in tema di responsabilità civile del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista; pertanto – poiché l’art. 1223 cod. civ. postula la dimostrazione dell’esistenza concreta di una danno, consistente in una diminuzione patrimoniale – la responsabilità dell’avvocato per la mancata comunicazione al cliente dell’avvenuto deposito di una pronuncia sfavorevole – con conseguente preclusione della possibilità di proporre impugnazione – può essere affermata solo se il cliente dimostri che l’impugnazione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta.

Tribunale Cassino, civile Sentenza 28 febbraio 2019, n. 275

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Cassino, Sezione Civile

in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Sara Lanzetta

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 1529.10 R.G. e vertente tra:

(…) s.r.l. con sede in C. alla via X. settembre 16, in persona del l.r.p.t. c.f. (…) rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti avv.to La.Ca. e (…) ed el.te dom.ta in Piedimonte San Germano (FR) alla via (…).

Opponente

E

(…) s.r.l. con sede legale in R.a V.le (…), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta dall’avv.to Eu.Au. ed el.te d.ta in Cassino alla via (…) presso lo studio dell’avv.to En.Mi.

Opposta

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Si premette che, alla luce della L. 18 giugno 2009, n. 69, entrata in vigore in data 4.7.09, si procederà ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, in attuazione alla novella dell’art. 132 n. 4 c.p.c.

Con atto di citazione regolarmente notificato, l’opponente (…) S.R.L. adiva il tribunale in intestazione, per sentir revocare il decreto ingiuntivo opposto n. 179 del 2010, emesso in favore della società (…) S.R.L., avente ad oggetto il pagamento della somma di Euro 28.048,80, oltre agli interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, provvisoriamente esecutivo per la somma di Euro 13.514,80.

Tale decreto veniva emesso per servizi resi dalla società (…) S.R.L. in esecuzione di un accordo di outsourcing stipulato con la società opponente, sulla base delle fatture indicate nel ricorso per decreto ingiuntivo e copia certificata dei libri contabili, nonché di una nota inviata alla opposta società da parte dal legale rappresentante della società opponente nella quale si riconosceva l’esistenza del credito per la somma di Euro 13.514,80.

L’opponente in via preliminare eccepiva la nullità del decreto ingiuntivo per inammissibilità della procedura di correzione di errore materiale prima della notifica al debitore ingiunto. Inoltre negava di aver riconosciuto il debito, deducendo che alla nota di cui sopra faceva seguito un fax, inviato alla società opposta in data 11.4.2008, nel quale veniva contestato il credito azionato e si confermava l’esistenza di un controcredito, in relazione al quale si proponeva una soluzione transattiva, alternativa ad un contenzioso lungo.

Proponeva inoltre domanda riconvenzionale per il pagamento della somma di Euro 14.534,40 per servizi resi nei confronti della (…) SRL.

A fondamento di tale pretesa deduceva che in data 17.1.2001 veniva stipulato con la società opposta un contratto di outsourcing, mediante il quale la società opponente dava in appalto le attività di amministrazione del personale, per un corrispettivo di Euro 7,75 a cedolino mensile elaborato, per conto del cliente -committente (…) spa.

Successivamente, in data 14.6.2005, a seguito della comunicazione da parte della (…) spa di una riduzione delle tariffe applicate per busta paga mensilmente elaborata, da Euro 15,00 e Euro 13,00, sarebbe intercorso, a far data dal 1.1.2006, un nuovo accordo con la società outsourcer, mediante il quale veniva proposta la riduzione del costo per l’elaborazione dei cedolini da Euro 7,75 ad Euro 5,75.

Secondo il nuovo accordo la (…) srl avrebbe fatturato per la (…) srl il lavoro mensile di ritiro dei documenti presso la sede della (…) spa l’invio tramite fax presso la sede della (…) in Roma, di elaborazione ordini buoni pasto, mansioni superiori, assegni familiari e trasmissione dei files elaborati tramite posta elettronica, il tutto ad un prezzo di due euro a cedolino elaborato.

