l’azione per la costituzione di servitù di passaggio in favore del fondo intercluso (art. 1051 cod. civ.) doveva essere promossa nei confronti di tutti i proprietari dei fondi interessati dal passaggio, in qualità di litisconsorti necessari.

 

Corte d’Appello Napoli, Sezione 6 civile Sentenza 14 giugno 2018, n. 2949

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Napoli – Sesta Sezione Civile – in persona dei Sigg. Magistrati:

1) Dott. Maria Rosaria Castiglione Morelli – PRESIDENTE

2) Dott. Antonio Quaranta – CONSIGLIERE

3) Dott. Elvira Bellantoni – CONSIGLIERE rel.

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n.3027 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell’anno 2012 avverso la sentenza n. 59/2012 pronunciata dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, in persona del Giudice dott. Luigi Levita in data 22/02/2012, avente ad oggetto: Servitù e riservata in decisione all’udienza del 16/03/2018, vertente

TRA

(…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), E (…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliati in Napoli al Largo (…) presso l’avv. Pa.Di. unitamente all’avv. Et.Fr., dal quale sono rappresentati e difesi, come da mandato a margine ed in calce all’atto di appello;

APPELLANTI

E

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in Napoli alla Piazza (…) presso lo studio dell’avv. Sa.Ta. unitamente all’avv. Pa.Ta., dal quale è rappresentato e difeso, come da mandato per notaio En.Fu. di Treviso del 09/10/2012;

APPELLATO – APPELLANTE in via incidentale

FATTO E DIRITTO

Il sig. (…) – premesso di essere proprietario di un fondo rustico in B. (A.) alla località (…) e che lo stesso era intercluso – conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi il proprietario del fondo finitimo sig. (…) per ottenere la pronuncia di una declaratoria di acquisto per usucapione della servitù di passaggio esercitata da oltre quaranta anni lungo una strada di metri quattro di larghezza che attraversava le particelle nn. (…), (…), (…) e (…) del foglio n. (…) o in via subordinata la costituzione di una servitù coattiva ai sensi dell’art. 1051 c.c., previo pagamento di una indennità, in ogni caso con vittoria delle spese di lite.

Il convenuto di costituiva in giudizio, rappresentava di essere solo possessore delle particelle nn. (…) e (…) del foglio n. (…), rappresentava che l’attore non aveva mai esercitato la servitù oggetto di causa anche in considerazione della conformazione dei luoghi e nel merito concludeva per il rigetto della domanda di controparte, con vittoria delle spese di lite.

Il Tribunale disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei sigg. (…), (…) e (…), nonché nei confronti degli intestatari catastali delle particelle nn. (…) e (…) del foglio n. (…) sigg. (…) e (…).

Si costituivano in giudizio i sigg. (…), (…) e (…), che spiegavano difese sovrapponibili a quelle del convenuto (…) e nonostante la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei sigg. (…) e (…) il primo giudice procedeva nell’istruttoria ritenendo il contraddittorio integro in forza della presenza in giudizio di tutti gli intestatari della particella n. (…).

La causa era istruita con l’espletamento di una prova testimoniale e con l’ammissione di una consulenza tecnica di ufficio; all’esito il Tribunale accoglieva la domanda proposta in via subordinata da parte attrice con la costituzione di una servitù coattiva ex art. 1051 c.c., determinava in Euro 604,80 l’indennità dovuta e condannava i convenuti al pagamento delle spese processuali.

Avverso suddetta sentenza proponevano appello i sigg. (…), (…), (…) e (…) per i seguenti motivi:

1) Nullità della sentenza – litisconsorzio necessario;

2) Nullità della sentenza – carenza di legittimazione passiva – infondatezza della domanda;

3) Violazione dell’art. 1051 c.c., comma 2;

4) Difetto di legittimazione passiva – estraneità dei convenuti rispetto al rapporto dedotto – violazione dell’art. 91 c.p.c.

5) Violazione dell’art. 92 c.p.c.

Gli appellanti chiedevano alla Corte di dichiarare la nullità della sentenza, di dichiarare il difetto di legittimazione passiva o l’estraneità rispetto al rapporto dedotto in lite degli appellanti Sig.ri (…), (…), (…) ed (…) e per l’effetto, dichiarare inammissibile o, comunque, rigettare in ogni caso le domande proposte nei confronti dei medesimi, subordinatamente, dichiarare che la servitù coattiva, come imposta secondo il percorso “C”, violava il principio del “minimo mezzo” e, quindi, l’art. 1051, comma 2, c.c. e di pronunciare tutte le statuizioni consequenziali, compresa la imposizione di un altro percorso ed, infine, di condannare l’attore – appellato, Sig. (…) al pagamento in favore degli appellanti delle spese e del compenso professionale del doppio grado del giudizio.

