in tema di simulazione, il codice civile detta un diverso regime probatorio a seconda che ad agire per l’accertamento dell’invalidità contrattuale siano le parti contraenti o i terzi. L’art. 1417 c.c. prevede, infatti, un regime probatorio privilegiato per i terzi e i creditori, ossia l’ammissibilità senza limiti della prova per testimoni e, di conseguenza, ai sensi dell’art. 2729 c.c., anche della prova per presunzioni, mentre, quando la domanda di accertamento della simulazione è proposta da una parte del contratto nei confronti dell’altra, la prova per testimoni è ammissibile soltanto se la domanda sia volta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato.

Tribunale|Roma|Sezione 10|Civile|Sentenza|27 aprile 2020| n. 6643

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE DECIMA CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa Giovanna Schipani, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 70859/2016 R.G.A.C.C., vertente

TRA

BU.FR.

BU.PA.

CE.MA.

rappresentate e difese dall’avv.to Ma.Fo., giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore

OPPONENTI

E

OR.MA. S.r.l.

rappresentata e difesa dall’avv.to Lu.Pa., giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta

OPPOSTA

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto ingiuntivo n. 17862/2016, R.G. n. 49995/2016, emesso dal Tribunale di Roma in data 25.7.2016, è stato ingiunto a Bu.Fr., Bu.Pa. e Ce.Ma. il pagamento, in favore di Or.Ma. S.r.l. (in seguito, Or.), della somma di Euro 37.000,00, oltre interessi di mora e spese della procedura monitoria, a titolo di IVA dovuta a seguito del contratto di permuta di beni immobili, concluso tra le parti.

Avverso detto decreto hanno proposto opposizione Bu.Fr., Bu.Pa. e Ce.Ma., le quali, deducendo la inesatta ricostruzione dei fatti di causa e l’inesistenza del credito e delle pretese azionate, nonché l’illegittimità della fattura emessa, hanno formulato le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa: Nel merito 1. accertare e dichiarare l’inefficacia del negozio simulato di permuta e, di conseguenza, dei suoi effetti giuridici; 2. annullare il decreto ingiuntivo opposto, perché infondato in fatto e in diritto, e per l’effetto revocarlo e dichiararlo privo di efficacia; 3. condannare l’opposta alle spese, competenze e onorari di giudizio, oltre IVA e CPA, da distrarsi in favore del sottoscritto Avvocato Se.Ma., che si dichiara antistatario”.

In data 22.03.2017 si è costituita in giudizio Or., chiedendo la concessione della provvisoria esecuzione e il rigetto dell’opposizione, in quanto infondata in fatto ed in diritto, oltre che dilatoria, con conferma del decreto ingiuntivo.

All’udienza del 3.5.2017, è stata rigettata l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione e sono stati assegnati i termini di cui all’art.183 comma 6 c.p.c..

All’udienza del 17.1.2018, su richiesta delle parti, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni, con invito a trovare, nelle more, un accordo per la composizione bonaria della controversia.

All’udienza del 4.12.2019, sulle conclusioni precisate dalle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Si procede, in primo luogo, a ricostruire, sulla base della documentazione in atti, la vicenda per cui è processo, nei seguenti termini:

1) in data 23.3.2011, le parti hanno sottoscritto un “compromesso di vendita di bene immobile”, con cui le promittenti venditrici (odierne opponenti) si impegnavano a vendere ad Or. tre immobili siti in Comune di Frascati, via (…) (iscritti al NCEU al foglio (…), nonché al foglio (…)), per il prezzo di Euro 370.000,00, da corrispondersi con le seguenti modalità: Euro 50.000,00 alla sottoscrizione del contratto, Euro 50.000,00 entro il 30.9.2011, cioè al momento della consegna degli immobili da parte delle proprietarie, ed Euro 270.000,00 entro quattro anni dalla data di ritiro della concessione a costruire (doc. 1 di parte opponente);

2) l’art. 3 prevedeva a carico della parte promissaria acquirente la demolizione dei fabbricati esistenti (che insistevano su due appezzamenti di terreno di mq 2000, erroneamente accatastati come Corte) per procedere alle pratiche per il rilascio del permesso di costruire;

