Nel leasing traslativo, per il caso di risoluzione per inadempimento, deve trovare applicazione in via analogica la norma di cui all’art. 1526 c.c., dettata per la vendita con riserva di proprietà, con conseguente obbligo del venditore/concedente di restituire le rate riscosse, salvo il diritto di quest’ultimo ad ottenere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre il risarcimento del danno.

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Tribunale|Bolzano|Sezione 1|Civile|Sentenza|13 marzo 2020| n. 287

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLZANO

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Silvia Rosa’, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1986/2017 promossa da:

HY. S.p.A. (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante p.t. dott. Mi.Me., rappresentata e difesa dall’avv. GA.AL. e dall’avv. VA.ST.,

ATTRICE

contro

DU. S.r.l. (C.F. (…)), in persona dei due amministratori p.t. Gi.To. e Lu.Pe.,

GI.PA. (C.F. (…)),

LU.PE. (C.F. (…)),

tutti rappresentati e difesi dall’avv. SA.MA.;

CONVENUTI

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 8.5.2017, l’attrice HY. S.p.A. (di seguito anche solo “HY.”) ricorreva in giudizio per sentire dichiarare, nei confronti dei convenuti, DU. S.r.l. (di seguito anche solo “DU.”), GI.PA. e LU.PE., l’intervenuta risoluzione del contratto di leasing astretto in data 4.6.2009 fra HY., quale concedente, e DU., quale utilizzatrice, per morosità dell’utilizzatrice nel pagamento dei canoni, nonché per sentire pronunciare la condanna di quest’ultima alla restituzione dei beni immobili concessi in leasing e al pagamento dei canoni scaduti fino allo scioglimento del contratto, oltre al risarcimento del danno per la ritardata consegna dei beni immobili.

1.2. Si costituivano in giudizio i convenuti con comparsa di costituzione e risposta dd. 28.7.2017, eccependo in via preliminare di rito l’incompetenza del Tribunale adito a favore del collegio arbitrale, e contestando nel merito le pretese attoree, in quanto gli immobili concessi in godimento da HY. sarebbero stati affetti da vizi occulti emersi e denunciati nel settembre 2011, che avrebbero considerevolmente ridotto il valore del bene e la sua possibilità di godimento ed avrebbero costretto l’utilizzatrice a sostenere ingenti spese (Euro 170.000,00) per la regolarizzazione degli stessi. Il pagamento dei canoni sarebbe dunque stato sospeso da DU. per il rifiuto di HY. di riconoscere tali spese. Inoltre i tassi di interessi applicati al contratto sarebbero superiori ai tassi soglia usurari indicati nei decreti del M.E.F.

Era dunque a chiedere il rigetto di tutte le domande svolte da HY., e in ogni caso di portare in compensazione il credito di DU. con quanto spettante a HY. a titolo di equo compenso ex art. 1526 co. 2 c.c., in ogni caso con riduzione della penale prevista all’art. 22 del contratto di leasing relativa alla corresponsione a favore della concedente di tutti i canoni non ancora scaduti fino alla conclusione del contratto, del prezzo di riscatto e degli interessi di mora, in quanto eccessivamente onerosa.

1.3. Convertito il rito sommario di cognizione in rito ordinario, veniva concessi alle parti i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c. e successivamente veniva disposta l’assunzione di una consulenza tecnica d’ufficio.

All’udienza del 19.12.2019 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni sopra riportate; le parti scambiavano entro i termini assegnati le comparse conclusionali e le memorie di replica.

2.1. Deve in primo luogo respingersi l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria sollevata dai convenuti.

All’art. 22.1 del contratto di locazione finanziaria immobiliare le parti hanno convenuto di demandare ad un Collegio arbitrale presso la Camera di Commercio di Bolzano “tutte le controversie relative all’applicazione, interpretazione o risoluzione del contratto di locazione finanziaria”.

Il successivo art. 22.2 dispone però che “ad integrazione e parziale modifica di quanto sopra pattuito, per ogni controversia relativa alla interpretazione, applicazione e/o esecuzione del presente contratto, l’utilizzatore riconosce espressamente al concedente la facoltà di adire a suo insindacabile ed esclusivo giudizio l’Autorità Giudiziaria del Foro di Bolzano, che sarà esclusivamente competente con l’esclusione di ogni deroga per ragioni di connessione o continenza di causa. Tuttavia il concedente potrà adire, altresì, qualsiasi altro foro competente per legge”.

