il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l'”id quod plerumque accidit”, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo.

Tribunale Pescara, civile Sentenza 3 gennaio 2019, n. 2

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI PESCARA

Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico Dott. Gianluca Falco, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado, iscritta al n. 586/2015 R.G., promossa da:

FI.SI. (…), con il patrocinio dell’avv. Da.Za., elettivamente domiciliata in Pescara (PE) al Viale (…), presso e nello studio dell’avv. Da.Za., in virtù di procura in calce all’atto di citazione;

attrice;

contro

MA.FA. (…), con il patrocinio dell’avv. Pi.Vi., elettivamente domiciliato in Pescara (PE) alla Via (…), presso e nello studio dell’avv. Pi.Vi., in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione;

– convenuto –

SY. S.R.L. – CA.CU. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. Pi.Vi., elettivamente domiciliata in Pescara (PE) alla Via (…), presso e nello studio dell’avv. Pi.Vi., in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione;

– convenuta –

DO.CA. (…), con il patrocinio dall’avv. No.Ra., elettivamente domiciliato in Pescara (PE) alla Via (…), presso e nello studio dell’avv. Ma.Ca., in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione;

– convenuto –

PE.PI. (…), con il patrocinio degli avv.ti Ma.Fe. e En.Io., elettivamente domiciliato in Cepagatti (Pe) alla Via (…), presso e nello studio dell’avv. En.Io., in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione;

– convenuto –

AL. S.P.A., (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. Si.Ca., elettivamente domiciliata in Pescara (PE) alla Via (…), presso e nello studio dell’avv. Si.Ca., in virtù di mandato in calce al presente atto;

– terza chiamata in garanzia –

OGGETTO: Azione di responsabilità professionale sanitaria.

FATTO E PROCESSO

1. Con l’atto di citazione introduttivo del presente procedimento, la sig.ra SI.FI. conveniva in giudizio la SY. SRL. – CA.CU. – ed i medici, in quella operanti, FA.MA., DO.CA. e PI.PE., chiedendo l’accertamento della responsabilità degli stessi – nelle rispettive vesti – e la conseguente condanna al risarcimento di tutti i danni (quantificati in complessivi Euro 1.000.000,00) da lei asseritamele patiti in seguito ad una vicenda di malpractice sanitaria di cui ella – a suo dire – era rimasta vittima.

A sostegno delle proprie ragioni, l’attrice deduceva, per quanto ivi di interesse:

– di avere accusato, sin dal finire dell’anno 2010, episodi di cardiopalmo ed extrasistolia, che l’avevano costretta alla sottoposizione a controlli clinici in ambito cardiologico (esame Holter, alcuni elettrocardiogrammi, test ergometrico);

– che, su indicazione del cardiologo curante, le era stata consigliata l’esecuzione di Studio Elettrofisiologico (SEF) per extrasistolia ventricolare a morfologia BBDx in paziente sintomatico e non responsive alla terapia medica; – di essere stata ricoverata, in data 17.10.2012, presso la Ca.Cu. di Pescara e nella stessa giornata sottoposta a SEF;

– che lo studio elettrofisiologico del 17.10.12 veniva eseguito secondo la tecnica classica, con cateteri introdotti sia per via venosa che per via arteriosa, al fine di eseguire, da una parte, la stimolazione necessaria a scatenare l’aritmia e, dall’altra, il cosiddetto mappaggio del tratto di efflusso del ventricolo sinistro e nella zona sottovalvolare aortica per evidenziare il punto in cui erogare l’energia necessaria ad ottenere l’interruzione dell’aritmia, ossia l’ablazione;

– che, dopo una iniziale erogazione non efficace, nel corso di un successivo mappaggio si erano verificate una prima fibrillazione ventricolare, trattata con cardioversione, e una serie di recidive di FV che avevano richiesto l’erogazione di 19 DC shocks, manovre rianimatorie cardio – polmonari ed infusione venosa di lidocaina;

– che, al rientro in reparto, ella si presentava dispnoica, con dolore toracico nel respiro; – che, a seguito di una serie di cure ed esami, ella, in data 27.10.2012, era stata trasferita presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna ove, sottoposta ad ulteriori accertamenti, ivi era rimasta ricoverata sino alle dimissioni del 6.11.2012, con la diagnosi di “infarto miocardico in fase subacuta da dissezione prossimale del ramo circonflesso. Disfunzione ventricolare sinistra di grado moderato.

Insufficienza mitralica di grado moderato severo. Classe funzionale NYHA II”;

– che la Commissione Invalida Civili in Pescara, in data 8.5.13, la aveva dichiarata invalida con riduzione permanente della capacità lavorativa con percentuale del 75%, giudicandola idonea alle mansioni della qualifica di appartenenza, ma da adibire a mansioni interne con movimentazione di carichi con indici inferiori a 0.75, con rivedibilità dopo due anni.

Tano premesso, l’attrice asseriva che i predetti danni alla salute erano da addebitarsi alle condotte negligenti, imprudenti ed imperite poste in essere dal personale sanitario convenuto in giudizio, quali, in particolare:

– la errata esecuzione dello studio elettrofisiologico e, nella specie, l’inserimento accidentale ed erroneo del catetere ablatore, da parte dei medici operatori, nell’ostio coronarico dell’arteria circonflessa; da tale inserimento erroneo e dalla erogazione di energia conseguitane era derivato – a suo dire -, un danno a carico dell’endotelio del vaso, con conseguente dissezione degli strati interni ed occlusione del vaso.

Inoltre, l’ischemia acuta così ingeneratasi aveva provocato le subentrate crisi di fibrillazione ventricolare, aveva reso necessarie le manovre rianimatorie, mediante sia defibrillazione esterna, sia rianimazione cardiopolmonare, nonché, come era emerso nei due giorni successivi all’intervento, aveva prodotto un danno permanente a livello del miocardio.

– la scelta dei medici di eseguire la coronarografia solo dopo tredici giorni dall’evento acuto, con u ritardo che – a dire dell’esponente – non aveva consentito di ridurre i danni a livello del miocardio di limitare la zona offesa e di mantenere una migliore funzione sistolica;

– l’acquisizione di un consenso informato non completo ed esaustivo.

Le sopradescritte condotte del medico chirurgo e della sua equipe – riteneva l’attrice – erano state, con alto grado di credibilità razionale o di probabilità logica, condizioni necessarie dell’evento lesivo.

