la richiesta di attribuzione dell’indennita’ di occupazione specificamente formulata dalle attrici nella memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, non costituisce autonoma domanda, ma mera specificazione della domanda di rendiconto dalle medesime proposta, domanda di rendiconto che si’ e’ domanda distinta e autonoma rispetto a quella di divisione.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|24 maggio 2019| n. 14269

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3681/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2361/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/11/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

PREMESSO

che:

1. In data 30/9/2006 (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente figlia e moglie del defunto (OMISSIS), convenivano in giudizio (OMISSIS), fratello del de cuius, chiedendo, previo rendimento del conto, lo scioglimento della comunione ereditaria. Il Tribunale di Asti, con sentenza n. 199/2010, in base alle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio, provvedeva alla divisione e, in esito al rendiconto, condannava (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 33.379,75 in favore delle attrici.

2. Avverso tale decisione proponeva appello principale (OMISSIS). Con sentenza n. 2361 del 10 dicembre 2013, la Corte d’appello di Torino, in parziale accoglimento dell’impugnazione, rideterminava il credito delle attrici per l’indennizzo in Euro 10.931,12 e riconosceva all’appellante un ulteriore credito di Euro 4.464,60 per affitti non percepiti; respingeva per il resto l’appello principale, cosi’ come respingeva quello incidentale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS).

3. Contro la sentenza ricorre in cassazione (OMISSIS). Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS). Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso e’ articolato in sei motivi.

1) Il primo motivo denuncia – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c., commi 1 e 6, per avere la Corte d’appello confermato la decisione del Tribunale sulla domanda di condanna al pagamento della indennita’ di occupazione, domanda proposta dalle attrici soltanto con la memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, qualificandola come compresa in quella iniziale di rendiconto.

La censura e’ infondata. Come precisato dal giudice d’appello, che sul punto conferma la decisione di primo grado, la richiesta di attribuzione dell’indennita’ di occupazione specificamente formulata dalle attrici nella memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, non costituisce autonoma domanda, ma mera specificazione della domanda di rendiconto dalle medesime proposta, domanda di rendiconto che si’ e’ domanda distinta e autonoma rispetto a quella di divisione (cfr., ex multis, Cass. 30552/2011).

2) Il secondo e il terzo motivo lamentano – il secondo invocando il n. 4 e il terzo richiamando il n. 3 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 – nullita’ della sentenza perche’ fondata su una consulenza tecnica d’ufficio svolta in violazione del contraddittorio, cosi’ non rispettando gli articoli 61, 101 c.p.c. e articolo 3 Cost. e articolo 24 Cost., comma 2: la Corte d’appello ha determinato l’ammontare dell’indennita’ di occupazione degli immobili dovuta dal ricorrente recependo integralmente le conclusioni della consulenza tecnica disposta dal Tribunale, conclusioni, sostiene il ricorrente, raggiunte dal consulente in via del tutto autonoma e senza contraddittorio tra le parti, contraddittorio che la Corte avrebbe invece ritenuto sussistente in maniera “apodittica”.

I motivi sono entrambi infondati. Il ricorrente ripropone la censura gia’ sottoposta al giudice d’appello, censura che il giudice ha motivatamente respinto, con valutazioni in fatto ampiamente argomentate (cfr. le pp. 13 e 14 della sentenza impugnata) e come tali sottratte al giudizio di questa Corte.

3) Il quarto e il quinto motivo denunciano – ai sensi del n. 5 il quarto e il quinto ai sensi del n. 4 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 – l’omessa ammissione di prove orali dedotte in sede di memoria ex articolo 183 c.p.c., n. 2, omessa ammissione tradottasi nell’omesso esame della relativa istanza e nella omessa puntuale verifica del fatto storico: sostiene il ricorrente che ne’ il Tribunale ne’ la Corte d’appello avrebbero argomentato circa il mancato esperimento di prove ritenute fondamentali per la decisione della causa seppure i relativi capi fossero stati puntualmente dedotti nella memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2 e poi richiamati in sede di precisazione delle conclusioni tanto in primo quanto in secondo grado.

I motivi sono infondati. Il giudice di merito, cui spetta il giudizio di rilevanza del mezzo di prova di cui si e’ chiesta l’assunzione, ha infatti considerato i capi di prova dedotti e li ha ritenuti “del tutto generici e irrilevanti” (p. 17 della sentenza impugnata), cosi’ che non sono ravvisabili i denunciati vizi.

4) Il sesto ed ultimo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia, che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”: la Corte d’appello avrebbe “totalmente omesso di esaminare la questione attinente alla decorrenza dell’indennizzo, se dovuto, in data anteriore alla domanda, in assenza di qualunque precedente dichiarazione di contestazione all’uso esclusivo”.

Il motivo, che sovrappone i parametri di cui al n. 4 e al n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., e’ inammissibile: il vizio di omessa pronuncia da un lato e di omesso esame di un fatto decisivo dall’altro lato non sono prospettabili in relazione alla mancata considerazione di una questione, questione che lo stesso ricorrente afferma essere stata sollevata in appello, in sede di precisazione delle conclusioni (p. 35 del ricorso).

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore delle controricorrenti che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

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