ai sensi dell’articolo 1068 c.c., non e’ consentito lo spostamento delle opere necessarie all’esercizio della servitu’ per iniziativa unilaterale del proprietario del fondo servente, il quale, ove l’originario esercizio di quel diritto sia divenuto piu’ gravoso, o impedisca di eseguire lavori, riparazioni o miglioramenti, ben puo’ offrire al proprietario del fondo dominante un luogo altrettanto comodo per l’esercizio del suo diritto, ma, ove tale offerta non sia accettata, il trasferimento dell’esercizio della servitu’ in luogo diverso da quello originario puo’ essere chiesto e conseguito dal proprietario del fondo servente o per decisione del giudice, o per effetto di convenzione scritta, ex articolo 1350 c.c., n. 4, intercorsa fra le parti interessate, implicando il mutamento del luogo di esercizio variazioni nel contenuto della servitu’ medesima.

 

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 7 giugno 2018, n. 14821

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26124-2014 proposto da:

(OMISSIS), e (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1165/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 04/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1165/2014 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 4 luglio 2014.

Resiste con controricorso (OMISSIS).

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c.

La Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza resa in primo grado il 15 gennaio 2009 dal Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina, condanno’ (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), a ripristinare la servitu’ di deposito di acqua posta a servizio dell’alloggio di proprieta’ (OMISSIS) e gravante sulla soffitta sovrastante l’alloggio dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’edificio condominiale sito in (OMISSIS), frazione di (OMISSIS), localita’ (OMISSIS). Tale servitu’ di approvvigionamento idrico era stata costituita con atto pubblico del 21 dicembre 1965 intercorso tra (OMISSIS) (originaria proprietaria dell’intero immobile) e (OMISSIS), dante causa di (OMISSIS) e (OMISSIS). Il Tribunale ritenne che i cassoni d’acqua un tempo presenti nel sottotetto di pertinenza dell’appartamento dei convenuti fossero stati sostituiti da piu’ moderni contenitori collocati in parte condominiale, con trasferimento da ritenersi legittimo alla stregua dell’articolo 1068 c.c., comma 2. La Corte d’Appello affermo’, invece, che l’istruttoria per testi avesse confermato l’utilizzazione dell’impianto originario esistente nel sottotetto da parte della signora (OMISSIS) e della sua dante causa fino al dicembre 1988. Aggiunsero i giudici di secondo grado che l’allegazione dei convenuti circa un accordo per il trasferimento dello stesso impianto, intervenuto tra i precedenti proprietari dei fondi dominante e servente, prima ancora dell’acquisto dell’alloggio da parte dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS), fosse rimasto privo di prova, occorrendo per esso, d’altro canto, la forma scritta. Alla legittimita’ del trasferimento unilateralmente attuato dai convenuti non poteva poi prestarsi, secondo la Corte di Firenze, il disposto dell’articolo 1068 c.c., comma 2, (fattispecie neppure allegata dagli interessati), visto che l’impianto era stato spostato su fondo appartenente a terzi (il giardino condominiale), senza neppure averne il consenso.

Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ rubricato “erroneita’ e difetto di motivazione. Travisamento dei fatti e delle risultanze testimoniali. Carenza d’istruttoria. Illogicita’ manifesta”. Tale censura elenca sette circostanze, che si dicono non considerate dalla Corte di Firenze, circa l’allacciamento sopravvenuto del fabbricato alla rete idrica comunale, la pregressa inutilizzazione dei cassoni in amianto, le infiltrazioni da essi provocate, l’allaccio predisposto ad altri cassoni, il difetto di lamentele per oltre diciassette anni, l’assenza di pregiudizio subito dalla controparte, la possibilita’ dal 1989 di approvvigionarsi altrimenti d’acqua. Si sottolinea pure come l’operato trasferimento non potesse strutturalmente essere attuato senza la disponibilita’ ed il consenso tacito della signora (OMISSIS).

Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ analogamente rubricato “erroneita’ e difetto di motivazione. Travisamento dei fatti e delle risultanze testimoniali. Carenza d’istruttoria. Illogicita’ manifesta”, ma vi si aggiunge “anche sotto il profilo della mancata applicazione del disposto di cui all’articolo 1068 c.c., comma 2”. Si precisa come il fondo sul quale e’ stato trasferito l’esercizio della servitu’ sia “anche di proprieta’ (per 1/3) della famiglia (OMISSIS)” e come anche gli altri comproprietari avessero tacitamente e pacificamente dato il consenso.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente perche’ connessi. Le censure presentano evidenti profili di inammissibilita’ e si rivelano comunque infondate. Al di fuori della denuncia di mancata applicazione dell’articolo 1068 c.c., comma 2, il ricorso non denota i necessari caratteri della tassativita’ e della specificita’, che ne consentano la sussunzione in alcuna delle tipiche categorie logiche previste dall’articolo 360 c.p.c., risolvendosi, piuttosto, in una critica generica della sentenza impugnata. Vengono ipotizzati errori ed insufficienze nella motivazione della Corte di Firenze circa la ricostruzione delle vicende storiche e la valutazione delle emergenze istruttorie che esulano anche dal parametro del vigente articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale suppone, per contro, un vizio specifico, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Tale vizio e’ da denunciare nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (e dunque indicando gli atti e i documenti dei pregressi gradi di merito in cui siano state preventivamente introdotte nel dibattito processuale le questioni poi poste a fondamento del ricorso per cassazione), fermo restando che l’omesso esame di elementi probatori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

La Corte di Firenze ha accertato che non vi fosse prova di un trasferimento della servitu’ concordato per iscritto tra le parti interessate, sicche’ lo spostamento dell’impianto dal sottotetto al giardino condominiale doveva intendersi operato in via di fatto unilateralmente. I ricorrenti propugnano un diverso apprezzamento dei fatti rispetto a quello compiuto, a norma dell’articolo 116 c.p.c., dai giudici del merito, ma tale operazione inferenziale, che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, non e’ ammissibile davanti Corte di cassazione.

La decisione dei giudici d’appello e’, peraltro, conforme all’orientamento di questa Corte, qui da ribadire, secondo cui, ai sensi dell’articolo 1068 c.c., non e’ consentito lo spostamento delle opere necessarie all’esercizio della servitu’ per iniziativa unilaterale del proprietario del fondo servente, il quale, ove l’originario esercizio di quel diritto sia divenuto piu’ gravoso, o impedisca di eseguire lavori, riparazioni o miglioramenti, ben puo’ offrire al proprietario del fondo dominante un luogo altrettanto comodo per l’esercizio del suo diritto, ma, ove tale offerta non sia accettata, il trasferimento dell’esercizio della servitu’ in luogo diverso da quello originario puo’ essere chiesto e conseguito dal proprietario del fondo servente o per decisione del giudice, o per effetto di convenzione scritta, ex articolo 1350 c.c., n. 4, intercorsa fra le parti interessate, implicando il mutamento del luogo di esercizio variazioni nel contenuto della servitu’ medesima (Cass. Sez. 2, 14/03/1991, n. 2697; Cass. 28/01/1978, n. 405; Cass. Sez. 2, 25/05/1965, n. 1031).

Il ricorso va percio’ rigettato. I ricorrenti vanno condannati a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

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