In tema di compenso spettante all’avvocato, l’acquisizione del parere dell’ordine professionale è obbligatoria soltanto nel procedimento d’ingiunzione, secondo quanto prescritto dall’art. 636, primo comma, cod. proc. civ., quando l’ammontare del relativo credito non sia determinato in base a tariffe fisse. Al di fuori del predetto ambito, la necessità del parere non è in funzione del procedimento giudiziale adottato, camerale o a cognizione piena, né dipende dal fatto che il credito sia azionato dal professionista stesso o dai suoi eredi, ma è dettata dalla tipologia del corrispettivo, nel senso che è indispensabile soltanto se esso non possa essere determinato in base a tariffe, ovvero queste, pur esistenti, non siano vincolanti. Ne consegue che il predetto parere è necessario solo quando oggetto di liquidazione siano attività non rientranti nelle previsioni della tariffa professionale, per le quali la liquidazione debba avvenire opera del giudice.

 

Tribunale Roma, Sezione 11 civile Sentenza 3 luglio 2018, n. 13549

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

UNDICESIMA SEZIONE

in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Maria Tiziana BALDUINI, ha emesso la seguente

SENTENZA

ai sensi dell’art. 281 quinquies, co.2, c.p.c.

nella causa civile di primo grado iscritta al 17110 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2015, assunta in decisione all’udienza del 9/3/2018 e vertente

TRA

REGIONE LAZIO (CF: (…)), elettivamente domiciliato in Via (…), Roma, presso lo studio del procuratore, avv. Ca.D’A., che la rappresenta e difende, per procura generale alle liti, atto Notaio (…) di (…), rep. (…), racc. (…) del (…).

OPPONENTE – convenuta in senso sostanziale –

E

PROF. AVV. (…) (CF: (…)), elettivamente domiciliato in Via (…), Roma, presso lo studio del procuratore, avv. Em.Ri., che lo rappresenta e difende, unitamente all’avv. Va.Ro., del Foro di Velletri, per procura estesa a margine della comparsa di risposta.

OPPOSTO – attore in senso sostanziale –

OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo n. 331/2015 – compensi professionali.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato la REGIONE LAZIO ha proposto opposizione avverso il decreto con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 7.735,47, oltre interessi e spese, in favore dell’avv. (…) a titolo di saldo per l’attività professionale, di natura giudiziale, svolta da quest’ultimo in suo favore.

A tal fine, ha pregiudizialmente eccepito la nullità del decreto in quanto emesso in assenza di previo parere di congruità al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, nonché l’inammissibilità della domanda per abuso del processo da frazionamento del credito (atteso che il professionista aveva richiesto ed ottenuto tre distinti decreti ingiuntivi, relativamente a tre giudizi patrocinati per conto della REGIONE, tutti aventi il medesimo petitum e causa petendi).

Nel merito, ha poi contestato l’eccessività della pretesa in considerazione dell’errato scaglione di valore (indeterminabile) preso a riferimento dall’opposto, rilevando la necessità di applicare i minimi tariffari e l’assenza di riscontri circa le spese sostenute.

Ha quindi contestato l’applicabilità al caso di specie degli interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002 ed ha concluso chiedendo:

a) in via principale, la revoca del decreto opposto;

b) in subordine, la riduzione della pretesa nella misura ritenuta di giustizia.

Costituitosi in giudizio, l’avv. (…) ha pregiudizialmente eccepito la carenza di mandato ad litem in favore del difensore costituito per la parte opponente e, nel merito, ha contestato le ulteriori deduzioni della controparte, in particolare la ricorrenza di alcun indebito frazionamento del credito, nonché la correttezza dell’individuazione dello scaglione di valore impiegato e l’applicabilità degli interessi moratori nella misura richiesta.

Ha quindi chiesto il rigetto dell’opposizione.

Deve anzitutto rilevarsi, con riguardo all’eccezione di nullità del decreto per difetto di opinamento della parcella da parte del Consiglio Dell’Ordine di appartenenza, che: “In tema di compenso spettante all’avvocato, l’acquisizione del parere dell’ordine professionale è obbligatoria soltanto nel procedimento d’ingiunzione, secondo quanto prescritto dall’art. 636, primo comma, cod. proc. civ., quando l’ammontare del relativo credito non sia determinato in base a tariffe fisse. Al di fuori del predetto ambito, la necessità del parere non è in funzione del procedimento giudiziale adottato, camerale o a cognizione piena, né dipende dal fatto che il credito sia azionato dal professionista stesso o dai suoi eredi, ma è dettata dalla tipologia del corrispettivo, nel senso che è indispensabile soltanto se esso non possa essere determinato in base a tariffe, ovvero queste, pur esistenti, non siano vincolanti. Ne consegue che il predetto parere è necessario solo quando oggetto di liquidazione siano attività non rientranti nelle previsioni della tariffa professionale, per le quali la liquidazione debba avvenire opera del giudice” (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 236, del 05/01/2011).

