nel caso di morte di un prossimo congiunto, un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale (cd. danno da rottura del rapporto parentale) non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane, ma esige la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell’attore allegare e provare; tale onere di allegazione, peraltro, va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche.

Tribunale Milano, Sezione 1 civile Sentenza 9 marzo 2018, n. 2814

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

PRIMA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Valentina Boroni

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 39626/2015 promossa da:

(…) in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio (…),

(…) (…)),

(…) (…)),

(…) (…)),

(…)

Tutti con il patrocinio dell’avv. AL.LA. ((…)) e dell’avv. LO.CH. e dell’avv. VIA (…) 20133 MILANO come da procura a margine della citazione introduttiva; elettivamente domiciliato in VIA (…) 20133 MILANO presso il difensore avv. LO.CH.

ATTORI

contro

(…), con il patrocinio dell’avv. GE.AN. e dell’avv. GE.VI. ((…)) VIA (…) 22100 COMO; DA.ST. ((…)) VIA (…) 22100 COMO come da procura in atti; elettivamente domiciliato in VIA (…) 20122 MILANO presso il difensore avv. GE.AN.

CONVENUTO

OGGETTO: responsabilità professionale medica

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Le domande delle parti

Con atto di citazione notificato il 22.6.2015 (…), in proprio e come esercente la potestà genitoriale su (…), (…) e (…) rispettivamente moglie, figli, madre e fratelli di (…) hanno convenuto dinanzi al Tribunale di Milano gli (…) ora (…) al fine di accertarne l’inadempimento alle prestazioni professionali sanitarie in relazione alla vicenda occorsa al proprio congiunto e chiedendone la condanna al risarcimento del danno.

Hanno dedotto che (…), in data 31.12.2012 era stato colto da un improvviso e fortissimo dolore al torace, con irradiamento alla spalla e alla mandibola. Era quindi stato contattato il servizio 118 e il congiunto era stato trasportato d’urgenza presso il Pronto soccorso dell’istituto clinico (…) per accertamenti. Ivi era stato sottoposto a vari esami e visitato dal cardiologo di turno dott. (…) il quale all’esito della visita aveva ritenuto non sussistessero acuzie cardiologiche; il paziente era stato quindi dimesso il giorno stesso e inviato al domicilio con consiglio di assumere anti infiammatori minori al bisogno se la sintomatologia fosse ripresa. Nei giorni successivi poiché il dolore toracico permaneva, in ossequio alle prescrizioni ricevute, veniva assunto l’antiinfiammatorio. Nel pomeriggio del 4.1.2013 il sig. (…) mentre si trovava sdraiato sul divano della propria abitazione subiva un arresto cardiocircolatorio; veniva chiamato il 118 che procedeva a diversi tentativi di rianimazione tutti senza risultato fino a quando si constatava il decesso del paziente.

Gli attori hanno contestato, alla luce delle risultanze della relazione medico legale a firma del dott. As. e Sa., che il decesso era stato causato da una dissecazione aortica, già in corso all’epoca dell’accesso al pronto soccorso del 31.12.2013 e non correttamente diagnosticata pur presentando il paziente segnali clinici che avrebbero dovuto porre in allarme il personale medico.

Era stato quindi proposto un ricorso per accertamento tecnico preventivo all’esito del quale i due CTU nominati ( dott. (…), specialista in cardiologia) avevano accertato diversi profili di responsabilità in capo alla struttura ospedaliera che aveva accolto il paziente il giorno 31.12.2012 evidenziando altresì che un diverso e più attento approccio avrebbe garantito la sopravvivenza al paziente.

Gli attori hanno quindi rappresentato che, poiché la struttura sanitaria non aveva aderito alle richieste risarcitone dagli stessi formulate, erano stati costretti ad adire il Tribunale per sentire accertare la responsabilità della struttura sanitaria per inadempimento colposo delle prestazioni derivanti dal contratto di spedalità instaurato e per sentire dichiarare la condanna della convenuta al risarcimento di danni non patrimoniali e patrimoniali iure proprio e iure ereditario. Nel descrivere e declinare le diverse tipologie di danno osservavano che, iure proprio, gli attori avevano patito un danno morale da perdita parentale e la moglie ed i figli anche un danno biologico di natura psichica nonché un danno patrimoniale consistente nella perdita della contribuzione patrimoniale e delle utilità economiche che il de cuiius avrebbe viceversa apportato alla famiglia se fosse rimasto in vita; rappresentavano inoltre un danno patrimoniale per esborsi sostenuti per compensi corrisposti ai consulenti medico legale sia nell’ATP ; iure hereditario lamentavano il danno da perdita della vita (tanatologico), il danno catastrofale scaturente dalla percezione da parte del congiunto dell’inesorabile avvicinamento della morte e il danno patrimoniale relativo alla quota del reddito che il congiunto avrebbe riservato a sé.

Hanno chiesto infine che, stante le difficili condizioni patrimoniali dalla famiglia degli stretti congiunti del defunto, fosse pronunciata condanna al pagamento di una provvisionale o ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. dell’importo per il quale si fosse ritenuta raggiunta la prova.

Si è costituita parte convenuta (…) e (…) spa ora (…) spa contestando la assunta responsabilità ed allegando la peculiarità della patologia non facilmente riconoscibile alla luce della atipicità della sintomatologia riscontrata dai sanitari all’atto dell’accesso al PS. e nonostante la completezza degli esami effettuati; ha contestato altresì la tipologia e quantificazione dei danni richiesti dalle parti attrici. Ha chiesto di chiamare in causa i dott.ri (…) e si è opposta alla istanza di provvisionale.

Il Giudice non ha autorizzato la chiamata in causa dei dottori e alla prima udienza di comparizione delle parti neppure è stata concessa la richiesta provvisionale ( come da ordinanza del 18.12.2015 che in questa sede integralmente di richiama); all’esito della espletata istruttoria articolatasi nella acquisizione della relazione medico legale svolta in ATP e nello svolgimento di ulteriore consulenza medico legale psichiatrica sulle persone del coniuge e dei figli, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 13.9.2017, sulle conclusioni come precisate dalle parti in udienza e con assegnazione di termini ex art. 190 c.p.c.

2 – L’accertamento della responsabilità sanitaria

Tanto premesso in proposito delle domande delle parti e dello svolgimento processuale vale rilevare come le domande attoree di accertamento di responsabilità professionale e di risarcimento del danno abbiano trovato il necessario riscontro probatorio e dunque meritino accoglimento nei limiti che seguono.

Parti attrici hanno convenuto in giudizio la (sola) struttura sanitaria deducendo danni “iure hereditario” e danni “iure proprio” in qualità di familiari del paziente della cui vicenda sanitaria la convenuta si è occupata.

Mentre il primo danno perviene agli attori quali eredi del congiunto e trova quindi il suo titolo nel rapporto contrattuale con la struttura convenuta, rapporto che risulta intervenuto con il congiunto secondo il canone del “contatto sociale”, il secondo è danno conseguenza riflessa del comportamento in assunto inadempiente rispetto al proprio familiare e va accertato con il diverso criterio ex art. 2043 c.c..

