l’indennizzo per ingiustificato arricchimento dovuto al professionista che abbia svolto la propria attività a favore della P.A., ma in difetto di un contratto scritto, non può essere determinato in base alla tariffa professionale che avrebbe potuto ottenere se avesse svolto la sua opera a favore di un privato, né in base all’onorario che la P.A. avrebbe dovuto pagare se la prestazione ricevuta avesse formato oggetto d’un contratto valido.

 

Corte d’Appello Potenza, civile Sentenza 10 settembre 2018, n. 560

CORTE DI APPELLO DI POTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Potenza, riunita in persona dei seguenti magistrati:

dott. Ettore Luigi Nesti – Presidente

dott. Michele Videtta – Consigliere

dott.ssa Lucia Iodice – Consigliere rel.

ha emesso la seguente

SENTENZA

Nel giudizio civile in grado di appello iscritto al n. R.G. C.A. n. 528/2008, avente ad oggetto: Arricchimento senza causa, vertente tra:

DE.AN. (…), difeso dall’Avv. RU.EN., ed elettivamente domiciliato in VIA (…), 85100 POTENZA, presso lo studio del difensore;

APPELLANTE

contro

COMUNE DI RUOTI (…), in persona del Sindaco p.t., difeso dall’Avv. MA.VI. (…) ed elettivamente domiciliato in VIA (…) 85100 POTENZA, presso lo studio del difensore;

APPELLATO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione ritualmente notificato in data 07.19.1998, An.De. evocava in giudizio il Comune di Ruoti esponendo di aver ricevuto dallo stesso diversi incarichi professionali in virtù di delibere di giunta comunale risalenti al 1989. Nella specie, si trattava di progettazioni delegate ai sensi della L. 219/81, riguardanti i lavori di illuminazione di alcune contrade, la rete fognante, i lavori di riparazione della strada comunale frazione Micele di Ruoti. Precisava di aver svolto la propria attività maturando un compenso professionale pari a Lire 146.297.842 oltre accessori, e che il Comune non aveva provveduto al pagamento.

2. Si costituiva il Comune contestando la pretesa avversa. Espletata l’istruttoria e disposta CTU, il De. conteneva la propria pretesa in Euro 47.340,68.

3. Il Tribunale di Potenza, con sentenza n. 181/2008 del 26/2/2008 depositata il 27/2/2008, dichiarava l’inammissibilità della domanda, inquadrata nell’alveo dell’art. 2041 c.c., per mancanza del requisito della sussidiarietà.

Rilevava, in particolare, il Tribunale che, in assenza di contratto scritto, a carico della P.A. non poteva scaturire alcuna obbligazione, non risultando peraltro neppure l’impegno di spesa e la registrazione del relativo impegno contabile. Sotto tale profilo, l’assenza di attestazione di copertura finanziaria comportava la non riferibilità all’ente dell’attività svolta dai funzionari; per cui, l’azione sussidiaria di ingiustificato arricchimento nei confronti del Comune era impedita dalla possibilità di esperire un’azione dei confronti dei funzionari responsabili, atteso il venir meno del rapporto di immedesimazione organica quando l’acquisizione di servizi sia avvenuta in violazione delle prescrizioni di legge che regolano la materia.

In ogni caso, sulla scorta della espletata CTU, risultava che il Comune di Ruoti non aveva tratto alcun indebito arricchimento né aveva riconosciuto alcuna utilità dell’opera professionale in modo espresso o implicito in comportamenti imputabili a coloro cui è rimessa la formazione della volontà dell’Ente.

4. Con atto di appello notificato il 12.11.2008, il De. proponeva impugnazione avverso la sentenza e, premesso l’erroneo inquadramento della fattispecie – non regolata dalla normativa sulla contabilità degli enti locali bensì da quella speciale prevista dagli artt. 3, 9 e 10 della L. 219/81 per le spese destinate allo sviluppo ed al risanamento dei territori colpiti dal sisma dell’80 – ha contestato la ritenuta insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2041 c.c..

Chiedeva, quindi, in riforma della sentenza impugnata, di dichiarare e dare atto che l’Amministrazione Comunale di Ruoti è tenuta ad indennizzare l’appellante ai sensi dell’art. 2041 c.c. della diminuzione patrimoniale dallo stesso subita per prestazioni professionali relative alla redazione delle perizie delegate ex L. 219/1981, condannando lo stesso Comune al pagamento della somma di Euro 47.340,69, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali ragguagliati al tasso ufficiale di scontro ex art. 144/1949 dalla data di maturazione al soddisfo, e con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.

5. Si costituiva il Comune di Ruoti chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

All’udienza del 21.11.2017 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva quindi riservata per la decisione con concessione dei doppi termini ex art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. L’impugnazione va rigettata, pur essendo corretta la premessa sull’inquadramento normativo della fattispecie.

