in tema di certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia, il venditore è obbligato ad attivarsi nei confronti dell’ente pubblico, riconoscendo la legittimità del rifiuto del promissario acquirente alla stipula del definitivo anche nel caso in cui il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, perché l’acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.

Tribunale|Teramo|Civile|Sentenza|13 febbraio 2020| n. 163

Data udienza 13 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di TERAMO

Sezione ordinaria civile

Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Silvia Fanesi

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. 84 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2014 e promossa da

(…) con il patrocinio dell’avv. (…), elettivamente domiciliato in Teramo, presso il difensore, giusta procura a margine dell’atto di citazione

ATTORE

contro

(…), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. (…), elettivamente domiciliata in Teramo, presso il difensore, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO

e contro

(…), con il patrocinio dell’avv. (…), elettivamente domiciliato in Teramo, presso il difensore, giusta procura rilasciata su foglio separato INTERVENUTO

CONCLUSIONI: le parti hanno concluso come da verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni del 24.9.2019, da intendersi qui integralmente trascritte

OGGETTO: vendita di cose immobili

Motivi della decisione

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. ritualmente notificato, (…) ha convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Teramo, la società (…) s.r.l. per ivi sentir accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta in ordine al mancato rilascio del certificato di agibilità dell’immobile oggetto di compravendita tra le parti e, per l’effetto, condannarla al pagamento della sanzione per l’ottenimento della sanatoria pari ad Euro 7.080,00, nonché al pagamento di oneri accessori, spese e competenze tecniche per la somma pari a Euro 3.000,00, e ciò per un totale pari ad Euro 10.480,00 ovvero alla somma maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali; accertare e dichiarare la ridotta commerciabilità dell’immobile, derivante dal mancato rilascio del certificato di agibilità, e, per l’effetto, condannare parte convenuta al risarcimento del danno subito per la somma di Euro 5.000,00 ovvero a quella maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali; accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta per l’aumento di spesa dei lavori di ristrutturazione ancora allo stato fermi e, per l’effetto, condannare parte convenuta al pagamento della somma pari ad Euro 2.081,44 ovvero a quella maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed

interessi legali; accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta del mancato beneficio degli incentivi statali in favore di parte attrice in ordine al mancato utilizzo dei pannelli fotovoltaici impiantati e, per l’effetto, condannarla al pagamento della somma di Euro 6.912,00 ovvero a quella maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali; accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta del pagamento degli oneri tecnici e legali sostenuti da parte attrice e per l’effetto condannarla alla refusione dei medesimi per una somma pari ad Euro 2.615,14 per spese legali, Euro 1.250,00 per spese di C.T.P., Euro 3.162,02 per C.T.U. ovvero a quella maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali; accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta per gli oneri conseguenti all’abbattimento ed alla ricostruzione del tetto e, per l’effetto, condannarla alla refusione dei medesimi oneri per una somma pari a Euro 30.000,00 ovvero a quella maggiore o minore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi legali; accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta del pagamento ad opera di parte attrice di Euro 1.380,00 a titolo di TARSU non dovuta nonché Euro 755,00 di I.C.I. non dovuta e, per l’effetto, condannare parte convenuta al pagamento di dette somme ovvero a quelle maggiori o minori ritenute di giustizia oltre rivalutazione ed interessi; con vittoria di spese.

A sostegno della domanda, parte attrice esponeva in sintesi e per quanto di interesse:

– che in data 9 novembre 2006, aveva acquistato dalla Società (…) s.r.l. l’unità immobiliare ad uso abitazione di tipologia c.d. “a schiera” sita a Bellante, alla Fraz.ne Molino San Nicola (…) ed identificata catastalmente al foglio n. 50, particella n. 773 sub 11 e sub 12;

– che in sede di stipula dell’atto pubblico la società venditrice, non essendo in possesso del certificato di agibilità dell’immobile, si obbligava a procurare copia del medesimo all’acquirente e dichiarava che il fabbricato era immune “da deficienze concrete e sostanziali” e che era stato realizzato in conformità al Permesso a Costruire n. 29 del 6 maggio 2004 per come rilasciato in pari data dal Comune di Bellante;

