la “petitio hereditatis” si differenzia dalla “rei vindicatio“, malgrado l’affinità del “petitum”, in quanto si fonda sull’allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'”universum ius” o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all’onere probatorio, che, mentre l’attore in “rei vindicatio” deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all’usucapione, nella “hereditatis petitio” può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell’apertura della successione, fossero compresi nell’asse ereditario. Pertanto, deve ritenersi inammissibile il mutamento in corso di causa dell’azione di petizione ereditaria in azione di rivendicazione, anche quando non sia contestata dal convenuto la qualità di erede dell’attore, in quanto tale mancata contestazione non fa venire meno la funzione prevalentemente recuperatoria dell’azione ereditaria, ma produce effetti solo sul piano probatorio, senza incidere sulla radicale diversità – per natura, presupposti, oggetto e onere della prova – tra le due azioni.

Tribunale|Termini Imerese|Civile|Sentenza|28 aprile 2021| n. 424

Data udienza 27 aprile 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Termini Imerese

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Giorgia Marcatajo ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 241 dell’anno 2015 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente

tra

BA.CA., nato (…) ed ivi residente nella via (…), rappresentato e difeso dall’avv. Fr.Lo., ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Termini Imerese, via (…)

ATTORE

contro

PU.FR., nata (…) ed ivi residente nella via (…), BA.RO.nata (…) ed ivi residente nella via (…), BA.SA. (…) ed ivi residente nella via (…), BA.AN., nato (…) e residente in Marineo nella via (…), BA.MA. nata (…) ed ivi residente nella Via (…), tutti rappresentati e difesi dall’avv. Ro.Za., ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Bagheria, Via (…)

CONVENUTI

e nei confronti di

BA.PI. nato (…) ed ivi residente in via (…)

CONVENUTO CONTUMACE

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato, l’attore indicato in epigrafe conveniva in giudizio i germani Ro.Ba., Sa.Ba., An.Ba., Pi.Ba., Ma.Ba. e la propria madre Fr.Pu., chiedendo, previa declaratoria della propria qualità di erede legittimo del de cuius Fr.Ba., deceduto in data 10.12.2004, accertarsi l’universalità dei beni appartenenti all’asse ereditario del padre e contestualmente dichiarare il proprio diritto di subentrare nella qualità di erede nella disponibilità pro quota degli stessi a lui spettante ex lege e condannare i convenuti alla restituzione pro quota dei beni ereditari controversi, col favore delle spese di lite. Più nello specifico, esponeva l’attore:

– che, in data 01.09.1981, il de cuius Fr.Ba. “acquistava”, per scrittura privata, dal sig. Gi.Ar. “stacco di terreno da stralciare dalla particella 82 del foglio 18 del comune di Marineo (PA) contrada (…) di metri quadrati centocinquantaquattro mq 154” (doc. 2) e che lo stesso veniva contestualmente immesso nel possesso del suddetto bene dal predetto dante causa;

– che il de cuius provvedeva a commissionare i lavori di costruzione degli immobili oggi controversi, estendendo le relative opere murarie sulla superficie adiacente di 128 mq, di proprietà esclusiva della moglie Fr.Pu. (doc. 3);

– che, dopo la morte del de cuius, in data 14.1.2005, la sig.ra Pu. con atto di donazione in Notar dott. Do.Za., ha donato:

– ai germani convenuti, in comunione tra loro, i seguenti immobili: A) locale adibito a località commerciale in Marineo, via (…), sito al piano terra di mq 238 riportato in catasto al foglio (…) sub. 3 in via (…) nn. 135-137 piano T. cat. C/1 cl. 2 mq. 238 sup. cat. 260 R.C. 3.122,09, particella (…) graffata; B) magazzino in Marineo, via (…), sito al piano terra mq. 49 riportato in catasto al foglio (…) sub 6 in via (…) piano T. cat. C/2 cl. 5 mq. 49 sup. cat. 59 RC. 63,27; C) magazzino con corte esclusiva e ripostiglio in Marineo (PA) in via (…), avente accesso dal civico nn. 137 e 139 attraverso i due magazzini di cui alla lett. A) e B), di mq. 88 riportato in catasto al foglio (…) sub. 5 in via (…) piano T. cat. C/2 cl. 5 mq. 88 sup. cat. 103 RC. 113,62;

