Il proprietario del fondo dominante ha il diritto, ai sensi dell’articolo 841 c.c., di chiudere il suo fondo, a condizione, pero’, che su questo non gravi una servitu’ che renda necessario il passaggio sul fondo stesso, in quanto in tale ipotesi la esistenza della servitu’ va rispettata integralmente, non potendo la diminuzione o restrizione dello esercizio del transito essere imposta a iniziativa unilaterale del titolare del fondo servente.
Ne’ puo’ rilevare la circostanza per cui, in tema di servitu’ di passaggio, rientra nel diritto del proprietario del fondo servente l’esercizio della facolta’ di apportare modifiche al proprio fondo e di apporvi un cancello per impedire l’accesso ai non aventi diritto, ove dall’esercizio di tale diritto possano derivare disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalita’ di transito.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 18 giugno 2018, n. 15990

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI STEFANO – Presidente

Dott. ORICCHIO ANTONIO – Consigliere

Dott. COSENTINO ANTONELLO – Consigliere

Dott. CARRATO ALDO – Consigliere

Dott. DONGIACOMO GIUSEPPE – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4704-2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) che, unitamente all’Avvocato (OMISSIS), la rappresenta e difende, anche disgiuntamente, per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che l’ha rappresentati e difesi, unitamente e disgiuntamente all’Avvocato (OMISSIS), per procura speciale a margine del controricorso, e poi, a seguito di atto di elezione di nuovo domicilio del 14/2/2017, in (OMISSIS), presso lo studio degli Avvocati (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1536/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata in data 29/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/11/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS), sulla premessa che:

– il loro dante causa, (OMISSIS), aveva venduto a (OMISSIS) un terreno in Piteglio ed a (OMISSIS) un altro terreno nella medesima localita’;

– in entrambe le vendite era stato pattuito come la parte acquirente dovesse lasciare libera da costruzioni e cose una striscia di terreno lungo il lato nord-est dello stesso terreno, larga mt. 4 e da destinarsi a strada, a servizio delle parti acquirenti e di quella venditrice;

– la (OMISSIS) e’ stata la dante causa di (OMISSIS) e di (OMISSIS);

– nel marzo del 1988 il (OMISSIS) ha costruito un muretto lungo il confine della proprieta’ (OMISSIS)- (OMISSIS) e di quella di (OMISSIS);

hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Pistoia, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per la rimozione del muretto.

I convenuti si sono costituiti sostenendo che la costruzione del muretto era stata resa necessaria per impedire smottamenti del terreno sovrastante, di proprieta’ dei (OMISSIS), sul sedime destinato a passo, in tal modo sostituendosi al (OMISSIS) nell’adempimento di un obbligo a suo carico.

Il tribunale di Pistoia, con sentenza n. 754 del 2008, sul rilievo che i convenuti avevano rispettato, come accertato a mezzo di consulenza tecnica di ufficio, l’obbligo contrattuale di permettere il passaggio per una larghezza di mt. 4, anche se cio’ avveniva al lato del muretto, ha rigettato la domanda.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello avverso la sentenza del tribunale, chiedendone la riforma.

Gli appellanti, in particolare, hanno dedotto che erroneamente non era stato ravvisato che l’edificazione del muretto aveva, in violazione dei patti contrattuali, limitato l’accesso alla loro proprieta’, posto che un accesso ad ogni punto del passo, fiancheggiato dal muretto in modo continuo, era ormai impossibile, essendo possibile l’accesso solo prima percorrendo l’intero passo sino alla proprieta’ (OMISSIS) e poi tornando indietro.

Gli appellati hanno contestato le censure svolte, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

La corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata in data 29/11/2012, ha accolto l’appello.

