in caso di spoglio o turbativa del possesso, la reintegrazione o la cessazione della turbativa, anche se intervenute, per iniziativa spontanea del soggetto attivo, prima che il giudice gliene abbia fatto ordine ai sensi dell’art. 703 c.p.c., non eliminano l’interesse del soggetto passivo ad ottenere una sentenza che, benché non possa contenere quell’ordine, ormai inutile, esamini la fondatezza nel merito dell’azione possessoria, sia ai fini del necessario regolamento delle spese sia per la valutazione dell’eventuale ed accessoria domanda risarcitoria, dovendosi considerare, altresì, che una pronuncia di cessazione della materia del contendere, oltre all’esecuzione spontanea della rimessione in pristino, deve implicare pure il riconoscimento da parte del convenuto della illegittimità del suo operato.

Tribunale Brescia, Sezione 3 civile Ordinanza 22 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BRESCIA

– Sezione Terza Civile –

Nel procedimento ex art. 703 c.p.c. iscritto al n. 741/2019 R.G. promosso da CONDOMINIO denominato (…)

RICORRENTE

contro

(…)

RESISTENTE

Il giudice,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 28 febbraio 2019, esaminati gli atti e i documenti di causa, analizzate le questioni controverse, pronuncia la seguente

ORDINANZA

1.

Il Condominio denominato (…) (d’ora in avanti, anche soltanto Condominio (…) corrente in Brescia, ha convenuto in giudizio il (…) (nel prosieguo, anche solo (…)).

Premesso che il (…) conduce in locazione un’unità immobiliare facente parte del Condominio (…) il ricorrente ha dedotto che (…) Srl, proprietaria di tale unità immobiliare, con due successive istanze avanzate nel 2018 ha chiesto all’assemblea del condominio di autorizzare l’affissione da parte del (…) di un’insegna pubblicitaria sulla facciata dell’immobile condominiale, recante la dicitura “(…)”. Ha altresì dedotto il ricorrente che l’assemblea (con due successive deliberazioni, adottate rispettivamente il 7 marzo 2018 ed il 12 luglio 2018, non impugnate) ha rigettato la richiesta di (…) e che, ciò nonostante, nel mese di settembre 2018 il (…) ha “infisso alla facciata condominiale un cartellone di metri 4 x 1 pubblicizzante (…)”.

Ritenuta l’idoneità del cartellone a ledere il decoro del fabbricato e ravvisata nella condotta del (…) una turbativa del possesso, il ricorrente, invocato l’art. 1170 c.c., ha chiesto a questo giudice di ordinare al Centro Studi la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, con rimozione del cartellone.

1.1.

Costituitosi in giudizio, il (…), dedotto di aver ottenuto il riconoscimento dello status di scuola paritaria e di esercitare pertanto nei locali condotti in locazione una “funzione pubblica”, ha allegato di essere in tale veste titolare dell’obbligo di esporre, all’esterno dell’edificio, sia le bandiere italiana ed europea, sia un’insegna con il nome dell’istituto scolastico. Negata la natura pubblicitaria dell’insegna, il (…) ha dedotto la liceità e legittimità della sua affissione, siccome avvenuta previa presentazione di SCIA presso il Comune di Brescia, nonché in ossequio al disposto dell’art. 1102 c.c. e delle previsioni del regolamento condominiale, del quale, in ogni caso, ha contestato la natura contrattuale. Ravvisata, nel merito, la inidoneità del cartellone a ledere il decoro del fabbricato condominiale, il resistente ha chiesto in conclusione il rigetto della domanda di riduzione in pristino e rimozione avanzata dal Condominio.

1.2.

All’udienza del 28 febbraio 2019, parte ricorrente ha prodotto copia di comunicazioni intercorse tra il Condominio e (…) attestanti l’intendimento di parte resistente di procedere alla rimozione dell’insegna per cui è causa e, poi, l’avvenuta sua rimozione.

La rimozione dell’insegna è stata confermata in udienza dal procuratore del Centro Studi, il quale ha tuttavia insistito nelle richieste formulate in comparsa di risposta, deducendo che la rimozione è avvenuta in via temporanea e che parte resistente ha interesse a riposizionare l’insegna.

2.

