in tema di servitu’ di passaggio, rientra nel diritto del proprietario del fondo servente l’esercizio della facolta’ di apportare modifiche al proprio fondo e di apporvi un cancello per impedire l’accesso ai non aventi diritto, pur se dall’esercizio di tale diritto possano derivare disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalita’ di transito, con la conseguenza che, ove non sia dimostrato in concreto dal proprietario del fondo dominante al quale venga consegnata la chiave di apertura del cancello l’aggravamento o l’ostacolo all’esercizio della servitu’, questi non puo’ pretendere l’apposizione del meccanismo di apertura automatico con telecomando a distanza o di altro similare rimedio, peraltro in contrasto col principio “servitus in faciendo consistere nequit”.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14497

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(articolo 380-bis c.p.c., comma 1)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25945/’14) proposto da:

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso da se stesso e, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– controricorrente –

nonche’

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), entrambi rappresentati e difesi, in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) e domiciliati “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di cassazione, in Roma, Piazza Cavour;

– altri controricorrenti –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3819/2013, depositata il 4 novembre 2013 (non notificata).

RILEVATO IN FATTO

Con sentenza n. 137/2007, il Tribunale di Napoli – sez. dist. di Pozzuoli accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) quali proprietari del fondo (sito in (OMISSIS)) sul quale l’attore esercitava un diritto di servitu’ di passaggio per accedere alla propria abitazione e sul cui viale i convenuti avevano installato un cancello, condannando questi ultimi all’immediata rimozione di detto cancello per violazione dell’articolo 1067 c.c., comma 2 e articolo 1064 c.c., comma 2, poiche’ l’apposizione di tale opera aveva reso piu’ scomodo l’esercizio dell’anzidetto diritto di servitu’.

Interposto appello da parte dei menzionati convenuti, nella resistenza del (OMISSIS) e nella contumacia dell’interventrice in primo grado (OMISSIS) (dante causa dell’attore), la Corte di appello di Napoli accoglieva il primo motivo (assorbente) del gravame e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava la domanda dell’appellato (gia’ attore in primo grado) (OMISSIS) sull’accertato presupposto che quest’ultimo non aveva comprovato che l’installazione del cancello – di cui aveva chiesto la rimozione – era stata successiva alla costituzione del diritto di servitu’, di cui aveva inteso tutelare il libero esercizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il (OMISSIS), articolato in sei motivi, al quale hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS); si e’ costituita in questa fase anche l’altra intimata (OMISSIS), con controricorso adesivo alle ragioni del ricorrente.

Le difese del ricorrente e dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno anche depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1.

2. Con la prima doglianza il ricorrente ha dedotto – con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, – la violazione o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e articolo 2697 c.c., nonche’ la nullita’ della sentenza o del procedimento e la violazione del principio di non contestazione, poiche’ – dallo svolgimento del giudizio – si sarebbe dovuto desumere che i convenuti non avevano posto in discussione il fatto costitutivo della domanda attorea, ovvero che, successivamente alla costituzione del diritto di servitu’, essi avevano modificato lo stato dei luoghi, impedendo o, comunque, rendendo meno agevole allo stesso ricorrente l’esercizio della servitu’ di passaggio apponendo un cancello a monte dello stesso.

3. Con la seconda censura il (OMISSIS) ha prospettato – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’articolo 2697 c.c., deducendo che la circostanza per effetto della quale era stato allegato che sul fondo servente vi fosse un cancello chiuso fin dal 1963, epoca antecedente alla formazione del titolo costitutivo del diritto della servitu’ in favore della dante causa del medesimo ricorrente (1969), rappresentava l’oggetto di un’eccezione di merito sollevata dai convenuti in primo grado, ragion per cui il relativo onere probatorio incombeva su di loro.

4. Con il terzo motivo il ricorrente ha denunciato – in virtu’ dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – il vizio di omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, relativamente alla circostanza dell’apposizione del cancello successivamente alla costituzione del diritto di servitu’, da cui era derivato l’aggravamento dell’esercizio dello stesso.

