l’art. 1168 c.c. richiede la sussistenza del c.d. animus spoliandi, che consiste nella consapevolezza di sovvertire una situazione possessoria contro la volontà espressa o presunta del possessore, così privandolo del potere di fatto sulla cosa, non assumendo viceversa alcuna rilevanza il convincimento del soggetto di esercitare un proprio diritto.

 

Tribunale Nuoro, civile Sentenza 10 settembre 2018, n. 440

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI NUORO

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Federica Meloni, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 193/2002 promossa da:

(…) (c. f. (…)), con il patrocinio dell’avv. SO.FR., domiciliato presso il difensore con indirizzo telematico

– parte attrice –

nei confronti di:

(…) (c. f. (…)), con il patrocinio dell’avv. PI.FR., domiciliata presso il difensore con indirizzo telematico

(…), con il patrocinio dell’avv. PI.FR., domiciliata presso il difensore con indirizzo telematico

– parte convenuta –

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Per quanto riguarda il completo svolgimento del processo, ai sensi del vigente art. 132 c.p.c., si fa rinvio agli atti delle parti e al verbale di causa.

Con ricorso depositato il 7 giugno 2002 (…) si rivolgeva al Tribunale di Nuoro assumendo di essere proprietaria e al possesso di un fabbricato con annesso giardino in via (…), fabbricato confinante con altro immobile di proprietà di (…).

La ricorrente lamentava che il (…), il 27 aprile 2002, si introduceva nel suddetto giardino e ne occupava una piccola parte, recitandola con rete metallica sostenuta da pali di ferro e con tale comportamento danneggiando alcune piante da frutta.

La (…) chiedeva l’intervento dei Carabinieri, i quali accertavano le opere contestate e i relativi autori. La ricorrente presentava altresì apposita denuncia querela.

In particolare, la (…) rilevava come l’azione del (…) fosse stata violenta e clandestina, laddove egli aveva la consapevolezza di aver agito contro la volontà della stessa ed essendo a conoscenza del fatto che l’area recintata che era sempre stata nel possesso della famiglia (…).

La ricorrente chiedeva dunque al Tribunale di Nuoro di essere reintegrata nel possesso dell’area occupata arbitrariamente dal resistente, con la condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese processuali.

Al l’udienza fissata per la comparizione delle parti, il (…) si costituiva in giudizio, assumendo di essere legittimo proprietario della porzione di area da lui recintata e di avere operato previa autorizzazione rilasciatagli dal Comune di Siniscola.

Ancora, il (…) assumeva di avere da anni esercitato il possesso del terreno in contestazione, dapprima adibendolo a cortile della propria abitazione, successivamente a deposito di materiali edili, previa estirpazione di rovi ed erbacce, dopo ancora riponendovi casse di birra e parcheggiandovi l’autovettura.

La causa veniva istruita con produzioni documentali e testimoniali e veniva decisa nel merito con sentenza n. 304 del 2009, con la quale il Tribunale accoglieva la domanda proposta da (…), disponendo la reintegra della stessa nel possesso dell’area occupata e recintata dal (…), ordinando a quest’ultimo il ripristino dello stato dei luoghi mediante l’eliminazione della rete metallica e condannandolo alla rifusione delle spese processuali in favore della ricorrente.

Avverso detta sentenza proponeva appello (…) (atto di appello in data 1 settembre 2009, notificato all’appellata il 3.9.2009).

L’appellante affermava che il Giudice di primo grado era incorso in grave errore nella valutazione delle risultanze processuali in relazione al possesso dell’area contesa e sulla ricorrenza del l’animus spoliandi e che, anzi, una più attenta disamina degli atti avrebbe dovuto far emergere l’inesistenza del possesso.

Con comparsa di costituzione e risposta in data 9 febbraio 2010, si costituiva in giudizio di appello la (…), che eccepiva l’infondatezza dell’appello proposto dal (…) avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro, ritenendo la decisione del Giudice di primo grado corretta sotto ogni profilo.

La Corte, sulle conclusioni confermate dalle parti nel corso dell’udienza del 15 novembre 2013, decideva la causa con sentenza n. 310/2014, depositata in Cancelleria l’8 luglio 2014, pronunciando:

“a) Dichiara la nullità della sentenza n. 304/2009 del Tribunale di Nuoro pronunciata nel procedimento tra (…) e (…), per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di (…);

b) Per l’effetto, rimanda le parti davanti al Tribunale di Nuoro;

c) Dichiara compensate le spese del giudizio di appello”.