La Suprema Corte ha infatti affermato, in modo da ritenersi del tutto consolidato, che la responsabilità della struttura sanitaria (privata o pubblica) sia da inserire nell’ambito contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico (cd contratto di spedalità o di assistenza sanitaria) che si perfeziona anche per fatti concludenti laddove si abbia anche soltanto l’accettazione del malato presso la struttura (cfr. Cass. SSUU. 577/08 e Cass. N. 8826/2007).

Tale contratto ha ad oggetto l’obbligo della struttura di adempiere sia prestazioni principali di carattere strettamente sanitario sia prestazioni secondarie ed accessorie (fra cui prestare assistenza al malato, fornire vitto e alloggio in caso di ricovero ecc.).

Ne deriva che la responsabilità risarcitoria della struttura sanitaria, per l’inadempimento e/o per l’inesatto adempimento delle prestazioni dovute in base al contratto di spedalità, va inquadrata nella responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c. e nessun rilievo a tal fine assume il fatto che la struttura (sia essa un ente pubblico o un soggetto di diritto privato) per adempiere le sue prestazioni si avvalga dell’opera di suoi dipendenti o di suoi collaboratori esterni – esercenti professioni sanitarie e personale ausiliario – e che la condotta dannosa sia materialmente tenuta da uno di questi soggetti. Infatti, a norma dell’art. 1228 c.c., il debitore che per adempiere si avvale dell’opera, qualunque sia il legame, di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.

Tenuto conto, dunque, della diversa articolazione del regime dell’onere probatorio nel caso di specie va osservato che alla luce delle conclusioni cui sono pervenuti i CTU nominati può ritenersi raggiunta la prova, con il giudizio probabilistico proprio del giudizio civile del “più probabile che non”, della sussistenza di un comportamento colpevole in capo ai sanitari operanti presso la struttura convenuta e dunque di quest’ultima, responsabile dell’operato dei propri dipendenti, nonché di un nesso causale tra comportamento dei convenuti e il decesso del sig. (…)

Il punto cruciale della causa verte sulla allegata responsabilità della struttura nella mancata diagnosi di dissecazione aortica all’atto della visita effettuata dal sig. (…) al Pronto soccorso in data 31.12.2012.

Vale osservare che le risultanze cui sono pervenuti i CTU dott. (…) ( specialista in medicina legale) e (…) (specialista in cardiologia) sono pienamente utilizzabili, in quanto il procedimento di ATP si è svolto tra le medesime parti del presente giudizio e non si sono riscontrate nullità procedimentali lesive del diritto della difesa, nonché meritano piena adesione e condivisione avendo offerto una ricostruzione del percorso clinico del sig. (…) aderente alle risultanze documentali, fondate su indicazioni tecniche fomite dalla letteratura scientifica e resistenti alle diverse indicazioni tecniche dei consulenti di parte.

Detta consulenza tecnica ha consentito di accertare i seguenti dati:

1. (…), nato il 15.6.1965, venne visitato al domicilio con richiesta di intervento al 118 il giorno 31.12.2012 alle (…) ore 11,01 ; alla visita risulta che il paziente si presentasse sveglio, in decubito supino, normopnoico, con polso normale, cute pallida e sudata, con pressione arteriosa 190/100 mmHg, al polso 72 bpm, saturazione periferica di 02 al 96%, frequenza respiratoria di 20 atti/minuto; intensità del dolore, presente nella regione toracica anteriore lateralizzata a sinistra, veniva giudicata 4/10.

2. Il paziente veniva quindi trasportato al pronto soccorso (…) con accettazione alle ore 11,45 ed ingresso in PS alle ore 12,11 ( orario di uscita 16.47, codice triage verde). In tale sede vennero (…) effettuati i seguenti rilievi ed esami diagnostici: rilievo di frequenza cardiaca e pressione arteriosa nonché della saturazione di ossigeno; si raccoglieva quale anamnesi quella di ipertensione arteriosa. Si descriveva il paziente come “vigile, assopito, scarsamente collaborante, eupnoico, conati di vomito schiumoso in PS; non edemi declivi. Pupille isocicliche, isocoriche, foto reagenti”. Venivano quindi disposti ed eseguiti esami ematochimici ed Ecg. Gli esiti venivano ritenuti nei limiti della norma; nella norma risultavano anche i marcatori di danno miocardico ossia troponina I, mioglobina, CPK-MB massa, CPK, GOT, GPT e gli elettroliti. L’Ecg riportava la seguente interpretazione sottoscritta dal cardiologo dott. P.: “bradicardia sinusale; modesta progressione di R in sede precordiale V2V3, T negative in V2”. Venne eseguita una TAC encefalo senza contrasto ( quesito diagnostico emorragie) che non documentava lesioni ischemiche in atto; le dimensioni, la morfologia e l’assetto del sistema ventricolo-sulco- sternale veniva descritto come “nei limiti”. Veniva infine effettuata una radiografia al torace (quesito diagnostico focolai BPM)che non dava segnali di lesioni parenchimali o focolai di tipo flogistico in atto. Si segnalava “salienza del ventricolo sinistro. Aorta allungata. Bozzuto l’emidiaframma sinistro”.

3. Il paziente veniva quindi dimesso dopo che, somministrato terapia analgesia ed antiemetica (lixidol. Antra, Plasil), si segnalava che la sintomatologia era regredita ed i valori pressori erano scesi a 150/85.La diagnosi alla dimissione recava “dolore toracico aspecifico” rimandando il paziente al medico curante e consigliando terapia antiinfiammatoria lieve al bisogno ( paracetamolo 1000 1 cp se ripresa della sintomatologia dolorosa).

4. Il giorno 4.1.2013 per (…) veniva nuovamente richiesto l’intervento del 118 per arresto cardiocircolatorio ( ore 18,25, testimoniato dai figli); all’arrivo del medico del 118 si rinveniva il paziente in arresto sistolico, venivano eseguite manovre secondo protocollo ACSL in prosecuzione fino all’arrivo in Ospedale ( si segnalava “mai ROSO” ), in PS alle 19,10 il paziente permaneva in ACC sistolico fino alle 19,30 orario nel quale si constatava il decesso.

5. L’esame autoptico era il seguente “quadro macroscopico: emopericardio in rottura del tratto ascendente dell’aorta toracica associata a dissecazione aortica tipo I (sec. (…)). Enfisema polmonare bilaterale. Stasi cronica multiviscerale. Miocardioscelrosi e coronarosclerosi di grado lieve”.

L’esame istologico confermava la diagnosi macroscopica e veniva segnalato a carico della parete aortica una minima frammentazione delle lamine elastiche associata a diffusa necrosi laminare.

6. I CTU hanno quindi desunto dalla relazione medico legale di parte a firma dei dott. (…) e (…) altri dati relativi alla anamnesi del sig. (…) in particolare che egli era in trattamento antiipertensivo e che nel febbraio 2008 era stato inviato al (…) dell’Ospedale Sacco di Milano nel sospetto di una sindrome di (…) che tuttavia in quella sede, effettuati alcuni accertamenti, era stata esclusa.

