso la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto.

Assunta in decisione, con ordinanza del 22.11.2016 la causa è stata rimessa sul ruolo al fine di accertare, a mezzo di ctu, sulla base delle scritture contabili del preponente, l’esatto ammontare delle provvigioni dovute sugli affari andati a buon fine, escluse le provvigioni per forniture destinate al deposito.

Espletata la consulenza tecnica d’ufficio e rigettate le istanze istruttorie articolate dalle parti, all’udienza del 4.07.2019, il giudice ha assunto in decisione la causa concedendo i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

I fatti di causa traggono origine dal contratto (mandato di agenzia), intercorso tra le parti in data 1.07.2010, in forza del quale La (…) srl incaricava la società Sas di (…) di promuovere in Sicilia la conclusione, per proprio conto, di contratti di vendita di mangimi complementari e completi per l’alimentazione animale.

Incontestato che sas di (…) abbia concluso con soggetti terzi i contratti aventi ad oggetto le prestazioni portate dalle 13 fatture fondanti la pretesa creditoria azionata in monitorio (nn. 3, 4 e 19 del 2012; e la n. da 1 a 10 del 2013), è invece controversa l’esigibilità da parte dell’agente stessa del diritto alle relative provvigioni.

In merito, infatti, la società preponente ha eccepito l’insussistenza dei presupposti perché possa ritenersi obbligata alla corresponsione dei compensi rivendicati dall’agente.

Nello specifico, la stessa ha allegato che, non avendo ricevuto i pagamenti dai terzi destinatari delle prestazioni erogate tramite l’agente di zona, non si è verificata la condizione del “buon fine” alla quale le parti hanno contrattualmente subordinato il diritto dell’agente alla riscossione delle provvigioni.

Ed infatti, l’art. 6 c. 1 del citato contratto espressamente contempla: “Verrà riconosciuta una provvigione, come da all. B, da conteggiarsi sulle somme effettivamente percepite dalla mandante al netto di Iva…

Il comma c. 3 dello stesso articolo, prevede “Per clienti e prodotti particolari la provvigione sarà stabilita di volta in volta. Il tutto sugli affari andati a buon fine cioè pagati al netto di ogni spesa, di qualsiasi natura e tasse accessorie”.

Il buon fine, ancora, è richiamato dall’articolo 5 del contratto, laddove è previsto “quale compenso alla Vostra attività di riscossione dei crediti”, si prevede che “ai sensi dell’art. 6 comma 3, viene fissata una provvigione, che è già compresa nella percentuale di provvigione di vendita, sul fatturato andato a buon fine.”

Ebbene, alla luce delle predette statuizioni pattizie è indubbia la volontà dei contraenti di condizionare la corresponsione delle provvigioni all’agente agli effettivi pagamenti da parte dei terzi al preponente.

Le parti in tal modo hanno scientemente derogato al regime sancito dall’art. 1748 c. 4 c.c. (come novellato dal D.Lgs. n. 65 del 1999), a norma del quale “Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’egente al più tardi, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico”.

Trattasi di deroga senz’altro legittima anche a fronte della rilevante novità apportata dalla riforma della normativa in tema di agenzia consistita nel distaccare il diritto dell’agente alla provvigione dal “buon fine” dell’affare cosicché presupposto necessario e sufficiente per il sorgere del diritto dell’agente alla provvigione è, ora, la mera conclusione dell’operazione o dell’affare per effetto del suo intervento.

Non è preclusa, infatti, la reviviscenza pattizia del previgente “buon fine” e ciò in deroga all’attuale disciplina posto che, diversamente opinando rispetto alle controdeduzioni di parte opposta, il primo periodo del succitato articolo lascia spazio alla libertà negoziale di concordare che le provvigioni siano esigibili dall’agente a partire da un momento differente rispetto a quello in cui il preponente esegue o dovrebbe eseguire la prestazione, momento che, come nella specie, ben può farsi coincidere con i pagamenti dei terzi in favore del preponente.

Né, in senso contrario vale richiamare l’inderogabilità della previsione normativa di cui al periodo immediatamente successivo dell’art. 1748 c. 4 c.c., invero volta a garantire, qualora il preponente abbia eseguito la propria prestazione, che la provvigione sia corrisposta all’agente non oltre il momento in cui il terzo abbia eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione.

Alla stregua delle superiori evidenze, dunque, si sono rivelate prive di pregio le difese della società opposta sostanzialmente fondate sull’eccepita nullità/invalidità della clausola del “buon fine” che evidentemente permea l’intero assetto contrattuale.

La pretesa creditoria che la stessa poteva azionare in monitorio, pertanto, doveva essere circoscritta alle sole provvigioni maturate in relazione agli affari andati a “buon fine” come contrattualmente convenuto.