2. Nel costituirsi in giudizio, la Sy. S.r.l. – Ca.Cu. – e il dott. Ma.Fa. domandavano, nel merito ed in via principale, il rigetto della domanda attorea per infondatezza (non sussistendo nel caso di specie – a loro dire – alcuna violazione dei doveri relativi al corretto, diligente e perito svolgimento dell’attività medico-chirurgica da parte del dott. Faustino e della equipe operatoria, con riguardo sia alla fase pre-intervento e al trattamento post-operatorio, sia all’esecuzione dello studio elettrofisiologico) e, in via subordinata, nella ipotesi di declaratoria di fondatezza anche solo parziale delle domande attoree, l’accertamento rigoroso dell’entità dei danni conseguiti alla eventuale accertanda malpractice denunciata con la vocatio in ius, da adeguarsi a criteri di obiettività e giustizia.

Nella specie, i convenuti rilevavano:

– che, alla prima erogazione dell’ablazione, con catetere già in ventricolo sinistro, non erano state evidenziate alterazioni del tratto ST indicative di ischemia in atto al monitoraggio ECG del poligrafo;

– che la posizione dell’elettrodo ablatore era corretta; – che era stata la irritazione transcatetere della zona di origine della extrasistolia ad indurre una fibrillazione ventricolare gravissima e resistente;

– che il dolore toracico, il movimento enzimatico e le alterazioni elettriche riscontrate al rientro al reparto trovavano la loro ratio nei numerosi shocks elettrici e nelle manovre di rianimazione cui la paziente era stata sottoposta;

– che il giorno 20.10.12 – e, dunque, prima che l’ECG mostrasse ipocinesia della parete postero-infero-laterale (da danno ischemico coronarico) – comparse, a paziente asintomatica e quadro elettrocardiografico stabile, alterazioni della cinetica segmentaria, veniva prospettata alla Fi.Fr., la quale tuttavia aveva rifiutato la possibilità di eseguire una coronarografia;

– che, con molta probabilità, la causa della dissezione coronarica era da rinvenirsi nel traumatismo toracico indotto dal massaggio cardiaco esterno, ovverosia da quella manovra indispensabile in un soggetto in arresto cardiocircolatorio da fibrillazione ventricolare protratta e resistente a svariate defibrillazioni transtoraciche, le quali – comunque – avevano potuto anch’esse, per il brusco scuotimento della gabbia toracica, avere favorito la dissezione coronarica stessa;

– che il monitoraggio ecografico era stato accurato; – che la diagnosi di infarto era stata correttamente rappresentata quando si era manifestata con le caratteristiche di infarto non Q e non trans-murale trombo-occlusivo;

– che, infine, il modulo di consenso informato sulla procedura di cateterismo e di ablazione transcatetere firmato dalla paziente e dal medico operatore Faustino, ricalcava il consenso informato divulgato dalle due principali società scientifiche cardiologiche (l’ANMCO e l’AIAC), consenso che contemplava le complicazioni prevedibili ad eccezione degli esiti anomali, al limite del fortuito, quale doveva ritenersi quello di specie, in cui si era verificato un ematoma parietale coronarico con dissezione ostruente il lume, nel corso di manovre di massaggio cardiaco.

3. Nel costituirsi in giudizio, il dott. Pi.Pe., dopo avere rilevato di non aver partecipato alla procedura operativa in sala, non essendo sanitario preposto all’esecuzione di tale intervento, e dopo avere richiesto l’autorizzazione alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa AL. S.P.A., chiedeva, nel merito ed in via principale, il rigetto della domanda attorea per infondatezza e, in via subordinata – nella ipotesi di declaratoria di fondatezza anche solo parziale delle domande attoree – che la compagnia assicurativa lo manlevasse da ogni eventuale esborso economico che fosse ritenuto ascrivibile a sua responsabilità professionale.

4. Il dott. Do.Ca., nel costituirsi in giudizio, rilevava di non aver eseguito l’intervento de quo – essendosi il suo operato esclusivamente limitato al controllo dei parametri vitali della paziente – e domandava il rigetto di tutte le domande attoree, in quanto infondate in fatto e in diritto, quanto meno con riferimento agli addebiti mossi dall’attrice al proprio operato.

5. Si costituiva altresì in giudizio la terza chiamata Al. S.p.a., la quale, dopo aver dedotto preliminarmente di accettare il contraddittorio nei soli limiti ed alle condizioni di polizza, contestava illimitatamente la domanda attore, a siccome infondata in fatto ed in diritto sia in ordine all’an che al quantum.

6. Il processo giunge alla odierna decisione, dopo le fasi di trattazione e di istruttoria, nel corso della quale è stata espletata una CTU medico – legale, al fine di risolvere le questioni tecniche controverse.

MOTIVI DELLA DECISIONE

7. La domanda dell’attrice di accertamento della responsabilità professionale dei convenuti è infondata.

Si perviene a tali conclusioni in ragione delle considerazioni di seguito esposte.

A. Sulla qualificazione giuridica della domanda posta a fondamento della vocatio in ius

a. 1 È opportuno procedere preliminarmente alla qualificazione della natura della azione di responsabilità esercitata dalla attrice nei confronti delle controparti.

a. 2 Al riguardo, è principio acquisito in giurisprudenza che la responsabilità correlata all’esercizio dell’attività medica deve essere ricondotta al paradigma dell’art. 1218 c.c. avuto riguardo non solo alla posizione del singolo professionista, ma anche a quella della struttura sanitaria nel suo complesso (cfr., ex plurimis, Cass. civ., Sez. U., 11.1.08, n. 577; Cass. civ., 18.9.09, n. 20101; Cass. civ., 26.1.10, n. 1538; Cass. civ., 21.7.11, n. 15993).

a. 3 Inoltre, ferma la inapplicabilità ratione temporis al caso di specie della disciplina di diritto sostanziale di cui alla Legge n. 24/2017 (emanata in epoca posteriore ai fatti di cui è processo), non sussistono ragioni per ritenere che la precedente novella legislativa introdotta con il D.L. n. 158/12, conv. in L. n. 189/12 (sul punto oggi abrogata dalla Legge n. 24/17) possa aver inciso direttamente sull’attuale costruzione della responsabilità medica secondo il diritto vivente e che debba imporre un revirement giurisprudenziale nel senso del ritorno ad un’impostazione aquiliana, con le consequenziali ricadute in punto di riparto degli oneri probatori e di durata del termine prescrizionale (cfr. Cass. civ., Sez. VI, 24.12.14, n. 27391).

