il documento che puo’ costituire prova per iscritto per accertare, tra le parti, la simulazione di un contratto con forma scritta “ad substantiam” (articolo 1350 cod. civ.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, ne’ da un terzo. In altri termini, nel raggiungimento della prova del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare, che costituisce un elemento essenziale del contratto, trovano applicazione le limitazioni in tema di prova previste dalle disposizioni di cui agli articoli 2722, 2727 e 2729 cod. civ. in relazione all’articolo 1417 cod. civ..

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 9 novembre 2018, n. 28744

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3593-2015 proposto da:

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 1681/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 09/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2018 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE FULVIO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del 1 motivo e accoglimento del 2;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) con atto d citazione del 20 novembre 1991 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Foggia i germani (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per ivi sentire dichiarare la risoluzione del contratto di vendita del 1 dicembre 1990, la simulazione relativa nella determinazione del prezzo e dichiarare versato il prezzo di L. 30.000.000 e condannare i convenuti alla restituzione della somma di L. 30.000.000 a titolo di restituzione del prezzo nonche’ delle spese sostenute per la stipulazione dell’atto e al risarcimento dei danni. L’attore esponeva di avere acquistato con atto notarile del 1 dicembre 1990 per il prezzo dichiarato di L. 19.200.000 un vano di casa in pianterreno sito in (OMISSIS) che ricevute le chiavi e recatosi sul posto ha saputo che l’immobile era pericolante e che il Sindaco in data 5 dicembre 1982 aveva emesso ordinanza di inagibilita’ dell’immobile e aveva ordinato a (OMISSIS) dante causa dei venditori di eseguire le opere di ristrutturazione atti ad eliminare i dissesti statici esistenti, che i lavori non erano stati eseguiti e quindi l’immobile risultava affetto da vizi occulti per cui l’istante aveva diritto alla risoluzione del contratto.

Si costituivano i convenuti eccependo che l’acquirente al momento dell’acquisto era pienamente consapevole dello stato di fatto della cosa per averla fatta verificare da persona dallo stesso incaricata.

Successivamente si costituivano (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Il Tribunale di Foggia, istruita la causa anche con CTU, con sentenza n. 674 del 2005 accoglieva la domanda e per l’effetto dichiarava la risoluzione del contratto di compravendita di cui si dice e condannava i venditori a restituire il prezzo e a rimborsare le spese sostenute dall’acquirente, dichiarava simulato il prezzo di L. 19.200.000.

La Corte di appello di Bari pronunciandosi su appello riproposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e a contraddittorio integro, con sentenza n. 1681 del 2013 rigettava l’appello e condannava gli appellanti in solido al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio. Secondo la Corte di Bari l’acquirente prima dell’acquisto poteva prendendo visione dell’immobile accertare che il locale si presentava in uno stato di degrado ma non avrebbe potuto sapere che l’immobile presentava un dissesto statico.

Pare evidente ha ritenuto la Corte distrettuale che se il (OMISSIS) fosse stato a conoscenza dell’ordinanza di inagibilita’ dell’immobile non lo avrebbe acquistato.

L’acquirente aveva prodotto le copie degli assegni circolari negoziati per l’acquisto e dunque aveva dato prova della simulazione del prezzo. Posto che la simulazione del prezzo non determina nullita’ o annullabilita’ dell’atto, il prezzo andava adeguato e/o integrato a quello realmente versato.

La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS), (OMISSIS), gli eredi di (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) con ricorso affidato a due motivi. I sigg. (OMISSIS) (E ALTRI OMISSIS)

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) Antonio, (OMISSIS), gli eredi di (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) denunciano l’omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, articolo 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli articoli 1490 e 1491 cod. civ. e articolo 116 cod. proc. civ. Sostengono i ricorrenti che immotivatamente la Corte di Bari avrebbe ritenuto che l’acquirente prima dell’acquisto non avrebbe potuto sapere che l’immobile aveva problemi di dissesto statico atteso che anche il CTU aveva dovuto eseguire accurati accertamenti. In particolare, la Corte non avrebbe tenuto conto che l’ordinanza sindacale del 5 dicembre 1982 sarebbe inesistente e ammessa la sua esistenza non sarebbe stata mai notificata e/o comunicata ai ricorrenti o ai danti causa. Il dissesto argomentato dai giudici di merito non troverebbe riscontro nell’elaborato tecnico che sul punto evidenzia perplessita’ attribuendo anche ad altre cause la situazione di degrado dell’immobile (mancanza di manutenzione, infiltrazione di acqua dalle condutture ed interventi manutentivi dei proprietari dei piani sovrastanti.

1.1.= Il motivo e’ inammissibile.

Va qui evidenziato che il tenore delle censure, richiama, in vero, il testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nella versione anteriore alla riforma introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. norma, nel caso, non piu’ applicabile, trattandosi di sentenza depositata il 9 dicembre 2013, quindi dopo l’entrata in vigore della precitata novella, la quale ha introdotto una disciplina piu’ stringente, limitata la possibilita’ della denuncia dei vizi di motivazione che consentono l’intervento della Corte di Cassazione solo nel caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”.

Il cambiamento operato dalla novella e’ netto, dal momento che dal previgente testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, viene eliminato non solo il riferimento alla “insufficienza” ed alla “contraddittorieta”, ma addirittura la stessa parola “motivazione”.

Puo’ quindi affermarsi che la nuova previsione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, legittima solo la censura per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”, non essendo piu’ consentita la formulazione di censure per il vizio di “insufficienza” o “contraddittorieta’” della motivazione.

