In materia di leasing traslativo, le parti possono convenire, ai sensi dell’art. 1526 cod. civ., applicabile in via analogica, l’irripetibilità dei canoni versati al concedente in esito alla risoluzione del contratto, la cui natura di clausola penale ne preclude, nel giudizio successivamente instaurato, la rilevabilità d’ufficio e la deducibilità dopo il decorso dei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ., trattandosi di eccezione in senso stretto

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Tribunale Bergamo, Sezione 4 civile Sentenza 9 aprile 2019, n. 836

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta Civile, in persona del Giudice Unico dott. Cesare Massetti, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n. 3268/2018 del Ruolo Generale promossa con atto di citazione ritualmente notificato e posta in decisione all’udienza del 8 gennaio 2019

da

(…) in liquidazione, in persona dei legali rappresentanti sigg. (…) e (…), nonché (…) e (…) personalmente, rappresentati e difesi dall’Avv.to Ca.Sc. del Foro di Salerno, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.to Ma.Ma. del Foro di Bergamo, giusta procura speciale alla lite in margine all’atto introduttivo del giudizio

ATTORI opponenti

contro

(…) s.p.a., in persona del procuratore speciale dott. (…), rappresentata e difesa dall’Avv.to Fl.Ga. del Foro di Bergamo, procuratore anche domiciliatario, giusta procura speciale alla lite allegata al ricorso per ingiunzione

CONVENUTA opposta

In punto: leasing, pagamento somma, opposizione a decreto ingiuntivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Giudice Unico presso il Tribunale di Bergamo, adito su ricorso della soc. (…) s.p.a., ingiungeva alla soc. (…) in liquidazione (debitore principale) nonché personalmente a (…) e a (…) (fideiussori) il pagamento della somma di Euro 259.079,67, oltre a interessi e spese.

Il credito si riferiva al contratto di locazione finanziaria stipulato dall'(…) con la (…) nel 2008, e per cui avevano prestato fideiussione i soci accomandatari: contratto, questo, rimasto inadempiuto dall’utilizzatore a far tempo dal 2012, e quindi risolto dal concedente in forza di clausola risolutiva espressa.

Nel ricorso si dava atto dell’avvenuta riconsegna del bene e dell’avvenuta rivendita a terzi, di talchè la pretesa dell’ingiungente si concentrava sulla penale. Il decreto veniva munito di clausola di provvisoria esecuzione.

Con atto di citazione ritualmente notificato la soc. (…) in liquidazione (debitore principale) nonché personalmente (…) e (…) (fideiussori) interponevano opposizione avverso il suddetto provvedimento per i seguenti motivi:

1) mancanza di certezza, liquidità ed esigibilità del credito;

2) decadenza dal diritto di escutere i fideiussori nonché liberazione dei medesimi;

3) mancanza di prova scritta idonea ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo nonché mancanza delle condizioni per la concessione della provvisoria esecuzione con lo stesso decreto;

4) nullità della clausola penale per violazione dell’art. 1526 c.c.;

5) indeterminatezza del tasso di interesse;

6) indeterminatezza dell’oggetto;

7) nullità del leasing per omessa indicazione dell’ISC/TAEG. Chiedevano, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto, e in via riconvenzionale la restituzione dei canoni e degli interessi corrisposti.

Costituendosi in giudizio la soc. (…) s.p.a. contestava in toto gli assunti avversari. Chiedeva, pertanto, la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

Respinta l’istanza (contenente le sole doglianze di cui ai punti da 1 a 3) finalizzata ad ottenere la sospensione della concessione della provvisoria esecuzione, la causa non veniva, poi, istruita.

Precisate le conclusioni come in epigrafe riportate, all’udienza dell’8 gennaio 2019 passava in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di opposizione la (…) e i (…) lamentano la mancanza di certezza, liquidità ed esigibilità del credito.

Il motivo è infondato.

Invero la certezza non è un requisito per l’emissione del decreto ingiuntivo, mentre il credito è liquido, giacché determinato nel suo ammontare (benché contestato), ed esigibile, giacché non sottoposto a termine o condizione.