Dalla formulazione dei due commi si evincono due scelte differenti adottate dalle parti con riguardo alle Autorità cui affidare la risoluzione delle controversie. Alla seconda opzione è espressamente conferita prevalenza, intervenendo la stessa ad integrazione e parziale modifica della prima.

Occorre rilevare anche il diverso ambito oggettivo delle due clausole ed in particolare la maggiore estensione del punto 22.2, che oltre a riferirsi ad ogni questione relativa aN’interpretazione ed applicazione del contratto, ricomprende le controversie in materia di esecuzione del medesimo.

Nel caso in esame HY. agisce per la risoluzione del negozio, la riconsegna dell’immobile e la condanna dei resistenti al pagamento delle somme pattuite nel contratto.

Ne deriva che l’oggetto della controversia non è ristretto alla mera risoluzione del contratto, bensì a tutte le conseguenze pattuite dalle parti per tale evenienza, da ritenersi ricompresa nella nozione generale di sua “esecuzione”.

Pertanto l’art. 22.2., modificando quanto pattuito al punto precedente, dispone che la concedente può, a sua scelta, adire l’autorità giudiziaria ordinaria, individuata nel Tribunale di Bolzano.

Deve inoltre respingersi anche l’eccezione di nullità della clausola di cui all’art. 22.2 nella parte in cui rimette alla sola concedente la facoltà di adire a suo giudizio il Tribunale di Bolzano o il Collegio arbitrale, essendo stata stipulata fra professionisti in conformità al disposto di cui all’art. 1341 c.c.

L’eccezione di difetto di giurisdizione è pertanto infondata.

2.2. Nel merito le domande di parte attrice sono fondate per le seguenti ragioni.

In termini generali in tema di risoluzione per inadempimento è onere di chi agisce perché sia dichiarata la risoluzione del vincolo contrattuale di dare prova della sussistenza del rapporto contrattuale nonché di allegare l’inadempimento della controparte, incombendo eventualmente in capo a quest’ultima la prova dell’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto medesimo;

Nel caso di specie, non è contestato fra le parti ed è documentalmente provata l’avvenuta stipulazione in data 4.6.2009 del contratto di leasing n. D00660 tra la concedente HY. e la resistente DU. (doc. 3 attrice); inoltre l’attrice ha allegato l’inadempimento del suddetto contratto, segnatamente del mancato pagamento dei canoni a scadere a partire dal 1.9.2011, e l’avvenuta risoluzione per effetto della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 22 del regolamento contrattuale (doc. 11 attrice).

L’attrice ha così compiutamente assolto al proprio onere probatorio in materia di risoluzione per inadempimento contrattuale.

La convenuta costituendosi non ha contestato l’inadempimento dell’obbligazione di pagamento dei canoni scaduti come dedotto dalla ricorrente, ma ha eccepito che tale inadempimento sarebbe stato determinato dal fatto che l’immobile locato avrebbe presentato a partire dal settembre 2011 gravissimi vizi (sottodimensionamento del vano scale con conseguente impossibilità di ottenimento del certificato di agibilità), che lo avrebbero reso inidoneo all’uso, e la cui eliminazione sarebbe costata alla convenuta la somma di Euro 170.000,00.

La convenuta ha dunque sollevato un’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., sostenendo che la sospensione del pagamento dei canoni di leasing a partire da settembre 2011 sarebbe stata giustificata dall’emersione, in tale data, di gravissimi vizi dell’immobile.

Ebbene l’eccezione sollevata dalla convenuta è inammissibile in quanto coperta dal giudicato sul deducibile sceso nel procedimento sub r.g. 2416/2012, instaurato dall’attrice dinanzi al Tribunale di Bolzano per l’ottenimento di decreto ingiuntivo (doc. 7 attrice).

In tale procedimento l’attrice aveva allegato il perdurante inadempimento della convenuta all’obbligazione di corresponsione dei canoni a partire da settembre 2011 e fino al momento di deposito del ricorso (maggio 2012). Ottenuto il decreto ingiuntivo per tali canoni scaduti, lo stesso è divenuto definitivamente esecutivo per mancata opposizione dell’ingiunta odierna convenuta.