6.1. Ed invero, è pacifico che il geom. De., in assenza di contratto scritto, ebbe a redigere delle perizie ex artt. 9 e 10 L. 219/81, e che l’attività svolta non era sostenuta da una deliberazione di consiglio comunale di impegno di spesa.

Tuttavia, la normativa richiamata nella giurisprudenza della Cassazione citata dal Tribunale per affermare il principio di sussidiarietà dell’azione di indebito arricchimento, sicuramente applicabile agli impegni di spesa propri dell’ente locale che agisca impiegando risorse proprie, non trova applicazione per gli interventi ex L. 219/1981, disciplinati dagli artt. 3, 9 e 10 che prevedono che i privati, per la ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma, possano delegare ai Comuni (art. 9 comma 7) la progettazione, esecuzione e gestione dei lavori. I Comuni, a loro volta, possono esternalizzare l’attività di redazione perizie e provvedere alla remunerazione dei tecnici ai sensi dell’art. 14, della L. 219/81 mediante richiesta di finanziamento, rimessa ex comma 11 allo stanziamento da parte del CIPE di cui all’art. 3 della stessa legge.

In questo quadro, stante la inapplicabilità del regolamento di contabilità degli enti locali, il Comune, lungi dall’impegnare propri fondi, si pone in un rapporto di servizio funzionale rispetto allo Stato, i cui fondi vengono gestiti dall’ente locale senza alcun riflesso sul proprio bilancio, atteso anche che l’attività dell’ente locale ha carattere vincolato, senza alcun margine di discrezionalità, come riconosce la giurisprudenza amministrativa (TAR Campania, sez. Salerno, 13.06.2006, n. 835).

L’attività svolta dall’appellante, infatti, rientra proprio in quelle disciplinate ex artt. 3, 9 e 10 della L. 219/1981, e, quindi, va inquadrata nell’alveo di quella in cui l’Ente locale gioca un ruolo esclusivamente ricognitivo circa la ricorrenza di tutti i presupposti normativi di cui alla legge richiamata (beneficiari, presupposti, misura, modalità e priorità nella liquidazione dei contributi), con la conseguente erogazione del finanziamento alla ricostruzione/restauro.

Intervenuta l’approvazione dell’operato del tecnico ex art. 14 L. 219/81, nessun altro passaggio è necessario, dovendosi attingere, ai sensi del comma 11, al fondo di cui all’art. 3 legge cit.

Così operato il corretto inquadramento della fattispecie, deve riconoscersi che il Comune di Ruoti, avvalendosi dell’attività del De. operando in questo alveo normativo, non aveva necessità di adottare impegni di spesa e correlative deliberazioni consiliari, essendo la relativa copertura garantita con risorse statali erogate ex I. 219/1981; al Comune residuava una mera attività accertativo – struttoria e l’impegno di spesa doveva intervenire a livello statale, con conseguente inapplicabilità della normativa richiamata dal Tribunale.

6.1.2. Alla stregua di tanto, non risulta applicabile al caso di specie neppure l’art. 23 comma 3 L. 24.04.1989 n. 144 richiamato nella sentenza di primo grado.

Tale norma, infatti, è volta ad “…impedire che l’ente pubblico sia esposto, per colpa o dolo dei propri amministratori o funzionari, ad erogazioni non deliberate né coperte da un punto di vista contabile, id est lo scopo è evitare che le pubbliche amministrazioni paghino ingiustamente lo scotto di condotte infedeli e/o negligenti da parte delle persone fisiche attraverso le quali esprimono la propria volontà” (Corte di Appello di Potenza 18.05.2005).

Nella specie, come detto, non si è in presenza di erogazioni da deliberare e non coperte dall’ente locale, proprio in virtù della peculiare disciplina di cui alla L. 219/81.

6.2. Da ciò consegue che il De. poteva richiedere ed ottenere esclusivamente la tutela sussidiaria e residuale ex art. 2041 c.c.

