l’onere imposto dall’art. 1892 c.c. all’assicuratore di manifestare, allo scopo di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l’azione di annullamento del contratto, per le dichiarazioni reticenti od inesatte dell’assicurato, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell’annullamento, non sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto, ed ancor più quando il sinistro si verifichi prima che l’assicuratore sia venuto a conoscenza dell’inesattezza o reticenza della dichiarazione, essendo sufficiente, in tali casi, per sottrarsi al pagamento dell’indennizzo, che l’assicuratore stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell’obbligo posto a carico dell’assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio.

 

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Il contratto di assicurazione principi generali

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 16 dicembre 2005, n. 27728

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Gaetano FIDUCCIA – Presidente

Francesco SABATINI – rel. Consigliere

Italo PURCARO – Consigliere

Camillo FILADORO – Consigliere

Giacinto BISOGNI – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

La. Na. – Compagnia Italiana di Assicurazione e Riassicurazione s.p.a., in persona del procuratore speciale avv. Ro. Pe., elettivamente domiciliata in Ro., Via Fe. di Sa. n. 3, presso l’avv. An. Me., che la rappresenta e difende giusta delega in atti unitamente all’avv. Cl. Be.;

– ricorrente –

contro

An. Ca., Ma. Co. e Ma. Gr. Co., elettivamente domiciliati in Ro., Viale delle Mi. n. 140, presso l’avv. Ro. Cr., che li rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

nonché El. Fi. ved. Si.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3337 del 24 ottobre 2001.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 novembre 2005 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Sabatini;

Udito l’avv. An. Me. per la ricorrente;

Udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. Domenico Iannelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 23 luglio 1986 il parziale crollo di un fabbricato cagionò la morte di Br. Co.

Con atto di citazione del 12 dicembre 1995 An. Ca., Ma. Co. e Ma. Gr. Co., prossimi congiunti della vittima, convennero in giudizio El. Fi., quale responsabile dell’evento dannoso, e la società La Na. – Compagnia Italiana di Assicurazioni e Riassicurazioni, assicuratrice del fabbricato, e ne chiesero la condanna in solido al risarcimento del danno subito.

Resistendo le convenute, con sentenza n. 6573 del 1998 l’adito Tribunale di Roma condannò la sola El. Fi. al risarcimento del danno, che liquidò nella misura ritenuta di giustizia, e respinse invece tanto la domanda proposta dagli attori contro la società assicuratrice quanto quella avanzata contro la stessa società da El. Fi.

Avverso la sentenza, depositata il 6 aprile 1998 e che non risulta notificata, gli attori proposero impugnazione, nei confronti di entrambe le convenute, con atto notificato il 19 maggio 1999; propose gravame incidentale El. Fi. con atto notificato personalmente alla società assicuratrice il 18 giugno 1999.

Con la pronuncia, ora gravata, la Corte di appello, respinta l’impugnazione principale, ha invece accolto quella incidentale e per l’effetto ha dichiarato la società assicuratrice tenuta a rivalere El. Fi. di quanto costei è tenuta a pagare agli attori danneggiati.

Per quanto ancora interessa, la Corte territoriale ha ritenuto fondata la domanda di garanzia, avanzata da El. Fi. nei confronti della predetta società, sul rilievo che quest’ultima non aveva chiesto l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1892 c.c. né ne aveva eccepito l’inefficacia con esplicito riferimento a clausole contrattuali.

Per la cassazione di tale decisione la stessa società ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui resistono con controricorso gli originari attori. Nessuna attività difensiva è stata invece svolta da El. Fi. Le parti costituite hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso la ricorrente, nel dedurre la violazione degli artt. 324 e 325 c.p.c. e vizi di motivazione, afferma che, contro la sentenza del Tribunale depositata il 6 aprile 1998, El. Fi. propose appello incidentale con atto notificato il 18 giugno 1999, oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c., pur tenuto conto della sospensione feriale; né -aggiunge- l’appello poteva ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 334 c.p.c., giacché l’impugnazione incidentale tardiva è consentita contro l’impugnante principale (nella specie, i danneggiati) ma non anche contro altro soggetto; osserva infine che la domanda di garanzia, investita da tale impugnazione, è del tutto autonoma da quella -principale- di risarcimento del danno.

Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che l’inammissibilità dell’appello principale -per avere detti appellanti omesso di impugnare la sentenza di primo grado nel punto in cui aveva qualificato come risarcitoria l’azione da loro proposta contro la società assicuratrice- aveva comunque reso inefficace l’appello incidentale di El. Fi. ai sensi del secondo comma dell’art. 334 c.p.c., norma della quale denuncia la violazione.

I due motivi -i quali, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente- sono infondati.

Deve premettersi che la sentenza di appello è passata in giudicato, in difetto di ricorso, sia nel punto in cui ha accolto la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti di El. Fi., sia laddove ha invece respinto quella, parimenti di risarcimento del danno, avanzata nei riguardi della società assicuratrice, nei confronti della quale, come la pronuncia ora impugnata ha esattamente osservato, gli stessi danneggiati, terzi rispetto al contratto assicurativo, non avevano azione diretta.

Tanto precisato, ed osservato che l’unico rapporto ancora in discussione è, pertanto, soltanto quello di garanzia -in ordine al quale la Corte territoriale, in tal senso riformando la pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda avanzata da El. Fi.-, deve rilevarsi che il primo motivo del ricorso ripropone la questione dei limiti soggettivi dell’impugnazione nei giudizi, quale il presente, con pluralità di parti.