Si costituiva in giudizio il sig. (…), il quale concludeva per il rigetto dell’appello ed, in via subordinata, proponeva appello incidentale, chiedendo di accertare l’intervenuto acquisto per usucapione della servitù e di ordinare ai convenuti di cessare ogni turbativa all’esercizio del diritto e di ripristinare il tracciato stradale; in ulteriore subordine l’appellato chiedeva di costituire in via coattiva ex art. 1051 c.c. ovvero in via gradata ex art. 1052 c.c. a favore del suo fondo e a carico della particella n. (…) servitù di passaggio pedonale e carrabile con ogni mezzo meccanico attraverso il secondo tracciato indicato dal consulente tecnico di ufficio e individuato con la lettera B, in ogni caso con vittoria di spese del doppio grado di giudizio da attribuire al difensore dichiaratosi antistatario.

La Corte assumeva la causa in decisione all’udienza del 16/03/2018 con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Il primo giudice nell’accogliere la domanda di costituzione di servitù coattiva ai sensi dell’art. 1051 c.c. prediligeva il percorso indicato con la lettera C) dal consulente tecnico di ufficio ritenendolo quello maggiormente rispondente ai criteri enunciati dall’articolo citato; la servitù era costituta sui fondi siti in (…), contrada Oscata, di proprietà dei convenuti (…), (…), (…) e (…) (foglio (…) particelle (…), (…), (…) e (…)) ed in favore del fondo di proprietà dell’attore (…)

Col primo motivo di gravame parte appellante deduceva che la servitù di passaggio oggetto della pronuncia impugnata prevedeva il passaggio sulla proprietà di (…) ( particella n. (…)) mai convenuta in giudizio e che tale circostanza avrebbe dovuto condurre al rigetto della domanda proposta in primo grado nell’interesse del sig. (…); la difesa dell’appellato ribatteva che, avendo la sig.ra (…) nel verbale di conciliazione del 09/07/2004 davanti al Giudice di pace di Lacedonia riconosciuto il diritto del suo assistito ad attraversare il suo fondo, non vi era ragione di coinvolgerla nel giudizio.

Il consulente tecnico di ufficio nominato riferiva che il tracciato da lui ritenuto rispondente ai requisiti di cui all’art. 1051 c.c., con argomentazioni che sono pienamente condivise da questo giudice e alle quali si rinvia, attraversava le particelle nn. (…), (…), (…) e (…), rispettivamente catastalmente intestate la prima e la seconda a (…) livellario e (…) proprietaria, la terza ad (…) concedente e (…) livellario e la quarta a ai sigg. (…), (…), (…) e (…).

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 9685/2013 hanno chiarito che “l’azione di costituzione coattiva di servitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all’accesso alla pubblica via, realizzandosi la funzione propria del diritto riconosciuto al proprietario del fondo intercluso dall’art. 1051 cod. civ. solo con la costituzione del passaggio nella sua interezza” con la conseguenza che “in mancanza, la domanda va respinta perché diretta a far valere un diritto inesistente, restando esclusa la possibilità di integrare il contraddittorio rispetto ai proprietari pretermessi”.

Nella giurisprudenza di legittimità la questione aveva avuto soluzioni divergenti: taluni ritenevano che la costituzione della servitù di passaggio coattivo non fosse impedita dal fatto che il passaggio dovesse avvenire anche su fondi di altri proprietari, non presenti in giudizio, ben potendo l’attore provvedere nei loro confronti con domande separate e con accordi distinti, anteriori o successivi alla pretesa fatta valere in giudizio (Cass. 15 giugno 1962 n. 1500, 12 giugno 1963 n. 1582, 29 ottobre 1964 n. 2671, 24 giugno 1965 n. 1324, 9 maggio 1966 n. 1182, 25 luglio 1969 n. 2825) e che quindi “la domanda di costituzione di una servitù di passaggio coattiva non determina la necessità della integrazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi sui quali dovrebbe ugualmente realizzarsi il passaggio”; altri avevano affermato che “la domanda diretta alla costituzione di servitù di passaggio coattivo, per il caso in cui la situazione di interclusione non sia ovviabile mediante il transito su un solo fondo frapponentesi con la strada pubblica (vi siano o meno altri fondi contigui idonei al medesimo fine), ma richieda invece l’attraversamento di una pluralità di fondi, ubicati in consecuzione, deve essere proposta nei confronti di tutti i proprietari di detti ultimi fondi, in qualità di litisconsorti necessari, tenuto conto che la sentenza emessa nei confronti soltanto di uno di essi non produrrebbe alcun risultato pratico e non sarebbe suscettibile di esecuzione” (Cass. 14 luglio 1980 n. 4515 e 5 aprile 1984 n. 2205).

