il modello (CAI) firmato congiuntamente dai conducenti contiene una presunzione circa le modalita’ del sinistro, ma non certo sull’entita’ dei danni che ne siano derivati. Ne’ puo’ tacersi che la procedura di risarcimento diretto (Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 149) non toglie nulla all’onere della prova che la parte danneggiata e’ sempre tenuta a fornire in ordine alla concreta sussistenza del danno.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 1 agosto 2018, n. 20382

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9023-2017 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4890/2016 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 05/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/06/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) s.r.l., in dualita’ di cessionaria del credito vantato da (OMISSIS), convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Palermo, (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a., chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale nel quale la Pigliatale aveva riportato danni alla propria vettura, cedendo il suo credito alla parte attrice.

Si costitui’ in giudizio la societa’ di assicurazione chiedendo il rigetto della domanda, mentre il (OMISSIS) rimase contumace.

Espletata prova per interpello e fatta svolgere una c.t.u., il Giudice di pace rigetto’ la domanda.

2. La pronuncia e’ stata impugnata dalla societa’ attrice soccombente e il Tribunale di Palermo, con sentenza del 5 ottobre 2016, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado:

3. Contro la sentenza del Tribunale di Palermo ricorre la (OMISSIS) s.r.l. con atto affidato a due motivi.

Resiste la (OMISSIS) s.p.a. con controricorso.

(OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.

Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e non sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 cod. proc. pen., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 cod. civ. e del Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209, articolo 143.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni nonche’ dell’articolo 232 cod. proc. civ., oltre a motivazione insufficiente e contraddittoria.

3. I due motivi, da trattare congiuntamente per ragioni di evidente connessione tra loro, presentano profili di inammissibilita’ e sono comunque privi di fondamento.

3.1. La sentenza impugnata e’ pervenuta al rigetto della domanda rilevando che la parte appellante non era giunta a dimostrare la fondatezza della domanda risarcitoria. Cio’ in quanto la dichiarazione contenuta nel modello CID, unita alle conclusioni del c.t.u. ed alla mancata risposta del (OMISSIS) all’interrogatorio formale, precludevano un riscontro obiettivo della pretesa risarcitoria. Il tutto senza contare che la documentazione prodotta a supporto della domanda risarcitoria non consentiva in alcun modo di ritenere dimostrato l’ammontare del d’anno. Il modello CID, del resto, limitandosi alla dicitura “tamponamento”, non permetteva in alcun modo di collegare con il sinistro) la concreta domanda risarcitoria avanzata dalla carrozzeria.

3.2. A fronte di simile motivazione, il ricorso si presenta carente da un punto di vista dell’autosufficienza, perche’ nulla dice sul contenuto effettivo del modello CID ne’ sul se e dove esso sia stato messo a disposizione di questa Corte. Dopo di che non contesta in alcun modo la motivazione della sentenza nella parte in cui essa spiega che dalla documentazione prodotta non era deducibile alcuna prova effettiva del danno patito dalla vettura; nel secondo motivo, poi, la doglianza e’ integralmente tesa ad ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito.

Anche tralasciando tali rilievi di inammissibilita’, la presunta violazione del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 143 e’ palesemente infondata, posto che il modello firmato congiuntamente dai conducenti contiene una presunzione circa le modalita’ del sinistro, ma non certo sull’entita’ dei danni che ne siano derivati. Ne’ puo’ tacersi che la procedura di risarcimento diretto (Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 149) non toglie nulla all’onere della prova che la parte danneggiata e’ sempre tenuta a fornire in ordine alla concreta sussistenza del danno (v. l’ordinanza 20 settembre 2017, n. 21896, in tema di litisconsorzio necessario).

4. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.

A tale pronuncia segue la condanna della societa’ ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformita’ ai parametri introdotti dal Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

1,a Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai scusi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.