Tanto premesso i CTU hanno offerto alcuni brevi cenni sulla dissecazione aortica, sulle sue caratteristiche e sulle modalità più frequenti di verificazione nonché sulla sintomatologia con la quale essa di manifesta prima dell’evento irreparabile, essendo proprio questo il punto centrale dell’accertamento odierno.

Sotto questo profilo i CTU hanno evidenziato che la tipologia di dissecazione aortica che ha riguardato il sig. (…) è stata classificata di tipo I secondo la classificazione di (…) ed è caratterizzata, essendo la sede di origine più prossimale, statisticamente da più rischiose complicanze richiedendo un approccio chirurgico tempestivo.

Hanno precisato che tra i fattori di rischio della dissecazione aortica il primo è la ipertensione arteriosa che è presente nel 62-78% dei casi, quindi l’età avanzata, i difetti ereditari (quali la sindrome di (…) ad esempio) e la presenza di una valvola aortica bicuspide. Hanno altresì evidenziato come la manifestazione clinica nel 96% dei casi è il dolore toracico ad esordio improvviso, intenso e continuo, tendente a migrazione dal punto di partenza ad altre sedi (seguendo il percorso della dissecazione). La presenza di un qualsiasi dolore al collo, alla gola, alla mandibola o al volto è risultata fortemente predittiva di dissecazione dell’aorta discendente.

Per altro verso i CTU hanno evidenziato come la dissecazione dell’aorta sia patologia che afferisca prevalentemente soggetti di sesso maschile tra i 50-55 anni per l’aorta ascendente e che la sintomatologia è assai variegata e spesso non specifica di tal chè possono essere effettuate diagnosi erronee proprio in relazione a tale aspetto. La conseguenza tuttavia tratta dai CTU è che proprio per la varietà della sintomatologia l’ipotesi della possibile dissecazione aortica va tenuta sempre presente ( “è essenziale tenerla sempre presente fra le possibilità considerate nella diagnosi differenziale” pag. 12 della relazione peritale), anche alla luce del fatto che la mortalità riportata è significativamente ingravescente più passa il tempo (1% – 3% per ogni ora dopo la comparsa dei sintomi, del 25% cica nelle prime 24 ore, del 70% dopo una settimana e dell’80% dopo due settimane).

Quindi i CTU hanno osservato che, posta la diagnosi differenziale, gli esami diagnostici più efficaci sono la TC con mezzo di contrasto, la RM, l’ecografia transtoracica (ETT) e l’ecografia transesofagea (ETE) oltre che l’aortografia e la coronografia; gli ultimi due esami sono invasivi e di seconda scelta mentre i primi sono di semplice esecuzione ed efficaci ( pari al 96-100% la TC spirale; la RM pari all’85%, l’ecocardiogramma ha buona efficacia e non ha alcun tipo di invasività ). Il (…) punto tuttavia è proprio la diagnosi differenziale che, hanno osservato i CTU, poiché si pone essenzialmente (…) con le sindromi coronariche acute spesso si avvale di strumentazioni diagnostiche non disponibili in regime di pronto soccorso.

Proprio per questo, hanno rilevato i CTU, (…) “la sfida è quella di praticare un sospetto diagnostico in grado di anticipare nel più breve tempo possibile una diagnosi accurata che consenta di indirizzare (…) l’indagine diagnostica in modo efficace soprattutto quando (…) le prime immagini routinarie risultino negative per altre patologie” ( pag. 15 della perizia).

Quanto al caso di specie i CTU hanno osservato che la tempistica di presa in carico del sig. (…) il giorno 31.12,2012 è stata certamente tempestiva ( accettazione in triage ore 12,11 prima visita ore 12,21 – con conseguente irrilevanza della attribuzione di un codice verde anziché (…) giallo); i dati anamnestici raccolti all’arrivo in Pronto Soccorso avrebbero tuttavia dovuto indirizzare i sanitari a formulare una diagnosi differenziale anche per la patologia di cui effettivamente soffriva il sig. (…) ( in particolare per la irradiazione mandibolare del dolore e per la ipertensione arteriosa (…) presente da anni ed in trattamento farmacologico; il tutto unito all’età vicina a quella di soglia rilevante).

I CTU hanno anche evidenziato la particolare lacunosità della descrizione dell’esame obiettivo come riportata nel verbale del Pronto soccorso mancando la descrizione dell’acustica cardiaca e della verifica della presenza e della simmetricità dei polsi periferici, ed essendo assente del tutto l’obiettività toracica ed addominale oltre che una pur sommaria valutazione neurologica.

I CTU hanno quindi evidenziato come le Linee Guida Internazionali per la gestione dei pazienti con dolore toracico ( citata “Task Force on the management of the chest pain”, European Hearth Journal, 2002 , 23:1153-1176) prevedono almeno due controlli dell’Ecg e la ripetizione dopo 3-4 ore dell’esame dei marcatori ematici di danno miocardico; tale approccio diagnostico è stato del tutto omesso nel caso di specie.

In buona sostanza i CTU hanno rilevato, quale condotta negligente ed imperita, quella di non avere, di fronte ad una Ecg normale, a marcatori miocardici negativi e ad un ecocardiogramma apparentemente normale, preso in considerazione in diagnosi differenziale un’altra possibile e non rarissima causa di dolore toracico improvviso e violento in particolare la dissecazione aortica diagnosticabile con una TAC toracica con mezzo di contrasto (pag. 19 della reazione peritale). Nel caso di specie i CTU hanno osservato come sia stato minimizzato e non tenuto in adeguata considerazione lo stato soporoso del paziente, accompagnato da vomito schiumoso, sintomatologia che pur non è passata inosservata ai sanitari che richiesero una TAC encefalo. Il sintomo avrebbe quindi dovuto indirizzare i sanitari, in assenza di risultati indicativi di ischemia, ad altro sospetto diagnostico trattandosi di sintomatologia di natura neurovegetativa possibile conseguenza di un dolore viscerale molto intenso e frequenti in pazienti con una dissecazione aortica (pag. 20 della relazione peritale). Viceversa, hanno osservato i CTU, eseguita la TAC encefalica con esito negativo, l’attenzione clinica verso il paziente calò rapidamente portando alla errata diagnosi (non diagnosi) di dolore toracico aspecifico.

Altro aspetto segnalato dai CTU quale grave omissione terapeutica fu quello di non consigliare al paziente di ritornare in Ospedale alla ripresa del dolore, limitandosi a prescrivere l’uso di analgesici in caso di ripresentazione del dolore. Tale indicazione, hanno osservato i CTU, si rivelò “sfortunatamente esiziale” e determinò il passare inesorabile del tempo prezioso per una diagnosi corretta, tenuto conto della via via sempre più elevata percentuale di mortalità con il passare delle ore. Del resto, hanno osservato i CTU, l’esame autoptico pur non del tutto esaustivo tuttavia ha segnalato una diffusa necrosi laminare aortica che, ad avviso concorde dei Consulenti, evidenzia come fosse in atto un processo degenerativo già in stato avanzato e datato della tonaca media aortica con la conseguenza che quattro giorni prima del decesso potevano considerarsi esistenti le basi istologiche per il verificarsi della dissecazione aortica ( pag. 22 della relazione).