In virtù di tale accordo la (…) srl avrebbe emesso nei confronti della società opposta le fatture n. (…) del 2.1.2007, pari ed Euro 7.296,00, inerente a prestazioni relative ai dodici mesi dell’anno 2006 per cedolino elaborato, e la fattura n.(…) del 2.1.2008, pari ad Euro 7238,40, inerente a prestazioni relative ai dodici mesi dell’anno 2007 per cedolino elaborato. Per tali somme richieste e non pagate proponeva quindi domanda riconvenzionale di pagamento.

Proponeva inoltre una seconda domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, lamentando l’inadempimento del contratto di outsourcing da parte della (…) srl, per aver commesso in diverse occasioni gravi e ripetuti errori nell’elaborazione dei cedolini paga della società (…) spa.

Nello specifico deduceva che fin dal mese di novembre 2004 vi sarebbero stati gravi e continuativi errori inerenti la quantificazione del fondo ferie, a cui si sarebbero aggiunti altri gravi errori, quali quelli di attribuire in busta paga ad alcuni dipendenti della (…) retribuzioni più alte di quelle effettivamente dovute, creando delle vertenze da parte dei lavoratori, mentre altri errori avrebbero riguardato il calcolo del trattamento di fine rapporto.

A causa di tali errori la (…) spa, avrebbe comunicato verbalmente, in data 9.11.2007, la revoca del contratto di elaborazione delle buste paga; mentre in data 20.11.2007 faceva pervenire alla società opponente una formale lettera di revoca del suddetto contratto. Per tali ragioni la (…) srl chiedeva il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della revoca da parte della società committente del contratto di elaborazione dei cedolini paga, che quantificava in Euro 35.000,00.

Si costituiva in giudizio la (…) srl contestando le avverse difese. In relazione al contro credito vantato dalla società opposta, eccepiva che le fatture prodotte dalla società opponente erano relative a servizi mai contrattualizzati né questa ricevuti; mentre con riguardo alla domanda risarcitoria per mancato rinnovo del contratto da parte della (…) spa, né eccepiva l’infondatezza in quanto non provata.

Acquisita al documentazione, la causa veniva trattenuta in decisione assegnando alle parti i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Pacifica la legittimazione attiva e passiva, l’opposizione è infondata e si rigetta per le ragioni che di seguito si espongono.

In primo luogo è infondata l’eccezione di nullità del decreto ingiuntivo, in quanto pur non rientrando gli stessi nel novero dei provvedimenti che possono essere oggetto di correzione, ex art. 287 c.p.c. è pacifica la loro equiparabilità alla sentenza di condanna per via della loro idoneità a conseguire l’efficacia materiale propria della cosa giudicata, ove non tempestivamente opposti. (sul punto cfr Corte Costituzionale n. 393 del 17.11.1994).

Quanto al merito, in limine, si osserva che l’opposizione a decreto ingiuntivo, è introduttiva di una fase eventuale di un giudizio già pendente, più precisamente la fase di opposizione riconduce il procedimento che si è in precedenza svolto con forme e caratteristiche speciali, entro i binari del processo ordinario di cognizione.

Tale è il senso dell’art. 645 c.p.c. 2 comma, da cui ne deriva che le parti si trovano nella stessa posizione sostanziale che avrebbero avuto se il decreto non fosse mai stato pronunciato, mentre sotto il profilo formale, il decreto ingiuntivo rimane come punto di riferimento della pronunzia che chiude il giudizio di primo grado, nel quale l’attore in opposizione è colui che nel giudizio ordinario sarebbe stato il convenuto e viceversa.( Cass. N. 4286/94).

Invero, la pronunzia del decreto ingiuntivo inverte solo l’onere dell’instaurazione dell’effettivo contraddittorio senza ulteriormente influire sulla posizione delle parti davanti al giudice ed in particolare senza invertire l’onere della prova, per il quale vigono le regole generali.

