la presentazione della denuncia – querela è fonte di responsabilità risarcitoria solo se si dimostri che il denunciante era consapevole dell’innocenza del denunciato, atteso che, pur essendo l’illecito civile di regola perseguibile anche se meramente colposo, l’irrilevanza della colpa per la calunnia ai relativi effetti si spiega con lo scopo dell’ordinamento di evitare che alla disponibilità dei cittadini a collaborare con l’autorità giudiziaria, tramite la denuncia dei comportamenti criminosi, siano poste remore derivanti dal timore di incorrere in conseguenze risarcitorie in caso di errore.

Tribunale Taranto, Sezione 1 civile Sentenza 19 febbraio 2019, n. 439

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Taranto, prima sezione civile, in composizione monocratica ed in persona del Giudice On. Lucia Santoro, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado, iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 10000158/2010 R.G. (ruolo ex sezione distaccata di Ginosa)

promossa da

(…), rappresentato e difeso dall’avv. Gi.No., giusta mandato a margine dell’atto di citazione

attore

nei confronti di

(…), rappresentata e difesa dall’avv. Pi.D’A., giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta

convenuta

OGGETTO: azione di risarcimento danni.

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO E IN DIRITTO

(…) ha adito questo Tribunale, nelle forme del rito sommario di cognizione, per essere risarcito dei danni riconducibili alla asserita condotta calunniosa tenuta da (…), la quale – con la denuncia/querela sporta nei suoi confronti presso i Carabinieri di Laterza il giorno 28.2.2006- lo avrebbe ingiustamente accusato di averle dapprima venduto, nell’ambito dell’attività commerciale di bar da lui gestito, un biglietto della lotteria “Gratta e vinci – Miliardario” e di averglielo sottratto subito dopo, pagandole nell’immediato la somma di Euro 505.00, non consentendole di verificare l’effettiva vincita conseguita che, a dire della stessa, sarebbe stata di gran lunga superiore alla somma versatale.

Il (…) avanza l’odierna richiesta risarcitoria in ragione dell’esito dell’indagine penale avviatasi a suo carico a seguito della predetta denuncia – querela, indagine che lo ha visto sottoposto a perquisizione da parte dei Carabinieri, intervenuti in loco dopo circa un’ora dall’accaduto, e conclusasi con provvedimento di archiviazione del GIP reso in data 6.6.2006, su richiesta formulata dal P.M. l’08.06.2006, motivata dal fatto che “nel biglietto consegnato dalla (…) (che ella assume essere della stessa serie del biglietto a lei sottratto) non sono presenti premi. Non v’è dunque prova che il gesto del (…) fosse finalizzato ad un ingiusto profitto”.

E tanto in virtù di accertamenti effettuati presso l’AAMS ed il Consorzio (…), che hanno attestato l’assenza, nel blocco di 60 biglietti consegnati dagli agenti di Polizia Giudiziaria recanti la serie del biglietto successivamente acquistato dalla (…), di biglietti vincenti premi da Euro 500- Euro 5.000 – Euro 50.000 – Euro 500.000.

A sostegno della domanda, l’attore adduce di aver patito notevoli danni alla propria immagine, anche commerciale, considerato il clamore che la vicenda ha suscitato in un piccolo centro come Laterza, per effetto della notizia pubblicata sulla pagina locale di alcuni giornali, oltre agli esborsi sostenuti per la difesa, quantificando detti danni in complessivi Euro 50.000,00 ovvero secondo la valutazione equitativa del giudice.