– ed all’odierno attore, il diritto di piena proprietà sull’area urbana estesa di mq. 204 di esclusiva proprietà della stessa, con piccolo locale di sgombero di 6 mq. avente accesso da detta area urbana, sito al piano terra con corte esclusiva antistante di 34 mq, riportato in catasto al comune di Marineo, foglio (…), sub 8 in via (…) nn. 135-137 piano T cat. Area urbana mq. 204; particella (…) in via (…) piano T cat C/2 cl. 5 mq. 6 sup. cat. 12 RC 7,75;

– che i germani An.Ba., Sa.Ba., Ro.Ba., Pi.Ba. e Ma.Ba. con contratto preliminare di compravendita stipulato in data 20.02.2010 si erano obbligati a trasferire i predetti beni sub A), B) e C), ricevuti in donazione dalla madre, ai sigg.ri Ga. ed An.Ba.;

– di aver immediatamente contestato il predetto preliminare di vendita per il tramite del proprio legale (doc. 7).

A tal fine deduceva l’attore, a fondamento della petizione ereditaria, che la madre non avrebbe potuto disporre dei beni di cui sopra in favore dei fratelli (quelli sub A), B) e C)) poiché i predetti immobili erano stati parzialmente realizzati dal de cuius – 110 mq dei 238 mq dell’immobile sub A) e 44 mq del locale di 49 mq sub B) – a proprie esclusive spese, sul terreno di 154 mq. di proprietà esclusiva dello stesso, il quale, per effetto del possesso continuato ed indisturbato ultraventennale protrattosi dal 1981 fino al suo decesso, avrebbe acquisito per usucapione tanto la proprietà del predetto “stacco di terreno” di 154 mq, di proprietà ex sig. Gi.Ar., quanto il relativo diritto di superficie dell’intero immobile sub A) di 238 mq dallo stesso realizzato sul predetto terreno (adducendo il possesso ultraventennale anche della superficie di 128 mq della moglie). Indi, lamentava l’attore che, alla morte del de cuius, in assenza di testamento, il patrimonio dello stesso – tra cui la superficie di 154 mq e le unità immobiliari ivi realizzate, ormai usucapite – avrebbe dovuto essere trasferito pro quota indivisa a tutti gli eredi legittimi (ivi compreso l’attore).

Pertanto, deduceva l’attore di essere, nella qualità di erede universale del de cuius Fr.Ba., titolare pro quota degli immobili sub lett. A) per 110 mq e del locale sub lett. B) per 44 mq, nonché titolare pro quota della restante parte dell’immobile sub lett. A) per 128 mq; da ciò derivandone la nullità parziale della donazione di cui sopra.

Con memoria di costituzione depositata in data 30 aprile 2015, si costituivano in giudizio i sigg.ri Pu.Fr., Sa.Ba., Ro.Ba., Ma.Ba., An.Ba. chiedendo il rigetto delle domande di parte attrice perché infondate, ed in ogni caso ritenere e dichiarare usucapiti i beni ricevuti in donazione dai convenuti.

In via riconvenzionale, chiedevano accertarsi il comportamento ingiurioso posto in essere dall’attore nei confronti della propria madre e, per l’effetto, revocare la donazione di cui al rogito del Notaio Za. di Bagheria rep. n. 41325, racc. n. 4550, nella parte in cui quest’ultima ha trasferito la proprietà esclusiva di un lotto di terreno in catasto al Comune di Marineo al foglio (…) sub 8 e 7; nonché ritenere e dichiarare altresì che l’attore occupa abusivamente e sine titulo il terreno di proprietà della madre Pu.Fr. sito in Marineo, foglio (…) di mq 70 circa e di ordinarne allo stesso l’immediato rilascio.

In particolare, deducevano i convenuti di aver legittimamente usucapito le quote dagli stessi possedute e dunque, anche la quota di spettanza del Sig. Ba.Ca. poiché ne avevano avuto l’uso esclusivo, pieno ed indisturbato per oltre dieci anni (potendosi applicare l’usucapione abbreviata per l’esistenza di un titolo idoneo – atto pubblico di donazione di cosa altrui – al trasferimento della relativa proprietà). Il convenuto Pi.Ba., regolarmente citato, non si costituiva in giudizio. All’udienza del 24 giugno 2015, il Giudice titolare del procedimento ne dichiarava la contumacia.

La causa, senza alcuna attività istruttoria e già matura per la decisione veniva riassegnata a questo Giudice nel giugno 2019.

Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità della documentazione allegata dalla parte attrice nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c. poiché tardiva e perciò inutilizzabile.

Ciò posto, la domanda spiegata dall’odierno attore è infondata per le ragioni che di seguito si espongono.

Va premesso che la “petitio hereditatis” si differenzia dalla “rei vindicatio”, malgrado l’affinità del “petitum”, in quanto si fonda sull’allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'”universum ius” o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all’onere probatorio, che, mentre l’attore in “rei vindicatio” deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all’usucapione, nella “hereditatis petitio” può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell’apertura della successione, fossero compresi nell’asse ereditario(cfr. Cass. Civ. n. 11813/1992 e Cass. Civ. n. 1074/2009);

pertanto, deve ritenersi inammissibile il mutamento in corso di causa dell’azione di petizione ereditaria in azione di rivendicazione, anche quando non sia contestata dal convenuto la qualità di erede dell’attore, in quanto tale mancata contestazione non fa venire meno la funzione prevalentemente recuperatoria dell’azione ereditaria, ma produce effetti solo sul piano probatorio, senza incidere sulla radicale diversità – per natura, presupposti, oggetto e onere della prova – tra le due azioni.

Passando, dunque, al merito della causa, si ritiene che la domanda attrice vada ricondotta nello schema della petitio hereditatis di cui all’art. 533 c.c., in quanto la pretesa restitutoria rivolta nei riguardi dei convenuti è fondata sull’appartenenza di detti beni all’asse ereditario e sulla qualità ereditaria dell’attore.

L’azione di petizione ereditaria ha, infatti, natura prevalentemente recuperatoria, essendo il riconoscimento della qualità di erede strumentalmente diretto all’ottenimento dei beni ereditari, con la conseguenza che, qualora il convenuto non contesti la qualità di erede dell’attore, come nella fattispecie, ma si limiti a negare l’appartenenza del bene all’asse ereditario, l’azione non si trasforma in quella di rivendicazione, in quanto la mancata contestazione della qualità di erede non fa venir meno le finalità recuperatorie della petitio hereditatis, ma produce effetti soltanto sul piano probatorio, esonerando l’attore della prova di detta sua qualità fermo restando l’onere della dimostrazione – nei limiti relativi alla difesa della controparte – dell’appartenenza del bene all’asse ereditario al momento dell’apertura della successione.

Orbene, nel caso che ci occupa, non sono state avanzate contestazioni sulla qualità di erede dell’attore, il quale dal canto suo ha prodotto i certificati storici di famiglia da cui emerge il rapporto di parentela col de cuius. Non vi è invece prova del secondo requisito necessario per l’accoglimento della domanda, ovvero l’appartenenza dei beni all’asse ereditario. Ed invero, parte attrice ha allegato la scrittura privata del 1981 quale termine iniziale dell’esercizio continuato del possesso ultraventennale del terreno su cui insistono gli immobili realizzati dal de cuius ed oggetto del contendere, nonché la scrittura privata inerente il conferimento dell’incarico per la realizzazione delle opere di costruzione di cui sopra, pur tuttavia non ha allegato alcuna documentazione atta a dimostrare che quei beni facessero parte dell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione. Non vi è alcuna visura ipotecaria o relazione notarile che consenta di dimostrare, a fronte di una puntuale contestazione dei convenuti, la presenza di quel bene nell’asse al momento del decesso di Fr.Ba.; anzi, al contrario dalla dichiarazione di successione, in atti di parte convenuta, emerge la prova della non appartenenza dei beni controversi al patrimonio del de cuius.

Sulla scorta di ciò la domanda principale va rigettata, non potendo ritenersi assolto l’onere probatorio gravante sull’attore. Per mera completezza di indagine, si evidenzia poi che non si sarebbe giunti a conclusioni diverse, ove, aderendo alla tesi di parte convenuta, si fosse giunti a riqualificare la domanda di parte attrice in termini di rivendica (anziché di petizione ereditaria), stante che la domanda spiegata avrebbe dovuto ritenersi, anche in tal caso, non sufficientemente suffragata sul piano probatorio, difettando nella fattispecie la prova del titolo di acquisto (nella fattispecie l’usucapione) in capo al de cuius. Ed infatti, l’attore non ha provato il possesso continuato ed ininterrotto del terreno e dell’immobile ivi realizzato per il ventennio antecedente la data del suo decesso (o comunque per un ventennio dal 1981, data della presunta presa di possesso).