Il tutto in funzione di un giudizio che investe il merito della pretesa del creditore senza arrestarsi agli eventuali vizi della procedura monitoria (Cass. N. 7892/94).

Ai sensi quindi dell’art. 2697 c.c. come interpretato in combinato disposto con il 1218 c.c. dalla ormai unanimemente condivisa sentenza n. 13533/2001 a S.U., è onere del creditore che ingiunge, provare l’esistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto con una determinata prestazione, potendosi limitare semplicemente ad allegare l’inadempimento altrui, ed è invece, onere del debitore dimostrare l’esistenza del fatto estintivo consistente nell’adempimento o nella sopravvenienza di un fattore a lui non imputabile che ha impedito l’adempimento.

Da tali premesse consegue che, l’opposto, dovrà dimostrare la sussistenza del credito per le prestazioni svolte mentre l’opponente dovrà dimostrare di aver corrisposto quanto dovuto o che il credito in realtà non era dovuto in tutto od in parte sin dall’origine.

Quanto alla posizione dell’opposta società creditrice, secondo i principi generali affermati dalla Suprema Corte in tema di onere della prova dell’inadempimento, al creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, il risarcimento dei danni o l’inadempimento incombe solo l’onere di provare la fonte del proprio diritto (contratto o disposizione di legge) ed allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte (e il nesso causale tra la violazione del contratto e i danni), mentre grava sul debitore convenuto l’onere di provare la non imputabilità dell’inadempimento, o dell’inesatto adempimento (cfr. Cass. SS.UU. n. 13533/01, confermata, tra le altre, da Cass. n. 2387/04 e n. 3373/10).

Dall’applicazione di tali principi discende che è onere del convenuto eccepire l’inesistenza del credito azionato ovvero l’avvenuto adempimento dell’obbligazione.

Nel caso di specie è incontestato che alla scadenza del contratto, la cui durata era limitata dal 1 gennaio al 31 dicembre 2002, senza possibilità di rinnovo automatico, è intervenuto tra le medesime parti un nuovo rapporto avente ad oggetto le medesime prestazioni.

Quanto alle condizioni economiche è incontestato che fino al 1.1.2006 erano quelle di cui all’originario contratto, vale a dire 7,75 euro a cedolino elaborato.

Risulta quindi pacifico che il nuovo rapporto ha avuto ad oggetto le medesime prestazioni, con le stesse condizioni economiche previste nell’originario contratto;

conseguentemente il creditore opposto, in applicazione dei principi generali in tema di onere della prova dell’inadempimento, assolve agli oneri su di lui incombenti affermando l’inadempimento del debitore;

spetterà quindi a parte opponente, in qualità di debitore, provare l’esistenza di fatti impeditivi modificativi o estintivi della pretesa azionata da parte de creditore.

Nel caso di specie la (…) ha eccepito una modifica delle condizioni contrattuali pattuite in conseguenza di nuovi accordi economici intercorsi con la società (…) SPA, dai quali sarebbe scaturito un contro credito nei confronti della (…) S.r.l.; nello specifico ha dedotto che in conseguenza della riduzione delle tariffe applicate per busta paga dalla (…) spa, a far data dal 1.1.2006, sarebbe intercorso con la (…) srl un nuovo accordo mediante il quale veniva proposto la riduzione del costo per l’elaborazione dei cedolini da Euro 7,75 ad Euro 5,75.

Secondo il nuovo accordo la (…) srl avrebbe fatturato per la (…) srl il lavoro mensile di ritiro dei documenti presso la sede della (…) spa ed invio tramite fax dei relativi documenti presso la sede della (…) in Roma, elaborazione ordini buoni pasto, mansioni superiori, assegni familiari e trasmissione dei files elaborati tramite posta elettronica presso sede (…) srl, il tutto ad un prezzo di due euro a cedolino elaborato.

Dell’esistenza di tale accordo modificativo non si ritiene raggiunta la prova.

Ed invero gli stessi testi di parte opponente interrogati sul punto non son stati in grado di riferire circa l’esistenza di una modifica delle condizioni contrattuali.