Ne’ a diverso opinamento puo’ pervenirsi nella considerazione che la censura per motivazione “omessa, insufficiente o contraddittoria”, potrebbe trovare ingresso, dando prevalenza all’aspetto sostanziale piu’ che a quello letterale e formale del mezzo e quindi prescindendo dalla inidoneita’ della, formulazione, ostandovi l’evidente prospettiva della novella, introdotta dal Legislatore al fine di ridurre l’area del sindacato di legittimita’ sui “fatti”, escludendo in radice la deducibilita’ di vizi della logica argomentazione (illogicita’ o contraddittorieta’), che non si traducano nella totale incomprensibilita’ dell’argomentare.

In buona sostanza, cio’ che rileva, in base alla nuova previsione, e’ solo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, cioe’ la pretermissione di quei dati materiali, acquisiti e dibattuti nel processo, aventi portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.

1.2.= Va qui aggiunto comunque, che nel caso in esame non sussiste, neppure, un’omessa motivazione dato che puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione.

Il che, come e’ di tutta evidenza, non e’ nel caso in esame, basta tener presente che la decisione e’ fondata su documenti ed in modo particolare su l’ordinanza del 5 dicembre 1982 con la quale il Sindaco dichiarava inabitabile l’immobile sito in (OMISSIS) con lo sgombero di persone e cose per la salvaguardia della privata e pubblica incolumita’.

Ininfluente, e’ invece, il rilevo di una pretesa ignoranza di tale ordinanza da parte dei venditori e dei loro danti causa, non essendo stata ad essi comunicata, perche’ il suo valore e’, comunque, oggettivo, dimostrativo della sussistenza di un dissesto statico dell’immobile oggetto del giudizio che se fosse stato conosciuto, il (OMISSIS) non avrebbe acquistato.

2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione di legge, omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia articolo 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli articoli 1414 e 1417 cod. civ. e articolo 116 cod. proc. civ..

Sostengono i ricorrenti non solo di aver contestato la simulazione relativa del contratto in ordine al prezzo di vendita ma in ogni caso restando nell’alveo della simulazione relativa era necessario a dimostrazione della simulazione un accordo simulatorio che non e’ stato prodotto.

2.1.= Il motivo e’ fondato.

Occorre osservare che questo collegio non ignora il filone giurisprudenziale, sviluppatosi nel corso di un notevole arco di tempo, secondo il quale nell’ipotesi di simulazione relativa parziale il contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo esso ne’ nullo ne’ annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione potrebbero essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti.

Donde la conseguenza che la prova della simulazione del prezzo della vendita non incontrerebbe fra le parti i limiti dettati dall’articolo 1417 cod. civ., ne’ contrasterebbe col divieto posto dagli articoli 2722, 2727 e 2729 cod. civ., in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo potrebbe essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto. La relativa prova avrebbe, nella sostanza, scopo e natura semplicemente integrativi e cio’ consentirebbe di darla anche mediante presunzioni ovvero deposizioni testimoniali (v. ex plurimis Cass. 10 gennaio 1996 n. 3857).

Siffatto orientamento pero’ non ha incontrato il favore delle Sezioni Unite di questa Corte che da qualche anno hanno riconfermato (v. Cass. SU. 26 marzo 2007 n. 7246) che la pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova di cui all’articolo 1417 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto.

E’ noto infatti che i limiti di prova di cui all’articolo 1417 cod. civ. operano anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qualvolta questa si traduca nell’allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante da contratto, comunque destinato a modificare l’assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti (v. Cass. 19 marzo 2004 n. 5539 relativamente alla prova testimoniale).

Ne’ si puo’ sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato, in quanto essendo il contratto dissimulato destinato ad avere effetti fra le parti, deve avere i requisiti di forma necessari per la validita’ dello stesso, secondo quanto espressamente stabilito dall’articolo 1414 cod. civ., comma 2.

Nella specie, i giudici di merito, hanno ritenuto di desumere la prova documentale della simulazione relativa attraverso le copie degli assegni circolari negoziati per l’acquisto dell’immobile e attestanti la corresponsione a titolo di prezzo di somme ulteriori rispetto a quanto indicato nel contratto.

Eppero’, e’ agevole osservare che agli assegni versati che vanno considerati in questo ambito quali titoli astratti di pagamento, non puo’ essere riconosciuta valenza probatoria nei confronti delle parti se non sulla base di presunzioni rimesse al prudente apprezzamento del giudice e percio’ la corte di merito e’ incorsa nella violazione dell’articolo 2729 cod. civ., comma 2.

Va, infatti, ricordato che il documento che puo’ costituire prova per iscritto per accertare, tra le parti, la simulazione di un contratto con forma scritta “ad substantiam” (articolo 1350 cod. civ.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, ne’ da un terzo (v. Cass. 7 aprile 2006 n. 8210; Cass. 26 febbraio 2004 n. 3869; 18 dicembre 1997 n. 12813).

In altri termini, nel raggiungimento della prova del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare, che costituisce un elemento essenziale del contratto, trovano applicazione le limitazioni in tema di prova previste dalle disposizioni di cui agli articoli 2722, 2727 e 2729 cod. civ. in relazione all’articolo 1417 cod. civ..

In definitiva, va accolto il secondo motivo del ricorso e dichiarato inammissibile il primo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Bari per un nuovo esame alla luce dei principi espressi in motivazione. Alla Corte di appello di Bari viene affidato il compito di provvedere alla liquidazione delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Bari anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.