Ai sensi dell’art. 1144 cod. civ., gli atti di tolleranza, che non possono servire di fondamento all’acquisto del possesso, sono quelli che, implicando un elemento di transitorietà e saltuarietà, comportano un godimento di modesta portata, incidente molto debolmente sull’esercizio del diritto da parte dell’effettivo titolare o possessore e soprattutto traggono la loro origine da rapporti di amicizia o familiarità o da rapporti di buon vicinato improntati sulla consuetudine, i quali, mentre a priori ingenerano e giustificano la “permissio”, conducono per converso ad escludere nella valutazione a posteriori la presenza di una pretesa possessoria sottostante al godimento derivatone.

 

Tribunale Udine, Sezione 1 civile Sentenza 17 settembre 2018, n. 1096

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI UDINE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Giudice dott.ssa Maria Chiarelli, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2463/16 del R.A.C.C. in data 18.05.16 promossa

DA

– MA.GI., (…) con i proc. dom. avv.ti Va.Co. e Ta.St.

ATTORE

CONTRO

– CO.AD., (…) con il proc. dom. avv. An.Cu.

CONVENUTA

Avente per oggetto: proprietà.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Ma.Gi. ha convenuto in giudizio Co.Ad., esponendo di essere proprietario, per successione in morte del padre Ma.Al., degli immobili distinti al Fg. (…) mapp. (…) del NCT del Comune di Gemona.

Il terreno censito al Fg. (…) mapp. (…) (di recente soppresso ed unito al (…)) confinava, tra gli altri, con il mapp. n. (…) del medesimo foglio che, dal 20.07.1988, era di proprietà di Ad.Co.

Una esigua porzione del terreno di proprietà della convenuta, di superficie pari a mq 12,90 (come individuata e descritta nella relazione tecnica del geom. Urbani quale “accesso carraio che dalla viabilità comunale porta al fondo di proprietà” dei Ma.), insisteva sull’area compresa tra l’accesso al mappale 150 dell’attore e la pubblica Via (…).

Secondo la difesa dell’attore, dagli anni ’30 e certamente da oltre vent’anni, detta porzione del mapp. (…), individuata nella relazione del geom. Urbani, era stata posseduta in modo pacifico, continuo e ininterrotto, animo domini, dai precedenti proprietari, Ma.Al., Sa.Ar. e Sa.Pi., (rispettivamente padre, nonno e bisnonno di Ma.Gi.), che avevano provveduto a curarla e manutenerla e l’avevano utilizzata per accedere, sia a piedi che con qualunque altro mezzo, alla loro proprietà.

La difesa attorea descriveva nel dettaglio l’utilizzo che nel corso dei decenni era stato fatto dell’ara in questione e chiedeva, in via principale, che fosse accertata l’usucapione del diritto di proprietà della stessa in capo a Ma.Gi. e, in via subordinata, che fosse accertata l’usucapione di una servitù di transito.

Si costituiva in giudizio la convenuta, negando che nella fattispecie concreta in esame sussistessero i presupposti per poter ritenere integrata l’usucapione della proprietà o del diritto di transito. Verificata la regolare costituzione delle parti, esperito un tentativo di conciliazione, che non dava esito positivo ed assegnati i termini per la modifica o la precisazione delle domande e per le richieste di prova, la causa era istruita, oltre che con l’acquisizione dei documenti offerti dalle parti, con l’assunzione dell’interrogatorio formale della convenuta e di otto testimoni.

All’udienza del 22.05.18 i procuratori delle parti precisavano le rispettive conclusioni come in epigrafe ed il Giudice istruttore tratteneva la causa a sentenza a norma, assegnando i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Scaduti tali termini ed esaminati gli scritti conclusivi depositati dalle parti, la causa è ora matura per la decisione.

Va premesso che la presente sentenza viene redatta in forma abbreviata a norma dell’art. 132 n. 4 c.p.c., con la conseguenza che, per la parte narrativa, si deve richiamare quanto dedotto dalle parti nei rispettivi atti difensivi.