In particolare, la Corte di Appello correttamente riteneva che, pur non ricorrendo nel giudizio possessorio un’ipotesi di litisconsorzio necessario, questo si imponeva qualora la reintegrazione o la manutenzione del possesso comportassero la necessità del ripristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione di un’opera di proprietà o nel possesso di più persone (nella fattispecie, l’abbattimento di una recinzione con paletti di ferro e rete metallica, di proprietà anche della moglie di (…), (…)).

Per tali ragioni, con ricorso depositato in cancelleria il 2.12.2014, (…) riassumeva la causa davanti al Tribunale di Nuoro.

Il ricorso, con in calce il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, veniva ritualmente notificato ai resistenti che si costituivano in giudizio con memoria di costituzione depositata in cancelleria il 6 maggio 2015.

La causa veniva nuovamente istruita con l’interrogatorio formale di (…) e l’audizione di 9 testimoni, nonché con la produzione della sentenza n. 0005213/16 – R.G.N. 25988/2011.

Precisate le conclusioni, il Tribunale tratteneva la causa a decisione con i termini di cui al l’art. 190 c.p.c. (udienza del 15 maggio 2018).

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda di parte ricorrente è fondata e merita di trovare accoglimento.

Preliminarmente si ritiene opportuno individuare il thema decidendum di questo procedimento ed evidenziare che la tutela possessoria prescinde dall’accertamento della legittimità del possesso, essendo finalizzato a tutelare una mera situazione di fatto corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di un altro diritto reale. Occorre quindi esaminare la situazione di fatto esistente, a prescindere dalla titolarità del diritto.

Per tali ragioni, risulta irrilevante – nell’odierno procedimento – l’acquisto del lotto da parte dei convenuti da tale (…), laddove risulterà invece necessario accertare quale delle parti esercitasse il possesso dell’area.

Ancora, l’art. 1168 c.c. richiede la sussistenza del c.d. animus spoliandi, che consiste nella consapevolezza di sovvertire una situazione possessoria contro la volontà espressa o presunta del possessore, così privandolo del potere di fatto sulla cosa, non assumendo viceversa alcuna rilevanza il convincimento del soggetto di esercitare un proprio diritto.

Pertanto risulta irrilevante – nell’odierno procedimento – il fatto che i convenuti abbiano agito dietro autorizzazione del Comune di Siniscola, essendo piuttosto necessario verificare se vi fosse la consapevolezza di agire contro la volontà dello spogliato, in modo da sostituire il proprio all’altrui possesso.

Nel caso odierno, entrambe le parti hanno asserito di avere, prima del 27 aprile 2002, il possesso dell’area: la (…) dichiara che lei, e prima di lei la sua famiglia di origine, aveva sempre coltivato il giardino in contestazione, i convenuti affermano che l’area era dagli stessi utilizzata per il deposito di materiali edili, per il deposito di casse di birra e per il parcheggio dell’autovettura e di un trattore.

I testimoni sentiti nel corso del procedimento hanno confermato le due tesi, laddove i testimoni di parte attrice hanno dichiarato che il (…) aveva ricevuto, a mero titolo di cortesia, l’autorizzazione della (…) a depositare sull’area alcuni materiali edili necessari per i lavori che stava eseguendo in casa sua ma, una volta terminati i lavori, il (…) liberava il terreno da ogni cosa, ripristinando la situazione dei luoghi, salvo parcheggiare, sporadicamente, la propria autovettura; mentre i testimoni di parte ricorrente hanno dichiarato che, finiti i lavori, l’area veniva occupata dai convenuti con casse di birra e di bevande varie rivenienti dal Bar che allora gestivano, con la loro autovettura e con un piccolo trattore agricolo di colore rosso.

L’unica circostanza sulla quale le parti e le testimonianze concordano, circostanza appurata anche nel corso del primo giudizio la cui sentenza è stata annullata, è che dalla metà degli anni 90 e per tutta la durata dei lavori il (…) ha depositato materiali edili sull’area de qua e che, successivamente, ha talvolta parcheggiato la propria autovettura sull’area.

La prova che l’area fosse occupata attraverso il deposito di casse di birra e bevande varie non può dirsi raggiunta.

A fronte di testimonianze contrastanti, tutte in egual misura parzialmente inattendibili laddove le testimonianze di parte ricorrente sono state rese dalle figlie dell’attrice e dal marito, mentre quelle di parte resistente da (…), (…), (…), appare opportuno basare la decisione sulla testimonianza più attendibile tra quelle raccolte, ossia quella del Maresciallo dei Carabinieri (…), la quale è peraltro suffragata da prove fotografiche e prove presuntive difficilmente sconfessabili.