Si richiamano atti e documenti di causa, noti alle parti.

3.

È incontestata l’avvenuta rimozione dell’insegna per cui è causa.

Posto che oggetto del presente procedimento è l’accertamento della sussistenza, o meno, di una turbativa del possesso posta in essere dal (…) a danno del Condominio a mezzo di una condotta compendiata dall’apposizione di un’insegna, alla cui rimozione parte resistente ha già sua sponte provveduto, va qui dato seguito al consolidato principio per il quale “in caso di spoglio o turbativa del possesso, la reintegrazione o la cessazione della turbativa, anche se intervenute, per iniziativa spontanea del soggetto attivo, prima che il giudice gliene abbia fatto ordine ai sensi dell’art. 703 c.p.c., non eliminano l’interesse del soggetto passivo ad ottenere una sentenza che, benché non possa contenere quell’ordine, ormai inutile, esamini la fondatezza nel merito dell’azione possessoria, sia ai fini del necessario regolamento delle spese sia per la valutazione dell’eventuale ed accessoria domanda risarcitoria, dovendosi considerare, altresì, che una pronuncia di cessazione della materia del contendere, oltre all’esecuzione spontanea della rimessione in pristino, deve implicare pure il riconoscimento da parte del convenuto della illegittimità del suo operato” (Cass. civ. n. 2991/2019).

L’avvenuta rimozione dell’insegna non esime, pertanto, questo giudice dall’esaminare nel merito la pretesa del condominio ricorrente.

4.

Non sono contestate in giudizio le circostanze delle quali si è già dato conto in premesse.

Non è, dunque, contestato il fatto che nel settembre 2018 il (…) ha affisso sulla facciata del fabbricato condominiale, in corrispondenza dei locali condotti in locazione, e, segnatamente, all’altezza della relativa fascia c.d. marcapiano, l’insegna recante la dicitura “(…)” rappresentata nelle fotografie in atti (cfr. doc. 4 parte ricorrente), avente lunghezza pari a metri 4 ed altezza pari a metri 1 (cfr. doc. 3 parte resistente).

Non è, parimenti, contestato (ed è, d’altro canto, provato per tabulas: cfr. docc. 1 e 3 parte ricorrente) il fatto che prima del settembre 2018, in due successive deliberazioni adottate rispettivamente nel mese di marzo e nel mese di luglio 2018, l’assemblea del condominio ha rigettato la richiesta presentata da Fin Bra nell’interesse di (…), avente ad oggetto l’apposizione dell’insegna in questione.

5.

Ebbene, il Condominio ha introdotto dinanzi a questo giudice un procedimento possessorio.

Il ricorrente ha chiesto la rimozione dell’insegna per cui è causa, lamentando che essa era lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale e costituiva, pertanto, turbativa del possesso ai sensi dell’art. 1170 c.c. Oggetto del presente procedimento, promosso ai sensi degli articoli 1170 c.c. e 703 c.p.c., è dunque l’accertamento della sussistenza, o meno, di una turbativa del possesso sub specie di lesione o alterazione del decoro architettonico.

Per giurisprudenza costante, la molestia o turbativa possessoria ex art. 1170 c.c. è un’aggressione all’altrui possesso che si rivolge contro l’attività di godimento del possessore, disturbandone l’esercizio (Cass. civ. n. 19586/2016).

Costituisce parimenti approdo della giurisprudenza di legittimità quello per il quale il decoro architettonico del fabbricato condominiale costituisce un “bene comune” (Cass. civ. n. 8830/2008) e, coerentemente, “la facciata ed il relativo decoro architettonico di un edificio costituiscono un modo di essere dell’immobile e così un elemento del modo di godimento da parte del suo possessore”, sì che “la modifica della facciata, comportando un’interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria” (Cass. civ. n. 4109/1985).

Ritiene dunque questo giudice, in accordo con l’indicata giurisprudenza, che la lesione del decoro architettonico del fabbricato condominiale da parte di un compossessore costituisca turbativa del possesso a danno degli altri compossessori, compendiando essa lesione una riduzione o elisione delle utilità ricavabili dal godimento del bene comune, ancorché di ordine edonistico o estetico (Cass. civ. n. 1076/2005).