Quanto alle dichiarazioni rese dal procuratore speciale della società opposta, esse non hanno valenza probatoria, dal momento che l’art. 231 c.p.c. prevede che l’interrogatorio formale deve essere reso dalla parte personalmente, ed invero in tal senso si è espressa la Corte di Cassazione che con la sentenza n. 12843 del 23.12.1998 ha affermato che:

” l’interrogatorio formale non può essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto a cui è deferito deve rispondere oralmente e personalmente, in base all’art. 231 cod. proc. civ.”

In ogni caso, anche a voler ritenere utilizzabili le dichiarazioni rese dal procuratore speciale, (…), esse non hanno nel merito alcuna valenza confessoria in relazione alla eccepita modifica delle condizioni economiche, dalle quali sarebbe scaturito un credito della società opponente nei confronti della (…) srl.

Ed invero il procuratore ha dichiarato, in relazione al capitolo 9 della seconda memoria di parte opponente, di non essere a conoscenza della circostanza che la (…) srl, successivamente alla comunicazione della (…) spa, abbia proposto alla (…) spa la riduzione del costo di elaborazione dei cedolini da Euro 7,75 a Euro 5,75.

Interrogato sul capitolo 13 ha dichiarato di non essere a conoscenza della circostanza che la (…) srl avrebbe svolto mensilmente per la (…) srl il lavoro di ritiro dei documenti presso la sede della (…) spa ed invio tramite fax dei relativi documenti presso la sede della (…) in Roma, elaborazione ordini buoni pasto, mansioni superiori, assegni familiari e trasmissione dei files elaborati tramite posta elettronica presso sede (…) srl, il tutto ad un prezzo di due euro a cedolino elaborato. Mentre, interrogato sul capo 10 ha confermato che il compenso che riceveva la (…) era di due euro più iva.

È evidente che tale ultima dichiarazione contestualizzata e letta in combinato agli altri capitoli, non rappresenta confessione in relazione al fatto l’importo di due euro per cedolino dovesse essere corrisposto dalla (…), circostanza peraltro non espressamente formulata nei capitoli di interrogatorio, ben potendo rappresentare la differenza tra quanto fatturato dalla (…) alla M. e quanto fatturato dalla (…) alla (…).

Ne deriva che la domanda riconvenzionale relativa al pagamento del credito deve essere rigettata.

Quanto alla domanda risarcitoria parte opponente ha lamentato l’inesatto adempimento del contratto di outsourcing da parte della (…) srl., deducendo che i gravi e frequenti errori nella elaborazione delle buste paga dei dipendenti della committente (…) srl avrebbero determinato la revoca del contratto di elaborazione delle buste paga da parte della committente (…) spa, cagionando alla società opposta un pregiudizio da lucro cessante o da perdita di chance pari ad Euro 35.000,00.

La domanda formulata dall’opponente è infondata e deve essere rigettata per le seguenti ragioni.

Parte opponente prospetta un’ipotesi di responsabilità professionale di natura commissiva, per avere la società opposta effettuato errori di calcolo e di quantificazione nell’elaborazione delle buste paga dei dipendenti della (…) SPA. Si duole nella sostanza di una condotta negligente ed imperita della società professionista nello svolgimento delle attività di cui al contratto di outsourcing, a cui sarebbe conseguito il recesso della società committente.

In tema di responsabilità professionale appare opportuno segnalare taluni arresti della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la perdita di una “chance” favorevole non costituisce un danno di per sé, ma soltanto – al pari del danno da lucro cessante – se la “chance” perduta aveva la certezza o l’elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi” (cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 22376 del 10/12/2012). In base a tale principio la (…) ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la responsabilità di un avvocato per aver provocato l’estinzione del giudizio di merito, in base all’assunto che non vi era alcuna certezza del fatto che, se non vi fosse stata l’estinzione, la pretesa del cliente sarebbe stata accolta.