In definitiva, ricollegata la sintomatologia alla causa effettiva del decesso e preso atto della mancata effettuazione di un sospetto differenziale, i CTU hanno ritenuto che, pur in assenza di una descrizione autoptica sufficientemente precisa in ordine alle dimensioni della dissecazione, tuttavia secondo il criterio del più probabile che non, un diverso intervento diagnostico avrebbe determinato possibilità di sopravvivenza del paziente nella misura dell’80% (cfr Erwin TM, Morshius WJ, Dosseche KM, Kelder JC, Waanders GJ, Schepens MA, Long term results after 27 years of surgical treatments of acute type A aortic dissection, Ann. Thorac Surg 2005; 80:523-9.).

Le risultanze dell’accertamento peritale sono pienamente condivise da questo giudice.

L’analisi svolta dai CTU, invero, è precisa, aderente alle risultanze della documentazione clinica e sostenuta da adeguati richiami alla letteratura scientifica.

Non risultano formulate osservazioni critiche specifiche da parte dei CTP di parte convenuta nel corso dell’ATP e anche le critiche svolte alle conclusioni dei periti da parte della difesa della convenuta nel presente giudizio appaiono superate dalle puntuali indicazioni già offerte dai CTU.

Infatti le allegate non sussistenti carenze nella descrizione della situazione clinica del paziente erano già stata ben precisate dai CTU avuto riguardo allo specifico profilo cardiologico dell’acustica cardiaca e della ventica della presenza e simmetricità dei polsi periterici; con riguardo ad esse non risultano esservi annotazioni nella cartella relativa al pronto soccorso.

Inoltre, quanto alla accertata carenza di diagnostica specifica, se è vero che una ecocardiografia sembrerebbe posta in essere perché ad essa si fa riferimento nel referto cardiologico del PS, i CTU hanno precisamente evidenziato che il referto di tale esame è del tutto generico e l’immagine allegata non può far parte di una serie di plurime immagini proprie di una ecocardiografia dovendosi quindi ritenere che l’unica immagine disponibile appartenga ad un diverso esame ( rapida ecoscopia).

Di certo non risulta seguita l’indicazione delle Linea guida di ripetere dopo 3-4 ore l’esame dei marcatori ematologici di danno miocardico.

Può dunque ritenersi sussistente l’addebito di responsabilità professionale sanitaria accertato dai CTU e cioè il mancato benché doveroso accertamento in ordine alla possibile causa differenziale dell’intenso dolore toracico presentato dal paziente, dolore che, tenuto conto della sua manifestazione e dell’assenza di cause polmonari o encefaliche, ben poteva essere ricondotto ad una iniziale dissecazione aortica, senza dubbio già presente al momento dell’accesso al pronto soccorso come desumibile dalla diffusa necrosi rilevata nel referto autoptico. A causa della omessa tempestiva diagnosi, che con alta probabilità ad avviso dei CTU si sarebbe potuta porre attraverso l’utilizzazione di sistemi diagnostici specifici ben evidenziati nel corso della perizia, il sig. (…) non venne sottoposto agli interventi sanitari che la sua condizione meritava e che gli avrebbero consentito di superare la patologia con chance di sopravvivenza all’80%.

Del resto una volta accertati gli inadempimenti dei sanitari presso la struttura convenuta ed accertato che l’evento infettivo verificatosi rientra fra i probabili effetti di quegli inadempimenti, il nesso causale fra la condotta e l’evento dannoso deve ritenersi esistente in tutti i casi in cui possa affermarsi, in base alle circostanze del caso concreto, che la condotta alternativa corretta avrebbe impedito il verificarsi dell’evento sulla base di un ragionevole criterio probabilistico (Cass. civ. S.U. 11 gennaio 2008 n. 576; Cass. civ. S.U. 11 gennaio 2008 n. 581 e n. 582 ed altre).

Accertata dunque la sussistenza del nesso causale tra condotta omissiva prima e decesso va accolta la domanda principale svolta dagli attori ed accertata la riconducibilità dell’evento al comportamento dei sanitari della struttura sanitaria convenuta.

3. Le domande risarcitone

Il danno non patrimoniale

Il danno iure hereditario

Gli attori hanno preliminarmente chiesto il risarcimento del danno iure hereditario in relazione all’evento morte o perdita della vita patita direttamente dal congiunto nonché del danno terminale cioè del danno sofferenza derivante dalla percezione della imminente morte.

A seguito della pronunzia della Cassazione a Sezioni Unite del 22 luglio 2015 n. 15350) si deve affermare che la vittima possa essere risarcita della perdita del bene non patrimoniale “nella misura in cui la stessa sia ancora in vita”: presupposto per acquisire il diritto alla reintegrazione della perdita subita è la “capacità giuridica riconoscibile soltanto ad un soggetto esistente” (art. 2, comma 1, c.c.); ne consegue che i darmi non patrimoniali risarcibili alla vittima e trasmissibili iure hereditatis sono: 1) il danno biologico (danno terminale), lesione del bene salute come danno conseguenza, “consistente nei postumi invalidanti che hanno caratterizzato la durata concreta del periodo di vita del danneggiato” dalla lesione alla morte. Si richiede però che tra evento lesivo e decesso sia intercorso un apprezzabile lasso temporale (ex multis, Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2006 n. 1877); 2) il danno morale soggettivo (danno catastrofale), ossia lo stato di sofferenza spirituale patito dalla vittima nell’avvicinarsi della fine – vita, trattandosi di un danno conseguenza, è necessaria la prova della “lucida e cosciente percezione dell’ineludibilità della propria fine” (ex multis, Cass civ., sez. III, 13 giugno 2014 n. 13537).

Quanto al cd danno tanatologico, ossia la perdita del bene vita, essendo autonomo e diverso dal bene salute, è fruibile solo dal titolare e insuscettibile di essere liquidato per equivalente. Pertanto, qualora “il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempio dalle lesioni personali”, deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis di questo pregiudizio.

E’ noto infatti che, dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( Sez. U, Sentenza n. 15350 del 22/07/2015 (Rv. 635985 – 01) il danno da morte è entità in sé non risarcibile, “In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure hereditatis” di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo”..

La Corte in tale occasione ha spiegato che “le questioni relative al risarcimento dei danni derivanti dalla morte che segua dopo un apprezzabile lasso di tempo alle lesioni” sono state risolte in modo univoco dalla giurisprudenza della Corte sussistendo “il diritto iure hereditatis al risarcimento dei danni che si verificano nel periodo che va dal momento in cui sono provocate le lesioni a quello della morte conseguente alle lesioni stesse, diritto che si acquisisce al patrimonio del danneggiato e quindi è suscettibile di trasmissione agli eredi.