Va poi aggiunto che, per consolidata giurisprudenza, l’opposizione a decreto ingiuntivo non può considerarsi un’azione di impugnazione del decreto stesso, volta a farne valere vizi, ovvero originarie ragioni di invalidità, ma introduce un ordinario giudizio di cognizione di merito, finalizzato all’accertamento della esistenza del diritto di credito fatto valere dal creditore con il ricorso ex artt. 633 e 638 c.p.c.

Il giudizio di cognizione, quindi, è diretto ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’ingiungente opposto che assume la posizione sostanziale di attore – e delle eccezioni e delle difese fatte valere dall’ingiunto opponente – che assume la posizione sostanziale di convenuto.

Alla luce dei rilievi di cui sopra la carenza di opinamento della parcella da parte del Consiglio dell’Ordine territorialmente competente non si ritiene possa riverberare effetti pregiudizievoli nel presente giudizio di opposizione.

Sempre in via preliminare va poi rilevato che, mediante la produzione della procura alle liti rilasciata al proprio difensore (cfr. all. C fasc. opponente), la REGIONE LAZIO ha dimostrato la ritualità della propria costituzione in giudizio.

Quanto poi all’eccezione concernente l’indebito frazionamento del credito, formulata dalla parte opponente, la Suprema Corte, con la pronuncia Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sent. n. 23726 del 15.11.2007 ha ritenuto che: “è contrario alla regola generale di correttezza e buona fede in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art.2 Cost., e si risolve in un abuso di processo (ostativo all’esame della domanda) il frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario”.

Nel caso di specie, tuttavia, questo Tribunale non ritiene che non possa farsi riferimento al principio sopraesposto, atteso che al professionista vennero conferiti tre distinti incarichi per rappresentare la REGIONE LAZIO in tre distinti giudizi.

La pretesa economica formulata in via giudiziale non ha dunque ad oggetto frazioni dello stesso credito in relazione al medesimo rapporto, trattandosi di crediti autonomi che trovano la loro fonte in tra incarichi differenti.

Nel merito, premesso che: “Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali, ogni contestazione, anche generica, in ordine all’espletamento e alla consistenza dell’attività (come, nella specie, di inesistenza del mandato), è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di verificare anche il “quantum debeatur” senza incorrere nella violazione dell’art. 112 c.p.c.” (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 230 del 11/01/2016), va anzitutto rilevato che non è in contestazione né l’attività professionale svolta dall’opposto, né l’incarico, ricevuto a seguito della determinazione A1995, in data 15/5/2009.

La quantificazione del credito effettuata dall’avvocato risulta inoltre correttamente operata in relazione – ai minimi – della tariffa vigente al momento dell’espletamento dell’incarico ed allo scaglione indeterminato di particolare importanza in relazione alle questioni oggetto del ricorso e poste sub iudice con il medesimo, compresa la validità dell’intero concorso.

Appaiono altresì dovuti anche gli interessi di mora nella misura indicata dal D.Lgs. n. 231 del 2002, atteso che i predetti sono applicabili ai contratti: “comunque denominati, tra imprese – e professionisti – ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo” (cfr. art. 2).

La decorrenza degli interessi in questione dovrà aver peraltro riguardo alla data del presente provvedimento atteso che il cliente non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione delle somme dovute da parte del giudice (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2954, del 16/02/2016).

Sotto tale profilo l’opposizione merita accoglimento. Il decreto ingiuntivo deve pertanto essere revocato e l’opponente condannata al pagamento della somma di Euro 7.735,47, oltre interessi, nella misura sopraindicata dal presente provvedimento al saldo.

Le spese seguono la soccombenza prevalente e vengono liquidate, in applicazione del D.M. n. 37 del 2018, in base al valore del giudizio, in Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, ed Euro 1.620,00 per la fase di decisione, nulla per la fase di trattazione, in assenza di attività istruttoria.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza rigettata:

REVOCA

il decreto ingiuntivo opposto e condanna la REGIONE LAZIO al pagamento, in favore dell’avv. (…), del complessivo importo di Euro 7.735,47, oltre interessi nella misura di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, a decorrere dal presente provvedimento al saldo effettivo

CONDANNA

l’opponente alla rifusione delle spese processuali anticipate dall’opposto, che liquida in complessivi Euro 3.379,50, di cui Euro 144,50 per spese, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma il 28 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2018.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.