È infatti noto che l’art. 3, comma I, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, come modificato dalla Legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189, nel prevedere che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”, fermo restando, in tali casi, “l’obbligo di cui all’articolo 2043 c.c.”, non esprime alcuna opzione da parte del legislatore per la configurazione della responsabilità civile del sanitario come responsabilità necessariamente extracontrattuale, ma intende solo escludere, in tale ambito, l’irrilevanza della colpa lieve (Cass. civ., Sez. VI-III, 17.4.14, n. 8940).

B. Sulla disciplina dell’onere della prova nelle azioni di responsabilità professionale sanitaria

b. 1 Giova altresì sottolineare in diritto che, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di responsabilità professionale sanitaria, il paziente deve provare il danno ed il nesso causale tra lo stesso e la condotta commissiva ed omissiva sanitaria denunziata come colposa.

Dunque, non solo il danno, ma anche la sua eziologia è parte del fatto costitutivo che incombe all’attore di provare. Ed invero, se si ascrive un danno ad una condotta non può non essere provata da colui che allega tale ascrizione la riconducibilità in via causale del danno a quella condotta (Cass. civ., Sez. III, 4.11.17, n. 26824; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18392 del 26/07/2017; Cass. civ, sez. III, 07/12/2017, n. 29315; si v., inoltre, explurimis, Cass. civ., Sez. III, 9.10.12, n. 17143; Cass. civ., Sez. III, 16.1.09, n. 975; Cass. civ., Sez. III, 30.9.14, n. 20547; Cass. civ., Sez. III, 26.2.13, n. 4792; Cass. civ., Sez. III, 20.10.15, n. 21177).

b.2 Inoltre, nell’illecito civile, la sussistenza del nesso di causa non può legittimamente fondarsi su un criterio di semplice possibilità di verificazione dell’evento, dovendo la relazione causale intercorrente tra condotta e fatto dannoso attingere ed allocarsi entro la più intensa dimensione della probabilità causale, e ciò a prescindere dal grado e dai criteri da adottarsi per la valutazione di tale dimensione probabilistica del nesso medesimo” (cfr. ex multis Cass. civ., 18.4.07, n. 9226).

b.3 Per l’accertamento del nesso eziologico, come per la causalità ordinaria, anche per la causalità da chances perduta, da intendersi come possibilità di un risultato diverso e migliore, l’accertamento del nesso di causalità materiale implica sempre la applicazione della regola causale di funzione, cioè probatoria, del più probabile che non; sicché, in questo caso, la ricorrenza del nesso causale può affermarsi allorché il Giudice accerti che quella diversa e migliore possibilità si sarebbe verificata più probabilmente che non (cfr., sul punto, Cass. civ., Sez. III, 17.9.13, n. 21255).

Infatti, è proprio la sua elevata probabilità di avveramento, sulla base di elementi certi ed obiettivi, a rendere la chance favorevole e, così, la sua lesione risarcibile (Cass. civ., Sez. III, 17.9.13, n. 21255). E l’onere probatorio specifico della inferenza probabilistica incombe sul preteso danneggiato (Cass. civ., S.U., 23.9.13, n. 21678).

b.4 Pertanto, “se, all’esito del giudizio, permanga incertezza sulla esistenza del nesso causale tra condotta del medico e danno, tale incertezza ricade sul paziente e non sul medico” (Cass. civ., Sez. III, 26.2.13, n. 4792; cfr., parimenti, nel caso in cui si invochi la responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria, Cass. civ., Sez. U., 11.1.08, n. 582, secondo cui l’onere della prova di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano è a carico dell’attore).

C. Sulla ricostruzione della vicenda di cui è causa dal punto di vista “medico – legale”

c.1 Tanto premesso, può senz’altro scrutinarsi il merito della domanda secondo l’ordinario criterio di progressione logica delle questioni di responsabilità civile.

Ai fini della soluzione delle questioni tecniche controverse, si è proceduto alla nomina di un Ausiliario del Giudice, per l’espletamento di una CTU medico legale, nella persona del Prof. Dott. Pa.Ar., Ordinario di Medicina Legale, già Direttore del Dipartimento di Medicina Legale presso l’Università La Sapienza di Roma.

c.2 La CTU poc’anzi menzionata – quivi da intendersi integralmente ritrascritta per relationem e condivisa, perché espletata con metodo analitico e circostanziato, all’esito di un attento e motivato esame tanto della documentazione sanitaria in atti, quanto delle contrapposte tesi delle parti e delle note critiche del CT dell’attrice – assume primaria importanza, in ragione della natura squisitamente tecnica delle questioni dibattute.

c.3 Al nominato CTU – il quale ha reso il rituale giuramento alla udienza del 14.09.16 – è stato chiesto di rispondere ai seguenti quesiti:

– Verifichi la fondatezza o meno ed in che misura degli addebiti di imperizia e di negligenza mossi dalla parte attrice in citazione, nella/e relativa/e perizia/e di parte (se già allegata/e al proprio fascicolo) e nelle memorie ex art. 183 c.p.c., nonché – simmetricamente – la fondatezza o meno delle controdeduzioni tecniche mosse dalla/e parte/i convenuta/e (e dalla/e eventuale/i parte/i chiamata/e in causa), nella/e comparsa/e di risposta, nelle memorie ex art. 183 c.p.c. e nella/e eventuale/i perizia/e di parte già allegata/e, in ordine alla asserita conformità delle condotte sanitarie contestate alle regole dell’arte medica, il tutto anche alla luce della considerazione degli elementi conosciuti ovvero conoscibili con diligenza medica al momento della diagnosi e dell’esecuzione dell’intervento sul paziente;

accerterà, altresì, le eventuali specifiche colpe dei singoli medici convenuti, qualora esistenti, valutando al riguardo le rispettive tesi difensive prospettate.

nel caso di riconosciuta responsabilità medica, quantifichi i danni eziologicamente ricollegabili (in termini di certezza ovvero di probabilità scientifica, in tale ultimo caso quantificando la relativa percentuale di probabilità) all’accertata condotta sanitaria illecita, rispondendo ai seguenti quesiti di cui all’allegato A;

proceda inoltre – nell’espletamento della attività peritale – secondo gli adempimenti e le cadenze di cui all’allegato B;

al fine di espletare le verifiche di cui sopra, proceda: – a visita della parte attrice; – all’esame della documentazione sanitaria già in atti “(senza acquisire ulteriore documentazione non versata in atti)”.