3) in data 28.12.2011, le stesse parti hanno stipulato, per atto pubblico, un contratto di permuta, a rogito Notaio Gi.La., rep. n. 56562 racc. n. 21890, per un valore pari ad Euro 370.000,00, con cui le opponenti cedevano e trasferivano all’opposta, “a titolo di permuta” un appezzamento di terreno edificabile di mq 2000, costituito da due corpi contigui riportati nel Catasto terreni del Comune di Frascati al foglio 11 part. n. l3l0 e 1311, e la società cedeva, “a titolo di permuta’, l’unità immobiliare che sarebbe stata dalla stessa realizzata nei termini ivi previsti (all. 1 del fascicolo monitorio);

4) l’art. 4 dell’atto di permuta prevedeva che il possesso dell’unità immobiliare sarebbe passato alle signore Bu. e Ce. quando le costruzioni sarebbero venute ad esistenza e sarebbe stato stipulato “apposito atto di accertamento, con spese, anche per il pagamento dell’IVA”, a carico delle predette;

5) in pari data, le parti hanno sottoscritto anche un’altra scrittura privata, denominata “preliminare di compravendita”, con cui le opponenti si obbligavano a vendere alla Or., che si riservava di acquistare per sé o per persona da nominare, l’appartamento che sarebbe venuto ad esistenza come specificato nell’atto a rogito notaio La. “in data odierna”, sempre al prezzo di Euro 370.000,00, che doveva essere così corrisposto: Euro 100.000,00, mediante due assegni bancari alla sottoscrizione del contratto ed Euro 270.000,00, mediante assegni circolari al momento del rogito (doc. 2 di parte opponente);

6) con scrittura privata del 28.11.2014 – richiamato l’atto notarile di permuta del 28.12.2012 (in realtà 2011) e il contratto preliminare del 28.12.2011, nonché la scrittura privata del 26.9.2012 (non prodotta in atti), con cui l’opposta, in sostituzione della fideiussione bancaria promessa nell’atto di permuta, rilasciava alle opponenti tre effetti cambiari da Euro 90.000,00 ciascuno, per un importo totale di Euro 270.000,00, tutti con scadenza 31.12.2014 – l’opposta, informando di non essere in grado di pagare i suddetti effetti cambiari, ha chiesto una rateizzazione del debito;

7) in particolare, la società ha proposto (e le opponenti hanno accettato), per la cambiale intestata alla Ce., la sostituzione con l’emissione di due (in realtà tre) assegni bancari da non incassare prima delle date ivi indicate, e, per le cambiali intestate a Bu.Fr. e Bu.Pa., l’indicazione di una nuova scadenza, fissata al 31.12.2015 (doc. 3 di parte opponente);

8) in data 4.11.2015, la società ha ceduto il contratto preliminare del 28.12.2011 a Leonardo Sa. e Alessandra Be., i quali, in qualità di promissari acquirenti, avrebbero dovuto versare alle promittenti venditrici, al momento del contratto definitivo, il saldo, pari ad Euro 180.000,00, atteso che era stata già corrisposta dalla cedente, odierna opposta, alle opponenti, in qualità di promittenti alienanti, la somma complessiva di Euro 190.000,00, di cui Euro 100.000,00 contestualmente alla sottoscrizione del preliminare e un successivo acconto di Euro 90.000,00 (doc. 4 di parte opponente);

9) tale atto di cessione è stato sottoscritto anche dalle opponenti, le quali confermavano che residuava l’importo di Euro 180.000,00 e accettavano il subentro dei signori Sa. e Be. a Or.;

10) in data 24.2.2016, è stato stipulato, per atto a rogito Notaio Ma.Pi., rep. n. 3926 racc. n. 2703, l'”atto di ricognizione catastale e consegna”, con cui si dava atto che l’opposta aveva costruito l’immobile pattuito nel contratto di permuta e immetteva le opponenti nel pieno e giuridico possesso delle porzioni immobiliari e cioè casa di abitazione su tre livelli e posto auto (all. 2 del fascicolo monitorio);

11) contestualmente, l’opposta ha emesso fattura per il pagamento di Euro 370.000,00 oltre Euro 37.000,00 a titolo di IVA (all. 3 del fascicolo monitorio) e, a fronte del mancato pagamento della somma a titolo di IVA, la quale veniva peraltro contestata dalle opponenti (doc. 5 di parte opponente), in data 10.6.2016, a mezzo del legale, ha invitato le opponenti a provvedere al pagamento della somma di Euro 37.000,00, poi oggetto dell’ingiunzione.