Tanto precisato in termini generali, ritiene altresì questo giudice che la condotta del (…), consistita nell’affissione dell’insegna per cui è causa, abbia cagionato una lesione del decoro architettonico del fabbricato condominiale e che essa abbia pertanto costituito una turbativa del compossesso del fabbricato, rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 1170 c.c.

5.1.

La conclusione ora raggiunta si impone sulla scorta della valutazione della condotta materiale del (…), secondo quanto ci si appresta ad illustrare, dopo aver esaminato le difese spiegate da parte resistente al fine di sostenere la legittimità del proprio operato.

5.1.1.

A tal proposito, va innanzitutto dichiarata l’irrilevanza sia dell’asserito obbligo di apposizione dell’insegna per cui è causa, dedotto dal (…), sia della circostanza, del pari dedotta dal resistente, dell’avvenuta presentazione di apposita SCIA presso il Comune di Brescia prima ed in vista dell’apposizione dell’insegna.

Del dedotto obbligo di esporre insegne non si ravvisa, in effetti, la fonte, giacché la l. n. 22/1998 ed il DPR n. 121/2000, pur invocati dal (…), disciplinano esclusivamente l’esposizione delle bandiere italiana ed europea. Va, inoltre, dato atto del fatto che il (…) dispone di una targa: si tratta della targa affissa a piano terra, in corrispondenza delle porte che consentono di accedere ai locali dell’istituto, raffigurata nelle fotografie prodotte in atti da parte ricorrente.

Quanto, poi, alla SCIA, è noto che i titoli lato sensu abilitativi rilasciati dall’autorità amministrativa attengono al rapporto pubblicistico intercorrente tra il privato richiedente e la pubblica amministrazione, lasciando impregiudicato il profilo dei rapporti tra privati. Tanto vale (si direbbe, a fortiori) anche per le attività assoggettate al regime della SCIA.

5.1.2.

Visti la natura del procedimento che ci occupa e l’accertamento che ne costituisce l’oggetto, non coglie nel segno l’ulteriore difesa di parte resistente, la quale invoca l’art. 1102 c.c., deducendo che l’apposizione dell’insegna (pur se avvenuta dopo l’adozione di due deliberazioni condominiali ad essa contrarie, non impugnate) non potrebbe dirsi illegittima, giacché l’affissione di insegne sul muro perimetrale di un edificio condominiale costituisce uso normale della cosa comune, in quanto tale non sottoposto ad autorizzazione assembleare, ma al solo rispetto dei limiti posti dall’articolo 1102 c.c.

La difesa è inconferente, poiché, come detto, oggetto del presente giudizio non è l’accertamento della violazione delle deliberazioni assembleari: violazione sussistente, per quanto consta agli atti, ma che nel presente procedimento possessorio rileva solo nei termini che si andranno ad indicare, in punto di elemento soggettivo della turbativa per cui è causa.

Oggetto del procedimento è, per contro, l’accertamento della sussistenza (o meno) di una turbativa del possesso per lesione del decoro architettonico, perpetrata dal (…) a mezzo di una condotta materiale.

Ebbene, proprio a mente dell’art. 1102 c.c. invocato da parte resistente, il rispetto del decoro architettonico costituisce limite generale all’uso della cosa comune da parte del condomino, giacché per giurisprudenza costante “in tema di condominio è illegittimo l’uso particolare o più intenso del bene comune, ai sensi dell’art. 1102 c.c., ove si arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale” (Cass. civ. n. 14607/2012).

L’art. 1102 c.c. non legittima pertanto qualsivoglia uso particolare del bene comune da parte del condomino. Esso segna, viceversa, i limiti cui tale uso soggiace e soprattutto (per quanto qui d’interesse) pone il principio del rispetto del decoro architettonico, quale condizione della legittimità dell’uso della cosa comune.

La disposizione codicistica invocata dal resistente, in conclusione, lungi dal comprovare la legittimità della sua condotta, fornisce un parametro per la valutazione della stessa, rimandando al tema che costituisce il nucleo del presente procedimento possessorio, cioè a dire al tema del rispetto del decoro architettonico, da parte del condomino, e della rilevanza della sua lesione.