Il novellato art. 132 c.p.c. esonera dall’esposizione dello svolgimento del processo, essendo sufficiente, ai fini dell’apparato giustificativo della decisione, “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto”. Per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, il giudice, nel motivare concisamente la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le quaestiones sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle questioni, di fatto e di diritto, rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata (cfr. Cass. Civ. sez. III, 27 luglio 2006 n. 1745).

Le questioni non trattate non andranno, quindi, considerate come omesse per effetto di un error in procedendo, ben potendo risultare semplicemente assorbite, ovvero superate, per incompatibilità logico giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante.

La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia resa a Sezioni Unite il 16 gennaio 2015, n. 642, ha definitivamente sancito la possibilità per il giudicante di fare riferimento alle argomentazioni addotte anche dalle parti del processo nello svolgimento dell’iter logico argomentativo svolto ed idoneo a giungere alla determinazione della controversia.

Passando ad esaminare il merito della vertenza, reputa questo Giudice che, sulla base dell’istruttoria svolta, debba essere accolta la domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione del diritto di servitù di transito.

Non può, invece, ritenersi usucapito il diritto di piena proprietà della porzione di fondo di cui si tratta per l’evidente considerazione che le mere attività materiali di mantenimento e cura del fondo in questione, allegate dagli attori e provate nel corso dell’Istruttoria, non valgono di per se stesse a qualificare la tipologia del possesso come corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà sul bene.

Anzi, la presenza in sito di un cancello dimostra che il preteso utilizzo della porzione del mappale (…) è piuttosto avvenuto a titolo di esercizio su quella porzione del mapp. (…) di un diritto reale di godimento e non si è, invece, esternato con valenza inequivoca in una signoria di fatto sul fondo idonea a precludere la potestà dominicale del proprietario.

Infatti nel domandare, nell’anno 1992, il rilascio della concessione edilizia per la ricostruzione del muro di cinta del proprio mappale (…), Ma.Al. non ha incluso all’interno della recinzione anche quella porzione del mappale (…) che l’attore ora sostiene che già all’epoca fosse goduta uti dominus.

La collocazione della recinzione all’interno del proprio fondo manifesta una condotta che è espressione di un’attività materiale incompatibile con l’ipotesi che il diritto di proprietà si estendesse anche oltre la linea di recinzione. L’attività di chiusura del fondo è una delle facoltà che spettano al proprietario ed il fatto di aver posto il muro di confine ed il cancello sul mappale (…), senza includervi anche la porzione di cui si tratta, rende evidente che Ma. intendeva riconoscere la proprietà della convenuta su quella fascia di terreno.

Depone incontrastabilmente contro la sussistenza in capo all’attore ed ai suoi danti causa dell’elemento psicologico dell’animus possidendi uti dominus la circostanza che, nell’anno 1992, quando secondo l’allegazione attorea era già maturata e compiuta l’usucapione, nel recintare il fondo mappale (…) non sia stata ricompresa all’Interno dello stesso anche la porzione del mappale (…) (individuata anzi nella relazione tecnica allegata alla domanda di autorizzazione come facente parte della proprietà altrui), né successivamente sia mai stato posto a delimitazione dello spazio di mq. 12,90 oggetto di causa un qualsivoglia segno materiale di demarcazione dell’area idoneo a farne percepire l’appartenenza a soggetto diverso dal proprietario del restante mappale (…).

Quanto, invece, all’usucapione della servitù di transito, i testi attorei Fe.En., Fo.En. e Co.Br. – del tutto attendibili perché assolutamente privi di interesse personale e diretto in causa, così come di rapporti di parentela con le parti del giudizio – hanno confermato che l’attore e prima di lui suo padre e tutti i componenti della loro famiglia ed anche i terzi che, per necessità o motivi di cortesia, dovevano accedere al fondo attoreo, erano soliti esercitare il transito sull’area di cui si tratta ed attraversare il cancello che delimitava la proprietà attorea.

Tale accesso era libero e veniva effettuato sia a piedi che con qualunque tipo di mezzi (anche con i camion per scaricare la legna o le taniche di vino) ogni volta che se ne profilava l’utilità, già prima del terremoto del 1976 (v. dichiarazioni del teste Co.) e così è proseguito per ben oltre un ventennio.