Così ricostruiti, documentalmente, i complessi rapporti negoziali tra le parti, si rileva che l’opposizione muove dal presupposto che il contratto di permuta e il collegato atto di ricognizione catastale siano contratti simulati, dal momento che l’unica operazione effettivamente voluta e posta in essere era la compravendita del terreno, con la conseguenza che il pagamento dell’IVA non era dovuto.

In particolare, le opponenti hanno sostenuto che “hanno sin dall’inizio semplicemente venduto l’immobile di loro proprietà, e che, esclusivamente per venire incontro alle richieste di Or. Srl, dettate da problemi economici, hanno accettato loro malgrado di simulare un contratto di permuta”, dal che deriva che, ai sensi dell’art. 1414 c.c., “il contratto simulato (la permuta), non produce effetto tra le parti, tra le quali ha invece effetto il contratto dissimulato (la compravendita), se ne siano rispettati i requisiti di sostanza e di forma. Requisiti qui rispettati, in quanto a norma del codice civile (art. 1350 c.c.) un contratto avente ad oggetto il trasferimento di beni immobili deve essere fatto per atto pubblico o mediante scrittura privata”.

Il carattere simulato della permuta sarebbe dimostrato, sempre secondo l’assunto delle opponenti, dalle citate scritture private intercorse tra le parti, oltre che dai pagamenti effettuati dall’opposta, che, diversamente, sarebbero privi di causa, poiché in data 28.12.2011, quindi ben nove mesi dopo, è stato stipulato l’atto di permuta, per un valore di Euro 370.000,00, importo esattamente coincidente con quello del preliminare, e, contestualmente, un ulteriore contratto con cui l’opposta si impegnava a ricomprare da subito, sempre al prezzo di Euro 370.000,00, l’immobile, dalla stessa costruito sul terreno di proprietà delle opponenti, ceduto con la suddetta permuta.

Infine, a ulteriore conferma dell’assunto, le predette hanno richiamato il contratto di cessione del preliminare di compravendita del 4.11.2015, che, oltre a dare atto dei suddetti pagamenti, effettuati dalla opposta per un importo complessivo di Euro 190.000,00 in favore

delle medesime, dimostrerebbe come, nonostante l’atto di ricognizione e consegna, queste ultime non siano mai entrate in possesso dell’immobile.

L’opposta, dal canto suo, ha dedotto, in primo luogo, che mediante l’atto di permuta le opponenti cedevano e trasferivano alla stessa beni immobili (l’appezzamento di terreno) differenti rispetto a quelli oggetto del precedente contratto preliminare (i fabbricati poi demoliti a spese della società).

In secondo luogo, le opponenti avevano preteso a garanzia il rilascio delle suddette cambiali, che erano state prontamente restituite in data 24.2.2016, all’atto di ricognizione catastale e consegna dell’immobile, mentre ininfluente era il preliminare del 28.12.2011, contestuale all’atto di permuta e la successiva cessione del preliminare.

Peraltro, ha assunto Or., “in relazione al predetto contratto preliminare di compravendita, le sig.re Bu. e Ce. MAI hanno convocato la società odierna opposta dinanzi al notaio per la stipula dell’atto definitivo e, pertanto, è evidente come tale primo contatto abbia rappresentato unicamente una fase di trattativa degli assetti negoziali evidentemente ancora in fase di definizione”.

A conferma del fatto che le parti avessero voluto concludere realmente gli atti che hanno stipulato, la società ha affermato che le opponenti avevano preteso e ottenuto il pagamento della penale di Euro 10.800,00, prevista per il ritardo nella consegna del bene, sicché la tesi della natura simulata dell’atto di permuta risultava del tutto infondata, oltre che sfornita di ogni supporto probatorio, non essendo stata prodotta agli atti alcuna controdichiarazione.