Le Sezioni Unite nel 1989 avevano statuito che l’azione per la costituzione di servitù di passaggio in favore del fondo intercluso (art. 1051 cod. civ.) doveva essere promossa nei confronti di tutti i proprietari dei fondi interessati dal passaggio, in qualità di litisconsorti necessari (Cass. s.u. 3 febbraio 1989 n. 670 e n. 671).

Le motivazioni addotte a sostegno del nuovo orientamento dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono pienamente condivise da questo giudice: la carenza di una domanda non formulata contestualmente nei confronti di tutti i proprietari dei fondi che è necessario attraversare per creare il collegamento con la pubblica via “appare attenere non tanto al profilo soggettivo della integrità del contraddittorio, quanto piuttosto a quello oggettivo della congruità del petitum: non vi sono litisconsorti necessari pretermessi, poiché l’azione, come in concreto esercitata, non li riguarda; ciò che difetta, in realtà, è quella essenziale condizione dell’azione che consiste nella “possibilità giuridica” – ossia nella sia pure solo astratta corrispondenza della pretesa accampata in giudizio a una norma che le dia fondamento – poiché il bene della vita reclamato dall’attore non gli è accordato dall’ordinamento. Ne consegue che in questi casi non deve essere disposta l’integrazione del contraddittorio, ma che la domanda va rigettata, perché diretta a far valere un diritto inesistente”.

Nel caso in esame la situazione concernente le particelle sulle quali dovrebbe essere esercitata la servitù di passaggio è confusa e quasi tutti i fondi sui quali dovrebbe essere costituita la servitù risultano, peraltro, secondo quanto riferito dal consulente tecnico di ufficio, oggetto di livello. Il livello era un contratto agrario di origine romana, particolarmente diffuso in Italia durante il Medioevo e fino agli inizi del 1800. Esso veniva utilizzato soprattutto da nobili, enti pubblici ed enti religiosi – c.d. concedenti -, i quali con detto strumento negoziale, concedevano ai livellari i terreni ubicati prevalentemente in zone montane, impervie o, comunque, ritenute inadatte a colture agricole intensive, per lo sfruttamento, dietro il pagamento di un canone – c.d. livello -. Il livello veniva stipulato tra il proprietario ed il livellario con la previsione di un canone di qualsivoglia valore e specie e con o senza obbligo di miglioramento dei fondi. Malgrado la desuetudine e la mancata disciplina di siffatto rapporto agrario nel Codice Civile del 1942, molti enti facevano in passato apporre in Catasto il vincolo con la dicitura di “livellario” assieme a quella del concedente.

La figura codicistica che all’attualità maggiormente risponde alla sostanza giuridica del livello è l’enfiteusi e ad essa fa riferimento la giurisprudenza di merito e di legittimità quando oggetto di res iudicanda è il c.d. livello (si veda per tutte Cass. S. U. n. 5118 del 1995 e Cass. 1961/1366 e Cass. 1682/1963). Ne deriva quindi tendenzialmente, ed avuto riguardo ai termini dell’atto di costituzione, l’estensione in via analogica della regolamentazione codicistica e dei principi enucleati dal giudice della nomofilachia in materia del diritto reale di enfiteusi, cosicché anche il consenso prestato dalla sig.ra (…), anche laddove rilevante, sarebbe destinato ad essere del tutto irrilevante a norma dell’art. 1077 c.c., non essendo chiara la attuale posizione della stessa.

Il primo motivo dell’appello principale merita, dunque, accoglimento; la domanda proposta dal sig. (…) ai sensi dell’art. 1051 c.c. va rigettata e superfluo appare l’esame degli ulteriori motivi dell’appello principale.

Il sig. (…), in via subordinata, in caso di accoglimento dell’appello principale, proponeva appello incidentale, chiedendo di accertare l’intervenuto acquisto per usucapione della servitù e di ordinare ai convenuti di cessare ogni turbativa all’esercizio del diritto e di ripristinare il tracciato stradale.

Il primo giudice riteneva che le acquisizioni testimoniali non consentissero di ritenere raggiunta la prova sicura dell’esercizio pacifico, ininterrotto e manifesto della servitù di passaggio; era rilevato un insanabile contrasto fra le deposizioni dei testimoni (…), (…) e (…) e quelle dei sigg. (…) e (…).

L’appellante evidenziava che la sig.ra (…) aveva confermato integralmente il capo secondo della memoria istruttoria del 23/01/2007, che anche gli altri testimoni (…) e (…) avevano confermato il fatto storico del passaggio, che gli avverbi utilizzati consentivano di ancorare l’esercizio della servitù a tempi immemorabili, e, comunque, ad epoca anteriore al ventennio, e assumeva che i testimoni indicati dalla controparte avevano riferito circostanze, che intaccavano la loro credibilità.