È, del pari, inconferente l’ulteriore argomento difensivo speso da parte resistente, per la quale l’affissione dell’insegna per cui è causa non sarebbe assoggettata alle previsioni del regolamento del Condominio o sarebbe comunque avvenuta in ossequio al regolamento medesimo, il quale, ad ogni buon conto, non avrebbe natura contrattuale.

Tali argomenti sono in effetti irrilevanti nel presente procedimento possessorio, nel quale, lo si ribadisce, va accertata la sussistenza di una lesione del decoro architettonico, il cui rispetto, a mente dell’art. 1102 c.c. (anche letto in uno con gli articoli 1120 e 1122 c.c.), costituisce limite intrinseco ed inderogabile all’uso o al godimento della cosa comune, sempre opponibile al condomino.

5.1.4.

Le difese di parte resistente sopra esaminate sono, in ogni caso, tutte riconducibili al novero dell’eccezione feci, sed iure feci, la cui ammissibilità e rilevanza in sede possessoria è come noto assai limitata.

L’eccezione feci, sed iure feci è infatti ammissibile in ambito possessorio soltanto ai fini della prova dello ius possessionis, potendo pertanto consistere soltanto nella deduzione, da parte del convenuto, della titolarità di un “non di un diritto, ma di un altro possesso, incompatibile con quello vantato dall’attore”, idoneo ad escludere quest’ultimo o a limitarlo o a comprimerlo (Cass. civ. n. 15322/2001).

Nell’ambito del “compossesso dei condomini su parti comuni dello edificio”, ove più compossessori sono titolari di un possesso di pari contenuto, “l’eccezione feci sed iure feci resta opponibile ogni volta che l’attività materiale del condomino sulle stesse non sia in contrasto con l’esercizio attuale o potenziale di analoga attività di altro condomino non limitandone i poteri corrispondenti ai diritti spettanti sulle cose condominiali o sulle parti di proprietà individuale” e mantenendosi essa entro i limiti del compossesso del convenuto, senza invadere la sfera del possesso del compossessore (Cass. civ. n. 8231/1987).

L’attività materiale del compossessore integra dunque molestia possessoria ed è pertanto illegittima (sì che è infondata l’eccezione feci, sed iure feci che egli opponga in sede possessoria) in tutti i casi in cui essa invada, pregiudicandola, la sfera del possesso degli altri compossessori e limiti le facoltà di cui essi sono titolari in tale loro veste, nonché il loro pieno godimento del bene comune: bene comune che, per giurisprudenza costante, secondo quanto già ricordato, comprende anche il decoro architettonico del fabbricato condominiale (Cass. civ. n. 8830/2008 cit.).

Ebbene, l’eccezione feci, sed iure feci opposta dal Centro Studi è infondata, illegittima essendo la condotta che esso ha posto in essere.

Precisato, infatti, che la locazione di un’unità immobiliare compresa in un edificio condominiale pone il conduttore in una posizione “non diversa da quella del proprietario in nome del quale egli detiene”, potendo pertanto il conduttore al pari del suo dante causa godere delle parti comuni dell’edificio (Cass. civ. n. 3874/1997), all’evidenza nel rispetto dei medesimi limiti che si impongono al rispetto del condomino suo locatore, va qui dichiarata la illegittimità della condotta materiale del conduttore (…), il quale, apponendo l’insegna per cui è causa, ha determinato una lesione del decoro architettonico, con ciò limitando il pieno godimento del fabbricato condominiale da parte dei compossessori e cagionando, pertanto, una turbativa del compossesso di tale fabbricato.

Secondo costante giurisprudenza, per decoro architettonico deve infatti intendersi “l’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità” (Cass. civ. n. 851/2007), sì che va ritenuta lesiva del decoro architettonico la condotta del compossessore che, intervenendo sulla facciata del fabbricato condominiale, ne alteri la complessiva armonia di linee che concorre a conferire al fabbricato medesimo la anzidetta, specifica identità (Cass. civ. n. 14455/2009).

Nel caso di specie, le fotografie in atti dimostrano che il fabbricato condominiale presenta una facciata connotata dall’alternanza di vetrate e fasce cementizie: alternanza assolutamente omogenea, priva di soluzioni di continuità e non alterata dalla presenza di alcun tipo di elemento, simbolo o insegna, di qualsivoglia dimensione o natura.