L’unica distinzione che si registra negli orientamenti giurisprudenziali riguarda la qualificazione, ai fini della liquidazione, del danno da risarcire che, da un orientamento, con “mera sintesi descrittiva” (Cass. n. 26972 del 2008), è indicato come “danno biologico terminale” (Cass. n. 11169 del 1994, n. 12299 del 1995, n. 4994del 1996, n. 1704 del 1997, n. 24 del 2002, n. 3728 del 2002, n. 7632 del 2003, n 9620 del 2003, n. 11003 del 2003, n. 18305 del 2003, n. 4754 del 2004, n. 3549 del 2004, n. 1877 del 2006, n. 9959 del 2006, n. 18163 del 2007, n. 21976 del 2007, n. 1072 del 2011) – liquidabile come invalidità assoluta temporanea, sia utilizzando il criterio equitativo puro che le apposite tabelle (in applicazione dei principi di cui alla sentenza n. 12408 del 2011) ma con il massimo di personalizzazione in considerazione della entità e intensità del danno – e, da altro orientamento, è classificato come danno “catastrofale” (con riferimento alla sofferenza provata dalla vittima nella cosciente attesa della morte seguita dopo apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni). Il danno “catastrofale”, inoltre, per alcune decisioni, ha natura di danno morale soggettivo (Cass. n. 28423 del 2008, n. 3357 del 2010, n. 8630 del 2010, n. 13672 del 2010, n. 6754 del 2011, n. 19133 del 2011, n. 7126 del 2013, n. 13537del 2014) e per altre, di danno biologico psichico (Cass. n. 4783 del 2001, n. 3260 del 2007, n. 26972 del 2008, n. 1072 del 2011), Ma da tali incertezze non sembrano derivare differenze rilevanti sul piano concreto della liquidazione dei danni perché, come già osservato, anche in caso di utilizzazione delle tabelle di liquidazione del danno biologico psichico dovrà procedersi alla massima personalizzazione per adeguare il risarcimento alle peculiarità del caso concreto, con risultati sostanzialmente non lontani da quelli raggiungibili con l’utilizzazione del criterio equitativo puro utilizzato per la liquidazione del danno morale”.

Nel caso di specie è stato accertato che la morte di (…) è intervenuta dopo un pur minimamente apprezzabile lasso di tempo dal fatto colposo di omessa diagnosi a fronte di una patologia già in corso ( 4 giorni)..

Tale danno, ingravescente con estrema rapidità e che si è risolto con il decesso, è senza dubbio entrato nel patrimonio del sig. (…) quale lesione alla propria integrità psicofisica ingravescente sino al decesso.

Tale tipologia di lesione – temporanea ed ingravescente – può essere liquidata attraverso l’applicazione del sistema tabellare, riconosciuto dalla Corte di legittimità come parametro equitativo che consente di fare emergere i parametri differenziati in relazione al grado della lesione oltre che garantire una uniformità e prevedibilità delle decisioni, nella sua forma della inabilità temporanea individuata in una misura crescente sul parametro massimo previsto in considerazione della acuità del dolore siccome espresso ai famigliari. Tenuto conto di un periodo pari a 4 giorni dal 31.1.2012 al 4.1,2013, su di un valore base giornaliero in base alle tabelle milanesi, applicabili al caso di specie alla luce della gravità della lesione di Euro 145,00 si perviene alla liquidazione della somma di Euro 580,00, Tale valore è suscettibile di massima personalizzazione tenuto conto che, come indicato dalla motivazione appena richiamata della Suprema Corte, risulta concentrata in un brevissimo spazio temporale una lesione gravissima e seriamente apprezzata dal soggetto stesso. Può quindi aumentarsi detto valore fino ad Euro 1.160,00.

E’ da ritenere che, inoltre, a far tempo dal suo rientro a casa, il paziente, sempre lucido e cosciente, abbia realizzato l’ineluttabilità dell’evento morte così vivendo quel momento di massima intensità della sofferenza che si rappresenta in chi abbia la percezione della imminente ed inesorabile morte ( danno morale terminale). La Suprema Corte ha infatti precisato che “Il diritto al risarcimento del cd. danno biologico terminale è configurabile, e conseguentemente trasmissibile “iure hereditatis”, ove intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, essendo irrilevante, al riguardo, la circostanza che, durante tale periodo di permanenza in vita, la vittima abbia mantenuto uno stato di lucidità, il quale costituisce, invece, il presupposto del diverso danno morale terminale”. ( cfr Sez. 3 -, Sentenza n. 21060 del 19/10/2016 (Rv. 642934 – 01).

Tale situazione, che comunque non trova alcuna adeguata compensazione, può essere equitativamente liquidata attraverso la corresponsione della somma di Euro 31.000,00 ( Euro 30.000,00 per i primi tre giorni ed Euro 1.000,00 per il quarto seguendo le recenti indicazioni offerte dall’Osservatorio del Tribunale di Milano), con personalizzazione massima alla luce delle molteplici espressioni riportate dai familiari in ordine alla circostanza che egli “si sentiva morire”, sino all’importo di Euro 50.000,00.

La somma così liquidata e pari ad Euro 51.160,00 si ritiene satisfattiva del risarcimento del danno patito personalmente dal paziente poi deceduto. In tali termini tale importo, seppure solo oggi liquidato, può considerarsi essere entrato nella sfera patrimoniale del defunto e trasmesso agli eredi, odierni attori.

Sul tale importo spettano gli interessi legali sulla somma devalutata alla data del decesso del sig. (…) (4.1.2013) e via via rivalutata anno per anno sino ad oggi, nonché dalla data della presente sentenza al saldo gli interessi legali sulla somma rivalutata.

Il danno iure proprio

Va riconosciuto iure proprio agli attori- tutti legati ad (…) da uno stretto vincolo parentale non contestato- il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. derivante dalla perdita del congiunto, in quanto lesione dello specifico interesse – di rilievo costituzionale – alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia.

In proposito va ricordato l’insegnamento della Suprema Corte che, con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale, ha sottolineato come “Il riconoscimento dei “diritti della famiglia” (art. 29, primo comma, Cost.) va inteso non già, restrittivamente, come tutela delle estrinsecazioni della persona nell’ambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto personale ispira, generando bensì bisogni e doveri, ma dando anche luogo a gratificazioni, supporti, affrancazioni e significati” (Cass. 8827/03).

Gli attori, dando conto della loro qualità di eredi del sig (…) hanno documentato la loro qualità di congiunti (moglie e figli, madre e fratelli) e pertanto, tenuto conto dello stretto legame di parentela hanno diritto al risarcimento del danno da perdita parentale. L’evento morte di un congiunto stretto da legame parentale di primo grado, quale il padre rispetto ai figli e il marito rispetto alla moglie rappresenta di per sé un evento capace di provocare una sofferenza umana di apprezzabile rilievo.

L’evento, in quanto come detto riconducibile ad un comportamento colposo della struttura sanitaria convenuta, in tali termini è fonte di specifica responsabilità ex art. 185 c.p. e 2043 c.c.

