La presunzione di condominialità può essere superata dal titolo, vale a dire da un atto di autonomia privata che, espressamente, disponga un diverso regime delle parti di uso comune. In particolare, si osserva che la presunzione di comunione ex art. 1117 cod. civ. non può essere vinta dalla pura e semplice omessa menzione nel titolo costitutivo del condominio di detta parte come comune, occorrendo, invece, che dal complesso dell’atto emergano, anche se non contenuti in una dichiarazione espressa di volontà, elementi di significato univoco idonei a far ritenere che la parte immobiliare o l’impianto in contestazione, diversamente da quanto sarebbe desumibile dalla sua destinazione di fatto, sia escluso dalla proprietà comune.

Corte d’Appello|Roma|Sezione 8|Civile|Sentenza|18 maggio 2021| n. 3696

Data udienza 4 maggio 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Roma, Sezione Ottava civile, composta dai magistrati:

dott. Nicola Pannullo Presidente

dott. Gisella Dedato Consigliere

dott. Paolo Russo Consigliere rel.

riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 4833 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2016 e vertente

TRA

Ca.Fa. e Ca.Au., rappresentati e difesi dall’avv. Pi.Pe. per procura in calce all’atto di citazione in appello – PEC: (…)

APPELLANTE

E

Condominio (…) 1 in (…) (RM), via (…) km. 25,800, rappresentato e difeso dall’avv. Ca.Pa. per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta – PEC: (…)

APPELLATO

Supercondominio (…), via (…), 17, Km. 25,800 00030 (…) (RM) e Condominio Unico di via (…) 17 km. 25,800 – (…) (RM),

APPELLATI CONTUMACI

(…), (…), (…), (…),

APPELLATI CONTUMACI

Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 415/2016 del 12 – 25/01/2016.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con la sentenza n. 415/2016 del 12.01.2016 – 25.01.2016, non notificata, il Tribunale di Velletri, pronunciando nel giudizio instaurato da Ca.Fa. e Ca.Au. nei confronti del Condominio (…) 1 in (…) (RM), via (…) n. 17 km. 25,800, e del Supercondominio (…), via (…), 17, Km. 25,800 00030 (…) (RM) nonché del Condominio Unico di via (…) 17 km. 25,800 – (…) (RM) con l’intervento dei condomini (…), (…), (…), (…), ha così deciso:

“a) dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda diretta all’accertamento della nullità degli artt. 3 e 3bis del Regolamento condominiale;

b) rigetta la domanda di annullamento della delibera assembleare impugnata relativa al diniego di distacco degli attori dall’impianto idrico comune;

c) dichiara inammissibile l’intervento di (…), (…), (…) e (…);

d) condanna gli attori e gli intervenuti in solido a rifondere al Condominio unico di via (…) n. 17, (…) le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre IVA, Cassa Avvocati e spese generali come per legge”.

La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:

“Con atto debitamente notificato Ca.Fa. e Ca.Au. citavano dinanzi alla sezione distaccata di Frascati del Tribunale, oggi soppressa, il Condominio (…) 1 di (…) Via (…) m 25,800 e il Super Condominio di (…) Via (…) km 25,800 per ivi sentire dichiarare nulla o priva di effetti la clausola di cui all’art. 3 o 3 bis del regolamento condominiale e dichiarare nulle o prive di effetto le delibere assembleari del 23 maggio 2012 con le quali veniva respinta la richiesta di distacco dall’utenza idrica comune, dichiarare nulla o prive di effetto la delibera assembleare del Condominio (…) 1 assunta all’assemblea del 23 maggio 2012 con la quale veniva quantificato l’importo dovuto per il consumo dell’acqua con l’obbligo di restituzione di quanto eventualmente indebitamente pagato in forza di tale delibera.

Ponevano a fondamento delle domande le seguenti circostanze di fatto e diritto: Sono proprietari nell’intero complesso immobiliare sito in (…) Via (…) 25,800 di un appartamento int. 1/B e due posti auto.

L’intero complesso immobiliare è materialmente costituito da vari agglomerati costituiti ciascuno come unità condominiali e da un super condominio per la gestione delle cose comuni.

Gli immobili degli attori sono inseriti nel Condominio (…) 1.

L’articolo di cui gli attori chiedono che ne venga riconosciuta e dichiarata la nullità è il 3 o 3bis nel quale viene stabilito che i condomini debbano tollerare una restrizione dell’area di manovra dei posti parcheggio B per dare agli altri condomini limitato accesso ai servizi condominiali.