Al riguardo, è bene innanzitutto premettere che, ai sensi dell’art. 1158 c.c., per l’acquisto della proprietà ovvero di un diritto reale su di un bene immobile per usucapione ventennale è necessario il verificarsi di alcuni requisiti, costituiti dall’esercizio di un potere di fatto sulla cosa che si manifesti inequivocabilmente in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà ovvero di un diritto reale, nonché dal fatto che l’esercizio di tale potere sia accompagnato dall’animus possidendi, che non sia viziato da violenza o clandestinità ed, infine, che si protragga con continuità e senza interruzione per un ventennio (cfr. Cass. n. 1069/1985).

Più precisamente, ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione, il possessore deve esplicare con pienezza, esclusività e continuità il potere di fatto corrispondente all’esercizio del relativo diritto, manifestando – con il puntuale compimento di atti conformi alla qualità e alla destinazione della cosa secondo la sua specifica natura – un comportamento rivelatore anche all’esterno di una indiscussa e piena signoria di fatto su di essa, contrapposta all’inerzia del titolare (cfr. Cass. civ. n. 18392/2006; n. 25922/2005).

Ora, con particolare riferimento ai beni in comunione (come nella fattispecie, essendo i coniugi in regime di comunione legale), secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte, il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinato funzionale all’esercizio del possesso “ad usucapionem”, e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte del compossessore, risultando per converso necessaria, ai fini della usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla “res” da parte dell’interessato attraverso una attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova per colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene (Cass. 18.2.1999 n. 1367; Cass. 15.6.2001 n. 8152).

Pertanto il comproprietario può usucapire la quota degli altri comproprietari estendendo la propria signoria di fatto sulla “res communis”, ma a tal fine non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano limitati ad astenersi dall’uso della cosa, occorrendo al riguardo che il suddetto comproprietario ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, in modo tale cioè da evidenziare una inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus” (Cass. Sentenza n. 19478 del 20/09/2007).

Ed ancora, “in tema di condominio, il condomino può usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso; a tal fine, però, non è sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall’uso del bene comune, bensì occorre allegare e dimostrare di avere goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”, senza opposizione, per il tempo utile ad usucapire (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17322 del 23/07/2010).

Ebbene, le prove orali (interrogatorio formale) così come articolate dall’attore nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. devono ritenersi sul punto generiche ed ininfluenti ai fini del decidere. In tal senso la scrivente condivide la statuizioni prese in merito dal precedente Giudice istruttore.

Per le medesime ragioni di diritto su esposte, non può trovare accoglimento neppure la domanda spiegata dai convenuti Ro.Ba., Ma.Ba., An.Ba. e Sa.Ba. di usucapione dei beni a loro donati dalla convenuta Fr.Pu. per l’esercizio, asseritamente continuato ed ininterrotto, del possesso dei predetti beni nel decennio successivo alla stipula del contratto di donazione, non avendo i convenuti articolato alcuna richiesta istruttoria in proposito, ed essendo rimasta la domanda spiegata del tutto sfornita di prova.

Del pari infondata per difetto di allegazione e prova deve ritenersi la domanda riconvenzionale articolata dai convenuti ed avente ad oggetto la revoca della donazione non avendo gli stessi né provato, né chiesto di provare, il comportamento ingiurioso perpetrato dall’attore a danno della propria madre ed i relativi pregiudizi per l’effetto subìti da quest’ultima. Né risulta dimostrata dai convenuti l’ulteriore circostanza dell’illegittima detenzione sine titulo da parte dell’attore dell’ulteriore terreno di circa 70 mq. catastato al foglio (…) del C.C.T di Marineo – di proprietà della madre e, per dire degli stessi, abusivamente occupato dall’attore – del quale chiedono l’immediato rilascio. Pertanto, anche la suddetta domanda riconvenzionale non può ritenersi meritevole di accoglimento.

Ne conseguono dunque le statuizioni di cui al dispositivo.

Quanto alla regolamentazione delle spese di lite, vista la reciproca soccombenza, si ritiene equo disporre l’integrale compensazione delle stesse.

P.Q.M.

Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, definitivamente pronunciando:

– rigetta la domanda articolata dalla parte attrice;

– rigetta le domande spiegate, anche in via riconvenzionale, dai convenuti Fr.Pu., Sa.Ba., Ro.Ba., An.Ba., Ma.Ba.;

– compensa integralmente le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Termini Imerese il 27 aprile 2021.

Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2021.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.