5. Con la quarta doglianza il ricorrente ha dedotto – in ordine all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c., per aver la Corte territoriale trascurato di valutare le prove emerse dall’istruttoria in modo organico e complessivo.

6. Con il quinto motivo il ricorrente ha inteso denunciare – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1079, 1067, 1064, 2729 e 2697 c.c., dal momento che, secondo il (OMISSIS), la Corte partenopea avrebbe dovuto, in ogni caso, una volta accertata la chiusura del cancello nelle ore diurne, nonche’ riscontrati i disagi dedotti, accogliere la domanda attorea (e, quindi, confermare la sentenza di prime cure) quantomeno relativamente al prospettato aggravamento relativo a tale modalita’ di utilizzazione del cancello.

7. Con il sesto ed ultimo motivo il ricorrente ha dedotto un’ulteriore violazione riconducibile all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il giudice di appello adottato una motivazione apparente e/o obiettivamente incomprensibile e, comunque, per non aver considerato fatti decisivi per il giudizio.

8. Rileva il collegio che tutte le sei censure sono esaminabili congiuntamente siccome strettamente connesse. Esse, infatti, pur ponendo riferimento a diversi tipi di violazione, sono tutte incentrate sulla prova della circostanza dell’anteriorita’ o meno dell’apposizione del cancello rispetto al momento della costituzione del diritto di servitu’ di passaggio e dell’assunta realizzazione dell’aggravamento del suo esercizio denunciato dal ricorrente con la domanda introduttiva in primo grado.

I motivi, complessivamente valutati, sono infondati e devono, percio’, essere rigettati per le ragioni che seguono.

Nell’esercizio del suo prudente apprezzamento di cui all’articolo 116 c.p.c., motivato in modo logico (e senza che la Corte territoriale abbia omesso l’esame di fatti decisivi per la controversia che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, non essendosi, peraltro, formata alcuna univoca “non contestazione” in ordine alle circostanze fattuali prospettate dal ricorrente con il primo motivo) e, quindi, incensurabile nella presente sede di legittimita’, la Corte territoriale ha accolto l’appello degli odierni controricorrenti (OMISSIS) sul presupposto del ritenuto mancato assolvimento – da parte del (OMISSIS) dell’onere probatorio su di lui incombente circa la dimostrazione che la modalita’ di esercizio del diritto di servitu’ dallo stesso rivendicato fosse conforme al titolo (in quanto al momento della costituzione di esso con atto pubblico del 1969, in favore della sua dante causa (OMISSIS), il cancello non c’era) e che i convenuti originari l’avevano resa piu’ gravosa ed incomoda attraverso l’apposizione del cancello installato a presidio della loro proprieta’ (cfr. Cass. n. 5953/1981 e Cass. n. 14015/2005).

Nella valutazione delle prove libere – essenzialmente testimoniali – la Corte partenopea ha, innanzitutto, evidenziato che, dal complessivo esperimento delle stesse, non era emerso alcun riscontro univoco sulla circostanza della presenza e/o funzionalita’ del cancello con riferimento all’epoca di costituzione negoziale del diritto di servitu’ di passaggio (nel cui relativo atto non si faceva menzione dell’apposizione di un cancello), anche se non poteva escludersi che gia’ vi fosse antecedentemente, come era stato affermato dalla dante causa del (OMISSIS), (OMISSIS) all’atto del suo intervento volontario in giudizio (in senso adesivo alle ragioni dell’attuale ricorrente), ancorche’ non poteva ritenersi attendibile la specificazione della circostanza dalla medesima riferita – in quanto non confortata da altre risultanze istruttorie (e, comunque, verosimilmente interessata) – che il cancello fosse sempre aperto e che passava liberamente senza avere neppure la chiave.