“Dica il C.T.U., esaminati gli atti ed i documenti medici, visitato il periziando ed effettuate le opportune indagini:

1) – se dall’illecito siano derivate lesioni personali, descrivendone natura, entità e localizzazione;

2) – se le lesioni accertate abbiano cagionato una incapacità temporanea totale e/o parziale di attendere alle ordinarie occupazioni, determinando per entrambe le ipotesi di inabilità per quale periodo essa è durata, nonché indicando la percentuale della temporanea parziale;

3) – se siano insorti postumi di natura irreversibile, valutandone l’incidenza percentuale sulla concreta integrità psico – fisica della persona in sé e per sé considerata (danno biologico permanente);

4) – indichi se lo stato del periziando è suscettibili di miglioramento o aggravamento, fornendo, in caso affermativo, tutte le notizie utili su tale evoluzione;

5) – se tutti o alcuno dei postumi accertati siano in grado di incidere negativamente anche sulla capacità lavorativa specifica, indicandone globalmente la misura percentuale;

6) – se le spese mediche sostenute in proprio e documentate siano congrue indicandone l’ammontare valutando se siano state necessarie e/o comunque utili, valutando altresì necessità ed entità di quelle future che sono probabilmente da sostenere”

c. 4 Nello svolgimento dell’incarico ricevuto, l’Ausiliario del Giudice ha anzitutto esaminato, in modo approfondito, la documentazione sanitaria rilevante ai fini di causa, utile per la esatta ricostruzione sia della storia anamnestica della paziente FI.FR., sia dei contenuti e della cronologia della vicenda clinica rilevante ai fini di causa:

“I FATTI

(…) La Signora riferisce di aver accusare, sin dal 2010, situazione di cardiopalmo con aritmia.

La Signora riferisce di essersi recata alla Ca.Cu. in data 10/10/2012 per storm aritmico (F.V. recidivante), allo scopo di sottoporsi ad intervento di mappaggio endocardico ed ablazione.

Durante l’intervento si innescò F.V. interrotta con 19 DC Shocks, manovre rianimatorie e defibrillazione.

Successivamente la Signora veniva dimessa in data 27 ottobre, data nella quale si

ricoverava presso l’Istituto di Cardiologia dell’Università degli Studi di Bologna, del quale esibisce accertamento strumentali.

Attualmente è fibrillante e in terapia.

Riferisce altresì di difficoltà respiratorie anche solo nel salire la scale.

La sua attività di insegnante di nuoto si è interrotta.

Successivamente la signora veniva dimessa in data 27/10/2012, data nella quale si ricoverava presso l’Istituto di Cardiologia dell’Università degli Studi di Bologna, del quale esibisce accertamenti strumentali.

Dagli atti di causa si evince che la perizianda, in data 17/10/2012, si ricoverava presso il reparto di Cardiologia della Ca.Cu. di Pescara per storm aritmico (FV recidivante), allo scopo di sottoporsi ad intervento di mappaggio endocardico ed ablazione.

In anamnesi patologica remota si annotava: “da circa un anno asistolia ripetuta, sintomatica per cardiopalmo documentazione Holter di BEVrigido da RVOT”.

All’ingresso veniva annotato: “episodi di extrasistola sopraventricolare sintomatica. ECG: cuore sano”.

Nella medesima giornata, la signora veniva sottoposta ad intervento di mappaggio endocardico ed ablazione da cui:

“Indicazione: Extrasistolia ventricolare con morfologia BBD Si inseriscono per via transfemorale un catetere Terapy bid 4 mm, un catetere decapolare in seno coronarico ed un quadripolare defettibile.

Per la navigazione endocardica viene utilizzato il sistema Navex.

Si posiziona il catetere mappante quadripolare nel tratto d’efflusso del ventricolo destro e si ricostruisce attraverso singoli tocchi tutta l’anatomia di questa zona del ventricolo e con il catetere ablatore per via arteriosa si ricostruisce l’anatomia del tratto d’efflusso sx e dell’aorta ascendente.

II mappaggio e pace mapping in sede sottovalvolare aortica nel tratto d’efflusso sx anterolateralmente sul fascio de Purkinje trova un buon anticipo rispetto al complesso QRS di superficie (20 msec) e buon Match morfologico, l’erogazione in questa sede (60 WW 55 C), non determina interruzione dell’aritmia, durante ulteriore mappaggio di quest’area si innesca FV, recidivante, interrotta con 19 DC shocks ed in fusione di Lidocaina EV.

La procedura viene interrotta per eccessiva irritabilità del Purkinje “.

Veniva sottoposta a manovra rianimatoria alla fine della procedura, de fibrillata _più volte con massaggio cardiaco, lidocaina endovena.

In data 19/10/2012, praticava esame radiografico del torace che risultava negativo per fratture.

Il giorno successivo, la signora veniva sottoposta ad ecocardiogramma che mostrava: “ipocinesia infero-postero-laterale”.

In data 22/10/2012, la perizianda effettuava un ulteriore contro eco che mostrava: “Funzione contrattile del ventricolo sx ai limiti inferiori della norma, acinesia della parete post, inferiore media e antere-laterale. Insufficienza mitralica moderata”. Idati di laboratorio relativi al controllo degli enzimi cardiaci è troponina 0,42 ng/ml e CKMB 4,55 ng/ml (26/10).

La perizianda veniva così dimessa in data 27/10/2012, con diagnosi di: “Storm aritmico (FV Firmato Darecidivante) in corso di SEF ed ablazione TC di extrasistolia ventricolare con morfologia a BB dx complicato con infarto miocardico in sede laterale. Insufficienza mitralica moderata”.

Nella stessa data, la signora si ricoverava presso l’Istituto di Cardiologia dell’Università degli Studi di Bologna la cui diagnosi di dimissione riportava: “Infarto miocardico in fase subacuta da dissezione prossimale del ramo circonflesso.

Disfunzione ventricolare sinistra di grado moderato. Insufficienza mitralica di grado moderato – severo. Classe funzionale NYHA”. In cartella veniva riportato: “L’attuale ricovero è stato prenotato per puntualizzazione diagnosticoterapeutica nell’ambito del recente episodio infartuale. (…).

