La presunzione di possesso utile ad usucapionem, di cui all’articolo 1141 c.c., non opera quando la relazione con il bene derivi non da un atto materiale di apprensione della res, ma da un atto o da un fatto del proprietario a beneficio del detentore, nella specie un contratto di comodato, poiche’ in tal caso l’attivita’ del soggetto che dispone della cosa non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario. Ne consegue che la detenzione di un bene immobile a titolo di comodato precario puo’ mutare in possesso solamente all’esito di un atto d’interversione idoneo a provare con il compimento di idonee attivita’ materiali il possesso utile ad usucapionem in opposizione al proprietario concedente.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 3 luglio 2018, n. 17378

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. fortunato Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6021/2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

– controricorrenti –

(OMISSIS), FALLIMENTO DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 6, depositata il 14 gennaio 2013;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 febbraio 2018 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

RILEVATO IN FATTO

Nella controversia instaurata da (OMISSIS) al fine di ottenere l’accertamento dell’acquisto della proprieta’ per usucapione di un terreno, acquistato dai coniugi (OMISSIS) (fratello dell’attrice) e (OMISSIS), e poi da questi donati ai loro figli (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), la Corte d’Appello di Palermo ha rigettato la domanda, originariamente accolta dal giudice di primo grado.

La corte di merito ha riconosciuto che il potere di fatto sulla cosa, esercitato dall’attrice, trovava titolo in un contratto di comodato, giustificato dai rapporti di “natura familiare” tra i soggetti in causa”, in assenza di mutamento del titolo ex articolo 1141 c.c., comma 2.

Contro la sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati con memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. Essi censurano la sentenza essenzialmente per i seguenti profili:

a) la corte d’appello avrebbe dovuto considerare esclusivamente la situazione di fatto instaurata dall’attrice con l’immobile e il suo protrarsi per tutto il tempo occorrente per l’usucapione, mentre aveva considerato il momento iniziale della stessa situazione di fatto, per andare poi a vedere se vi fosse stata interversione;

b) l’interversione nel caso in esame non era necessaria, perche’ il momento acquisitivo della disponibilita’ rifletteva la comune volonta’ delle parti di condividere la fruibilita’ possessoria del bene “ognuno per la sua parte in ossequio al pregresso accordo fra di esse” (ricorso pag. 24);

c) i comportamenti materiali dedotti dal possessore avevano il significato di opposizione al diritto del proprietario, conseguendone pertanto il mutamento del titolo negato dalla corte d’appello.

Il ricorso e’ infondato.

Quanto alla censura sub a):

La presunzione di possesso opera quando non sia dimostrato che il potere di fatto ha avuto inizio come detenzione (articolo 1141 c.c., comma 1).

La corte d’appello ha affermato che “la sussistenza di rapporti di natura familiare tra le parti in causa” rendeva verosimile la tesi degli appellanti che il potere di fatto era stato acquisito dall’attuale ricorrente in forza di contratto di comodato.

Sulla base di tale considerazione ha escluso l’operativita’ della presunzione di possesso utile per l’usucapione.

Tale valutazione e’ in linea con la giurisprudenza di questa Suprema Corte.

“La presunzione di possesso utile ad usucapionem, di cui all’articolo 1141 c.c., non opera quando la relazione con il bene derivi non da un atto materiale di apprensione della res, ma da un atto o da un fatto del proprietario a beneficio del detentore, nella specie un contratto di comodato, poiche’ in tal caso l’attivita’ del soggetto che dispone della cosa non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario. Ne consegue che la detenzione di un bene immobile a titolo di comodato precario puo’ mutare in possesso solamente all’esito di un atto d’interversione idoneo a provare con il compimento di idonee attivita’ materiali il possesso utile ad usucapionem in opposizione al proprietario concedente” (Cass. n. 21690/2014).

Quanto alla censura sub b):

La pluralita’ dei riferimenti operati in ricorso gli accordi intercorsi con i proprietari non preludono nemmeno sul piano descrittivo all’esistenza di una situazione di fatto idonea a qualificare come possesso il potere di fatto conseguito sulla cosa.

Essi, anzi, sono in contraddizione con il possesso ai fini dell’usucapione, che per definizione e’ esercitato in opposizione al diritto del proprietario (Cass. n. 5551/2014; conf. n. 14953/2011; n. 21690/2015).

Occorre poi tenere conto del principio che “il possesso costituisce una situazione di fatto, non trasmissibile, di per se’, con atto negoziale separatamente dal trasferimento del diritto corrispondente al suo esercizio, sicche’ non opera la presunzione del possesso utile ad usucapionem, previsto dall’articolo 1141 c.c., quando la relazione con il bene derivi da un atto o da un fatto del proprietario non corrispondente al trasferimento del diritto” (Cass. n. 24637/2016).

Quanto alla censura sub c):

Essa si dirige contro un apprezzamento di fatto non censurabile in cassazione.

Infatti “l’accertamento, in concreto, degli estremi dell’interversione del possesso integra un’indagine di fatto, rimessa al giudice di merito, sicche’ nel giudizio di legittimita’ non puo’ chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame la condotta della parte, per trarne elementi di convincimento, ma si puo’ solo censurare, per omissione o difetto di motivazione, la decisione di merito che abbia del tutto trascurato o insufficientemente esaminato la questione di fatto della interversione” (Cass. n. 4404/2006; conf. n. 27521/2911; n. 356/2017).

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

dichiara ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

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