Ad ogni modo il giudice di appello ha anche adeguatamente motivato sul fatto che non poteva trarsi con certezza – dalle prove raccolte – il riscontro che il contestato cancello fosse stato installato negli anni 1996-1997, in coincidenza del tempo in cui i (OMISSIS) avevano richiesto al Comune di Pozzuoli un’autorizzazione in proposito, poiche’ si era trattato di un’istanza per apporre un cancello automatico scorrevole, che, poi, non fu installato (e, quindi, diverso da quello gia’ esistente). In ogni caso, la Corte territoriale ha attestato come, invece, fosse stata pacificamente acquisita la prova – perche’ la relativa circostanza non aveva costituito oggetto di contestazione – che il pregresso cancello era stato sostituito dai (OMISSIS), i quali avevano consegnato le relative chiavi sia alla (OMISSIS) (dante causa del ricorrente) che allo stesso (OMISSIS), una volta acquistato l’immobile della (OMISSIS) al quale si accedeva, per l’appunto, attraverso il viale insistente sulla loro proprieta’.

Sulla base di questo ulteriore indubbio accertamento fattuale la Corte napoletana ha – in punto di diritto – richiamato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la presenza di un cancello, accompagnata dal possesso delle chiavi in favore del titolare del fondo dominante, non impedisce l’esercizio della servitu’ di passaggio.

D’altronde, il conflitto tra il proprietario del fondo servente, cui e’ assicurata dall’articolo 841 c.c. la facolta’ di chiusura del fondo, e il titolare della servitu’ di passaggio e’ regolato dall’articolo 1064 c.c., comma 2, nel senso di garantire a quest’ultimo il comodo esercizio della servitu’, in base ad un bilanciamento che tenga conto del contenuto specifico del diritto reale di godimento, delle precedenti modalita’ del suo esercizio, dello stato e della configurazione dei luoghi (v. Cass. n. 21129/2012). Piu’ in generale e’ stato affermato il principio secondo cui, in tema di servitu’ di passaggio, rientra nel diritto del proprietario del fondo servente l’esercizio della facolta’ di apportare modifiche al proprio fondo e di apporvi un cancello per impedire l’accesso ai non aventi diritto, pur se dall’esercizio di tale diritto possano derivare disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalita’ di transito, con la conseguenza che, ove non sia dimostrato in concreto dal proprietario del fondo dominante al quale venga consegnata la chiave di apertura del cancello l’aggravamento o l’ostacolo all’esercizio della servitu’, questi non puo’ pretendere l’apposizione del meccanismo di apertura automatico con telecomando a distanza o di altro similare rimedio, peraltro in contrasto col principio “servitus in faciendo consistere nequit” (cfr. Cass. n. 6513/2003 e Cass. n. 14179/2011).

In definitiva, non essendo risultato comprovato dal (OMISSIS) – in base alla congrua motivazione fornita dalla Corte di appello di Napoli – che la modalita’ di apertura e chiusura del cancello prima del suo acquisto nel 2001 fosse diversa (nel senso di essere meno gravosa) rispetto a quella precedente e che il ricorrente era stato nell’impossibilita’ di usarne in conformita’ al titolo, in modo tale che la sostituzione del pregresso cancello aveva comportato un aggravamento o un apprezzabile ostacolo all’esercizio del diritto di servitu’, la sentenza impugnata in questa sede resiste alle critiche dedotte dal ricorrente e risulta rispondente ai richiamati principi giuridici in materia.

9. Alla stregua delle complessive argomentazioni esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna, in virtu’ del principio della soccombenza, del ricorrente principale e della controricorrente (OMISSIS) (che si e’ costituita in senso adesivo alle ragioni prospettate dal (OMISSIS)), in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS). Esse si liquidano come in dispositivo.

Va dato, infine, anche atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente principale e la controricorrente (OMISSIS) al pagamento, in solido fra loro, delle spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura del 15% sulle voci come per legge.

Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.