La corte, a sostegno della sua decisione, dopo aver premesso, in fatto, che la clausola contrattuale in questione, presente tanto nella vendita a (OMISSIS), quanto nella vendita a (OMISSIS), ha previsto che “la parte compratrice dovra’ lasciare libera da costruzioni e di cose una striscia del terreno acquistato, situato lungo il lato nord-est dello stesso, della larghezza andante di m. 4 e da destinarsi a strada di accesso. Su detta striscia di terreno avranno di diritto di passo e transito sia la compratrice per accedere al terreno acquistato come il venditore… e cio’ per dare modo anche al venditore… di accedere alla sua residua proprieta’”, e che – per cio’ che riguarda “la conformazione dei luoghi” – “il passo e’ lungo il confine, sia pure all’interno delle proprieta’ dei convenuti” ed “e’ attualmente delimitato verso la proprieta’ (OMISSIS) dal muretto in contestazione”, ha rilevato, per un verso, che la previsione contrattuale, impedendo “la presenza di cose tra il passo ed il fondo dominante ( (OMISSIS)) che lo fiancheggiava”, era “nel senso di garantire la possibilita’ di accesso al fondo dominante da ogni punto del passo”, non rilevando quanto detta possibilita’ fosse concreta e quanto fosse invece difficoltosa (“la mera possibilita’ di illimitato accesso… costituiva di per se’ un particolare vantaggio… a favore del fondo dominante stesso”) e, per altro verso, che “l’edificazione del muretto ha pregiudicato detta utilita’ (comodita’), in violazione del… articolo 1067, comma 2”, sicche’, in definitiva, “ai sensi della normativa sulle servitu’, il muretto non avrebbe potuto essere edificato dai convenuti”.

Ne’ – ha aggiunto la corte – rileva, in concreto, il fatto che, nella specie, “la proprieta’ degli appellanti e’ posta ad una quota piu’ elevata rispetto alle proprieta’ degli appellati”: il consulente tecnico d’ufficio ha, infatti, accertato che, visto il materiale con cui e’ stato realizzato il muro ed il profilo naturale del terreno in adiacenza, il muro realizzato dai convenuti “non abbia una vera e propria funzione di sostegno del terrapieno ma quella di delimitare e proteggere la strada dalla eventuale caduta di materiale terroso facilmente in caso di dilavamento superficiale”, non essendo stato accertato “un concreto pericolo di franamenti o smottanti verso il fondo inferiore”, con la conseguenza che il proprietario del fondo sovrastante non ha l’obbligo “di impedire lo scendere verso il basso di quel poco… di materiale terroso mosso dalla natura (non patologica) delle cose (per esempio dalla pioggia)”. Ne’ tale obbligo puo’ discendere, ha aggiunto la corte, dall’articolo 887 c.c., posto che tale norma si applica solo ai fondi posti negli abitati, ancorche’ extraurbani, e nella specie non risulta alcun agglomerato urbano; in ogni caso, i diritti nascenti dall’articolo 887 c.c. sono stati rinunciati con la clausola costitutiva della servitu’, specie nella parte in cui ha imposto l’assenza di cose.

In forza di tali rilievi, la corte, “nei ridotti termini (dichiarativi) in cui e’ stata riproposta in appello”, ha accolto la domanda degli attori ed ha, quindi, dichiarato l’illegittimita’ dell’edificazione del muretto da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato l’8.9/1/2014, hanno chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello.

Resistono, con controricorso, (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali hanno anche proposto, per un unico articolato motivo, ricorso incidentale, al quale (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno replicato con controricorso notificato il 20/3/2014.