Le delibere di cui chiedono l’annullamento prese il 23 maggio 2012 dal Condominio (…) 1 e dal Supercondominio con le quali veniva respinta la richiesta di distacco dalla utenza idrica condominiale e quantificato l’importo dovuto per il consumo idrico. Con atto depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2912 si costituiva il Condominio (…) 1 contestando la domanda.

Più precisamente riferiva, per quanto attiene all’art. 3 o 3 bis del regolamento del Supercondominio, che era stato deliberato alla assemblea 24 ottobre 2012 di modificare la clausola del regolamento impugnata nel senso richiesto dagli attori deliberando, altresì, di pagare le loro spese legali.

Per quanto attiene alla domanda avanzata nei confronti del Condominio (…) 1 ne chiedevano il rigetto sul presupposto della illegittimità del distacco dall’impianto idrico avente natura condominiale.

Alla udienza del 10 gennaio 2013 si costituivano per intervento volontario (…), (…), (…) e (…) tutti condomini del Condominio (…) 1 che aderivano alla domanda di annullamento della delibera con la quale era stata respinta la richiesta di distacco dell’utenza idrica condominiale.

Alla udienza del 24 giugno 2014 si costituiva il Condominio Unico di Via (…) 17 che aveva incorporato il Condominio (…) 1 e il Supercondominio. Nel corso del giudizio veniva verbalizzato che era stato modificato il punto 3 o 3 bis del regolamento condominiale oggetto di contestazioni e gli attori e gli intervenuti rinunciavano alla domanda finalizzata al suo annullamento nei confronti del Supercondominio”.

A fondamento della decisione il giudice di primo grado, dopo aver preliminarmente rilevato la cessazione della materia del contendere relativamente alla richiesta di annullamento dell’art. o 3bis del regolamento condominiale e l’inammissibilità dell’intervento in giudizio di (…), (…), (…) e (…), con riferimento al merito della domanda formulata dagli attori, ha svolto le considerazioni che seguono:

“In primo luogo è inconferente il richiamo all’art. 1118 c.c. nel testo novellato dalla Legge 220 del 2012 entrata in vigore il 17 giugno 2013 perché la norma fa riferimento all’impianto di riscaldamento e ne consente la rinuncia all’utilizzo ove ciò non crei squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In secondo luogo, ne prevede la sola possibilità della rinuncia all’utilizzo e ciò vuole dire che il rinunciante mantiene la comproprietà ma, a determinate condizioni, non paga il consumo.

Il giudice ha poi rilevato che: “la situazione relativa all’impianto idrico, per come prospettata, è diversa ovvero rappresenta l’esistenza di un impianto centralizzato comune dove arriva l’acqua dalla centrale che viene indirizzata alle singole utenze ognuna delle quali ha il suo contatore dei consumi. Ciò significa che, pur applicando per analogia il novellato art. 1118 c.c., gli attori potrebbero approvvigionarsi altrimenti della fornitura d’acqua rimanendo allacciati all’impianto centralizzato ma, in forza dei singoli contatori, mantenendo consumi pari a zero. Rimarrebbero sempre a loro carico le spese generali di mantenimento dell’impianto anche di loro proprietà.

Si tratta di vedere se l’impianto centralizzato è o no comune.

Sul punto il regolamento condominiale indica come cose comuni: l’impianto di distribuzione della energia elettrica per l’uso domestico e industriale inerenti le cose comuni, l’impianto telefonico fino alle cassette di distribuzione. Nessun riferimento viene fatto all’impianto idrico di smistamento della fornitura di acqua.

Il fatto che la modifica del regolamento condominiale del 24 ottobre 2012, successiva alla introduzione del giudizio, che secondo il convenuto avrebbe precisato la natura condominiale dell’impianto idrico non toglie valore alla tesi attorea ma se mai la rinforza in quanto sottolinea che tale natura non fosse mai stata così certa. Tuttavia, sul punto a portare chiarezza vi è l’art. 1117 c.c., il quale fa comuni tutti gli impianti e per quello che qui interessa anche quello per l’acqua fino al punto di diramazione ai locali di proprietà esclusiva.

Dunque l’impianto idrico che riceve acqua dalla condotta centrale è comune fini alla diramazione nella condotta di uso esclusivo.

Per concludere, accertato che l’impianto idrico, fino alla diramazione nelle condotte private, è di comune proprietà il distacco, non incidendo sul consumo che rimane quantificato dalle quantità effettive, non è consentito in quanto comporterebbe una inammissibile rinuncia alla comune proprietà.