Inoltre: “in tema di responsabilità civile del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista; pertanto – poiché l’art. 1223 cod. civ. postula la dimostrazione dell’esistenza concreta di una danno, consistente in una diminuzione patrimoniale – la responsabilità dell’avvocato per la mancata comunicazione al cliente dell’avvenuto deposito di una pronuncia sfavorevole – con conseguente preclusione della possibilità di proporre impugnazione – può essere affermata solo se il cliente dimostri che l’impugnazione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta” (Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 12354 del 27/05/2009).

Ebbene, nel caso sottoposto all’attenzione del giudicante, la mancata ottemperanza agli oneri processuali incombenti su parte attrice può evidenziarsi, prima ancora che in punto di prova, già in punto di allegazione dei fatti posti a fondamento della domanda.

L’attore non ha ottemperato agli oneri su di lui incombenti di allegare, in primis, e dimostrare, in secondo luogo, il danno in concreto causato dall’inadeguata o insufficiente attività professionale, gli oneri incombenti a suo carico sarebbero stati assolti mediante la deduzione (e conseguente prova) che – ove l’elaborazione delle buste paga fosse stata corretta, non sarebbe, certamente o con alto grado di probabilità non sarebbe intervenuto il recesso da parte della società committente (…) spa.

L’opponente invece non ha fornito affatto gli elementi di valutazione necessari a compiere il menzionato giudizio prognostico, non avendo in nessun modo precisato quali sarebbero stati i gravi inadempimenti imputabili alla società opposta; ed invero sia nell’atto di citazione che nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. si è limitato ad affermare che la (…) srl avrebbe commesso, in diverse occasioni gravi e ripetuti errori nella elaborazione dei cedolini paga della (…) Spa, relativamente alla quantificazione del fondo ferie e all’attribuzione in busta paga ad alcuni dipendenti della (…) spa di retribuzioni più alte rispetto alle retribuzioni effettivamente dovute, ed in relazione al calcolo del trattamento di fine rapporto, senza indicare in base a quali elementi tali operazioni contabili dovessero ritenersi errate.

Nessuna rilevanza confessoria assume la e-mail inviata dal legale rappresentante della (…), dal momento che nella stessa si rappresentava genericamente che si erano verificati dei problemi nella quantificazione dello storno delle ferie, dovuti alla conversione della procedura delle paghe, con assunzione di impegno a provvedere ad una rielaborazione dei dati. Priva di rilevanza sotto il profilo dell’utilizzabilità è poi la prova testimoniale articolata da parte opponente, in quanto volta a sopperire un onere di allegazione che incombeva su di essa.

Ed invero la circostanza che il teste di parte opponente, (…), in qualità di segretario provinciale della Cisal di Caserta, abbia dichiarato di aver riscontrato, a seguito dell’accesso effettuato presso la sede della (…), degli errori in relazione all’accantonamento del tfr, dovuti al fatto che non era stato calcolato sulla quota mensile di accantonamento la maggiorazione per lavoro e turni prevista dal CCNL applicato, non assume alcuna rilevanza probatoria dal momento che era onere di parte opponente indicare quali sono stati gli inadempimenti imputabili alla società opposta ed eventualmente articolare sul punto prova testimoniale, basata su capitoli formulati in maniera puntuale.

Infine, si osserva che l’onere probatorio e di allegazione che incombe su parte opponente non può essere sopperito mediante il ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio in quanto, secondo l’insegnamento tradizionale, non costituisce un mezzo di prova, ma uno strumento per la valutazione delle prove già altrimenti acquisite al processo.

Tale impostazione trova precisi riscontri nella sistematica e nella terminologia del codice di procedura civile, che, da un lato, tratta l’argomento (artt. 191 e ss.) prima dell’esposizione delle norme sulla “assunzione dei mezzi di prova in generale” (artt. 202 e ss.), dall’altro lato, mette in evidenza l’aspetto soggettivo dell’istituto (“della nomina e delle indagini del consulente tecnico”), proprio per evidenziarne la funzione di supporto all’attività di valutazione e decisione del giudice e non di integrazione delle prove offerte dalle parti.