(OMISSIS) e (OMISSIS), in data 10/11/2017, hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo, intitolato “violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 841 c.c. … in relazione all’articolo 1067 c.c., comma 2 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che gli stessi, in violazione dell’articolo 1067 c.c., comma 2, non hanno adempiuto all’obbligo assunto nei contratti di compravendita di “lasciare libera da costruzioni e di cose una striscia del terreno acquistato, situato lungo il lato nord-est dello stesso, della larghezza andante di m. 4 e da destinarsi a strada di accesso”, sul rilievo che tale previsione era nel senso “di garantire la possibilita’ di accesso al fondo dominante da ogni punto del passo”, senza, tuttavia, considerare che i ricorrenti, con l’edificazione del muretto di recinzione, hanno legittimamente esercitato una facolta’ ad essi riconosciuta dall’articolo 841 c.c., il quale dispone che “il proprietario puo’ chiudere in qualunque tempo il fondo”, anche se il fondo e’ gravato da una servitu’ di passaggio, con la conseguente necessita’ – onde contemperare l’esercizio dei due diritti (ovvero l’esercizio del diritto di servitu’ da parte dei proprietari del fondo dominante con il diritto dei proprietari del fondo servente di recingere il proprio fondo) – di tener conto di tutte le circostanze del caso (come l’altezza del muretto di recinzione, il punto in cui lo stesso ha inizio nonche’ il fatto che lo stesso, al confine tra i fondi delle parti, presenta un varco di mt. 2,40 e che la sommita’ del muretto coincide, al confine tra i due fondi, con il livello del fondo (OMISSIS) e che il fondo (OMISSIS) e’ in forte pendio), quali risultano acquisite attraverso la consulenza tecnica d’ufficio, alla luce delle quali la corte hanno affermato i ricorrenti – avrebbe dovuto pervenire alla conclusione che l’ipotetico disagio arrecato all’esercizio della servitu’ dalla costruzione del muretto non e’ affatto significativo, in rapporto al corrispondente diritto dei ricorrenti di recingere il proprio fondo.

La corte, poi, hanno aggiunto i ricorrenti, ha falsamente applicato l’articolo 1067 c.c., comma 2, non avendo tenuto conto del fatto – decisivo per il giudizio, in quanto idoneo a condurre ad una decisione diversa da quella adottata, ed acquisito al giudizio, in quanto emergente dall’attivita’ istruttoria espletata tramite la consulenza tecnica d’ufficio, e sostanzialmente incontestato – che la costruzione del muretto non ha inciso minimamente, impedendolo o anche solo limitandolo, sull’esercizio, da parte dei titolari, del diritto di servitu’ di passaggio ad essi attribuito, avendo a disposizione, in conformita’ alla clausola contrattuale costitutiva del diritto, una striscia di terreno della larghezza pari o addirittura superiore a quella contrattualmente prevista, completamente libera da persone o cose.

2. Con il secondo motivo, intitolato “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e ss c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la clausola contrattuale, avendo previsto che “la parte compratrice dovra’ lasciare libera da costruzioni e da cose una striscia del terreno acquistato… e cio’ per dare modo anche al venditore… di accedere alla sua residua proprieta’…”, dovesse essere interpretata nel senso che “la previsione contrattuale impediva la presenza di cose tra il passo e il fondo dominante ( (OMISSIS)) che lo fiancheggiava”, fornendo, in tal modo, un’interpretazione che non appare fedele al dato testuale ed e’, dunque, censurabile per violazione dei canoni ermeneutici previsti dal codice civile per l’interpretazione dei contratti (articoli 1362 ss. c.c.), come quello per il quale il senso letterale delle parole costituisce l’imprescindibile punto di partenza dell’indagine ermeneutica: nel caso in esame, infatti, hanno osservato i ricorrenti, “il testo della clausola e’ assai chiaro: dal senso letterale delle parole emerge chiaramente che l’obbligo contrattualmente assunto” dagli acquirenti “nei contratti di compravendita in esame era solo quello di lasciare libera una striscia di terreno della larghezza di 4 metri lungo il confine con la proprieta’ di (OMISSIS), dante causa dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS)”, e non anche quella, che la corte d’appello ha invece adottato, di impedire la presenza di cose tra il passo e il fondo dominante. E tale obbligo e’ stato dai ricorrenti contrattualmente adempiuto, avendo realizzato, al confine tra la loro proprieta’ e quella dei (OMISSIS), sulla striscia di terreno in esame, una strada interamente transitabile, che ha la larghezza variabile, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, da mt. 4 a mt. 4,20, peraltro costruendo una vera e propria strada asfaltata, che di fatto rende piu’ agevole il transito agli aventi diritto.