Dunque già in tale giudizio la convenuta avrebbe dovuto opporre l’inadempimento dell’attrice all’asserito obbligo di consegna di un bene privo di vizi, atteso che i vizi dedotti nella presente causa erano già noti alla convenuta all’epoca del giudizio sub r.g. 2416/2012.

Poiché, nel precedente procedimento, la convenuta avrebbe dovuto allegare la sussistenza dei vizi per giustificare ex art. 1460 c.c. il proprio inadempimento all’obbligo di pagamento dei canoni, le è precluso nel presente giudizio porre le stesse ragioni a giustificazione del medesimo perdurante inadempimento all’obbligo di pagamento dei canoni, circostanza che ha portato l’attrice ad avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dal contratto.

E’ sceso difatti il giudicato sulle questioni che hanno costituito il presupposto logico – giuridico dell’ingiunzione di pagamento, e dunque sulla mancanza di una causa atta a giustificare l’inadempimento della convenuta ai sensi e per gli effetti dell’art. 1460 c.c. (v. sul punto Cass. civ. 22465/2018:

“Il principio secondo cui l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest’ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio. (Nella specie la S.C. ha ritenuto preclusa dal giudicato, formatosi a seguito dell’estinzione della causa di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un banca in relazione al saldo passivo di un conto corrente, la successiva domanda, proposta dal correntista, tesa ad ottenere la ripetizione delle somme indebitamente trattenute dall’istituto di credito in forza di clausole negoziali invalide)”.

Quanto ai vizi che, a dire della convenuta DU., si sarebbero verificati a far data dal 12.1.2015 (mancato funzionamento o malfunzionamento dell’ascensore condominiale), si osservi che il contratto di leasing prevede all’art. 15 che siano “a completo carico dell’utilizzatore ogni rischio e conseguenza relativi a (…) vizi, palesi ed occulti, anche se sopravvenuti; mancanza di qualità promesse”, di talché, in base a disposizione contrattuale, la concedente non può comunque essere chiamata a rispondere per eventuali vizi occulti.

Per gli stessi motivi sopra richiamati è inoltre precluso a DU. eccepire la presunta applicazione di interessi usurari al contratto de quo, se non dopo il consolidarsi del titolo esecutivo costituito dal decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo (dunque a partire dal febbraio 2013, v. formula esecutiva apposta ex art. 647 c.p.c. in calce al decreto ingiuntivo). Tuttavia, anche per tale intervallo temporale, DU. non ha allegato quale sarebbe stata la misura degli interessi applicati al contratto di leasing, limitandosi ad allegare che questi sarebbero stati superiori a quelli contrattuali pari al 3,586%. L’allegazione di applicazione di interessi usurari risulta dunque del tutto generica ed inidonea a paralizzare le pretese dell’attrice.

La clausola risolutiva espressa è stata dunque legittimamente esercitata dall’attrice, e deve accertarsi l’avvenuta risoluzione del contratto di leasing a far data dal 22.4.2014 (data della ricezione della raccomandata r.r. sub doc. 11 attrice), con conseguente obbligo in capo all’utilizzatrice di restituzione dell’immobile de quo di proprietà della concedente, che detiene ora senza titolo.

2.3. HY. ha successivamente richiesto, ai sensi della clausola 20.2 del contratto di leasing, il pagamento dei canoni già scaduti e non ancora soddisfatti al momento della risoluzione del contratto, detratto il pagamento parziale effettuato dall’utilizzatrice in data 1.9.2011 e detratti i canoni già oggetto del decreto ingiuntivo n. 1155/2012 del Tribunale di Bolzano ottenuto da HY. e divenuto definitivamente esecutivo in data 8.2.2013 per mancata opposizione, per cui è già in possesso di un titolo esecutivo, per un ammontare complessivo di Euro 91.153,46, oltre interessi di mora come da contratto.