All’udienza del 15 giugno 2017 (…) ha dichiarato che nel mese di aprile dell’anno 2001 (dunque un anno prima rispetto ai fatti) il giardino della (…), lungo il confine con la proprietà dei resistenti, era libero da cose e coltivato a frutteto; non ha menzionato autovetture né trattori. Il Maresciallo ha dichiarato altresì di essersi recato sul luogo per una controversia inerente il confine tra due proprietà (tra la proprietà (…) e quella (…)).

La circostanza riportata dal (…) risulta confermata dalle fotografie raccolte dalla ricorrente a seguito dell’apposizione della rete metallica. Dalle foto si evince come non risulti depositato sul terreno alcun materiale, non vi è alcuna cassa di birra o altre bevande, risultando viceversa una fitta vegetazione.

D’altronde non si vede perché, se fosse vero che i resistenti hanno sempre depositato grandi quantità di merci, tanto grandi da occupare 25/30 metri quadrati, avrebbero dovuto asportarli proprio dopo che era stata montata la rete metallica.

Quanto alla presenza più o meno sporadica della (…), la quale comunque non occupa un’area più ampia di 5 metri quadrati, si rammenta che l’art. 1144 c.c. sancisce che “gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non possono servire di fondamento all’acquisto del possesso”.

La circostanza che il parcheggio dell’autovettura sia stata di durata transitoria e di modesta entità (una (…) è un’auto di piccole dimensioni), unitamente al rapporto di vicinato che lega le parti in causa, porta a presumere che il parcheggio dell’autovettura da parte del (…) sia avvenuto per mera tolleranza o cortesia della (…).

Inoltre, la Cassazione, in tema di atti di tolleranza, ha più volte affermato che possa rilevarsene la sussistenza laddove l’atteggiamento del proprietario trovi giustificazione nella mancanza di un interesse ad opporsi al suddetto specifico uso. Per le ragioni appena esposte, si può ritenere che la (…) non avesse alcun interesse ad opporsi al parcheggio di una piccola autovettura, preferendo viceversa concedere, a titolo di cortesia e per coltivare rapporti di buon vicinato, l’utilizzo dello spazio.

Infine, la circostanza che il parcheggio sia avvenuto a titolo di mera cortesia trova conferma nel fatto che, non appena i resistenti hanno recintato un’area di 25/30 metri quadrati e dunque posto in essere un’azione di spoglio, la (…) abbia prontamente agito giudizialmente.

Per tali ragioni, si deve altresì ritenere che l’azione della (…) sia tempestiva, avendo ella agito entro un anno dallo spoglio, come prescritto dall’art. 1168 c.c.

Infine, deve ritenersi sussistente il requisito dell’animus spoliandi, posto che anche dalla semplice visione delle foto prodotte nell’odierno procedimento appare evidente come la striscia recintata sia una parte del più ampio giardino coltivato dalla (…) e, pertanto, i resistenti avevano certamente contezza dello stato dei luoghi e delle persone che vi esercitavano il possesso. Ad ogni buon conto, si ribadisce che, trattandosi di un giudizio possessorio, risulta irrilevante l’effettiva proprietà del terreno in capo ai resistenti e il convincimento degli stessi di esercitare un proprio diritto, laddove ciò che rileva è la consapevolezza di sovvertire una situazione possessoria contro la volontà espressa o presunta del possessore, così da privarlo del potere di fatto sulla cosa. Pertanto risulta irrilevante – nell’odierno procedimento – il fatto che i convenuti abbiano agito dietro autorizzazione del Comune di Siniscola, essendo piuttosto necessario verificare se vi fosse la consapevolezza di agire contro la volontà dello spogliato, in modo da sostituire il proprio all’altrui possesso.

Deve dunque essere disposta la reintegra di (…) nel possesso della porzione di terreno recintata da (…) e (…) e, per l’effetto, il ripristino dei luoghi mediante l’eliminazione della rete metallica e dei pali in ferro.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) Dispone la reintegra di (…) nel possesso della porzione di terreno recintata da (…) e (…) e, per l’effetto, il ripristino dei luoghi mediante l’eliminazione della rete metallica e dei pali in ferro;

2) condanna parte convenuta a rimborsare in favore di parte attrice le spese di giudizio, che liquida in Euro 4.835,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge.

Così deciso in Nuoro il 10 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

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