Ed invero, la mancanza di un contratto richiedente la forma scritta ad substantiam, comprovata nel caso di specie dalle sentenze (agli atti del giudizio) nn. 9/1996 e 10/1996 del Tribunale di Potenza, peraltro passate in giudicato, rende esperibile l’unico rimedio dell’azione ex art. 2041 c.c., come riconosce la Suprema Corte che ha affermato che: “Il rigetto della domanda di adempimento contrattuale proposta nei confronti del comune, il quale discenda dal rilievo che il contratto, stipulato dal sindaco, sia nullo per difetto di forma scritta “ad substantiam”, rende proponibile la richiesta subordinata di indennizzo, per il lucro conseguito dall’ente territoriale con la prestazione dell’attore, considerando che quest’ultimo non ha altra azione per il ristoro del pregiudizio subito, né in particolare azione risarcitoria direttamente contro il sindaco (non essendo configurabile una sua responsabilità esterna per violazione di norme diverse da quelle cosiddette di relazione), e che, pertanto, resta rispettato il carattere sussidiario della pretesa di indennità per arricchimento senza causa” (Cass. 26.6.90 n. 6484 – in una fattispecie ante 1989; ma vedi anche Corte di Appello di Potenza 18.01.2005, secondo cui: il privato, in caso di prestazione eseguita senza una copertura finanziaria, “…non ha azione contrattuale perché il contratto, proprio per difetto di forma scritta, è nullo e non vincola il funzionario o l’amministratore, non applicandosi – come s’è detto – l’art. 23 cit. né potendosi il contratto medesimo convertire ex art. 1424 c.c. in un altro vincolante direttamente e personalmente l’amministratore od il funzionario, perché di certo costoro non lo volevano per sé; neppure il privato ha un’azione aquiliana o precontrattuale nei loro confronti, perché se negligenza vi è stata nell’omettere di redigere per iscritto il contratto essa è ascrivibile in pari misura ad entrambi (amministratore e privato). Diverso sarebbe il caso dell’amministratore che avesse lasciato credere al privato di agire conformemente ad inesistenti delibere dell’ente, ché in tal caso una responsabilità aquiliana quanto meno nella forma della responsabilità precontrattuale esisterebbe sicuramente” (Corte di Appello di Potenza 18.05.2005).

6.2.1. Passando ad esaminare la ricorrenza dei presupposti per l’ingiustificato arricchimento, in punto di diritto, va rammentato che, con riguardo all’azione esperita nei confronti della P.A., il più recente orientamento giurisprudenziale ha chiarito che non è necessario alcun riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito.

Infatti “…Quanto alla sussistenza dell’utilitas in capo all’ente beneficiato, va ribadito che il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c., nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento imposto” (vedi Cass. SU n. 10798/2015 e n. 15937/2015).”. (Cass. I, 13.06.2018, n. 15496); in altri termini, “…il riconoscimento dell’utilità non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, di guisa che il privato attore ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. deve provare, ed il giudice accertare, il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’Amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa piuttosto eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto e non fu consapevole (Cass. U. n. 10798 del 26/05/2015).

Alla stregua di tali principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità oggi prevalente – cui questa Corte intende aderire – sull’azione di arricchimento “… il depauperato ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso” (Cass. 1, n. 15937del27/6/2017; Cass. III, 26.06.2018, n. 16793).

6.2.2. Inoltre, l’utilitas, per costante giurisprudenza, può consistere anche in un risparmio di spesa da parte della P.A. (Cass. 3, n. 9141 del 21/4/2011: “La regola di diritto comune “nemo locupletari potest cum aliena iactura” deve avere un’applicazione tendenzialmente paritaria, sia che la pretesa venga avanzata nei confronti di un privato, sia che soggetto passivo ne sia una P.A.; la mera utilizzazione di un’opera o di una prestazione, da parte di un ente pubblico, può, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, integrare riconoscimento implicito dell’utilità della stessa, utilità la quale va ravvisata anche in caso di risparmio di spesa; a fronte di un’utilizzazione non attuata direttamente dagli organi rappresentativi dell’ente, ma da questi sostanzialmente assentita, il giudice può ritenere riconosciuta, di fatto, l’utilità dell’opera o della prestazione, conseguentemente formulando, in via sostitutiva, il relativo giudizio, con adeguata e congrua motivazione; cfr. anche Cass. 1, n. 20226 del 4/9/2013) e può avere natura atipica (Cass. 1, n. 16820 del 5/7/2013: “Ai fini dell'”utile versum” dell’azione di arricchimento senza causa, proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c., nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, quale la redazione del progetto di un’opera pubblica, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima”; Cass. 3, n. 12608 del 19/5/2017.)” (Cass. III, 26.06.2018, n. ro 16793).

6.2.3. Ciò detto a livello di principi, nel caso di specie, considerando che il Comune ha emesso delibere di liquidazione del 50% dell’importo richiesto per la prestazione professionale dell’appellante, deve riconoscersi che manca qualsivoglia possibilità di determinare r(ulteriore) indennizzo spettante.

Va detto, infatti, che il CTU in prime cure Ing. Iu., alle pagg. 10-11 della propria relazione, evidenzia che, a causa delle prestazioni professionali dell’appellante, il Comune di Ruoti trasse un vantaggio perché “…le perizie in questione hanno contribuito, di fatto, anche ad accrescere lo stanziamento CIPE a favore del Comune di Ruoti che, approvandole, ha evidentemente potuto dimostrare un maggior fabbisogno finanziario rispetto a quello che avrebbe potuto richiedere in assenza di approvazione”.