Ne consegue che la c.t.u. non è una fonte di prova nella disponibilità delle parti e, come tale, si sottrae alle preclusioni istruttorie cui esse sono vincolate, ma è piuttosto uno strumento che consente al Giudice di acquisire un bagaglio di conoscenze ed esperienze tecniche che sfuggono alla sua preparazione giuridica. Inoltre, tale strumento non può essere utilizzato per esonerare le parti dal loro onere probatorio, non essendo consentita alcuna relevatio ab onere probandi.

(cfr., sul punto, Cassazione civile, sez. III, 6 giugno 2003, n. 9060, secondo la quale “la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, pertanto il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati”).

Ed invero la giurisprudenza della suprema Corte con la sentenza n. 212 del 1.1.1.2006 ha affermato il seguente principio:

“Tenuto conto che la consulenza tecnica d’ufficio ha la funzione di offrire al giudice l’ausilio delle specifiche conoscenze tecnico – scientifiche che si rendono necessarie al fine del decidere, tale mezzo istruttorio – presupponendo che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive richieste – non può essere utilizzato per compiere indagini esplorative dirette all’accertamento di circostanze di fatto, la cui dimostrazione rientri, invece, nell’onere probatorio delle parti”.

Tale assunto è divenuto un consolidato principio di diritto, tanto è vero che recentemente la Corte di Cassazione è ritornata sul punto ribadendo con l’ordinanza n. 30218 del 15/12/2017, che:

“La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati”. Ne deriva l’inutilizzabilità della consulenza tecnica disposta sul punto.

Quanto al collegamento eziologico tra l’asserito inadempimento ed il danno patito, rappresentato dal recesso della società committente (…), anche in relazione a tale profilo si riscontra una carenza probatoria, dal momento che né dalla documentazione prodotta né dalle risultanze della prova testimoniale articolata da parte opponente è emerso che il recesso della società committente sia avvenuto proprio a causa dei presunti errori effettuati dalla società opposta nella redazione del buste paga, ed invero lo stesso teste di parte opponente, (…), ha dichiarato di non aver assistito personalmente ad alcun colloquio verbale tra il legale rappresentante della (…) e i rappresentati della (…) spa, ed invero interrogato sul punto ha affermato: “ricordo di avere accompagnato il dott. (…) verso Sc. ma non ricordo il paese, in quanto gli si era rotta la macchina; ho visto che parlava con un signore che non conosco presso un capannone probabilmente dell’azienda; successivamente entrato in macchina l’ho visto turbato, e mi ha detto che gli avrebbero revocato l’appalto delle buste paga, precisando che non era colpa sua ma dell’altra società”.

La mancanza di prova sulla colpa della professionista e sul nesso di causalità tra questa ed il danno patito, induce inevitabilmente al rigetto della domanda, riconvenzionale di risarcimento del danno.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo applicando i parametri del D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 4.4.14, risultando l’attività difensiva conclusa, in data successiva all’entrata in vigore del predetto decreto (cfr. S.U. 1745 del 2012).

Le spese di ctu sono definitivamente posta a carico di parte opponente.

P.Q.M.

Il tribunale di Cassino, definitivamente pronunziando avverso l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 179/2010 così provvede:

– rigetta l’opposizione, conferma il decreto ingiuntivo n.179/2010 e lo dichiara definitivamente esecutivo;

– condanna l’opponente al pagamento della somma di Euro 28.048,80 oltre agli interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, già quantificati in ricorso per decreto ingiuntivo sino al soddisfo, oltre le spese già liquidate in decreto ingiuntivo e le ulteriori spese del giudizio di opposizione che si liquidano in complessivi per onorari, Euro 7.254,00 oltre iva, cassa e spese generali se dovute;

– rigetta la domanda riconvenzionale di pagamento proposta da parte opponente;

– rigetta la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta da parte opponente;

– pone definitivamente a carico di parte opponente le spese di ctu.

Così deciso in Cassino il 26 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.