L’attore e prima di lui il padre ed il nonno materni hanno eseguito tutte le opere di manutenzione e cura della modestissima porzione del fondo della convenuta che si interpone tra la strada pubblica ed il fondo di proprietà Ma., opere che erano evidentemente funzionali al mantenere agibile e comodo il passaggio.

In particolare i testi hanno dichiarato non solo di aver visto Ma. e prima di lui suo padre falciare l’erba e raccogliere le cartacce su quell’area, ma hanno dichiarato di aver loro stessi utilizzato il transito tutte le volte in cui dovevano accedere alla proprietà Ma.

Tali dichiarazioni non appaiono contraddette da quanto riferito dai testi di parte convenuta, i quali si sono limitati a dichiarare di non aver mai visto nessuno utilizzare quel transito e di aver visto solo i membri della famiglia Co. occuparsi dello sfalcio e della manutenzione.

In materia di usucapione della servitù, il necessario requisito dell’apparenza impone che le opere visibili e permanenti di cui all’articolo 1061 c.c. comma 2, quand’anche eccezionalmente si trovino sul fondo dominante, debbano comunque essere, come prescrive detta norma, destinate al loro esercizio, cioè costituenti una situazione oggettiva di fatto di per sé rivelatrice dell’assoggettamento di un fondo ad un altro, dovendo quindi l’inequivoca destinazione dipendere dalle oggettive caratteristiche dell’opera e non dal modo in cui questa viene utilizzata.

Requisito essenziale affinché esista la possibilità di addivenire all’usucapione di una servitù è l’apparenza, che non sussiste se non siano presenti opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio. Il termine opere è da intendersi sia con riferimento a quelle naturali che a quelle realizzate dall’uomo.

Circa il requisito dell’apparenza la Suprema Corte ha ritenuto che “il requisito dell’apparenza della servitù, di cui all’articolo 1061 c.c., necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al relativo esercizio ed attestanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, anche quando tali opere insistano sul fondo dominante o su quello appartenente a terzi. Ne consegue che, ove le opere visibili e permanenti consistano in un portone… l’apparenza della servitù postula comunque il riscontro dell’univocità della sua funzione oggettiva rispetto all’uso della servitù stessa” (Cass. 23 giugno 2015 n. 12.961).

La Cassazione ha anche chiarito che il successore a titolo particolare nella proprietà del fondo dominante entra in possesso della servitù anche se la servitù stessa non è menzionata nel titolo traslativo della proprietà del fondo.

Questo perché la servitù ha carattere accessorio rispetto alla res principale e, quindi, si trasferisce con la titolarità del fondo dominante anche senza espressa menzione nell’atto di trasferimento.

Nella fattispecie concreta in esame, è la stessa conformazione dei luoghi (quale risulta dalle planimetrie e delle fotografie in atti) a dimostrare, con assoluta evidenza, che il cancello posto sulla proprietà dell’attore e la frontistante area erbosa che si frappone fra lo stesso e la strada pubblica sono inequivocabilmente destinati a consentire il passaggio pedonale e carraio a chi voglia da via (…) entrare nella proprietà Ma.

11 marciapiede che costeggia la strada è stato costruito con uno scivolo sull’area antistante, in proiezione, il cancello di Ma., proprio per consentire agli automezzi di attraversare prima il marciapiede poi il breve tratto erboso per arrivare all’ingresso carraio.

Le dichiarazioni dei testi sopra indicati sono state assolutamente concordi nel riferire che detto transito è stato esercitato, da prima del 1976, senza interruzioni e, peraltro, quando nel 1992 il padre dell’attore ha deciso di rifare il vecchio portone in legno per sostituirlo con uno di ferro, ha chiesto ed ottenuto l’autorizzazione a mantenere anche l’accesso carraio su via (…) (v. sanatoria del 2000 rilasciata dal Comune di Gemona doc. 19 in atti).