3. Con il terzo motivo, intitolato “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 832 e 841 c.c., articolo 1227 c.c., comma 2 e articolo 2043 cod. civ. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame di fatto oggetto di discussione fra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha negato che i (OMISSIS) fossero tenuti, ai sensi dell’articolo 887 c.c., ad eseguire opere di contenimento atte ad evitare la rovina del fondo sovrastante su quello sottostante, sul rilievo che tale disposizione non si applica ai fondi rustici, come quelli delle parti, che non sussiste nel caso di specie il pericolo di franamenti o smottamenti verso il fondo inferiore, che il muretto costruito dai ricorrenti non ha una vera e propria funzione di sostegno del terrapieno ma solo quella di delimitare e proteggere la strada dalla eventuale caduta di materiale, e che il proprietario del fondo sovrastante non ha l’obbligo di impedire la discesa verso il basso di materiale terroso mosso dalla natura non patologica delle cose, come la pioggia, in tal modo, pero’, omettendo di considerare sia il fatto che, come e’ stato accertato nel corso della causa con le testimonianze raccolte e la consulenza tecnica d’ufficio, prima della costruzione del muro si riversavano, dal fondo dei (OMISSIS) sulla strada oggetto della servitu’ di passaggio, terra e sassi che impedivano o limitavano la possibilita’ di transito, sia il fatto che il dilavamento del terreno aveva origine, piu’ che dalla pendenza naturale del terreno sovrastante, dal deposito di terra di riporto sul fondo dei (OMISSIS), i quali, modificando artificiosamente la morfologia e la consistenza del fondo, avevano determinato o aggravato colposamente lo smottamento del terreno, costringendo i ricorrenti, che ne hanno avuto il diritto, oltre che l’onere ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 2, a tutelare la sicurezza del proprio fondo, eliminando e riducendo, con il muretto di protezione, le conseguenze pregiudizievoli dell’altrui condotta colposa e dannosa.

4.Con l’unico articolato motivo di ricorso incidentale, intitolato “error in iudicando per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 342 e 346 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e/o connesso error in procedendo in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”, i controricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che gli stessi, quali appellanti, avessero rinunciato alla domanda di condanna, volta alla rimozione del muretto, accogliendo, quindi, solo la domanda per far dichiarare che il muretto non poteva essere realizzato, laddove, al contrario, nell’atto di appello, gli appellanti hanno ribadito la loro intenzione di chiedere la riforma della sentenza, che aveva rigettato in toto la domanda originaria, e, quindi, l’accoglimento della domanda proposta con l’atto di citazione di primo grado, senza alcuna rinuncia alla domanda volta alla pronuncia di condanna alla rimozione del muretto.

5. Il secondo motivo del ricorso principale, riguardando il contenuto del diritto di servitu’ di passaggio azionato in giudizio dagli attori, dev’essere, per ragioni di ordine logico, esaminato in via prioritaria, ed e’ infondato.

Rileva la Corte che, in linea di principio, l’interpretazione di un atto negoziale e’ tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimita’, salvo che, ratione temporis, nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del cd. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dagli articoli 1362 e ss. c.c. (Cass. n. 14355/2016, in motiv.; Cass. n. 7927/2017).

Costituisce, in effetti, principio di diritto del tutto consolidato presso questa Corte quello per cui, con riguardo all’interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, l’invocato sindacato di legittimita’ non puo’ avere ad oggetto la ricostruzione della volonta’ delle parti (Cass. n. 7927/2017, in motiv.): l’indagine ermeneutica, e’, in fatto, riservata al giudice di merito e puo’ essere censurata in sede di legittimita’ solo per inadeguatezza della motivazione, nei limiti in cui, trattandosi di sentenza depositata dopo l’11/9/2012, e’ sindacabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ovvero per violazione delle relative regole di interpretazione (Cass. n. 2465/2015, in motiv.; Cass. n. 7927/2017, in motiv.), a partire da quella per cui, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento e’ rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate (Cass. n. 7927/2017, in motiv.).

Il rilievo da assegnare alla formulazione letterale dev’essere, tuttavia, verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale: le singole clausole devono essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’articolo 1363 c.c., giacche’ per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non gia’ in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di piu’ clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. 23701/2016, in motiv.; Cass. n. 7927/2017, in motiv.).