Orbene, il primo comma dell’art. 334 c.p.c. consente di proporre l’impugnazione incidentale tardiva -e che appunto tardiva fosse quella di El. Fi. risulta dagli atti né, del resto, è contestato dai controricorrenti- alle parti contro le quali è stata proposta impugnazione ed a quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c.

Nella specie ricorreva la prima ipotesi -giacché l’appello principale era diretto anche contro la predetta, al fine di ottenere una liquidazione del danno più elevata rispetto a quella disposta in primo grado- e ben poteva El. Fi. proporre impugnazione incidentale tardiva contro la non impugnante e vittoriosa società assicuratrice: deve infatti ribadirsi che, nelle cause inscindibili o dipendenti -ipotesi che in fase di impugnazione ricorre sia nel caso di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale o processuale, sia nel caso di cause dipendenti le quali, essendo state decise in un unico processo, devono rimanere unite anche in fase di gravame in quanto la pronuncia sull’una si estende, in via logica e necessaria, anche all’altra, ovvero ne forma il presupposto logico e giuridico imprescindibile-, la parte, i cui interessi giuridici sono oggetto dell’impugnazione principale, è legittimata a proporre impugnazione incidentale tardiva anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto l’impugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di questa impugnazione (in tal senso, tra le altre, Cass. n. 12826 del 2004).

E poiché la domanda di garanzia impropria, proposta nello stesso processo di risarcimento del danno dalla danneggiante El. Fi. contro la società assicuratrice, va appunto qualificata come causa dipendente, legittimamente la stessa ha proposto impugnazione incidentale tardiva contro detta società, nel rispetto altresì, deve aggiungersi, dell’art. 343 c.p.c.

Ha, bensì, questa Corte (sentenza n. 546 del 1997) anche precisato che, in caso di chiamata in causa per garanzia impropria, se il convenuto non impugna la pronuncia sulla causa principale, a lui sfavorevole, il passaggio in giudicato di tale decisione tronca ogni relazione tra la causa principale e quella dipendente, e, data l’autonomia dei due rapporti, il giudicato sul rapporto principale non estende i suoi effetti sul chiamato in garanzia sì che quest’ultimo, proponendo impugnazione, può contestare l’esattezza dell’accertamento relativo al rapporto principale, nel solo ambito, peraltro, del rapporto con il soggetto garantito e per i riflessi che può avere su di esso.

Tale pur condivisibile indirizzo non è tuttavia applicabile al diverso caso in esame, nel quale l’appello principale dei danneggiati anche contro la danneggiante ha escluso la formazione del giudicato su tale rapporto (giudicato formatosi invece dopo la pronuncia di appello), sicché l’appellata El. Fi. ben poteva a sua volta appellare, anche tardivamente, contro la società assicuratrice.

Inammissibile è la denuncia di vizi motivazionali sul punto, perché in materia di dedotti errori in procedendo spetta alla Corte di Cassazione accertare, anche attraverso l’esame diretto degli atti, se essi sussistano o meno, indipendentemente della esistenza e dalla sufficienza della motivazione adottata dal giudice del merito (Cass. n. 2251 del 1999).

La notifica dell’impugnazione incidentale personalmente alla parte ne ha comportato la nullità, peraltro rimasta sanata dalla avvenuta costituzione della parte stessa nel giudizio di appello.

L’ammissibilità dell’appello incidentale tardivo rendeva e rende inapplicabile il secondo comma dell’art. 334 c.p.c., del quale si denuncia, con il secondo motivo del ricorso, e pertanto infondatamente, la violazione.

2. La Corte territoriale ha accolto la domanda di garanzia “non avendo l’assicuratore né chiesto l’annullamento del contratto fondato sulla soprarichiamata norma (l’art. 1892 c.c.), né eccepito l’inefficacia del medesimo con esplicito riferimento, sul punto, alle clausole contrattuali”.

Il terzo motivo del ricorso (violazione art. 1892 e 2697 c.c. e vizi di motivazione) censura la prima affermazione, e con esso la ricorrente sostiene di aver eccepito, come ben poteva, l’inefficacia della garanzia assicurativa -essendo stato sottoscritto il contratto benché il condominio fosse consapevole, come afferma, dell’assoluta pericolosità statica del fabbricato-, eccezione che non era rimasta preclusa dal mancato esercizio della relativa azione.

La censura è fondata.

Il primo comma dell’art. 1892 dispone bensì che le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative alle circostanze ivi precisate, sono causa di annullamento del contratto quando lo stesso contraente ha agito con dolo o colpa grave, ma l’annullamento può tuttavia essere fatto valere dall’assicuratore non solo in via di azione -come invece la Corte territoriale ha erroneamente affermato- ma anche, come nella specie, di eccezione.

Deve infatti ribadirsi che l’onere imposto dall’art. 1892 c.c. all’assicuratore di manifestare, allo scopo di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l’azione di annullamento del contratto, per le dichiarazioni reticenti od inesatte dell’assicurato, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell’annullamento, non sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto, ed ancor più quando il sinistro si verifichi prima che l’assicuratore sia venuto a conoscenza dell’inesattezza o reticenza della dichiarazione, essendo sufficiente, in tali casi, per sottrarsi al pagamento dell’indennizzo, che l’assicuratore stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell’obbligo posto a carico dell’assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio (da ultimo, Cass. n. 3165 del 2003).

Si impone, pertanto, la cassazione, sul punto, della sentenza, con rinvio ad altra sezione della stessa Corte territoriale la quale accerterà, con piena libertà di giudizio ma attenendosi ai criteri giuridici di cui sopra, la fondatezza o meno di tale eccezione alla stregua delle acquisite risultanze processuali e, all’esito, regolerà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta gli altri, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.