Costituitasi in giudizio, (…) ha eccepito in rito che il decreto di comparizione pedissequo al ricorso ex art. 702 bis le fosse stato notificato privo degli avvertimenti di legge e carente di alcune pagine, mentre nel merito ha eccepito l’insussistenza di qualsivoglia condotta dolosa e/o colposa nella proposizione della denuncia – querela e ripercorrendo – a tal fine – l’evolversi degli eventi, tutti diretti a far ritenere in quel momento il (…) colpevole di averle sottratto o, comunque, di non averle mostrato il biglietto dalla stessa acquistato e risultato vincente per un premio, della cui effettiva entità non ha mai potuto sincerarsi, avendole il (…), nell’euforia del momento, versato brevi manu la somma di Euro 505.00, senza darle la possibilità di controllare la corrispondenza con il premio vinto risultante dal biglietto acquistato quello stesso pomeriggio e mai più rinvenuto nel locale, neppure a seguito della perquisizione eseguita dai Carabinieri poco più di un’ora dopo.

Ha precisato, inoltre, la (…) che al fatto aveva assistito sua sorella, (…), ed altro ragazzo, di nome L., di seguito identificato nella persona di P.L., entrambi sentiti dai Carabinieri a sommarie informazioni, e che la condotta poco chiara tenuta dal (…) le era stata fatta notare da suo marito e da suo cognato, entrambi presenti nelle vicinanze dell’esercizio commerciale e concordi sull’opportunità di rientrare nel bar, immediatamente dopo il pagamento della vincita, e di chiedere al gestore l’esibizione del biglietto appena acquistato per verificare il premio vinto, iniziativa cui aveva fatto seguito il rifiuto del (…).

Ha evidenziato inoltre che lo stesso, alla richiesta dei Carabinieri intervenuti, aveva addirittura negato che vi fosse stata una vincita, riferendo di non essere in grado di mostrare il biglietto vincente, come risultato dalla sommaria ricostruzione dei fatti, a firma del comandante della stazione dei Carabinieri di Laterza.

Pertanto, sulla scorta dei dati fattuali e degli elementi indiziari emersi, ha chiesto rigettarsi l’odierna richiesta attorea, mancando la prova della sua intenzionale azione di accusare il (…), pur sapendolo innocente, evidenziando peraltro che il (…) (sentito quale persona informata dei fatti), qualche giorno dopo, aveva sporto querela nei confronti di (…), fratello dell’attore, esponendo di essere stato minacciato per aver reso testimonianza sui fatti accaduti nel bar quel 28.2.2006.

Disposta la rinnovazione della notifica del ricorso e del decreto di comparizione; ordinato il mutamento del rito, ritenendosi necessaria per la definizione della controversia una istruzione non sommaria ed espletate le prove orali (interrogatorio formale di entrambe le parti e prove testimoniali) nei limiti di cui all’ordinanza ammissiva, la causa – dopo alcuni rinvii per sostituzione del magistrato titolare – è stata assunta in decisione dal sottoscritto Giudice Onorario, assegnatario in via definitiva del ruolo ex provvedimento presidenziale del 27.9.2018, dinanzi al quale sono state precisate le conclusioni, con la concessione dei termini di cui all’art.190 c.p.c. per il deposito degli atti conclusivi di difesa.

La domanda non è fondata e non può trovare accoglimento.

Giova infatti precisare che il titolo di responsabilità invocata da parte attrice è inquadrabile nell’illecito derivante da condotta calunniosa ed a tal proposito, la giurisprudenza, anche più recente, è unanime nello stabilire alcuni principi fondamentali ai fini della risarcibilità dei danni eventualmente subiti dal soggetto ingiustamente denunciato o querelato.

Secondo la Suprema Corte, infatti, “la denuncia di un reato perseguibile d’ufficio o la proposizione di una querela per un reato perseguibile solo su iniziativa di parte possono costituire fonte di responsabilità civile a carico del denunciante (o querelante), in caso di proscioglimento o assoluzione del denunciato (o querelato), solo ove contengano gli elementi costitutivi (oggettivo e soggettivo) del reato della calunnia, poiché, al di fuori di tale ipotesi, l’attività del pubblico ministero titolare dell’azione penale si sovrappone all’iniziativa del denunciante-querelante, interrompendo ogni nesso causale tra denuncia calunniosa e danno eventualmente subito dal denunciato (o querelato). (Cass. n. 30988/30.11.2018; n. 11898/2016; n. 13531/2009; n. 560/2005). ..

