la mancanza della prova scritta di un contratto societario relativo ad una società di fatto o irregolare non impedisce al giudice di accertarne in altro modo l’esistenza all’esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di una attività imprenditoriale quali il fondo comune, costituito dai conferimenti finalizzati all’esercizio congiunto di un’attività economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite, e l’affectio societatis, cioè il vincolo di collaborazione in vista di detta attività nei confronti dei terzi. È peraltro sufficiente a far sorgere la responsabilità solidale dei soci ai sensi dell’art. 2297 c.c., la esteriorizzazione del vincolo sociale, ossia l’idoneità della condotta complessiva di taluno dei soci ad ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza della società”: tali accertamenti, risolvendosi nell’apprezzamento di elementi di fatto, non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazioni adeguate ed immuni da vizi logici o giuridici.

Tribunale Benevento, Sezione 2 civile Sentenza 6 febbraio 2019, n. 217

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Benevento, Seconda Sezione civile, in persona del (…), Dr. Gerardo Giuliano, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 856/2013 del R.G.A.C., avente ad oggetto MUTUO, pendente

TRA

(…) e (…), rappresentati e difesi dagli Avv.ti MA.DE. ed ER.DI.;

ATTORI

CONTRO

(…), rappresentato e difeso dagli Avv.ti GI.RO. e PA.GE.;

CONVENUTO

MOTIVI DELLA DECISIONE

La presente motivazione viene redatta ai sensi degli artt. 118 disp. att. cod. proc. civ. e 132 cod. proc. civ., come novellati dalla L. n. 69 del 2009, in virtù di quanto disposto dall’art. 58, comma 2, l. cit..

1. Questioni preliminari e sul merito

In via preliminare, si precisa che il presente giudizio è stato istruito da altro (…), a cui lo scrivente Magistrato è subentrato all’udienza del 15.11.2017.

Ancora in via preliminare, si osserva che non risulta contestato (oltre documentalmente provato, cfr. allegati da 5 a 10 della citazione) che 1) (…) abbia versato in favore di (…) Euro 4.500,00 (mentre, sul versamento effettuato in favore di (…), cfr. infra); 2) (…) abbia versato in favore dello stesso convenuto Euro 3.580,00.

Punto controverso della vicenda è, per un verso, il titolo posto a fondamento di tali versamenti – se, cioè, gli stessi siano stati effettuati dagli attori a titolo di prestito infruttifero (id est, mutuo senza interessi), ovvero quale conferimento in denaro in quanto (…) era socio occulto della società di fatto costituita con (…); nonché, per altro verso, a che titolo (…) abbia effettuato il versamento di Euro 1.500,00 in favore di (…) (cfr. allegato 8 alla citazione, pag. 24 della produzione).

In diritto – e, segnatamente, con riferimento al riparto dell’onere della prova-, è opportuno chiarire che

“il soggetto che, adducendo di aver corrisposto alla controparte una certa somma in adempimento di un contratto di mutuo, ne chieda la restituzione ha l’onere di dimostrare non solo l’avvenuta consegna del denaro ma anche il titolo della propria pretesa ovverosia la circostanza che il ricevente si sia assunto una precisa obbligazione restitutoria.

Elemento essenziale del contratto di mutuo, come disciplinato dall’art. 1813 c.c., infatti, è la citata obbligazione restitutoria sicché a fronte della contestazione del debitore (il quale pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne contesti, appunto, il titolo) incombe sul creditore dimostrare appieno la fondatezza della propria pretesa dovendo escludersi, pertanto, che la contestazione del debitore integri un’eccezione in senso proprio che comporti l’inversione dell’onere della prova.

La dazione di una somma di denaro, infatti, può trovare la propria giustificazione in varie cause e, quindi, non può non connotarsi quale preciso onere a carico del creditore quello di dimostrare con precisione e puntualità il fatto costitutivo della propria pretesa” (Tribunale Lodi, 22/03/2011, n. 261; e, in senso conforme, cfr. inter alia, Corte appello Roma, sez. II, 08/03/2012, n. 1328).