Va, d’altro canto, sottolineato che, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volonta’ delle parti, il giudice deve a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, avendo, in particolare, riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (Cass. n. 11295/2011; Cass. n. 7927/2017, in motiv.). Nel caso in esame, la corte d’appello ha ritenuto che la clausola contrattuale contenuta tanto nella vendita a (OMISSIS), quanto nella vendita a (OMISSIS), li’ dove ha letteralmente previsto che “la parte compratrice dovra’ lasciare libera da costruzioni e di cose una striscia del terreno acquistato, situato lungo il lato nord-est dello stesso, della larghezza andante di m. 4 e da destinarsi a strada di accesso” e che “su detta striscia di terreno avranno di diritto di passo e transito sia la compratrice per accedere al terreno acquistato come il venditore… e cio’ per dare modo anche al venditore… di accedere alla sua residua proprieta’”, abbia inteso impedire “la presenza di cose tra il passo ed il fondo dominante ( (OMISSIS)) che lo fiancheggiava” e che dev’essere, quindi, interpretata “nel senso di garantire la possibilita’ di accesso al fondo dominante da ogni punto del passo” (non rilevando quanto detta possibilita’ fosse concreta e quanto fosse invece difficoltosa: “la mera possibilita’ di illimitato accesso… costituiva di per se’ un particolare vantaggio… a favore del fondo dominante stesso”), dando, in tal modo, applicazione tanto al criterio di interpretazione letterale, quanto a quello di interpretazione teleologico e sottraendosi, cosi’, ai vizi di legittimita’ invocati dai ricorrenti.

Ne’ puo’ rilevare il fatto, che i ricorrenti hanno invocato, per cui “il testo della clausola e’ assai chiaro: dal senso letterale delle parole emerge chiaramente che l’obbligo contrattualmente assunto” dagli acquirenti “nei contratti di compravendita in esame era solo quello di lasciare libera una striscia di terreno della larghezza di 4 metri lungo il confine con la proprieta’ di (OMISSIS), dante causa dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS)”, e non anche quello, ravvisato dalla corte d’appello, di impedire la presenza di cose tra il passo e il fondo dominante. Per sottrarsi al sindacato di legittimita’ sotto i profili di censura dell’ermeneutica contrattuale, infatti, quella data dal giudice al contratto non dev’essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni (plausibili), non e’ consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 16254/2012).

6. Il primo motivo e’ infondato.

Il proprietario del fondo dominante ha il diritto, ai sensi dell’articolo 841 c.c., di chiudere il suo fondo, a condizione, pero’, che su questo non gravi una servitu’ che renda necessario il passaggio sul fondo stesso, in quanto in tale ipotesi la esistenza della servitu’ va rispettata integralmente, non potendo la diminuzione o restrizione dello esercizio del transito essere imposta a iniziativa unilaterale del titolare del fondo servente (in tal senso, Cass. n. 743/1986, la quale, in forza del riportato principio, ha confermato la decisione con la quale i giudici del merito avevano ritenuto che il proprietario del fondo, sulla cui intera superficie gravava il diritto di servitu’ di passaggio, non potesse recingere il fondo stesso, limitando il transito del proprietario del fondo dominante attraverso un varco lasciato nel muro di recinzione).

Ne’ puo’ rilevare la circostanza per cui, in tema di servitu’ di passaggio, rientra nel diritto del proprietario del fondo servente l’esercizio della facolta’ di apportare modifiche al proprio fondo e di apporvi un cancello per impedire l’accesso ai non aventi diritto, ove dall’esercizio di tale diritto possano derivare disagi minimi e trascurabili al proprietario del fondo dominante in relazione alle pregresse modalita’ di transito (Cass. n. 14179/2011).