L’affissione dell’insegna per cui è causa, come del pari comprovano le fotografie in atti, ha certamente alterato l’armonia delle forme che connotava, prima della condotta del resistente, la facciata complessiva del fabbricato condominiale, inserendo in essa un elemento dissonante e disarmonico, isolato e quindi incoerente rispetto al disegno complessivo della facciata, non iscritto entro la trama di una complessiva armonia di linee ed atto, in definitiva, ad interrompere la omogeneità e linearità e la mancanza di elementi di identificazione che caratterizza la facciata del fabbricato conferendole l’identità che essa esprime.

Né, a contrario, rileva il fatto che l’insegna sia stata posta in uno specifico punto della facciata, sovrastato non dal muro perimetrale di ulteriori piani dell’edificio, ma da una colonna d’aria.

L’edificio condominiale presenta infatti un decoro che è la risultante della correlazione, della somma e della perfetta omogeneità stilistica e di identità di ogni sua porzione, sì che l’alterazione di una di tali porzioni non può che ridondare in alterazione del tutto.

Non è, per altro, privo di rilievo quanto dedotto dalla difesa di parte ricorrente, la quale, producendo in atti una sorta di simulazione, ha lamentato che a fronte dell’affissione di insegne da parte non solo del (…), ma anche (visto il “precedente” che ci occupa) da parte di altri condomini interessati a rendere nota l’attività svolta all’interno del fabbricato condominiale, la facciata di questo correrebbe fondatamente il rischio di trasformarsi in una “bacheca”, irrimediabilmente perdendo la sua identità, sin qui fermamente custodita dai condomini.

L’argomento, all’apparenza solo suggestivo, coglie invero nel segno, ponendosi nel solco dell’insegnamento giurisprudenziale (elaborato in tema di innovazioni, ma valevole, mutatis mutandis, in termini generali) per il quale “nel caso in cui parti del bene comune siano di fatto destinate ad uso e comodità esclusiva di singoli condomini” si impone al giudice chiamato a accertare la legittimità dell’uso “un’indagine diretta all’accertamento della duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione, e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perderebbe la sua normale ed originaria destinazione” (Cass. civ. n. 13752/2006).

5.1.6.

In conclusione, va ritenuto sussistente l’elemento oggettivo della turbativa del possesso lamentata da parte ricorrente.

Va, del pari, ritenuto sussistente l’elemento soggettivo della turbativa, dato come noto dalla “coscienza e volontà di compiere un atto che implichi l’alterazione dell’altrui possesso, contro il divieto espresso o anche solo presunto del possessore, senza che occorra la specifica intenzione di recare ad altri un pregiudizio e restando irrilevante la convinzione dell’agente di esercitare un proprio diritto” (Cass. civ. n. 1620/1987).

L’elemento psicologico della turbativa è certamente integrato nel caso di specie, nel quale il (…) ha volontariamente proceduto all’affissione dell’insegna dopo aver ottenuto due deliberazioni condominiali contrarie a tale affissione.

6.

La regolamentazione delle spese di lite consegue all’accertamento della sussistenza della turbativa del possesso denunciata da parte ricorrente.

Il (…) va pertanto condannato a rifondere al Condominio le spese di lite del presente procedimento, che, facendo applicazione dei compensi medi previsti dal DM n. 55/2014 per procedimenti cautelari di bassa complessità, si liquidano in Euro 286,00 per esborsi ed Euro 3.073,00 per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Non viene liquidato alcun compenso per la fase istruttoria, che non è stata svolta, mentre per quella decisionale vengono applicati i compensi minimi, non essendo state depositate memorie conclusive.

P.Q.M.

Il giudice,

visti gli artt. 1170 c.c. e 703 c.p.c.,

1. dichiara l’illegittimità della condotta consistita nell’affissione sulla facciata del fabbricato condominiale dell’insegna descritta in parte motiva;

2. condanna il (…) a rifondere a favore del Condominio denominato lotto A le spese di lite del presente procedimento, liquidate in Euro 286,00 per esborsi ed Euro 3.073,00 per compensi, oltre rimborso forfettario delle spese nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

Si comunichi.

Così deciso in Brescia, il 22 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 22 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.