Chi agisce in giudizio per essere dichiarato titolare di un diritto, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi sia del “corpus”, che dell'”animus” e cioè deve provare una signoria sulla cosa, manifestatasi inequivocamente in attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, accompagnata dall’animus possidendi, immune da violenza e clandestinità e protratta senza soluzione di continuità per un ventennio e più.

L’acquisto della proprietà o di altro diritto reale per usucapione trova il suo fondamento in una situazione di fatto caratterizzata, da un lato, dal mancato esercizio delle potestà dominicali da parte del proprietario e, dall’altro, dalla prolungata signoria di fatto sullo stesso bene da parte di altri che, con continuità, si sostituisca al proprietario nella utilizzazione del bene medesimo. Colui che pretende di avere usucapito deve fornire una prova certa e rigorosa; se si ritenesse il contrario, infatti, l’istituto della prescrizione acquisitiva – nato per eliminare intollerabili situazioni di incertezza nel regime dei beni – sortirebbe effetti opposti, consentendo che il diritto dominicale possa essere facilmente posto in dubbio attraverso una qualche contestazione di terzi, sostenuta da prove non univoche. È per questo che in materia di usucapione la prova del suo maturarsi deve essere rigorosa, tale da non lasciare spazio a perplessità sulla veridicità e attendibilità delle circostanze asserite, sulla concludenza e sufficienza delle medesime a dimostrare un costante comportamento corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale.

Tanto premesso, la decisione del primo giudice non può che essere confermata.

I testimoni indicati dalla difesa del sig. (…) riferivano del passaggio sulla particella n. (…) senza fornire alcuna circostanza temporale precisa e facendo riferimento ad un uso consuetudinario, i cui contorni appaiono evaniscenti, ed inoltre le loro dichiarazioni contrastano con quanto riferito dai testimoni indicati dalla controparte, che sull’esercizio del passaggio rendevano dichiarazioni precise e concordanti e riferivano anche di un periodo in cui il fondo del sig. (…) era rimasto incolto; non risultano, inoltre, convenuti in giudizio, ed in realtà neanche identificati, i proprietari delle particelle nn. (…) e (…) nei cui confronti avrebbe dovuto essere proposta la domanda di acquisto della servitù di passaggio per usucapione.

L’appellante incidentale (…) in ulteriore subordine chiedeva di costituire in via coattiva ex art. 1051 c.c. ovvero in via gradata ex art. 1052 c.c. a favore del suo fondo e a carico della particella n. (…) servitù di passaggio pedonale e carrabile con ogni mezzo meccanico attraverso il secondo tracciato indicato dal consulente tecnico di ufficio e individuato con la lettera B, in ogni caso con vittoria di spese del doppio grado di giudizio da attribuire al difensore dichiaratosi antistatario.

La soluzione indicata dal consulente tecnico di ufficio con la lettera B interessa le particelle 18 e 19, rispettivamente catastalmente intestate ad (…) concedente e (…) livellario e ai sigg. (…), ed altri, dunque, per tale soluzione le medesime considerazioni formulate in relazione all’appello principale ed inoltre tale soluzione non appare, fra quelle possibili, rispondente ai requisiti indicati dall’art. 1051 c.c.

Quanto, infine, alla regolamentazione delle spese, il potere del giudice di appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle stesse, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata; l’onere delle spese va ripartito fra le parti tenendo presente l’esito complessivo della lite, “poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ., il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado” (cfr. Cass. civ. n. 1703/2013).

Le spese del primo e del secondo grado di giudizio ivi comprese quelle di consulenza tecnica di ufficio, vengono integralmente compensate fra le parti in considerazione dell’applicazione di un arresto della giurisprudenza di legittimità intervenuto molti anni dopo l’instaurazione del giudizio in primo grado e dopo la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli – Sesta Sezione Civile – definitivamente pronunciando in ordine all’appello avverso la sentenza n. 59/2012 pronunciata dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi in data 22/02/2012, proposto con atto del 26/06/2012 dai Sigg. (…), (…), (…) e (…) nei confronti del sig. (…), ogni avversa istanza, deduzione ed eccezione reietta, così provvede:

1) accoglie l’appello principale e in parziale riforma della sentenza di primo grado rigetta la domanda proposta in primo grado dal sig. (…);

2) rigetta l’appello incidentale;

3) compensa integralmente fra le parti le spese del primo e del secondo grado di giudizio, ivi comprese le spese di consulenza tecnica di ufficio.

Così deciso in Napoli l’8 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.