Per questo motivo la domanda non può essere accolta”.

Con atto di citazione notificato il 19/07/2016 Ca.Fa. e Ca.Au. hanno proposto appello, deducendo l’erroneità e l’ingiustizia della predetta sentenza e chiedendo che la Corte, in riforma della sentenza, voglia accogliere le conclusioni sopra riportate.

Si è costituito in giudizio l’appellato Condominio (…) 1 in (…) (RM), via (…) n. 17 km. 25,800, che ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. ed ha contestato nel merito i motivi di impugnazione articolati dalla controparte, chiedendo il rigetto dell’appello.

All’esito della verifica della costituzione delle parti, all’udienza collegiale del 21/01/2021, il cui svolgimento è stato sostituito dallo scambio di note depositate in via telematica a norma dell’art. l’art. 83, comma 7, lett. H) D.L. n. 18/2020, così come convertito in L. n. 27/2020 e modificato dal D.L. n. 28/2020, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 352 c.p.c., con concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.

Va premesso che l’appellato, nel costituirsi in giudizio, ha riferito che con delibera dell’assemblea del 27 aprile 2014 il Condominio “(…) 1” era confluito nel Condominio unico di Via (…) 17 km. 25,800 – (…) (RM), creando un ente gestorio unico e con ciò sopprimendosi la suddivisione gestionale del Condominio in due condominii (già denominati rispettivamente “(…) 1” e “(…) 2”) e accorpandoli, unitamente alla gestione delle parti comuni già denominata “Supercondominio”, in un unico ente gestorio denominato Condominio Unico di Via (…) 171un.25,800 – (…) (RM).

Successivamente, in data 24 luglio 2015 l’assemblea del Condominio Unico ha deliberato di tornare alla precedente suddivisione amministrativa fra i due condominii, ripartendo la gestione amministrativa fra i due condominii di “(…) 1” e “(…) 2” per evidenti ragioni di praticità.

Pertanto, si è costituito nel presente giudizio il Condominio “(…) 1”, il quale nelle note di trattazione scritta per l’udienza di precisazione delle conclusioni in data 21.01.2021 ha fatto presente che nell’assemblea del 15-11-2017 i condòmini hanno deliberato di procedere allo scioglimento dell’utenza acqua condominiale in acqua privata per ogni singolo condòmino, con conseguente allaccio diretto con propri contatori di tutti i condòmini all’Ente erogatore ACEA. La circostanza è stata confermata dagli appellanti, i quali hanno precisato che, non esistendo alcun erogatore di acqua a servizio del Condominio, attualmente esistono in uso solo contatori individuali.

E’ da rilevare, quindi, come sia intervenuta la cessazione della materia del contendere e sia necessario soltanto statuire riguardo alle spese di lite in base al criterio della soccombenza virtuale.

A tal fine occorre muovere dal rilievo che l’impianto centralizzato di distribuzione dell’acqua potabile e di scarico rientra nell’elencazione delle “parti comuni” contenuta nell’art. 1117 n. 3 c.c.. Ricorrono, quindi, le condizioni per ritenere sussistente la presunzione di comunione, che deriva la sua ratio dall’obiettiva destinazione dell’impianto a servizio e utilità dell’edificio.

La presunzione di condominialità può essere superata dal titolo, vale a dire da un atto di autonomia privata che, espressamente, disponga un diverso regime delle parti di uso comune. In particolare, si osserva che la presunzione di comunione ex art. 1117 cod. civ. non può essere vinta dalla pura e semplice omessa menzione nel titolo costitutivo del condominio di detta parte come comune, occorrendo, invece, che dal complesso dell’atto emergano, anche se non contenuti in una dichiarazione espressa di volontà, elementi di significato univoco idonei a far ritenere che la parte immobiliare o l’impianto in contestazione, diversamente da quanto sarebbe desumibile dalla sua destinazione di fatto, sia escluso dalla proprietà comune.

Orbene, ritiene la Corte che nella fattispecie in esame non possa configurarsi un titolo contrario alla presunzione di comunione relativamente all’impianto idrico, atteso che all’omessa menzione nel regolamento condominiale prima della modifica del 24.10.2012 non si accompagnano indicazioni positive di segno contrario all’inclusione dell’impianto stesso fra le parti comuni secondo la sua naturale destinazione.