“In tema di responsabilità civile da reato di calunnia, la sentenza penale di assoluzione dell’attore dal fatto-reato, oggetto della calunnia, non dà luogo a giudicato facente stato in sede civile ai sensi degli artt. 651, 652 e 654 c.p.p. in assenza di ricognizione piena ed esclusiva degli elementi che connotano la denuncia dei fatti integranti il reato, collocati al tempo della denuncia e non a quello successivo della pronuncia di assoluzione; pertanto, in difetto di specifica allegazione da parte dell’attore degli elementi costitutivi della condotta dolosa della controparte al tempo della denuncia e del nesso di causalità sussistente tra evento e danno da ingiusta e falsa attribuzione di un reato, la domanda di risarcimento derivante da calunnia non può ritenersi fondata solo perché congruente con un’astratta ricognizione delle prove della falsità della notizia di reato acquisite nel corso del giudizio penale promosso d’ufficio dal p.m., dovendosi valutare gli elementi raccolti nel corso del giudizio penale oggetto della calunnia con riguardo alla situazione anteriore al promovimento dell’azione penale”(Cass. n. 30988/30.11.2018).

Nello specifico, “la presentazione della denuncia – querela è fonte di responsabilità risarcitoria solo se si dimostri che il denunciante era consapevole dell’innocenza del denunciato, atteso che, pur essendo l’illecito civile di regola perseguibile anche se meramente colposo, l’irrilevanza della colpa per la calunnia ai relativi effetti si spiega con lo scopo dell’ordinamento di evitare che alla disponibilità dei cittadini a collaborare con l’autorità giudiziaria, tramite la denuncia dei comportamenti criminosi, siano poste remore derivanti dal timore di incorrere in conseguenze risarcitorie in caso di errore” (Cass. civ. 11.12.2013 n. 27756).

La ricordata valutazione positiva dell’ordinamento può venir meno solo in presenza di interventi privati deliberatamente dannosi, ossia quando il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera del tutto strumentale e distorta, come nella fattispecie di calunnia (così Cass. 23 gennaio 2002 n. 750.)

Pertanto, la configurazione di fatto illecito richiede la dimostrazione del dolo del delitto di calunnia da parte del denunciante.

Ai fini della configurabilità astratta dell’elemento soggettivo del delitto di calunnia deve appurarsi la certezza piena ed assoluta da parte dell’agente dell’innocenza dell’incolpato al momento dell’incolpazione (Cass. pen. sez. n. 8411/92); mentre il convincimento ancorché erroneo o dubitativo dell’accusatore in ordine alla colpevolezza dell’accusato non concreta il dolo di calunnia, né può essere addebitato tale delitto allorché sussistano elementi tali da far sorgere nell’animo del denunciante anche soltanto ragionevoli dubbi in ordine alla colpevolezza del destinatario della denuncia (Cass. pen. sez. VI 11.10.1990 n.13349).

Secondo la giurisprudenza della S.C. inoltre (cfr. Cass. pen. VI sez. 16.12.2008 n. 2750 in motivazione) “affinché si configuri il dolo di calunnia è necessario che il soggetto agisca intenzionalmente e con la certezza dell’innocenza dell’incolpato. L’intenzionalità della incolpazione e la sicura conoscenza dell’innocenza dell’incolpato sono elementi distinti che devono ricorrere entrambi ai fini della sussistenza del dolo del delitto di calunnia.

Va dunque ribadito che, ai fini dell’integrazione dell’elemento psicologico del reato di calunnia, non assume alcun rilievo la forma del dolo eventuale, in quanto la formula normativa “taluno che egli sa innocente” risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell’innocenza dell’incolpato (Sez. 6^, 7 marzo 2007 dep. 14 settembre 2007, n. 34881)”.