Nella liquidazione del danno si dovrà tuttavia tenere conto di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla necessità di vagliare in concreto quale sia stata da un lato la sofferenza patita, anche non transeunte ma apprezzata nella sua prosecuzione nel tempo e dall’altra la compromissione della sfera affettiva familiare da ciò derivata il tutto alla luce della allegazione e della prova – di cui è onerata parte attrice – in ordine alle condizioni soggettive di vittima e congiunto, del grado di parentela, delle rispettive età, dell’eventuale convivenza e di ogni altro indice che la parte interessata abbia inteso sottoporre all’attenzione del giudicante.

E’ invero principio consolidato che “nella liquidazione del danno non patrimoniale da uccisione d’un familiare deve tenersi conto dell’intensità del relativo vincolo e di ogni ulteriore circostanza, quale la consistenza del nucleo familiare, le abitudini di vita, la situazione di convivenza, sino ad escludere la configurabilità del danno non patrimoniale da morte se tra fratelli unilaterali non vi sia mai stato un rapporto affettivo e sociale, né rapporti di frequentazione e conoscenza (cfr . Sez. 3, Sentenza n. 23917 del 22/10/2013 (Rv. 629114).

Tuttavia va anche osservato che ( cfr Cass, sez. 3 -, Sentenza n. 21060 del 19/10/2016 (Rv. 642934 – 02) “nel caso di morte di un prossimo congiunto, un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale (cd. danno da rottura del rapporto parentale) non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane, ma esige la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell’attore allegare e provare; tale onere di allegazione, peraltro, va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inidonea a dimostrare uno sconvolgimento delle abitudini di vita degli stretti congiunti dell’ucciso la mera allegazione di circostanze, quali la convivenza con la vittima, i suoi studi universitari ed il suo subentro in attività imprenditoriali di famiglia, nonché l’assenza di incomprensioni all’interno del nucleo familiare, volte a dimostrare in via presuntiva che gli attori avevano investito molto, in termini umani e professionali, sul parente defunto, figlio primogenito, e che il dolore per la sua prematura perdita era stato particolarmente intenso).

Inoltre poiché (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 25351 del 17/12/2015 (Rv. 638116 – 01) “ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di persona cara, costituisce indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale – non altrimenti specificato – e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita, e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ma unitariamente ristorato” la liquidazione del danno in esame dovrà seguire un percorso unitario.

Tanto premesso l’allegazione in ordine a differenti e specifici radicali cambiamenti di vita in capo ai familiari odierni attori è stata ampiamente esplorata e valorizzata.

La difesa ha evidenziato come la moglie ed i due figli del sig. (…) fossero con lui conviventi e legati da stretti legami familiari; il racconto della sig.ra (…) svolto anche davanti al CTU, ha evidenziato un sincero e profondo legame affettivo con il coniuge al quale si legava da un lato una profonda attenzione reciproca e dall’altro una apprezzabile condivisione di responsabilità genitoriale nella conduzione del nucleo famigliare, composto da due figli ancora molto giovani, con previsione di una vita futura insieme non di breve durata. E’ dunque comprensibile e presumibile che la perdita, oltretutto improvvisa, del coniuge abbia determinato un forte shock emotivo ed una profondissima sofferenza che merita di essere liquidata con un importo vicino al massimo tabellare previsto per la perdita del coniuge (pari ad Euro 300.000,00).

Il danno da perdita parentale patito dai due figli (…), rispettivamente di anni 16 e di anni 8 al momento del decesso del padre appare egualmente di particolare intensità; la giovane età dei due figli richiedeva un rapporto importante con la figura paterna, figura rispetto alla quale i due minori potevano contare come è emerso anche in sede di CTU; è presumibile ritenere che la peculiare fase di crescita dei due ragazzi abbia tratto particolare pregiudizio dalla improvvisa mancanza del padre che come descritto dalla difesa aveva uno stabile rapporto con i figli che vedevano in lui un punto di riferimento speciale. Un apprezzamento speciale merita il figlio più grande, (…), che a seguito dell’improvvisa morte del padre, alla quale ha direttamente assistito, ha assunto il ruolo di punto di riferimento maschile per la madre ed il fratello minore. Per entrambi i figli va liquidato un danno da perdita parentale pari al massimo tabellare e dunque Euro 328.000,00 per ciascuno.

Per quanto attiene alla figura della signora (…), madre del sig. (…), si osserva che ella al momento del primo ricovero del figlio al PS si trovava presso l’abitazione di quest’ultimo, dimostrando una frequenza assidua ed effettiva nella vita del figlio seppure questi avesse ormai da anni stabilito un legame famigliare autonomo con la sig.ra (…). Va tuttavia rilevato che il nucleo familiare originario poteva contare anche sulla presenza di altri due figli, di modo che la perdita senza dubbio dolorosa può ritenersi in parte compensata dalla presenza di altri figli. Il danno da perdita parentale in favore della sig.ra (…) può essere liquidato in Euro 80.000,00.

Per quanto infine riguarda la figura dei due fratelli del defunto sig. (…), vale osservare che la allegazione difensiva con riguardo alle caratteristiche del rapporto con il defunto è stata assai scarna; nulla è dato conoscere se non il mero dato del legame parentale, se essi si fossero costituiti un nucleo famigliare autonomo e quali fossero i rapporti con il fratello; non risulta neppure il luogo di loro residenza. A fronte di tale allegazione può essere valorizzato solo il dato del legame parentale che giustifica una liquidazione del danno pari ad Euro 40,000,00 ciascuno.

Anche su tali importi spettano gli interessi legali sulla somma devalutata alla data del decesso del sig. (…) (3.1.2013) e via via rivalutata anno per anno sino ad oggi, nonché dalla data della presente sentenza al saldo gli interessi legali sulla somma rivalutata.

Il danno biologico accertato in capo alla sig.ra (…). Nel presente giudizio è stata svolta CTU medico legale volta a verificare se la documentazione medico sanitaria in atti con riguardo ai profili di sofferenza psichiatrica apprezzabile come vera e propria malattia offerta in produzione dalle parti attrici fosse segnale di un danno alla salute iure proprio in capo ai famigliari conviventi.

Il dott. (…), medico legale specialista in neurologia, criminologia clinica e psicopatologia forense, esaminata la sig.ra (…), ha accertato la sussistenza in capo alla medesima di una patologia psichiatrica da lutto coniugale non normalmente elaborato ed evoluto in lutto patologico complicato da aspetti depressivi. Osserva il CTU: “il funzionamento della persona è discreto nell’area genitoriale di accudimento materno, , decisamente buono in quella lavorativa ed operativa, mentre il mondo interno risulta compromesso dagli aspetti depressivi e l’area affettiva personale risulta come congelata. Non sempre la sig.ra (…) è in grado di analizzare e gestire le complesse dinamiche famigliari che si sono venute a creare nel nucleo destrutturato dopo la morte del sig. (…), i due figli presentano entrambi, con modalità diverse, la tendenza a non condividere minimamente il lutto anzi a manifestare estremo disagio e persino discontrollo comportamentale quando venga loro imposto o slatentizzato da terzi il ricordo della figura paterna”. Il CTU ha accertato un danno biologico temporaneo parziale per mesi nove al 25% in relazione all’iniziale disturbo da stress post traumatico evidente anamnesticamente; “l’attuale condizione clinica depressiva ma commista ad aspetti ansiosi, cronica è assimilabile al disturbo dell’adattamento con ansia e soprattutto con umore depresso, di intensità moderata grave e comporta un danno biologico permanente valutabile nella misura dell’11%”.