Il fatto che i testi di parte convenuta abbiano dichiarato di aver visto questo cancello sempre chiuso e di non aver mai notato nessuno entrare da lì è circostanza piuttosto inverosimile (specie per la teste Ma., che abita in loco da 42 anni; mentre il teste Tr. si è limitato a riferire di osservare questo cancello solo quando vi passa davanti per uscire o rientrare a casa sua e solo dal 2007 ed il teste Tu. è piuttosto inattendibile, in quanto cognato della Co.), ma comunque del tutto ininfluente ai fini della decisione, poiché la servitù di transito è una servitù discontinua per l’esercizio della quale non è indispensabile un’utilizzazione continuativa delle opere e il possesso continuato ed ininterrotto va inteso come disponibilità della cosa, ancorché non vengano compiuti continui atti di esercizio. È ben possibile, quindi, che l’attore o chi comunque era diretto in entrata o in uscita alla proprietà attorea abbia utilizzato il transito in momenti nei quali i testi di parte convenuta non lo hanno notato. Peraltro, essendo il passaggio stato esercitato in maniera libera ed autonoma almeno fin dal 1976, deve escludersi che si tratti di una condotta posta in essere con la semplice tolleranza del titolare della proprietà del fondo servente.

Ai sensi dell’art. 1144 cod. civ., gli atti di tolleranza, che non possono servire di fondamento all’acquisto del possesso, sono quelli che, implicando un elemento di transitorietà e saltuarietà, comportano un godimento di modesta portata, incidente molto debolmente sull’esercizio del diritto da parte dell’effettivo titolare o possessore e soprattutto traggono la loro origine da rapporti di amicizia o familiarità o da rapporti di buon vicinato improntati sulla consuetudine, i quali, mentre a priori ingenerano e giustificano la “permissio”, conducono per converso ad escludere nella valutazione a posteriori la presenza di una pretesa possessoria sottostante al godimento derivatone.

Nella specie, in considerazione dell’abitualità e della reiterazione nel tempo del passaggio esercitato dall’attore e dai suoi danti causa, pur in assenza di rapporti di parentela con la proprietaria del fondo servente, va esclusa la sussistenza dei requisiti di cui al citato art. 1144 c.c.

Deve, dunque, essere accolta la domanda subordinata di parte attrice.

Per l’effetto si deve ritenere accertato e va dichiarato che l’attore ha acquistato per usucapione ventennale la servitù di passaggio pedonale e carrabile a favore del mapp. (…) (ora soppresso e unito al (…)) Fg. (…) del NCT del Comune di Gemona del Friuli, da esercitare sulla porzione di terreno del mapp. (…) Fg. (…) del NCT del Comune di Gemona del Friuli di superficie pari a mq 12,90, come individuata e descritta nella relazione tecnica del geom. Urbani doc. 6 di parte attrice, che qui integralmente si richiama, che insiste sull’area compresa tra l’accesso al mappale (…) dell’attore (ora soppresso ed unito al (…)) e la pubblica Via (…).

Le spese del presente giudizio, come in dispositivo liquidate in base al DM n. 55/14 secondo i valori medi dello scaglione di riferimento per ogni fase, seguono per legge la soccombenza e vanno, perciò, integralmente poste a carico della parte convenuta.

P.Q.M.

Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni

ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando,

1) accerta e dichiara che Ma.Gi. ha acquistato per usucapione ventennale la servitù di passaggio pedonale e carrabile a favore del mapp. (…) (ora soppresso e unito al (…)) Fg. 14 del NCT del Comune di Gemona del Friuli, da esercitare sulla porzione di terreno del mapp. (…) Fg. (…) del NCT del Comune di Gemona del Friuli, di superficie pari a mq 12,90, come individuata e descritta nella relazione tecnica del geom. Ur. del 17.10.14 doc. 6 di parte attrice che qui integralmente si richiama, che insiste sull’area compresa tra l’accesso al mappale (…) dell’attore (ora soppresso ed unito al (…)) e la pubblica Via (…);

2) ordina la trascrizione della sentenza presso gli Uffici del Registri Immobiliari competenti;

3) condanna Co.Ad. all’integrale rifusione delle spese del presente giudizio sostenute da Ma.Gi., spese che liquida in Euro 4.835,00 per compensi ed Euro 53,50 per esborsi oltre a spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Udine il 14 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 17 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

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