A tal proposito, va rilevato che quello intercorso tra le parti deve essere qualificato come leasing traslativo, sicché, per il caso di risoluzione per inadempimento, deve trovare applicazione in via analogica la norma di cui all’art. 1526 c.c., dettata per la vendita con riserva di proprietà, con conseguente obbligo del venditore/concedente di restituire le rate riscosse, salvo il diritto di quest’ultimo ad ottenere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre il risarcimento del danno (v. Cass. civ. 3965/2019 e 25031/2019).

Sul punto si ritiene non rilevante nel caso di specie la disciplina di cui alla legge 124 del 2017 (art. 1, commi 136-140), come ritenuto invece da un recente indirizzo espresso in ambito fallimentare (v. Cass. n. 8980/2019; Cass. n. 12552/2019).

Le due pronunce della Cassazione sono allo stato isolate, a fronte dell’indirizzo contrario che ha trovato ancora conferma (v. Cass. n. 23336/2019), ed appaiono almeno in parte inconferenti, in quanto riferite ad un’ipotesi di fallimento, in particolare all’applicabilità dell’art. 72 quater L. F.

Il Tribunale intende dunque aderire al consolidato orientamento di legittimità, peraltro ribadito da ultimo dalla Suprema Corte con la recente ordinanza n. 3965 d.d. 12.2.2019 e la sentenza n. 25031 d.d. 08.10.2019, che affermano l’applicabilità dell’art. 1526 c.c. al leasing traslativo.

Tanto premesso, la domanda di condanna dei convenuti al pagamento in favore dell’attrice dei canoni arretrati sino al momento della risoluzione del contratto e non corrisposti è evidentemente formulata a titolo di equo compenso, inteso come remunerazione del solo godimento del bene, con esclusione della quota destinata al trasferimento finale di esso (Cass. civile, Sez. 3, Sentenza n. 19272 del 12/09/2014, Rv. 632261).

La previsione contrattuale che consente alla concedente di ottenere da parte dell’utilizzatrice il pagamento dei canoni scaduti ma non corrisposti – analogamente alla clausola che permette alla stessa concedente di trattenere i canoni già versati -è da qualificarsi come clausola penale, in quanto volta alla predeterminazione del danno risarcibile nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore (Cass. civile, Sez. 3, Sentenza n. 19272 del 12/09/2014, Rv. 632261).

Analoga natura hanno evidentemente le previsioni contrattuali che consentono alla concedente di ottenere il pagamento dei canoni a scadere e più in generale di tutte le somme che l’utilizzatrice avrebbe dovuto corrispondere nel caso in cui il rapporto di leasing non si fosse risolto.

Ebbene, al fine di esercitare – anche in via officiosa – il potere giudiziale di cui all’art. 1384 c.c. e di verificare dunque se gli importi richiesti a titolo di penale dalla ricorrente risultino manifestamente eccessivi, è necessario accertare se le suddette clausole attribuiscano complessivamente alla concedente, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, vantaggi maggiori di quelli conseguibili neN’ipotesi di regolare esecuzione del contratto di leasing.

In altri termini il quantum del risarcimento del danno spettante al concedente non può essere tale da superare il risultato economico che quest’ultimo avrebbe ottenuto se l’utilizzatore avesse esattamente adempiuto ai propri obblighi contrattuali (Cass. civile, Sez. 3, n. 888 del 17/01/2014, Rv. 629425).

Nel caso di specie emerge che la ricorrente ha acquistato l’immobile oggetto di leasing al prezzo di Euro 600.000,00, oltre iva e oltre imposte catastale e ipotecaria. Il corrispettivo complessivo del contratto di leasing ammonta ad Euro 743.180,00 oltre IVA per canoni di leasing e Euro 91.800,00 oltre iva quale prezzo del riscatto (doc. 1 di parte attrice).

Risulta dunque che, al momento della stipula, dalla regolare esecuzione del contratto la società concedente avrebbe potuto attendersi un vantaggio economico pari ad Euro 234.980.00. Tale importo è calcolato detraendo dal valore complessivo del leasing il costo dell’immobile acquistato, tenuto conto che, in caso di corretto adempimento, quest’ultimo sarebbe divenuto di proprietà dell’utilizzatrice (Euro 834.980,00 – Euro 600.000. 00 = Euro 234.980,00).