In data 17/10/2012 veniva eseguita procedura di ablazione transcatetere per via femorale destra dopo aver effettuato studio elettrofisiologico. Durante la procedura comparsa di fibrillazione ventricolare recidivante interrotta con 19 DC shock ed infusione di lidocaina. (…). Veniva in seguito prenotato l’attuale ricovero presso questo Istituto per effettuare ulteriori approfondiment (…).

In considerazione della distribuzione coronarica delle aree di acinesia è stata effettuata coronarografia che ha documentato stenosi del tratto prossimale del ramo circonflesso con segni di dissezione ed aneurisma.

Tale reperto è stato confermato dalla coronaro-TC eseguita in data 31/10/2012: subito a valle dell’origine del ramo circonflesso è presente una circoscritta dilatazione (aneurisma di circa 5 mm) con associato piccolo flap intimale e trombosi del falso lume per un tratto di circa 6-7 mm.

La suddetta circoscritta dissezione determina un restringimento di calibro dei vaso pari al 70-75% circa in sezione e del 50% circa sui piani bidimensionali. Indenni da lesioni i tratti coronarici a valle. Si evidenzia inoltre un difetto di perfusione subendocardico non transmurale che interessa tutto il territorio di distribuzione del ramo circonflesso (sede laterale ed intero-laterale).

Altra analogo difetto di perfusione subendocardico si osserva a livello della porzione media del SIV. In considerazione del riscontro di elevate pressioni di riempimento del ventricolo sinistro durante la ventricolografia è stata iniziata terapia con Lasitone con calo ponderale di circa 3 Kg.

In data 02/11/2012 eseguita risonanza magnetica cardiaca: ventricolo sinistro dilatato (TD 5.5; EDV 99.6 ml/m2) con diffusa ipoacinesia della parete laterale ed a livello dei segmenti anteriori ed inferiori medio-basali con funzione globale ridotta (FE 45%).

Dimensioni e funzione del ventricolo destro nella norma.

Circoscritto deficit di perfusione allo studio di primo passaggio a riposo a livello del segmento basale inferiore cui corrisponde nelle sequenze tardive un area di ritardato wash-out di mdctransmurale (no reflow).

Non altri deficit di perfusione a riposo. Nelle sequenze tardive si apprezza la presenza di aree di ritardato wash-out di mdc riferibili a danno miocellulare/interstiziale a localizzazione subendocardica (estensione parietale del 25% circa: segmenti medio-basali infero-laterali e in sede medio-apicale inferiore) ed altre con estensione parietale di circa il 50% (segmenti medio-basali antere-laterali ed al segmento laterale apicale); si associano inoltre circoscritte aree di ritardato wash-out di mdc a livello dei muscoli papillari.

In conclusione: la paziente ha sviluppato un infarto miocardico acuto nei corso della recente _procedura di ablazione a livello del ventricolo sinistro per extrasistoliafrequente, in fase acute l’evento è stato complicato da fibrillazione ventricolare recidivante interrotta con 19 DC shock ed infusione di lidocaina.

La paziente è stata quindi ricoverata presso questo centro per un ulteriore approfondimento che ha documentato il meccanismo alla base dell’infarto miocardico.

Si tratta di dissezione prossimale del ramo circonflesso che attualmente determina una stenosi del 70% dell’area trasversa.

Alla risonanza magnetica si documenta un buon flusso attraverso il vaso stenotico ed un tessuto miocardico vitale residuo quantificabile attorno al 40-50%.

In considerazione dei rischi di un’eventuale angioplastica a livello del vaso disecato abbiamo deciso di evitare per il momento tale procedura poiché il flusso coronarico presente non dovrebbe ostacolare l’eventuale recupero del miocardio vitale.

Rivaluteremo tale decisione dopo aver ripetuto un ecocardiogramma (attuale nazione d’eiezione del ventricolo sinistro: 40%, insufficienza mitralica moderata/severa) ed una coronaro-TC. Programma terapeutico: (…) Situazione del paziente alla dimissione: al momento della dimissione la paziente è asintomatica per angor, palpitazioni e/o lipotimie. Lieve dispnea da sforzo (NYHA II). Suggerimenti, controlli, programmi: (…).

In data 06/03/2013, la signora effettuava una visita cardiologica dove si certificava: “cardiopatia ischemica cronica post – infartuale in paziente con dissezione del ramo circonflesso prossimale.

Insufficienza mitralica di grado lieve – moderato. Classe funzionale NYHA II-III.

Rispetto all’ultimo controllo clinico la paziente presenta un peggioramento della classe funzionale per l’insorsenza di dispnea e angina per sforzi lievimoderati. PA = 120/70 mmHg, FC 63/min All’esame obiettivo non vi sono segni di scompenso cardiaco. ECG: ritmo sinusale, pregressa necrosi inferiore, frequenti extrasistoli ventricolari. Ecocardiogramma: Ventricolo sinistro moderatamente dilatato con acinesia della parete posteriore basale e ipocinesia della parete laterale (Vsn td/ts 5.3/4.2 cm; Voi 157/90 mi; FÉ 43%).

Insufficienza mitralica di grado lieve – moderato. Insufficienza tricuspidale lieve.

Pressione polmonare stimata 26 mmHg. Conclusioni: alla luce delle variazioni del quadro clinico, in particolare all’insorgenza di sintomi compatibili con angina (descritta come oppressione retrosternale da sforzo) ritengo indicata l’esecuzione di esame coronarografico per escludere un’evoluzione della dissezione coronarica.

Tale esame verrà svolto in regime di ricovero ospedaliere la cui data verrà concordata con la paziente. Terapia domiciliare invariata”.

In data 25/03/2013, la perizianda si recava in visita presso il Centro di Salute Mentale ASL di Pescara il cui certificato riportava:

“Sindrome depressiva endoreattiva media. Pregresso IMA in seguito ad intervento per ablazione transcatetere dell’aritmia.

La paziente risulta portatrice di danno permanente organico che ha innescato una sindrome depressiva con caratteristiche di cronicità (disturbo distimico) in quanto causale di menomazione all’immagine di sé, non più reversibile.

Risultano pertanto condizionate le sue progettualità future e le speranze di vita che peggiorano la prognosi per la malattia depressiva e gli esiti”.