A ciò si aggiunga, con riferimento alla dimostrazione dell’esistenza di una società di fatto, che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che

“la mancanza della prova scritta di un contratto societario relativo ad una società di fatto o irregolare non impedisce al giudice di accertarne in altro modo l’esistenza all’esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di una attività imprenditoriale quali il fondo comune, costituito dai conferimenti finalizzati all’esercizio congiunto di un’attività economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite, e l’affectio societatis, cioè il vincolo di collaborazione in vista di detta attività nei confronti dei terzi.

È peraltro sufficiente a far sorgere la responsabilità solidale dei soci ai sensi dell’art. 2297 c.c., la esteriorizzazione del vincolo sociale, ossia l’idoneità della condotta complessiva di taluno dei soci ad ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza della società”: tali accertamenti, risolvendosi nell’apprezzamento di elementi di fatto, non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazioni adeguate ed immuni da vizi logici o giuridici (Cassazione civile sez. I, 15/03/2010, n.6175, e, in senso conforme, cfr. Cassazione civile sez. I, 11/03/2010, n.5961; Cassazione civile sez. VI, 05/05/2016, n.8981).

D’altronde, l’esposto indirizzo interpretativo è condiviso anche dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale ai fini dell’accertamento della qualità di socio occulto di una società, l’esistenza del vincolo sociale deve risultare da prove riguardanti specificamente i suoi requisiti tipici (quali la costituzione di un fondo comune, l’esercizio in comune di un’attività di impresa, la partecipazione agli utili e alle perdite, la c.d. “affectio societatis”, cfr. Tribunale Milano, 13/01/2006).

Pertanto, riassumendo quanto sin qui argomentato:

1) il soggetto che ha corrisposto alla controparte una somma in adempimento di un contratto di mutuo, ai fini dell’accoglimento della domanda di condanna di quest’ultima alla restituzione di quanto percepito, ha l’onere di dimostrare non solo l’avvenuta consegna del denaro, ma anche il titolo della propria pretesa – e, cioè, che il ricevente abbia assunto una precisa obbligazione restitutoria -;

2) colui che, invece, deduce che detti versamenti siano stati effettuati quali conferimenti in società da un socio occulto, ha l’onere di provare l’esistenza del vincolo sociale, e, in particolare, la costituzione di un fondo comune, l’esercizio in comune di un’attività di impresa, la partecipazione agli utili e alle perdite, nonché la c.d. “affectio societatis”.

Ebbene, in applicazione dei citati principi, nel caso in esame dall’espletata istruttoria è emerso che effettivamente, i versamenti per cui è causa sono stati effettuati dagli attori a titolo di mutuo e non come conferimento in ragione della qualità di (…) di socio occulto della società “(…)”.

In particolare, tale conclusione è desumibile non solo dalle dichiarazioni testimoniali rese da P.M. all’udienza del 04.12.2014 (cfr. relativo verbale) -sicuramente attendibili in quanto intrinsecamente ed estrinsecamente coerenti e non contraddittorie, e rese da soggetto indifferente ai fatti di causa -, secondo le quali, in sua presenza, (…) ed (…) si erano accordati per incontrarsi e “… formalizzare con una scrittura privata tra le parti un prestito senza interessi …”; ma anche alla luce delle tre missive del 10.08.2012, dell’11.08.2012 e del 03.10.2012 (cfr., rispettivamente, allegati da 9 a 11 alla citazione) in cui gli attori, facendo sempre riferimento a “prestiti”, hanno sollecitato -prima- la formalizzazione del citato accordo (prime due missive), e -poi- la restituzione delle somme versate (terza missiva), tutte rimaste prive di riscontro ed il cui contenuto non è stato mai contestato dal convenuto prima dell’introduzione del presente giudizio.