La società attrice ha allegato che l’utilizzatrice sarebbe in mora con il pagamento dei canoni a partire dal 1.9.2011 (cfr. anche ricorso per decreto ingiuntivo sub doc.to attrice). Da ciò deriva che l’utilizzatrice ha versato almeno il canone alla stipula del leasing di Euro 61.200,00 oltre iva e n. 26 canoni mensili di Euro 3.172,00 oltre iva, il cui versamento decorre secondo gli artt. 3.1. e 10 del contratto di leasing dal mese successivo all’atto compravendita fra venditore e HY. (avvenuta il 4.6.2009, dunque dal 1.7.2009, fino al 1.8.2009), per un totale di Euro 143.672,00, oltre iva.

Inoltre la società attrice ha già ottenuto il decreto ingiuntivo n. 1155/2012, definitivamente esecutivo, per i canoni scaduti e impagati dal 1.9.2011 al 2.5.2012, per complessivi Euro 29.275,04 iva inclusa.

Il valore attuale del bene oggetto di leasing è stato stimato dal C.T.U. arch. Liberi, incaricato in corso di giudizio, in Euro 320.000,00.

Ora, alla luce delle considerazioni svolte, l’importo complessivamente richiesto dall’attrice a titolo di canoni scaduti e non pagati fino al momento della risoluzione contrattuale (Euro 91.153,46), oltre all’importo oggetto di decreto ingiuntivo (Euro 29.275,04), al valore attuale di mercato del bene (Euro 320.000,00), e ai canoni già pagati (Euro 143.672,00 oltre iva), non supera il guadagno complessivo che avrebbe potuto attendersi l’attrice dalla regolare esecuzione del contratto, andando appena ad eguagliare il costo di acquisto dell’immobile, pari ad Euro 600.000 oltre a oneri fiscali.

La domanda di condanna della convenuta al pagamento dell’importo di Euro 91.163,46 a titolo di canoni scaduti ed impagati, oltre interessi di mora come da contratto, va pertanto interamente accolta.

2.4. L’attrice ha inoltre richiesto, a titolo di risarcimento del danno da ritardata riconsegna dell’immobile, alla stregua dell’art. 1591 c.c., una somma pari ai canoni di locazione che l’attrice avrebbe potuto incassare locando l’immobile, una volta tornatane in possesso.

L’art. 1526 c.c., applicabile in via analogica al leasing traslativo di bene immobile, prevede che spetti al venditore, per il caso di inadempimento del compratore, anche il risarcimento del danno.

Nella specie l’attrice ha allegato che la mancata restituzione degli immobili ha reso impossibile la messa in vendita o la riallocazione degli stessi, procurandole un danno quantificato nella perdita dei canoni di locazione che la ricorrente avrebbe potuto incassare mettendo a frutto il bene immobile.

Ebbene, era obbligo dell’utilizzatrice, una volta risolto il contratto, restituire il bene alla concedente (art. 21 contratto), ed il danno subìto dalla mancata riconsegna del bene ben può corrispondere al canone di locazione dell’immobile, dovendosi presumere che la concedente, proprio in ragione della sua attività professionale e delle ragioni dell’acquisto, avrebbe riallocato il bene (v. Cass. civ. 11203/2019).

Sulla base dei canoni di locazione stimati dal c.t.u., il danno da ritardo si calcola come segue:

dal 1.5.2014 al 31.12.2014 Euro 20.272,00 (Euro 2.534/mese)

anno 2015 Euro 30.000,00 (Euro 2.500/mese)

anno 2016 Euro 29.606,00 (Euro 2.467/mese)

anno 2017 Euro 29.216,00 (Euro 2.435/mese)

anno 2018 Euro 28.831,00 (Euro 2.403/mese)

anno 2019 Euro 28.700,00, (Euro 2.391,66/mese),

cui devono aggiungersi i mesi gennaio – marzo 2020, allo stesso ammontare dell’anno 2019 (in tutto Euro 7.175,00), per complessivi Euro 173.800,00.

Tale somma è inferiore alla penale contrattuale prevista all’art. 21 per il caso di ritardata consegna deN’immobile da parte dell’utilizzatore, pari a 2/30 del canone mensile di locazione finanziaria per ogni giorno di ritardo nella restituzione.