Lo stesso consulente ha esaminato il sig. (…), figlio maggiore del defunto, osservando preliminarmente come il giovane visse all’età di 15 anni in prima persona le fasi acute e critiche che portarono al decesso del padre, riportando fin da subito un disturbo acuto da stress cui ha fatto seguito l’instaurarsi di una depressione psichica mascherata preceduta da una fase ipertimica. Il CTU ha accertato, in capo a (…), che ha seguito un percorso di cura psicologica presso lo (…) prima e poi presso un professionista privato, una patologia psichiatrica, non essendo stato normalmente elaborato il lutto ed essendo residuato un disturbo dell’adattamento, cronico, moderato con disturbi dell’emotività e della condotta nell’ambito di tratti depressivi di personalità. Il funzionamento globale della persona nelle aree affettive, sociali e scolastiche presenta “qualche elemento problematico” che attiene soprattutto alla sfera emotiva con affettività ansiosa frutto di una “anormale elaborazione del lutto da perdita genitoriale paterna”. Il CTU ha valutato sussistente un danno biologico temporaneo parziale di mesi 12 al 20% in relazione all’iniziale (…) disturbo da stress post traumatico ed alla fase ipertimica evidente anamnesticamente ed un postumo permanente pari al 10%.

La persona di (…) è stata esaminata dalla dott.ssa D. (…), psicologa. Ella ha osservato che (…) non aveva ancora compiuto otto ani alla morte del padre e che come risulta dalla documentazione medica allegata dalla madre dopo una lunga attesa venne preso in carico allo (…) nel settembre 2014 per l’insorgenza, avvenuta a pochi mesi dalla morte del padre, di un fenomeno di ammiccamento, movimenti del collo e tic vocali (cd manifestazioni ticcose); le medesime manifestazioni sono state evidenziate anche dal dott. (…) che ha evidenziato come dette manifestazioni oltre ad essersi manifestate in concomitanza con evento luttuoso sono significative di un meccanismo di compensazione psicopatologico che si evidenzia anche in una storia di chiusura in se stesso propria del ragazzo. Il meccanismo ticcoso stato quindi evidenziato essere una forma di difesa “rigido” non solo reattivo alle insistenze materne ma reattivo ed una mancata elaborazione del lutto.

Sebbene il sintono ticcoso sia allo stato regredito (…) con una manifestazione del disagio che ora si connota nella reazione volta a minimizzare gli avvenimenti accaduti. IL CTU ha quindi accettato la presenza in capo a (…) di una patologia psichiatrica che si caratterizza pe runa mancata adeguata elaborazione del lutto con disturbo residuale dell’adattamento, cronico, con disturbi dell’emotività tenuta coartata e (…) sotto controllo in modo specifico proprio in relazione al ricordo del padre. Ha quindi accertato la presenza di un danno biologico temporaneo di mesi 18 mediamente al 20% e di un danno biologico permanente di natura psichica nella misura del 10%.

I CTU hanno infine valutato gli esborsi per spese mediche legate alla patologia psichiatrica manifestatasi dopo il decesso del congiunto soprattutto per il futuro avendo i CTU evidenziato la grande utilità di un percorso di terapia famigliare “in quanto esiste una sorta di circuito patogeniche deriva dagli aspetti relazionali tra i vai componenti, dal tipo di gestione, troppo privata e separata del lutto e da modelli comunicativi non chiari e spesso fonti di tensione; il costo prospettato è pari a 7.000,00 in un programma di 2/3 incontri mensili per la durata di due anni.

Le considerazioni dei CTU vanno interamente condivise in quanto aderenti alla documentazione clinica depositata e giustificate in modo approfondito. Anche a seguito dei rilievi svolti dai CTP i consulenti hanno ritenuto di non modificare i risultati cui erano pervenuti offrendo ulteriori spunti ragionati al fine di evidenziare il quadro grave riscontrato e tuttora permanente.

Può quindi riconoscersi, attraverso il ricorso ai paramenti tabellari milanesi, (assunte a ragionevole parametro di riferimento secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. sentenza n. 12408 del 7.6.2011), alla sig.ra (…) ( anni 45 ) l’importo di Euro 6.480,00 per invalidità temporanea ed Euro 24.969,00 per postumo permanente; a (…) l’importo di Euro 7.008,00 per inabilità temporanea ed Euro 25.671,00 per postumo permanente; a (…) la somma di Euro 10.502,00 per inabilità temporanea ed Euro 26.775,00 per postumo permanente.

Su tali importi – già comprensivi della componente di danno morale relativa alla compromissione psicofisica – può essere operata, al fine di adeguare il valore di percentuale accertato, un aumento per personalizzazione del danno che tenga conto della particolarità del caso specifico ed in particolare , per quanto attiene al danno accertato in capo alla sig.ra (…), dello svuotamento iniziale determinato dalla difficoltà di riprendersi da un lutto improvviso e mai immaginato al quale si aggiunse il senso di responsabilità genitoriale concentrato sulla sola sua figura; per quanto attiene al danno accertato in capo a (…) delle difficoltà di riconoscersi improvvisamente proiettato in una fase adulta e priva di riferimenti paterni; per il danno in capo a (…) delle difficoltà incontrate anche a reperire un ambito familiare di sostegno.

Complessivamente, all’esito della indicata personalizzazione, può riconoscersi a (…) la somma complessiva di Euro 40.000,00; a (…) la somma di Euro 45.000,00; a (…) la somma di Euro 42.000,00.

Detti ultimi valori, liquidati in moneta attuale, vanno attualizzati attraverso il procedimento già precisato con riguardo al danno iure ereditario.

Il danno patrimoniale

I CTU hanno esaminato la richiesta di parte attrice di riconoscimento di esborsi relativi a spese mediche; essi peraltro sono stati esposti prevalentemente in riferimento ad esborsi per spese di CTP e pertanto andranno esaminati unitamente alla parte relativa alle spese di assistenza legale.

Vanno invece riconosciute le spese mediche future indicate dai CTU per Euro 7.000,00 per un percorso psicologico familiare di sostegno. Esse infatti costituiscono effettivamente un serio ristoro del danno patito e, tenuto conto del percorso già svolto in passato, vi è la ragionevole alta probabilità che vengano sostenute dal nucleo famigliare, bisognoso di ritrovare quella serenità di relazioni emotive e di fiducia gravemente scardinate dalla prematura ed improvvisa morte del congiunto.