Dal 09/05/2013 all’11/05/2013, la signora si ricoverava nuovamente presso l’Istituto di Cardiologia dell’Università di Bologna la cui diagnosi di dimissione riportava:

“Pregresso infarto miocardico da dissezione prossimale del ramo circonflesso. Disfunzione ventricolare sinistra di grado moderato. Insufficienza mitralica di grado lieve – moderato. Classe funzionale NYHA II-III.

Motivo del Ricovero: L’attuale ricovero è stato programmato per eseguire studio coronarografico in paziente con cardiopatia dilatativa post – infartuale. (…).

Da segnalare durante la degenza: in data 09/05 la paziente è stata sottoposta a studio coronarografico (accesso radiale sinistro) che ha mostrato una netta riduzione (rispetto al precedente studio) della dissezione del ramo circonflesso e della stenosi a valle di questa che appare di calibro lieve; ramo interventricolare anteriore e coronaria destra indenni da lesioni.

All’ecocardiogramma: esiti di necrosi a sede inferoposterolaterale con lieve dilatazione del ventricolo sinistro (5.5/4.4 cm) e frazione d’eiezione pari a 39%. Insufficienza mitralica di grado lieve/moderato.

Ventricolo destro nella norma.

Per riferiti edema all’arto inferiore destro è stato eseguito eco – color Doppler venoso (10/5) che non ha mostrato segni di trombosi venosa profonda né trombosi venosa superficiale; continenza delle crosse safeno femorali.

In conclusione: pregresso infarto miocardico da dissezione prossimale del ramo circonflesso.

Disfunzione ventricolare sinistra di grado moderato. Insufficienza mitralica di grado lieve/moderato. Netta riduzione della dissezione del ramo circonflesso e della stenosi a valle di questa rispetto al precedente studio coronarografico.

Pertanto, alla luce del quadro clinicostrumentale, veniva ottimizzata la terapia medica.

Situazione del paziente alla dimissione: paziente asintomatica, eupnoica, in buon compenso emodinamico (…)””.

In data 24/05/2013, la perizianda praticava visita nefrologica dove i sanitari certificavano insufficienza renale verosimilmente iatrogena con normale assetto elettrolitico.

In data 08/08/2015, la signora effettuava un controllo presso il centro di Salute Mentale di Pescara dove si certificava: disturbo depressivo endoreattivo con attacchi di panico”.

Successivamente, in data 17/03/2016, la perizianda effettuava visita presso l’UO di Dialisi dell’Ospedale Santo Spirito di Pescara dove s certificava: “.. IRC moderata (Clearance della creatinina 58 ml/min – Stadio IIIK-DOK”.

La successiva relazione redatta dal Dott. Ne.Ta., in occasione della visita effettuata presso il Reparto di Cardiologia dell’Università di Bologna in data 21/30/2016, riportava: “Si.Fi. DIAGNOSI: Cardiopatia dilatativa ischemica cronica post-infartuale in paziente con dissezione del ramo circonflesso prossimale. Insufficienza mitralica di grado lieve. Classe funzionale NYHA IIIII. Insufficienza renale cronica di grado moderato. (…)”.

D. Sugli esiti della CTU in ordine alla infondatezza degli addebiti di responsabilità mossi dall’attrice ai convenuti

d.1 A questo punto, l’Ausiliario del Giudice, a seguito dell’attenta disamina della documentazione sanitaria versata in atti e della ricostruzione della storia clinica della paziente (v. supra), ha esaminato, in modo puntuale e circostanziato, l’oggetto della controversia e – in quest’ambito – sia il contenuto degli addebiti di malpractice sanitaria mossi dall’attore ai convenuti, sia le difese tecniche sollevate da questi ultimi.

d.2 In particolare, gli addebiti di responsabilità sanitaria mossi dalla attrice alle controparti si sostanziano, come già evidenziato e come debitamente ribadito dal CTU, nella denunzia:

– della mancata acquisizione di un consenso informato completo, adeguato ed esaustivo;

– della errata esecuzione dello studio elettrofisiologico e, nella specie, dall’inserimento accidentale del catetere ablatore da parte dei medici operatori nell’ostio coronarico dell’arteria circonflessa;

– della scelta di eseguire l’esame coronografico solo dopo tredici giorni dall’evento acuto.

d.3 Per contro, le difese tecniche dei convenuti si sostanziano, come anticipato e come debitamente considerato dal CTU, negli assunti per cui:

– alcun addebito di responsabilità, in termini di negligenza, poteva muoversi ad essi, essendo stato l’esame elettrofisiologico eseguito in maniera diligente ed accorta, con apposizione corretta del catetere ablatore;

– l’intervento del 17.10.12, praticato sulla persona della Fi.Fr., dai sanitari del Ca.Cu., era stato eseguito in maniera diligente e perita, conformemente alle buone pratiche mediche e nel rispetto delle Linee Guida del settore e dei protocolli diagnostico – terapeutici in argomento;

– non sussistevano, nel caso di specie, ragioni tali da far ritenere urgente l’esecuzione di una coronografia;

– i danni lamentati dalla Fi. non erano da ricondursi all’operato dei sanitari di Pescara;

– il consenso acquisito dalla paziente era adeguato e completo.

d.4 A fronte di siffatte contrapposte deduzioni delle parti, il CTU è pervenuto – in ragione delle considerazioni di seguito riportate e tenendo, nella stesura della relazione finale, in debita considerazione le osservazioni del CT dell’attrice – alla motivata esclusione sia di qualsivoglia condotta imperita o negligente posta in essere dai sanitari della casa di cura di Pescara in occasione delle prestazioni sanitarie oggetto di causa, sia di un nesso causale tra le predette prestazioni sanitarie ed i danni alla salute lamentati dalla paziente.

Inoltre, per giungere a tali conclusioni – e dunque al fine di valutare l’adeguatezza delle prestazioni mediche riservate alla FI.FR. – l’Ausiliario del Giudice ha proceduto correttamente ad analizzare anche la condizione morbosa da cui quella era affetta al momento del ricovero presso l’ospedale di Pescara.

“CONSIDERAZIONI E VALUTAZIONE MEDICO – LEGALE”

Dal punto di visita medico legale, l’analisi del caso di specie pone in prima linea la ricerca di eventuali negligenze, imperizie o imprudenze verificatesi nel caso dell’intervento presso la Ca.Cu. di Pescara.

Innanzitutto va precisato che, al momento del ricovero presso la struttura, il quadro clinico presentato dalla signora Fi.Fr. imponeva l’intervento al quale ella fu sottoposta. Dalla documentazione in Atti, non si evince alcuna particolare fattispecie di comportamento da parte dei sanitari che possa sostanziare un degno di censura.