Con il secondo motivo di opposizione i (…) eccepiscono la liberazione dei fideiussori.

Il motivo è infondato.

Invero la deduzione circa la violazione dell’art. 1956 c.c. è del tutto generica e immotivata.

A ciò si deve aggiungere che le fideiussioni sono a prima richiesta e senza eccezioni (in altri termini, si tratta di contratti autonomi di garanzia, che escludono la possibilità per il garante di opporre al creditore eccezioni fondate sul rapporto principale); che è previsto l’importo massimo garantito, di talchè è infondata la doglianza circa l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto; che i fideiussori sono i legali rappresentanti (gli accomandatari) della società debitrice, di talchè non occorre alcuna loro autorizzazione per la concessione di ulteriore credito al debitore; che, in ogni caso, non vi è alcuna prova, o richiesta di prova, in merito alle condizioni previste nell’art. 1956 c.c. per addivenire alla liberazione del fideiussore per obbligazione futura.

Con il terzo motivo di opposizione la (…) e i (…) lamentano la mancanza di prova scritta idonea ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo nonché la mancanza delle condizioni per la concessione della provvisoria esecuzione con lo stesso decreto.

Il motivo è infondato.

Invero il contratto di leasing, in uno all’allegazione dell’inadempimento dell’utilizzatore, è ex se sufficiente a fornire la prova del credito nell’ambito della fase monitoria. Peraltro, nella specie, è stato prodotto anche l’estratto conto certificato ex art. 50 tub.

A ciò si deve aggiungere che gli importi indicati nell’estratto conto non sono stati contestati neppure nella presente fase di opposizione, e che nessuna prova è stata fornita dagli opponenti, ai quali incombeva l’onere, circa l’avvenuto pagamento delle somme che costituiscono oggetto dell’ingiunzione.

Con il quarto motivo di opposizione la (…) e i (…) eccepiscono la nullità della clausola penale per violazione dell’art. 1526 c.c.

Il motivo è infondato.

Invero il contratto (art. 16) contiene una clausola imperniata sulla formula “scaduto + scadere – bene”, ciò che del resto è conforme a quanto sancito dallo stesso legislatore con l’art. 1 co. 137 e 138 L. n. 124 del 2017: norma – questa – retroattivamente applicabile ai contratti conclusi prima della sua entrata in vigore, ma i cui effetti della risoluzione non si sono ancora realizzati.

Alla luce della disciplina pattizia nonché legale, si tratta, dunque, solo e soltanto, di verificare se il concedente, in occasione della risoluzione contrattuale, realizzi un indebito guadagno, cioè ottenga più di quanto avrebbe ottenuto in caso di fisiologico svolgimento del rapporto.

Soltanto in detta ipotesi soccorrono gli strumenti di riequilibrio del contratto, vale a dire, più che l’art. 1526 c.c., la riduzione della penale ad equità, ex art. 1384 c.c.

(Cass. n. 25863/2017: “L’articolo 1384 del cc applicabile anche alla locazione finanziaria, nel prevedere il potere del giudice di ridurre la penale determinata nell’ammontare dei canoni ancora da pagare, per la ipotesi di inadempimento dell’utilizzatore, non impone una rigida correlazione all’entità del danno subito dal creditore (posto che non si tratta di risarcire un danno, ma di diminuirne l’entità convenzionalmente stabilita), ma impone di condurre la valutazione sul piano dell’equilibrio delle prestazioni con riferimento al margine di guadagno che il concedente si riprometteva di trarre dalla esecuzione del contratto”;

Cass. n. 20840/2018: “In tema di “leasing” traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all’intero importo del finanziamento, anche la proprietà e il possesso del bene è manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilità ex art. 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto”;

Cass. n. 888/2014: “In tema di “leasing” immobiliare, al fine di accertare se sia manifestamente eccessiva, agli effetti dell’art. 1384 cod. civ., la clausola penale che attribuisca al concedente, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, l’intero importo del finanziamento ed in più la proprietà del bene, occorre considerare se detta pattuizione attribuisca allo stesso concedente vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, tenuto conto che, anche alla stregua della Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale 28 maggio 1988, recepita con L. 14 luglio 1993, n. 259, il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto”).