Gli attori hanno inoltre richiesto un danno patrimoniale, sia iure proprio sia iure ereditario, avuto riguardo alla medesima causa e cioè alla redditività del sig. (…) ed alla ricaduta che la mancanza di tale apporto avrebbe determinato sia direttamente al sig. (…) sia alla famiglia.

Ritiene il Tribunale che parte attrice non abbia offerto prova sufficiente con riguardo al presupposto di tale richiesta risarcitoria e cioè lo svolgimento attuale da parte del sig. (…) di una attività lavorativa la cui retribuzione possa considerarsi stabile nel futuro, in ipotesi di mancato evento luttuoso.

Come è noto la prova del danno patrimoniale ed in particolare del danno da ridotta o annullata capacità lavorativa specifica è sottoposto a rigorosa prova che incombe , quanto al fatto costitutivo, interamente su parte attrice. Mentre può farsi ricorso a presunzioni avuto riguardo alla durata del contributo economico ed alla sua stabilità nel tempo, la prova del fatto costitutivo va puntualmente offerta dalla parte.

La difesa ha allegato quale unico ed esclusivo elemento il modello CUD 2013, relativo all’anno 2012, del sig. (…) evidenziando come in tale modello si legga quale importo retributivo quello di Euro 17.088,59.

Tale elemento non consente di fondare compiutamente la prova della sussistenza in capo alla parte di una retribuzione derivante da un lavoro ancora attuale al momento del decesso della stessa. Infatti dallo stesso modello CUD è possibile trarre l’indicazione che i giorni lavorati dal sig. (…) non siano 365 ( e cioè l’intera annualità) ma solo 305; inoltre emerge che la denuncia per lavoro dipendente ai fini previdenziali sia stata effettuata per tutti i mesi tranne quello dicembre. Nelle annotazioni riportate in calce al modello, per il vero, si evince che “data di inizio e fine rapporto di lavoro: 1.1.2012 – 31.10.2012).

Nessuna spiegazione su tale aspetto è stata fornita dalla difesa, a giustificazione di una sospensione solo temporanea della attività lavorativa:

Ne consegue che nessun danno di carattere patrimoniale può essere ricondotto al decesso del sig. (…) in favore dei suoi eredi conviventi.

La decisione ha carattere assorbente su entrambi i profili di danno richiesti, sia iure proprio sia iure hereditario.

4. la domanda ex art. 96 c.p.c.

Parte attrice ha formulato domanda in sede di precisazione delle conclusioni volta ad ottenere la condanna di parte convenuta per lite temeraria sul presupposto che, nonostante le chiare risultanze peritali, la rappresentata situazione di indigenza economica dei congiunti del sig. (…), essa non abbia proceduto a formulare alcuna offerta neppure a titolo di acconto alle parti.

Sebbene debba affermarsi del tutto incoerente il prospettato mancato pagamento in assenza del coinvolgimento dei medici, tenuto conto della chiara responsabilità solidale dell’Istituto costantemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, laddove venga riscontrata una responsabilità professionale in capo ai sanitari, a tutela proprio del danneggiato, si osserva che la difesa non ha documentato quale ulteriore danno abbia cagionato ai propri assistiti l’atteggiamento “temporeggiante” della controparte, anche tenuto conto della dichiarata anticipazione delle spese da parte dei difensori, antistatari. La domanda pertanto va disattesa.

Ha anche chiesto che si proceda alla pubblicazione della sentenza ex art. 120 c.p.c.; si osserva che anche tale domanda non può trovare accoglimento in ragione del tempo trascorso dai fatti e non ravvisandosi nel caso concreto alcun collegamento con la possibile riparazione del danno.

6. La regolamentazione delle spese

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate a mente del D.M. n. 55 del 2014 come da dispositivo tenuto conto del valore della causa come ritenuto in sentenza, dell’attività prestata e della relativa complessità della causa sotto il profilo della istruttoria e delle questioni giuridiche sottese. La laconicità delle difese in punto solo danno relative alle persone della madre e dei fratelli del defunto consente di tenere conto dell’aumento per la difesa di più parti solo avuto riguardo al coniuge ed ai figli, per i quali effettivamente vi è stata concreta diversificazione delle difese. I procuratori si sono dichiarati antistatari e pertanto le spese devono essere distratte in loro favore.

Seguono la soccombenza anche le spese di assistenza legale per la fase di ATP, nella misura liquidata in dispositivo per i procedimento di istruzione sommaria.

Le spese di c.t.u., sia in fase di 696bis c.p.c. sia in fase del giudizio di merito, come liquidate dal GI, devono essere poste definitivamente a carico di parte convenuta.

Per quanto riguarda le spese dei consulenti di parte esse devono essere apprezzate dal Giudice non solo in quanto effettivamente pagate dalla parte ma anche in quanto congrue per importi all’attività svolta.

Entro tali limiti vanno poste a carico della parte soccombente; si osserva al proposito che le note spese di CTP (…), (…) e (…) non risultano quietanziate né è stata offerta prova del loro pagamento da parte della difesa ( docc. 32,33 2 34). Ne consegue che la richiesta di rimborso non può trovare accoglimento.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione reietta, così provvede:

In parziale accoglimento delle domande svolte dalle parti attrici, accerta la responsabilità (…,) già (…) e (…) in relazione ai fatti occorsi al sig. (…) e per l’effetto lo condanna al risarcimento del danno patito dagli attori con conseguente condanna al pagamento:

a titolo di danno non patrimoniale iure hereditario in favore degli eredi Euro 51.160,00, oltre interessi come in motivazione;

a titolo di danno non patrimoniale iure proprio

– Euro 300.000,00 in moneta attuale in favore di (…);

– di Euro 328.000,00 in moneta attuale in favore di ciascuno dei figli, (…)

– Euro 80.000,00 in moneta attuale in favore di (…);

Euro 40.000,00 in moneta attuale in favore di ciascuno dei due fratelli (…);

Euro 40.000,00 oltre interessi come in motivazione in favore di (…); Euro 45.000,00 oltre interessi come in motivazione in favore di (…); Euro 42.000,00 oltre interessi come in motivazione in favore di (…);

a titolo di danno patrimoniale:

Euro 7.000,00 oltre interessi dalla sentenza al saldo in favore di (…);

condanna parte convenuta al pagamento in favore degli attori delle spese di lite che si liquidano per il giudizio di merito in Euro 36.145,00 oltre aumento per il numero delle parti per Euro 14.458,00 oltre contributo unificato oltre rimborso forfetario, Iva e cpa, nonché delle spese relative al procedimento ex art. 696 bis c.p.c. che si liquidano in Euro 13.335,00 già comprensive dell’aumento per le parti oltre rimborso forfetario, Iva e epa; spese tutte da distrarsi in favore dei difensori che si sono dichiarati antistatari;

pone definitivamente a carico della parte convenuta le spese di CTU, sia del procedimento ex art. 696 bis c.p.c.,. sia del presente giudizio di merito, come già liquidate.

Così deciso in Milano il 7 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2018.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.