L’opposta ha quindi ribadito la piena sussistenza del credito vantato nei confronti delle opponenti, discendente dallo specifico obbligo contrattualmente assunto dalle stesse con la stipula dell’atto di permuta, nel quale si specifica, all’art. 4, che le spese, anche per il pagamento dell’IVA, erano a loro carico.

Nel richiamare, per quanto qui non riportato, l’atto di citazione e la comparsa, e nel rilevare che parte opponente ha concluso riportandosi alla citazione e alla prima memoria, si evidenzia, preliminarmente, che ferma la confusione del quadro prospettato dalle parti, che risulta non del tutto chiarito, il thema decidendum si cristallizza con la prima memoria ex art. 183 c.p.c. e che le comparse conclusionali hanno mero valore illustrativo delle domande ed eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio, sulle quali si è instaurato il contraddittorio delle parti.

Pertanto, non si terrà conto delle modifiche alle conclusioni, introdotte con la comparsa conclusionale delle opponenti, in cui non si fa più cenno alla inefficacia del negozio simulato.

Ciò detto, e premesso che le parti, con le memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., hanno integrato la documentazione a sostegno delle rispettive pretese, non può condividersi quanto sostenuto nella prima memoria (alla seconda pagina) da parte opponente, secondo cui la simulazione risulterebbe dimostrata dalla documentazione prodotta in giudizio e secondo cui la prova della simulazione di un contratto può essere fondata anche su elementi presuntivi, se gravi, precisi e concordanti.

Ai fini di un inquadramento sistematico della questione per cui è causa, giova premettere che in tema di simulazione, il codice civile detta un diverso regime probatorio a seconda che ad agire per l’accertamento dell’invalidità contrattuale siano le parti contraenti o i terzi.

L’art. 1417 c.c. prevede, infatti, un regime probatorio privilegiato per i terzi e i creditori, ossia l’ammissibilità senza limiti della prova per testimoni e, di conseguenza, ai sensi dell’art. 2729 c.c., anche della prova per presunzioni, mentre, quando la domanda di accertamento della simulazione è proposta da una parte del contratto nei confronti dell’altra, la prova per testimoni è ammissibile soltanto se la domanda sia volta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti, fatte salve le eccezioni al divieto di prova testimoniale di cui all’art. 2724 c.c. (Cass. n. 10240/2007).

Come affermato dalla Suprema Corte, la prova per testi soggiace a limitazioni diverse, a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa.

Nel primo caso, l’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile ai patti per i quali opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, menzionati dall’art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 c.c.

Nel secondo caso, occorre distinguere, in quanto se la domanda è proposta da creditori o da terzi – che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte – la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi, essendo diretta a dimostrare l’esistenza del negozio dissimulato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è ammessa soltanto nell’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 2724 citato, cioè quando il contraente ha senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l’illiceità del negozio (cfr. Cass. n. 3973/2013; Cass. n. 10240/2007; Cass. n. 6480/2002; Cass. n. 2906/2001; Cass. n. 7065/1988).

Ora, come si è visto, le opponenti, parti del contratto, deducono pacificamente la simulazione relativa, di talché, trattandosi di un contratto per il quale è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, la prova dell’accordo simulatorio, traducendosi nella dimostrazione del negozio dissimulato, doveva essere data, ai sensi dell’art. 2725 c.c., mediante atto scritto, cioè con un documento contenente la controdichiarazione sottoscritta dalle parti, e comunque dalla parte contro la quale esso sia fatto valere in giudizio (cfr. Cass. 13459/2006; Cass. n. 6357/2019).

Pertanto, poiché non è stata prodotta alcuna controdichiarazione da cui ricavare che la reale volontà delle parti era soltanto quella di trasferire la proprietà del terreno edificabile di cui al preliminare del 23.3.2011, deve concludersi che l’onere probatorio non è stato assolto.

Con riguardo al mancato rilascio della fideiussione prevista a pena di nullità dal D.Lgs. n. 122/05 per gli immobili da costruire, tale circostanza è stata evidenziata, sia pure incidentalmente, da parte opponente nella prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. (pag. 7) e non è stata contestata da parte opposta.