Il danno da ritardo subito dalla concedente fino ad oggi ammonta dunque ad Euro 173.800,00, somma da intendersi comprensiva di rivalutazione e interessi (Cass. civ. 9515/2007).

Decorrono su tale somma gli interessi al tasso legale dalla pronuncia all’effettivo saldo.

2.5. Deve altresì essere accolta la domanda di condanna dell’utilizzatrice al pagamento di una somma di denaro fino all’effettiva restituzione del bene, da qualificarsi quale domanda ex art. 614 bis c.p.c.

Ricorrono i presupposti per tale condanna atteso che viene emessa una condanna ad un tacere infungibile (consegna del bene immobile detenuto da DU.).

A mente del comma 2 dell’art. 614bis c.p.c., la somma viene ritenuta congrua nella misura pari ad un canone di locazione mensile per ogni mese di ritardo nella consegna del bene, dunque in Euro 2.391,66 mensili.

2.6. I fideiussori Pa.To. e Pe.Lu. sono tenuti a rispondere in solido con la debitrice principale DU., in forza delle fideiussioni prestate (doc.ti 4 e 5 attrice) e fino alla concorrenza massima dell’importo garantito, pari a Euro 743.180,00 ciascuno.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c., e sono dunque a carico dei convenuti.

Queste vengono liquidate nella misura media prevista dal D.M. n. 55/2014 (tab. n. 2 – scaglione di valore: da Euro 260.001,00 a Euro 520.000,00) per le fasi di studio, introduttiva istruttoria e decisoria, ridotti del 30% stante la non particolare complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate, e dunque in complessivi Euro 14.970,00 per compensi, oltre Euro 649,44 per anticipazioni (come da nota spese depositata dalla difesa dell’attrice), oltre 15% per spese forfettarie, oltre IVA e CPA come per legge.

Le spese di c.t.u. sono ad intero carico dei convenuti.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

1. Accerta e dichiara l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione finanziaria di data 4.6.2009;

2. Condanna DU. S.r.l. al rilascio immediato in favore di HY. S.P.A., degli immobili di cui è causa, liberi da persone e cose, così meglio identificati:

unità immobiliare censita al Catasto dei Fabbricati del Comune di Lecco alla sez. urbana ACQ, fg. (…), cat. C/3, cl. 3, cons. 152 mq, r.c. Euro 690,81 e unità immobiliare censita al Catasto dei Fabbricati del Comune di Lecco alla sez. urbana ACQ, fg. (…), cat. A/10, cl. 3, 7,5 vani, r.c. Euro 2.207,85,

3. Condanna DU. S.R.L., in solido con PA.TO. e PE.LU., questi ultimi fino alla concorrenza dell’importo massimo garantito pari a Euro 743.180,00, a pagare a favore di HY. SPA, l’importo di Euro 91.153,46, oltre agli interessi di mora come da contratto dalle singole scadenze al saldo;

4. Condanna DU. IMMOBILIARE S.R.L., in solido con PA.TO. e PE.LU., questi ultimi fino alla concorrenza dell’importo massimo garantito pari a Euro 743.180,00, a pagare a favore di HY. SPA, l’importo di Euro 173.800,00, oltre interessi al tasso legale da oggi al saldo;

5. Condanna DU. IMMOBILIARE S.R.L., in solido con PA.TO. e PE.LU., questi ultimi fino alla concorrenza dell’importo massimo garantito pari a Euro 743.180,00, a pagare a HY. S.p.A. l’importo di Euro 2.391,66 per ogni mese di ritardo nell’esecuzione della condanna di cui al punto 2. del presente dispositivo;

6. Condanna DU. R E. IMMOBILIARE S.R.L., in solido con PA.TO. e PE.LU., questi ultimi fino alla concorrenza dell’importo massimo garantito pari a Euro 743.180,00, a pagare a HY. S.p.A. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 14.970,00 per compensi e Euro 649,44 per anticipazioni, oltre al 15% per spese generali, iva e cpa come per legge e successive occorrende;

7. Pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio, come liquidate in corso di giudizio, a definitivo carico dei convenuti DU. S.R.L., PA.TO. e PE.LU., in solido fra loro, con obbligo di restituire a HY. S.p.A. quanto già pagato.

Così deciso in Bolzano l’11 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.