Né, in senso opposto a quanto appena osservato, depongono le ulteriori prove testimoniali acquisite nel corso del giudizio, da cui è emerso unicamente che (…) era un frequentatore abituale dall’attività commerciale di (…) -circostanza non rilevante ai fini che qui interessano, in quanto tale frequenza abituale era dovuta rapporti di lunga amicizia e frequentazione tra le parti, peraltro non contestati -, e che lo stesso si è occupato di alcuni aspetti amministrativi e di pagamenti relativi a detta attività -circostanza parimenti non rilevante, atteso che (…) era il commercialista del convenuto e, anche alla luce dei già richiamati rapporti di amicizia, appare verosimile che si occupasse di tali aspetti -.

A fronte di tali evidenze istruttorie, dunque, non può assumere rilevanza il fatto che

1) la teste (…) abbia riferito che (…) le fu presentato dalla madre del convenuto come socio dell’attività di quest’ultimo, in quanto, per un verso, circostanza riferita dalla madre (e senza che siano stati riferiti altri aspetti volti a circostanziare ed a definire tale aspetto); e, per altro verso, non riscontrata in alcun modo né dalla documentazione depositati in atti, né dalle stesse restanti dichiarazioni della (…), che ha dichiarato, nel prosieguo della testimonianza, di non aver mai assistito alle conversazioni tra (…) ed (…);

2) la mancata comparizione di (…) per rendere l’interrogatorio a lui deferito, in quanto, come già prima osservato, la partecipazione di (…) come socio occulto all’attività commerciale del convenuto è circostanza non riscontrata né dalle testimonianze acquisite nel corso del giudizio, né dalle altre evidenze istruttorie acquisite nel corso del giudizio, tanto più ove si consideri che il convenuto ha omesso di depositare qualsivoglia documento volto a dimostrare tale circostanza (non ha, infatti, allegato documenti alla propria produzione).

Quanto, invece, all’ammontare del mutuo, dal totale preteso dagli attori -e, in particolare, da (…)- si ritiene che vada detratta la somma di Euro 1.500,00 che quest’ultimo ha versato a (…) a titolo di “prestito infruttifero”, in quanto dalla svolta istruttoria non è emerso che tale somma non fosse effettivamente destinata a quest’ultimo ma, in realtà, al convenuto.

Ne consegue che dal totale della pretesa vantata da (…) nei confronti di (…) vanno detratti Euro 1.500,00, con un credito residuo del primo ((…)) nei confronti del secondo ((…)) di Euro 4.500,00.

In conclusione, la domanda avanzata in giudizio dagli attori è fondata per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto, 1) (…) va condannato a pagare, in favore di (…), Euro 3.580,00, oltre interessi legali dalla data della domanda e sino al soddisfo; 2) (…) va condannato a pagare, in favore di (…), Euro 4.500,00, oltre interessi legali dalla data della domanda e sino al soddisfo.

2. Sulle spese di lite

Le spese processuali seguono la soccombenza del convenuto e sono liquidate come in dispositivo secondo i parametri minimi del D.M. n. 55 del 2014 (in considerazione della modesta complessità delle questioni dedotte in giudizio) relativi a controversie con valore compreso tra Euro 5.201,00 e 26.000,00, con attribuzione in favore degli Avv.ti MA.DE. ed ER.DI., dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

Il Tribunale di Benevento, seconda sezione civile, in persona del (…), Dr. Gerardo Giuliano, pronunziando nella causa iscritta al n. 856/2013 del R.G.A.C., ogni contraria istanza, difesa, eccezione e conclusione disattesa, così provvede:

1. ACCOGLIE, per le ragioni e nei limiti di cui in motivazione, la domanda, e, per l’effetto:

2. CONDANNA (…) a pagare, in favore di (…), Euro 3.580,00, oltre interessi legali dalla data della domanda e sino al soddisfo;

3. CONDANNA (…) a pagare, in favore di (…), Euro 4.500,00, oltre interessi legali dalla data della domanda e sino al soddisfo;

3. CONDANNA (…) a pagare, in favore di (…) e di (…), le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 2.323,58 (di cui Euro 225,58 per esborsi ed Euro 2.098,00 per compenso professionale), più 15% sul compenso professionale per rimborso forfetario spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A., se dovute, come per legge.

Così deciso in Benevento il 5 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.