I sanitari, infatti, dopo aver visitato la paziente ed aver diagnosticato il quadro di extrasistolia ventricolare correttamente – come anche i CCTT di parte attrice affermano – posero indicazione alla esecuzione dello studio elettrofisiologico ed a una eventuale ablazione successiva come in effetti accadde.

Durante la procedura si è verificato un infarto acuto del miocardio, complicanza descritta in letteratura non necessariamente legata ad errori di tecnica, non evidenziabili e non dimostrabili nel caso di specie.

E’ vero che il sottoscritto ha citato nel testo come “causa” dell’infarto un aneurisma della coronaria ma, nello scusarci, per il refuso si precisa che è di tutta evidenza che si tratta di un errore grossolano di trasposizione materiale!

Giacché la frase andava correttamente riportata come “la complicanza verificatasi è legata alla dissezione prossimale del ramo circonflesso coronarico”: ma appunto di “complicanza” si tratta non già di errore!!

L’obiezione svolta dai consulenti di parte attrice secondo la quale avrebbe dovuto essere posta in atto anticipatamente e con maggior sollecitudine una coronarografia precoce dopo il tentativo di ablazione non può essere condivisa poiché non era presente alcun criterio che potesse indurre ad eseguire una coronografia con carattere d’urgenza:

– assenza di precedenti familiari e di fattori di rischio specifico;

– la diagnosi precoce di IMA era difficile in _paziente sottoposta a 19 DC shock (elevazione dei valori degli enzimi a derivazione miocardica: Troponina 1, CPK-MB, Mioglobina);

– la procedura comportava rischi elevati in paziente con recente arresto cardiaco in Fibrillazione Ventricolare recidivante, correttamente trattata dai sanitari.

Né si riscontra quanto affermato dai consulenti di parte attrice circa il consenso informato.

La paziente ha firmato un corretto consenso informato alla procedura i cui rischi possono essere esplicitati oralmente mentre appare del tutto personale l’affermazione dei consulenti di parte attrice che “se la pz. fosse stata informata della possibilità patologica successivamente intervenuta avrebbe certamente rifiutato l’intervento”, poiché ci troviamo di fronte ad un soggetto in cui la procedura era l’esclusiva ed imprescindibile forma di terapia e che purtroppo ha presentato una complicanza di estrema rarità, spesso non citata nei consensi scritti anche in maniera del tutto esaustiva”.

(…) In ragione di quanto sopra riferito, possiamo così rispondere ai quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Magistrato:

1. Le condotte sanitarie tenute dai sanitari convenuti hanno rispettato le regole dell’arte medica per quanto attiene alla diagnosi ed alla esecuzione degli interventi sulla paziente;

2. Non vi sono quindi addebiti di imperizia o negligenza nei confronti dei sanitari della Casa di Cura Pi.

3. Non vi sono conseguentemente lesioni che possano essere poste in nesso di causalità materiale con l’operato dei sanitari della Casa di Cura”.

E. Sulle conseguenze nel giudizio degli esiti delle indagini tecniche espletate sul caso

e.1 In virtù degli esiti degli accertamenti tecnici operati dal CTU – esiti pienamente condivisibili, perché espressi attraverso un attento e circostanziato esame della documentazione sanitaria in atti, di una analitica ricostruzione della esatta cronologia dei fatti di cui è causa, di un approfondimento ragionato delle condizioni patologiche che affliggevano la paziente al momento del ricovero e della tipologia di prestazioni eseguiti nell’occasione sulla stessa), nonché degli oneri probatori sussistenti a carico delle parti in causa a cagione delle coordinate giuridiche della fattispecie supra evidenziate, deve concludersi nel senso della intervenuta acquisizione della prova (da una prospettiva ex ante) della correttezza dell’operato dei sanitari della Casa di cura nella scelta ed esecuzione delle prestazioni mediche praticate sulla paziente e – di conseguenza – della non riconducibilità eziologica dei danni denunziati da quest’ultima ad una qualsivoglia condotta negligente o imperita degli stessi.

e.2 I danni riportati dall’attrice, difatti, sono da ricondursi ad una complicanza di estrema rarità verificatasi nel corso dell’intervento (“la complicanza verificatasi è legata alla dissezione prossimale del ramo circonflesso coronarico”) e non, come prospettato dall’attrice, all’errata esecuzione dell’intervento da parte dei medici (“Dalla documentazione in Atti, non si evince alcuna particolare fattispecie di comportamento da parte dei sanitari che possa sostanziare un degno di censura”).

e.3 È da escludersi, altresì, alla luce del quadro clinico presentato dalla paziente, un ritardo nell’effettuazione della coronarografia, non essendo rinvenibili nel caso di cui si tratta elementi atti a giustificare l’esecuzione con urgenza di un tale esame (assenza di precedenti familiari e di fattori di rischio specifico; difficoltà di una diagnosi precoce di IMA in paziente sottoposta a 19 DC shock; elevati rischi della procedura in paziente con recente arresto cardiaco in Fibrillazione Ventricolare recidivante).

e.4 Risulta priva di fondamento, infine, l’ulteriore questione, dibattuta tra le parti, concernente la correttezza o meno del modulo di consenso informato sottoposto alla paziente prima dell’intervento e da questa sottoscritto.

Al riguardo, è bene premettere anzitutto che l’attrice, nell’atto di citazione, ha avanzato censure assolutamente generiche (e, per ciò solo, processualmente irrilevanti) in ordine ad un asserito difetto di previo consenso informato all’intervento (cfr. il thema decidendum).

In particolare, la Fi.Fr. sul punto si è limitata a dedurre che “”il consenso informato somministrato da parte della Clinica Pi. e dal suo personale medico non pare inoltre esaustivo dal punto di vista specialistico e ciò determina di per sé una voce di danno risarcibile in favore della paziente disinformata”.

È allora evidente la assoluta genericità delle doglianze espresse dall’attrice (entro il thema decidendum: cfr. l’atto di citazione) in ordine alla asserita mancanza di informazione, non avendo la deducente indicato quali ulteriori dati specialistici – rispetto a quelli forniti – avrebbe nella occasione dovuto ricevere.