Devono quindi recepirsi le risultanze della ctu contabile condotta dal dott. A. Faglia, in merito al cui operato non sono apprezzabili motivi di censura, attestanti che le competenze spettanti a (…), al netto dei pagamenti già effettuati, ammontano a Euro 17.975,63 e ciò tenendo conto del “buon fine” delle operazioni, ossia dell’effettivo incasso relativo alle vendite di mangimi ai clienti siciliani fino alla data del decreto ingiuntivo (6.03.2014), alla quale necessariamente occorre ancorare la verifica della fondatezza del credito in questione.

All’accertamento del minor importo dovuto a titolo di provvigioni consegue la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la condanna della società opponente al pagamento in favore dell’opposta delle provvigioni stimate in Euro 17.975,63, a nulla rilevando la circostanza che quest’ultima non abbia espressamente avanzato domanda in tal senso.

La domanda di condanna del creditore ingiunto al minor importo accertato deve ritenersi implicita nella domanda di conferma del decreto ingiuntivo.

Ed infatti, la riscontrata insussistenza, anche parziale, dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo, comporta l’impossibilità di pronunciare la condanna nell’importo indicato nel titolo monitorio e dunque la revoca dello stesso al quale si sostituisce la sentenza di condanna al pagamento di residui importi del credito (cfr Cass. n. 21840/2013).

In via riconvenzionale La (…) srl ha chiesto la condanna dell’opposta alla restituzione delle somme indebitamente percepite e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, sofferti in conseguenza dei gravi inadempimenti imputabili all’agente.

Venendo ad esaminare le inadempienze ascritte a Sas di (…), si osservi anzitutto come la protrazione dell’attività oggetto di mandato d’agenzia nei confronti di clienti morosi, nonostante il divieto della preponente, sia del tutto sfornita di prova, sotto il profilo della condotta asseritamene lesiva degli interessi contrattuali e del nesso di causalità tra la stessa ed il danno lamentato.

Sul punto, infatti, è apprezzabile il solo dato documentale fornito dal doc. 14 allegato all’atto di citazione, invero, esclusivamente attestante l’asserito insoluto di Euro 3000,000; di contro non sono state articolate prove orali all’uopo utili o comunque ammissibili come enucleato nell’ordinanza resa in data 27.10.2017 da intendersi in questa sede richiamata.

Alle medesime conclusioni è dato pervenire con riguardo ai disservizi (mancata assistenza, somministrazioni alterate) altresì imputati all’agente che avrebbero indotto taluni clienti ad interrompere gli ordinativi con riduzione del volume di affari della (…) di almeno il 75%, e altri ad avanzare richieste risarcitorie per danni subiti al bestiame a causa di “somministrazioni di qualità difettosa”.

Trattasi di allegazioni prive di sostegno probatorio quanto a riconducibilità dei dedotti disservizi agli impegni contrattuali e comunque quanto a collegamento causale degli stessi e i danni lamentati.

Destituite di riscontri, infine, oltre che genericamente formulate, si sono rivelate le domande di risarcimento dei danni da assunzione-remunerazione di nuovi agenti a seguito della risoluzione del contratto con la società opposta e di danni all’immagine e alla reputazione commerciale.

Ne discende il rigetto delle domande riconvenzionali.

Quanto alla domanda avanzata in riconvenzione da Sas di S.S., è opportuno evidenziare come, in seno al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’unica possibilità concessa all’opposto per introdurre una domanda riconvenzionale si abbia nel caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare a propria volta in una posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis (Cass. n. 5415/2019).

La domanda, quindi, è ammissibile solo se strettamente connessa al titolo della domanda riconvenzionale dell’opponente.

Ebbene, nella specie, non sussiste alcuna dipendenza della riconvenzionale proposta dalla convenuta opposta per il riconoscimento di provvigioni per una prestazione estranea alle fatture per cui è causa (vendita di animali per conto di La (…) srl) rispetto ai fatti posti dall’opponente a fondamento delle domande risarcitorie e restitutorie, a sua volta svolte in via riconvenzionale sul presupposto di dedotte inadempienze contrattuali dell’agente.

Ne consegue il rigetto della domanda.

La reciproca parziale soccombenza delle parti legittima la compensazione delle spese di lite con consequenziale rigetto della domanda avanzata dall’opponente di condanna dell’opposta ex art. 96 c. 3 c.p.c.

Le spese di ctu, infine, devono porsi definitivamente a carico delle parti, ciascuna per metà ed in solido verso il ctu.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza e eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

Revoca il decreto ingiuntivo n. n. 1721/2014, emesso dal Tribunale di Brescia in data 6.03.2014.

Condanna La (…) srl a corrispondere a Sas Di (…), l’importo di euro17.975,63 a titolo di provvigioni.

Rigetta le domande avanzate in via riconvenzionale dalle parti.

Compensa le spese di lite.

Pone le spese di consulenza tecnica d’ufficio definitivamente a carico di entrambe le parti, ciascuna per metà ed in solido verso il ctu.

Così deciso in Brescia l’11 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2020.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.