Inoltre, l’altro CTU pure nominato in prime cure, ing. De., ha concluso che l’approvazione di una pratica ai sensi dell’art. 14 L. 219/81 e la sua utilizzazione “…per la formazione delle graduatorie può costituire, a giudizio del sottoscritto, già un elemento di utilizzo effettivo. In questo caso l’utilità del Comune consisterebbe nell’aver correttamente ottemperato alle deleghe dei proprietari mettendoli in condizione di concorrere al finanziamento” (pagg. 4-6 della perizia De.).

A fronte di tanto, il Comune di Ruoti, con più delibere di Giunta, approvava l’attività svolta dall’appellante e disponeva l’erogazione dell’importo corrispondente al 50% della richiesta.

In tale contesto, l’appellante si limita ad affermare che il Comune ha approvato “le parcelle degli onorari dovuti al geom. De.” e liquidato “un acconto del 50% del complessivo importo dovuto a titolo di corrispettivo” (la sottolineatura è aggiunta), obliterando il fatto che, ai sensi del 2041 c.c., ciò che spetta è un indennizzo che può essere determinato secondo diversi parametri o in via equitativa purché, a fronte della dimostrazione del vantaggio, siano offerti elementi certi di valutazione della effettiva diminuzione patrimoniale subita.

6.2.4. Sul punto, la difesa di parte appellante indica come parametro la parcella redatta secondo le tariffe indicate nei prezziari delle opere pubbliche per la quantificazione dell’importo dovuto;

La Corte rileva che, di recente, la Suprema Corte ha affermato il principio che qualora, per lo svolgimento di un’attività professionale, debba essere riconosciuto un indennizzo per arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 c.c., la quantificazione dell’indennizzo medesimo può essere effettuata utilizzando la tariffa professionale come parametro di valutazione, per desumere il risparmio conseguito dalla P.A. committente rispetto alla spesa cui essa sarebbe andata incontro nel caso di incarico professionale contrattualmente valido (Sez. 6-1, Ordinanza n. 351 del 10/01/2017, Rv. 642780 – 01).

Trattasi, tuttavia, di principio tutt’altro che consolidato, ove si ponga mente al fatto che, quasi contestualmente la stessa Corte ha affermato che l’indennizzo per ingiustificato arricchimento dovuto al professionista che abbia svolto la propria attività a favore della P.A., ma in difetto di un contratto scritto, non può essere determinato in base alla tariffa professionale che avrebbe potuto ottenere se avesse svolto la sua opera a favore di un privato, né in base all’onorario che la P.A. avrebbe dovuto pagare se la prestazione ricevuta avesse formato oggetto d’un contratto valido (Sez. 3, Sentenza n. 19886 del 06/10/2015, Rv. 637195 – 01; in senso conforme, n. 23780 del 2014).

Peraltro, è stato anche affermato che in tema di azione di indebito arricchimento, conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto, l’indennità prevista dall’art. 2041 c.c. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita da chi ha eseguito la prestazione, con esclusione di quanto questi avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva liquidato l’indennità dovuta alla parte erogante servizi per il funzionamento di due strutture per anziani avuto riguardo al valore di mercato delle prestazioni svolte in esecuzione del contratto invalido) (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 14526 del 15/07/2016).

Orbene, proprio sulla scorta di tali considerazioni e del principio giurisprudenziale sopra riportato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18804 del 23/09/2015, Rv. 636890 – 01), occorre concludere che, nel caso in esame, non sia possibile addivenire neppure alla liquidazione equitativa dell’indennizzo, in mancanza dei presupposti necessari perché ciò avvenga; ovvero, che il soggetto interessato provi che sia obiettivamente impossibile o particolarmente difficile dimostrare il danno nel suo preciso ammontare.

Sotto tale profilo, infatti, non solo manca qualsiasi prova al riguardo ma nulla è stato dedotto in ordine alla impossibilità o alla particolare difficoltà di dimostrare il danno nel suo preciso ammontare.

Deriva da tanto la infondatezza dell’impugnazione.

8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate, applicando i parametri ratione temporis vigenti, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Potenza, definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza n. 181/2008 emessa dal Tribunale di Potenza nel giudizio iscritto al n. R.G. 1648 dell’anno 1998, promosso da An.De. contro il Comune di Ruoti, nel contraddittorio delle parti, così provvede:

1) rigetta l’appello;

2) condanna l’appellante al pagamento delle spese di questo grado di giudizio che liquida, ai sensi del DM 55/14, in complessivi Euro 3.348,00, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Potenza il 26 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.