Facendo applicazione di questi principi al caso di specie, è da rilevare come tutti gli elementi fattuali emersi, sia dagli atti del procedimento penale prodotti da entrambe le parti, sia all’esito delle prove orali assunte in questo giudizio, possano aver fatto insorgere dubbi nella denunciante sulla possibile intenzionale sottrazione da parte del (…) del biglietto vendutole e risultato vincente, al fine di incassare il premio effettivo, verosimilmente più alto rispetto a quello pagatole contestualmente al ritiro del biglietto.

In tal senso depone innanzitutto la circostanza che il (…) si sia subito rifiutato di mostrare il biglietto, nonostante più volte richiesto, e che il biglietto non sia più stato rinvenuto all’interno del locale (neppure a seguito della perquisizione eseguita circa più di un’ora dopo l’accaduto).

Il teste (…) ha confermato, secondo quanto riferito in sede di deposizione testimoniale resa all’udienza del 24.11.2015, le sommarie informazioni rese ai Carabinieri il 6.3.2006, laddove ha dichiarato che “il gestore del locale tale G. prendeva, immediatamente, il biglietto lasciato dalla signora sul bancone per constatare se era vincente; dopo averlo osservato, consegnava 505 euro in contanti (tutti in banconote da 50 euro ed una da 05 euro ), senza mostrare più il biglietto vincente all’interessata; la signora incassava i soldi e chiedeva una fotocopia del biglietto al gestore, che rispondeva, se non sbaglio, di ripassare domani” e la teste (…) – escussa all’udienza del 12.3.2013 – ha espressamente affermato che “in data 28.02.2006 alle ore 17,00 circa presso il bar Ionio di Laterza, mia sorella (…) acquistò un biglietto gratta e vinci “MILIARDARIO” e dopo che lo ebbe grattato, il sig. (…) le prese il biglietto dalle mani e le pagò l’importo di Euro 505,00; preciso che il sig. (…) non diede a mia sorella la possibilità di ricontrollare il biglietto, né tanto meno le fornì la fotocopia dello stesso nonostante gli fosse stato esplicitamente richiesto; preciso che la richiesta di mostrare il biglietto al sig. (…) fu fatta anche da me ma questi rispose di prendere i soldi della vincita e che non poteva in alcun modo rimostrare il biglietto” “… con mia sorella siamo uscite dal bar per contattare i nostri mariti che erano nei pressi del bar … e siano ritornati tutti insieme nel bar per richiedere al (…) di mostrare il biglietto, ma questi ha continuato nel suo rifiuto”, circostanza quest’ultima confermata anche dai testi, (…) e (…), rispettivamente cognato e marito dell’attrice.

Tutte le testimonianze quindi convergono, senza contraddizioni di sorta, sul contegno tenuto dal (…) ovvero sul fatto che lo stesso abbia trattenuto il biglietto acquistato dalla (…) e che si sia rifiutato di esibirlo alla stessa, senza un apparente e giustificato motivo, ingenerando nella denunciante il ragionevole dubbio che il biglietto potesse recare un premio più alto di quello pagatole e che fosse stato volutamente occultato dal gestore del bar allo scopo di incassarlo successivamente al suo posto, versandole l’importo che lei stessa gli aveva comunicato nella concitazione del momento, non essendo più sicura di aver controllato bene la cifra riportata, quale premio vinto, sul biglietto abraso.