Risulta, quindi, priva di fondamento la pretesa degli appellanti di escludere detto impianto dal novero delle parti comuni all’epoca della costituzione del condominio.

Tuttavia, secondo un principio che si è consolidato nella giurisprudenza ed è stato normativizzato dalla L. 220/12 per gli impianti di riscaldamento e condizionamento, il singolo condomino ha in ogni caso la facoltà di chiedere il distacco dall’impianto centralizzato (salvo che ciò non determini notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa).

Ed infatti, in una fattispecie analoga a quella in esame, la Corte di Cassazione (ord. n. 28616 del 2911-2017) ha affermato “il principio consolidato nella giurisprudenza di merito e di legittimità secondo cui l’impianto centralizzato (in questo caso, di distribuzione dell’acqua potabile) costituisce “un accessorio di proprietà comune”, circostanza che obbliga i condomini a pagare le spese di manutenzione e conservazione dell’impianto idrico condominiale, salvo che il contrario risulti dal regolamento condominiale, ipotesi quest’ultima che non ricorre nella caso in esame (si veda Cass. n. 7708 del 2007; Cass. n. 19893 del 2011).

Infatti, anche a ritenere ammissibile il distacco degli appartamenti dall’impianto idrico centralizzato, laddove non comporti squilibrio nel suo funzionamento, ne’ maggiori consumi, alla legittimità del distacco consegue al più il solo esonero dei condomini dal pagamento delle spese per il consumo ordinario, non certo i costi di manutenzione.

In tal senso, sebbene anche in relazione ad altri servizi condominiali, si e’ affermato che (cosi’ Cass. n. 28679 del 2011) è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purchè l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’articolo 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, egli è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso”.

E’ invero principio consolidato sulla base di un copiosa giurisprudenza in tema di riscaldamento, che il condomino, il quale si distacchi dall’impianto centralizzato e fruisca di uno, proprio, autonomo, debba continuare, tra l’altro, a pagare le spese relative alla conservazione e manutenzione dell’impianto centralizzato (ex plurimis Cass. 29/3/2007 n. 7708).

Il principio – che non c’è ragione di non applicare anche con riguardo all’impianto idrico, compreso come l’altro tra le cose comuni di cui all’elencazione dell’art. 1117 c.c. – trova fondamento nell’art. 1118, sec. co. c.c., per il quale il condomino non può rinunziando al diritto sulle cose comuni sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione. Tale articolo si collega strettamente all’art. 1123 secondo comma c.c., in quanto le cose comuni per le quali il condomino può essere esonerato dal pagamento delle relative spese, ove non ne usufruisca, debbono essere tali per caratteristiche obiettive, non già per una scelta volontaria.

Grava, peraltro, sul condomino che chiede di non partecipare alla ripartizione delle spese di consumo idrico l’onere di dimostrare di aver provveduto al distacco dall’impianto idrico condominiale e fino a quando il condomino non dimostri l’avvenuto distacco, appare corretto includerlo nella ripartizione delle spese.

Occorre comunque tenere presente che il condomino distaccato può essere esonerato dalle spese di consumo, ma non da quelle relative alla conservazione, manutenzione e messa a norma dell’impianto condominiale (in analogia a quanto previsto per l’impianto di riscaldamento dall’articolo 1118, secondo comma, del Codice civile).

Sulla base dei rilievi che precedono, tenuto conto della parziale fondatezza delle ragioni fatte valere dagli attuali appellanti, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione integrale delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio, così riformando la sentenza impugnata nella parte in cui ha condannato gli attori al pagamento delle spese processuali in favore del condominio convenuto.

Pertanto, atteso che gli appellanti hanno documentato di aver provveduto mediante bonifico in data 01.12.2016 al pagamento in favore del Condominio (…) 1 della quota a loro carico della condanna alle spese portata nell’appellata sentenza, il Condominio appellato deve essere condannato alla restituzione della relativa somma di Euro 1525,78.

Nulla per le spese di lite quanto agli appellati contumaci.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ca.Fa. e Ca.Au. avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Velletri n. 415/2016 del 25/01/2016, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

In riforma della sentenza impugnata, dichiara la cessazione della materia del contendere e compensa fra le parti le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

Condanna il Condominio (…) 1, via (…) 17 km. 25,800 in (…) (RM), alla restituzione in favore degli appellanti della somma di Euro 1.525,78 dai medesimi versata in esecuzione della sentenza impugnata.

Così deciso in Roma il 4 maggio 2021.

Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2021.

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