Nella fattispecie concreta è mancata qualunque indicazione in tal senso da parte degli opponenti, i quali si sono limitati ad avanzare delle istanze istruttorie del tutto generiche ed esplorative (il riferimento è alla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio contabile), ma non si sono nemmeno posti il problema della verifica circa l’indebita locupletazione da parte del concedente.

Infatti, il “nocciolo” della controversia consiste nello stabilire se, per effetto della risoluzione (e, in particolare, della penale), la (…) ottenga dalla (…) e/o dai fideiussori più di Euro 406.548,96 oltre ad iva: somma – questa – cui si perviene sottraendo dall’importo globale del leasing (Euro 506.548,96 oltre ad iva) il ricavato della vendita del bene (Euro 100.000,00).

Non essendo stato neppure prospettato che ciò sia avvenuto, diviene del tutto inutile disporre un accertamento tecnico di natura contabile.

Con il quarto motivo di opposizione la (…) e i (…) lamentano l’indeterminatezza del tasso di interesse.

Con il sesto motivo di opposizione la (…) e i (…) lamentano l’indeterminatezza dell’oggetto.

Con il settimo motivo di opposizione la (…) e i (…) eccepiscono la nullità del leasing per omessa indicazione dell’ISC/TAEG.

I tre motivi, da esaminarsi congiuntamente (in quanto afferenti, tutti, il tema dei tassi), sono infondati.

Invero il contratto indica chiaramente il tasso del leasing (6,375 %), che è ampiamente al di sotto della soglia per l’usura (11,22 %), di cui si deduce una generica violazione, senza alcuna specificazione.

Nessuna disposizione impone, per il leasing, di indicare il TAEG e/o l’ISC, la cui eventuale omissione, peraltro, non implica alcuna nullità ex art. 117 tub, trattandosi di semplici dati di sintesi ovvero di semplici indicatori del costo del finanziamento.

Di qui il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

La domanda riconvenzionale dell’opponente (…) è infondata.

Invero, quanto ai canoni scaduti e relativi interessi ed altri corrispettivi, il contratto (art. 16) prevede la clausola c.d. di confisca, la lui legittimità è fuor di dubbio (Cass. n. 15202/2018: ”

In materia di leasing traslativo, nell’ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento dell’utilizzatore, le parti possono convenire, con patto avente natura di clausola penale, l’irrepetibilità dei canoni già versati da quest’ultimo prevedendo la detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell’importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito, essendo tale clausola coerente con la previsione contenuta nell’art. 1526, secondo comma, c.c.”;

e Cass. n. 19272/2014: “In materia di leasing traslativo, le parti possono convenire, ai sensi dell’art. 1526 cod. civ., applicabile in via analogica, l’irripetibilità dei canoni versati al concedente in esito alla risoluzione del contratto, la cui natura di clausola penale ne preclude, nel giudizio successivamente instaurato, la rilevabilità d’ufficio e la deducibilità dopo il decorso dei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ., trattandosi di eccezione in senso stretto “.).

Quanto alle ulteriori doglianze, relative alle pretese “conseguenze” delle asserite nullità, volta che queste ultime sono state escluse, non vi è spazio per alcuna restituzione o rideterminazione degli interessi.

Di qui il rigetto della domanda.

Le spese di lite seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi Euro 13.430,00, oltre a spese generali nella misura del 15 %, ad iva e cpa e alle successive occorrende.

P.Q.M.

Il Tribunale, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando:

– respinge l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto;

– respinge, altresì, la domanda riconvenzionale dell’opponente (…);

– condanna gli opponenti, in solido tra di loro, a rifondere all’opposta le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 13.430,00, oltre a spese generali nella misura del 15%, ad iva e cpa e alle successive occorrende.

Così deciso in Bergamo l’8 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.