La corte d’appello, infatti, ha ritenuto che la clausola contrattuale contenuta nei contratti di vendita avesse inteso impedire “la presenza di cose tra il passo ed il fondo dominante” dei (OMISSIS) e che dovesse essere, quindi, interpretata nel senso “di garantire la possibilita’ di accesso al fondo dominante da ogni punto del passo”, non rilevando quanto detta possibilita’ fosse concreta e quanto fosse invece difficoltosa (“la mera possibilita’ di illimitato accesso… costituiva di per se’ un particolare vantaggio… a favore del fondo dominante stesso”), con la conseguenza che “l’edificazione del muretto ha pregiudicato detta utilita’ (comodita’)”, in violazione dell’articolo 1067 c.c., comma 2, il quale, com’e’ noto, vieta al proprietario del fondo servente di compiere alcunche’ possa determinare o aggravare l’esercizio della servitu’ concessa con il contratto di acquisto. E tale rilievo assorbe, evidentemente, la residua censura, che i ricorrenti hanno sollevato, in ordine al mancato esame, da parte della corte d’appello, del fatto che la costruzione del muretto non ha impedito ne’ limitato l’esercizio, da parte dei proprietari del fondo dominante, del diritto di servitu’ di passaggio di cui sono titolari, fondata com’e’ sul presupposto che la clausola contrattuale, li’ dove ha previsto che “la parte compratrice dovra’ lasciare libera da costruzioni e di cose una striscia del terreno acquistato, situato lungo il lato nord-est dello stesso, della larghezza andante di m. 4 e da destinarsi a strada di accesso”, avrebbe esaurito gli obblighi dei ricorrenti, laddove, al contrario, come la corte d’appello ha (definitivamente) accertato, la clausola ha inteso piu’ radicalmente impedire “la presenza di cose tra il passo ed il fondo dominante ( (OMISSIS)) che lo fiancheggiava” e che dovesse essere, quindi, interpretata “nel senso di garantire la possibilita’ di accesso al fondo dominante da ogni punto del passo” e non gia’, semplicemente, da un varco, pur se, in ipotesi, di piu’ comoda percorribilita’.

7. Il terzo motivo e’ per molti profili inammissibile e, per il residuo, infondato.

Nel giudizio d’appello che i controricorrenti hanno, a suo tempo, proposto, per come incontestatamente ricostruito nella sentenza impugnata, non risulta che i ricorrenti abbiano dedotto il fatto che l’edificazione del muretto costituisse esercizio del loro diritto, oltre che dell’onere ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 2, di tutelare la sicurezza del proprio fondo, eliminando e riducendo, con il muretto di protezione, le conseguenze pregiudizievoli dell’altrui condotta colposa e dannosa, vale a dire la caduta di terra e sassi sulla strada oggetto della servitu’, che impedivano o limitavano la possibilita’ di transito, e il dilavamento del terreno, che aveva avuto origine, piu’ che dalla pendenza naturale del terreno sovrastante, dal deposito di terra di riporto sul fondo dei (OMISSIS), che, modificando artificiosamente la morfologia e la consistenza del fondo, avevano colposamente determinato o aggravato lo smottamento del terreno.

Ed e’, invece, noto che ove una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 20518/2008): cio’ che, nella specie, non risulta essere accaduto.

L’unico profilo che la sentenza ha trattato riguarda, piuttosto, la questione se l’edificazione del muretto sia stata, o meno, legittima in quanto espressione, in sostanza, del diritto del proprietario del fondo sottostante di eseguire, a fronte del corrispondente obbligo del proprietario del fondo soprastante, opere di contenimento atte ad evitare la rovina di quest’ultimo fondo sul primo.

Il motivo in esame e’, tuttavia, infondato. La corte d’appello, infatti, ha incontestatamente rilevato come il consulente tecnico d’ufficio non abbia in alcun modo prospettato la sussistenza di “un concreto pericolo di franamenti o smottanti verso il fondo inferiore”.

8. L’unico motivo del ricorso incidentale e’ infondato.

L’atto di appello – al quale questa Corte accede direttamente per la natura di error in procedendo del vizio dedotto – infatti, dimostra che gli attori hanno testualmente domandato che la corte d’appello voglia, “in accoglimento dell’appello proposto, riformare la sentenza del Tribunale di Pistoia in senso conforme a quanto richiesto in narrativa…” (p. 13): dove, pero’, gli stessi si sono limitati ad evidenziare di aver agito in giudizio “per far dichiarare che… il… muro non poteva essere realizzato…” (p. 4), senza alcun accenno alla domanda volta ad ottenere la condanna alla rimozione del muretto.

9. La reciproca soccombenza induce alla integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

10. La Corte da’ atto della sussistenza, tanto per i ricorrenti, quanto per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, dei presupposti per l’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Da’ atto della sussistenza, tanto per i ricorrenti, quanto per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, dei presupposti per l’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.