Si osserva, sul punto, che l’immobile è stato pacificamente costruito e che evidentemente non si è manifestata l’insolvenza della società costruttrice tra la stipulazione dell’atto di permuta e la stipulazione dell’atto di ricognizione catastale e consegna.

Come affermato dalla Suprema Corte, “la disciplina in tema di immobili da costruire mira essenzialmente a preservare l’interesse del promissario acquirente e a garantire costui, con la nullità in materia di mancato rilascio della fideiussione, dal pericolo di insolvenza del venditore, mediante la garanzia fornita di un soggetto affidabile” il che porta “a dubitare della legittimità dell’esercizio di un’azione di nullità che, ancorché supportata dal testo della norma, sia funzionale alla tutela di un interesse che ormai non è più in alcun modo in pericolo” (cfr. Cass. n. 30555/2019).

Spiega la Corte che la proposizione della domanda di nullità quando l’interesse protetto dalla norma non abbia più ragione di temere alcun pregiudizio (per essere stato comunque assicurato l’interesse che la condizione asimmetrica dei contraenti avrebbe potuto pregiudicare o, addirittura, per essere stato già attuato l’interesse primario cui mirava il regolamento negoziale) risulta, infatti, funzionale non ad attuare il fine di protezione perseguito dalla legge, ma il diverso fine di sciogliere il contraente da un contratto che non reputa più conveniente o di aggirare surrettiziamente gli strumenti di reazione che l’ordinamento specificamente appronta avverso le condotte di inadempimento della controparte; ciò determina un palese sviamento delle finalità della legge, non solo per quanto concerne la protezione dello specifico interesse del contraente ritenuto debole, ma, di riflesso, anche con riferimento agli interessi più generali e di sistema, che il meccanismo della nullità di protezione mira a preservare.

Ha concluso la Corte che la proposizione della domanda di nullità per mancanza della garanzia accessoria ex art. 2 D.Lgs. n. 122 del 2005, ove sia stata rilasciata la garanzia prescritta per legge in data successiva alla stipula del preliminare, e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame, costituisce abuso del diritto e non può quindi essere accolta.

Ne discende che, nella specie, anche ove si volessero interpretare le laconiche deduzioni di parte opponente come dirette alla proposizione di una domanda di accertamento della nullità, difetterebbero, per quanto sin qui illustrato, i presupposti per l’accoglimento.

Con riferimento alla asserita illegittimità della emissione della fattura, per non essere stata emessa al momento dell’atto di permuta del 28.12.2011, si osserva che, secondo la giurisprudenza pacifica della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 2124/2017; Cass. n. 24172/2013), integra gli estremi della permuta di cosa presente con cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire, in tutto o in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione di una determinata opera da realizzare, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio con la cosa presente, con la conseguenza che a tal fine, in applicazione delle norme sulla vendita, in quanto compatibili, l’effetto traslativo si verifica ex art. 1472 c.c., non appena la cosa viene ad esistenza, momento che si identifica, quando la cosa futura consista in una porzione dell’edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali (conf. Cass. n. 11234/2016).

Ne discende che anche tale motivo di opposizione deve essere disatteso.

In definitiva, sulla base dell’impegno espressamente assunto dalle opponenti all’art. 4 del contratto di permuta, sussiste il credito di Euro 37.000,00 in capo alla società, sicché l’opposizione deve essere respinta e, per l’effetto, il decreto ingiuntivo deve essere confermato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, secondo i valori minimi dello scaglione da Euro 26.001,00 ad Euro 52.000,00, in considerazione del fatto che la causa è stata istruita solo documentalmente.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta da Bu.Fr., Bu.Pa. e Ce.Ma. nei confronti di Or.Ma. S.r.l. avverso il decreto ingiuntivo n. 17862/2016 – R.G.N. 49995/2016, emesso dal Tribunale di Roma in data 25.7.2016, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

1. rigetta l’opposizione;

2. condanna le opponenti, in solido, alla rifusione, in favore dell’opposta, delle spese di lite, che liquida in Euro 3.972,00 per compensi, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma il 20 aprile 2020.

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2020.
Sommario
Tribunale|Roma|Sezione 10|Civile|Sentenza|27 aprile 2020| n. 6643
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Riferimenti
Legge e Prassi
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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.