Del resto, appare abbastanza improbabile che il biglietto possa essere andato smarrito all’interno del locale, e quindi in uno spazio piuttosto limitato, senza essere più ritrovato, nel breve lasso di tempo intercorso tra il pagamento della vincita, con contestuale ritiro, e la richiesta di esibizione più volte avanzata dall’avventrice; né la circostanza che lo stesso non sia stato rinvenuto neppure all’esito delle perquisizioni vale a fugare il dubbio ingenerato, non solo per il reiterato rifiuto opposto dal (…) di mostrare il biglietto nell’immediato, ma anche tenuto conto che l’intervento degli agenti di (…) è stato operato dopo più di un’ora e che il mar. (…) della stazione dei Carabinieri di Laterza, ascoltato quale teste, ha confermato la sommaria ricostruzione dei fatti, dallo stesso sottoscritta, ed ha ribadito che “il (…) … dopo essere stato invitato a mostrarmi il biglietto vincente, ha negato qualsivoglia vincita della sig.ra (…) e ha quindi dichiarato di non poter mostrare il biglietto; posso precisare che rispetto a quanto denunciato dalla sig.ra (…) le affermazioni del (…) erano talmente contrastanti che abbiamo provveduto ad effettuare le operazioni di perquisizione e di sequestro”, circostanza peraltro affermata anche dal teste (…), che ha dichiarato: “mio fratello (…), inizialmente, a causa della confusione creata dalle controparti, negava ci fosse stata la vincita di Euro 500,00 in quanto pensava che non potesse corrispondersi tale somma ..”, e ciò in contrasto con quanto invece riferito sul punto dall’attore, in sede di interrogatorio formale, laddove lo stesso ha dichiarato: “non è vera la circostanza che io avrei negato alle ore 18.00 che la sig.ra (…) avesse vinto alcunché nel mio bar, ma è vero che ho dichiarato di non poter mostrare il biglietto perché non lo avevo più rinvenuto”.

Il panorama probatorio così ricostruito con riferimento alla situazione anteriore al promovimento dell’azione penale lascia, quindi, assolutamente indimostrata la ricorrenza del dolo di calunnia da parte della convenuta e, pertanto, la semplice proposizione della denuncia-querela del 28.2.2006 non può essere considerata illecito fonte di obbligazione risarcitoria, tenuto anche conto delle motivazioni poste a base della richiesta di archiviazione e del successivo provvedimento del G.I.P., ovvero l’assenza di premi nel blocco di biglietti sequestrati con la stessa serie di quello acquistato successivamente dalla (…) (e non di quello ritirato come vincente e per il quale le è stato pagato il premio complessivo di Euro 505) nella speranza di risalire per presunzione alla serie di quello vincente e non più mostratole.

Non può infine ritenersi che la denuncia in questione, in quanto rivelatasi infondata, abbia avuto in sé carattere diffamatorio perché lesivo dell’onore o della reputazione dell’incolpato e del suo diritto all’immagine.

Ciò perché ogni denuncia, concretando una notitia criminis qualificata, si sostanzia nell’attribuzione a taluno di un reato, onde non sarebbe logicamente e giuridicamente possibile esercitare la relativa facoltà senza incolpare taluno di una qualsiasi condotta obiettivamente disonorevole ed offensiva della reputazione dell’incolpato; è dunque evidente che la denuncia, anche ove non fondata, non può far sorgere in capo al denunziante una responsabilità per diffamazione e la conseguente responsabilità civile ex art. 2059 e 2043 c.c., poiché ciò vanificherebbe del tutto la funzione sociale che si è riconosciuta al diritto di denuncia, di cui si è detto innanzi, e servirebbe ad eludere, nella sostanza, la non perseguibilità, nemmeno sul piano civilistico, della denuncia infondata, ma non calunniosa (cfr. in tal senso Tribunale Milano, 15/10/2005).

L’assenza di prova di tali necessari elementi costitutivi dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. esclude che possano farsene derivare le chieste conseguenze risarcitorie, cosicché la domanda attorea non può trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, secondo i parametri di cui al (…) n. 55 del 2014, tenuto conto della natura e della non particolare complessità della controversia, nonché dell’attività svolta.

P.Q.M.

Il Tribunale di Taranto, prima sezione civile, in composizione monocratica e nella persona del Giudice On. Lucia Santoro, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (…) nei confronti di (…), disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:

1) RIGETTA la domanda;

2) CONDANNA (…) alla rifusione in favore di (…) delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.459,30 (di cui Euro 4.30 per esborsi documentati ed Euro 3.455,00 per compensi), oltre al 15 % rimborso forfettario spese generali, i.v.a. e c.a. come per legge.

Così deciso in Taranto il 15 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.