Per contro, è noto sia che “il potere di allegazione rimane riservato esclusivamente alla parte, perché il giudice può surrogare la parte nella postulazione degli effetti giuridici dei fatti allegati, ma non può surrogarla nell’onere di allegazione, che, risolvendosi nella formulazione delle ipotesi di ricostruzione dei fatti funzionali alle pretese da far valere in giudizio, non può non essere riservato in via esclusiva a chi di quel diritto assuma di essere titolare”, sia che “l’attività di allegazione non si soddisfa con l’affermazione di un fatto generico, ma comporta l’indicazione di tutti gli elementi atti ad individuare il fatto specifico che si intende allegare” (cfr. ex multis Cass. n. 7878/2000; Cass. n. 4392/2000; Cass. n. 7153/2000; Cass. n. 15142/2003; Cass. Sezioni Unite n. 1099 del 1998), sia, infine, che “nel sistema di preclusioni del processo ordinario di cognizione, anche per le allegazioni di parte il “”thema decidendum” non è più modificabile dopo la chiusura della fase di trattazione, potendo soltanto, dopo detta fase, formulare istanze istruttorie per provare i fatti allegati (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9323 del 17/05/2004; Cass. n. 4376 del 2000).

Tuttavia, anche a prescindere da quanto sopra rilevato, le informazioni sottoscritte per accettazione dalla paziente, in occasione dell’intervento (cfr. i relativi documenti) sono risultate complete dal punto di vista tecnico, come motivatamente evidenziato dal CTU sia nella 1 che nella 2 relazione (vd. supra).

A tale riguardo giova altresì’ ribadire come

“il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l'”id quod plerumque accidit”, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27751 del 11/12/2013).

Ad abundantiam, si rileva infine come in merito alla acquisizione di un consenso informato completo, i convenuti (cfr. pagg. 6 – 7 della comparsa di costituzione della Sy. – Ca.Cu. e del dott. Faustino) rilevano – e tale circostanza, non essendo stata contestata specificamente dalla attrice, deve considerarsi pacifica ex art. 115 c.p.c. – che il dott. Fa. – prima di controfirmare il consenso – ha spiegato oralmente, in modo dettagliato ed esaustivo, alla sig.ra Fi. l’intervento di cui si tratta.

Le doglianze sul punto mosse dall’attrice sono pertanto infondate e non meritano accoglimento.

c. 5 Le domande dell’attrice devono essere pertanto rigettate, per infondatezza, con conseguente assorbimento delle ulteriori questioni di merito sollevate dai medici convenuti con riguardo alle proprie, rispettive e specifiche posizioni.

F. Sulla disciplina delle spese processuali

f. 1 Le spese processuali (ad eccezione di quelle del PE., nei rapporti con la propria assicurazione: vd. infra) si compensano tra tutte le parti, in ragione della delicatezza della controversia e della complessità dell’accertamento istruttorio che si è dovuto espletare in giudizio per verificare la fondatezza o meno delle contrapposte tesi prospettate relativamente al “merito” delle prestazioni sanitarie oggetto di causa.

f.2 Le spese della CTU si pongono invece a carico definitivo dell’attrice, risultato integralmente soccombente sulle questioni tecniche demandate alla soluzione dell’Ausiliario del Giudice.

f.3 Le spese di lite sostenute dal PE. sono poste a carico della sua Assicurazione Al. SPA.

E’ infatti noto che, “nell’assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell’assicurato, a seguito dell’instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito danni, è svolta anche nell’interesse dell’assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all’obbiettivo ed imparziale accertamento dell’esistenza dell’obbligo di indennizzo. Ne consegue che, pure nell’ipotesi in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l’azione, l’assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell’assicurato, nei limiti stabiliti dall’art. 1917, terzo comma, cod. civ.” (cfr. ex multis Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19176 del 11/09/2014).

Inoltre, nessun patto di gestione della lite può imputarsi (diversamente da quanto eccepito dalla AL. SPA) all’assicurato, avendo lo stesso dato prova sia di avere tempestivamente notiziato la prima della vocatio in ius ricevuta dalla attrice, sia di avere inutilmente atteso comunicazioni della compagnia (nella specie mai pervenute) circa la nomina eventuale di difensori (cfr. la documentazione in atti; cfr. la mancata contestazione, tanto meno specifica, da parte della compagnia, del fatto, addotto e documentato dall’assicurato, di avere tempestivamente provveduto alla denunzia di sinistro a termini di polizza).

f. 4 Le spese di lite in questione si liquidano come da dispositivo, secondo il valore della causa, da ritenersi indeterminabile, in ragione dell’avvenuto rigetto della domanda attorea (per il generale principio per cui “deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, del quale si chiede il ristoro, costituiscano l’oggetto, o uno degli oggetti, dell’accertamento e della quantificazione rimessi al giudice”, cfr. ex multis Cass. n. 5901/04, n. 14586/05, n. 6414/07).

La liquidazione si opera – equitativamente e in ragione della pluralità delle questioni dibattute – con la media dei valori medi previsti per le cause di valore indeterminabile (scaglioni fino a Euro 26.000, fino a Euro 52.000, e fino a Euro 260.000,00), così assurgendo a Euro 8.506,33. Il rimborso comprende anche gli esborsi per contributo unificato, come da relativa nota spese.

Infine, in ragione della presenza, nella motivazione della presente sentenza, di dati sensibili dell’attrice, in applicazione dell’art. 52 Codice della Privacy, si dispone che in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, venga preclusa l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico Dott. Gianluca Falco, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 586/2015 R.G., ogni contraria istanza ed eccezione disattese, così decide:

RIGETTA

le domande dell’attrice, perché infondate, per le causali di cui in motivazione.

COMPENSA

integralmente tra tutte le parti (ad eccezione di quelle del PE., nei rapporti con la propria assicurazione) le spese del giudizio, salvo le spese della CTU che pone a carico definitivo dell’attrice, con conseguente obbligo di procedere agli eventuali conguagli.

CONDANNA

la AL. ASSICURAZIONI S.p.A. a rimborsare PI.PE. delle spese legali da quest’ultimo sostenute che liquida in Euro 1.686,00 per esborsi, Euro 8.506,33 per compensi, oltre il 15% sui compensi ed altri accessori come per legge.

DISPONE

ai sensi dell’art. 52 Codice della Privacy, che, in caso di riproduzione della sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, venga preclusa l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi della attrice riportati sulla sentenza.

Alla Cancelleria per quanto di sua competenza.

Così deciso in Pescara il 28 novembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2019.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.