– che in data 16 dicembre 2009, parte attrice presentava allo Sportello Unico per l’edilizia del Comune di Bellante richiesta di permesso a Costruire (PRAT. 4156/2009) funzionale alla realizzazione di alcune opere interne ed esterne nonché alla ultimazione di opere di finitura dell’immobile in questione;

– che l’Ufficio Tecnico del Comune di Bellante indicava la sussistenza di difformità dell’unità immobiliare oggetto di giudizio e, in particolare, del sottotetto della stessa al Permesso a Costruire n. 68 del 1 dicembre 2006 (permesso in variante e diverso dall’unico Permesso a Costruire n. 29 del 6 maggio 2004 espressamente indicato nell’atto pubblico) sospendendo così la procedura fino all’eventuale ripristino della conformità;

– che l’attore proponeva ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. dinanzi il Tribunale di Teramo, incardinando il giudizio civile rubricato al n. 443/2011 R.A.C., all’esito del quale il c.t.u. incaricato riscontrava irregolarità nell’altezza del sottotetto rispetto a quanto assentito dal Comune;

– che il certificato di agibilità costituiva requisito giuridico essenziale del bene compravenduto poiché valeva ad incidere sulla commerciabilità e sul legittimo godimento del bene stesso;

– che il mancato rilascio della licenza di agibilità integrava l’inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità dell’immobile;

– che la mancanza di tale certificato comportava un ulteriore danno a titolo di aumento di spesa dei lavori di ristrutturazione che si erano fermati, a titolo di impossibilità di usufruire degli incentivi statali già richiesti per il collegamento alla rete elettrica dei pannelli fotovoltaici impiantati, a titolo di spese per oneri tecnici (c.t.u. e c.t.p.), a titolo di spese per pagamento di TARSU e ICI non dovuto e a titolo di spessa per l’abbattimento e per il rifacimento del tetto.

Si costituiva in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda attrice in quanto infondata, atteso che la mancata consegna del certificato di agibilità non era idonea ad integrare la fattispecie di danno da mancato godimento, in quanto l’immobile era stato venduto allo stato grezzo, ed era dipesa dall’omessa trasmissione della necessaria documentazione da parte dell’acquirente.

Disposto il mutamento del rito, espletata la prova orale, la causa giungeva all’udienza del 24.9.2019, ove le parti precisavano le conclusioni avanti la scrivente magistrato, cui medio tempore era stato assegnato il presente fascicolo, e veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Con comparsa di intervento depositata in data 13.11.2019, (…) interveniva nel presente giudizio chiedendo ordinarsi la cancellazione della trascrizione del sequestro conservativo trascritto in data 23/04/2015 RG 5190 – R.P. 3843.

Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità della comparsa di intervento depositata da (…) in data 13.11.2019, successivamente all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni.

L’art. 268 c.p.c. stabilisce, infatti, che “l’intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate le conclusioni “.

La fissazione di un limite temporale alla facoltà riconosciuta al terzo di intervenire in giudizio, limite individuato nell’udienza in cui la causa è riservata in decisione, risponde all’esigenza di comporre gli opposti interessi delle parti costituite e dell’interveniente e alla volontà di garantire, in ogni caso, la speditezza del processo.

Ne consegue che non è ammesso l’intervento in un momento successivo alla rimessione della causa in decisione, poste le inderogabili esigenze di coordinamento tra l’attività difensiva delle parti e l’esercizio della funzione decisoria.

Nel merito la domanda avanzata da parte attrice è in parte fondata e deve essere accolta per quanto di ragione.

In diritto si osserva che “la consegna del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sè condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto” (cfr. Cass. 11 ottobre 2013, n. 23157); più di recente, è stato affermato che la vendita di un immobile privo di certificato di agibilità configura una vendita di cosa in parte o del tutto diversa da quella dedotta in contratto e, in tale circostanza, il compratore potrebbe chiedere legittimamente la risoluzione del contratto (ovvero lo scioglimento del contratto) o l’adempimento dello stesso qualora abbia interesse all’acquisto, ferma la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni (cfr. Cass. n. 24386 del 8 febbraio 2016).

Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, infatti, il venditore-costruttore ha l’obbligo non solo di trasferire all’acquirente un fabbricato conforme all’atto amministrativo di assenso della costruzione e, dunque, idoneo ad ottenere l’agibilità prevista, ma anche di consegnargli il relativo certificato, curandone la richiesta e sostenendo le spese necessarie al rilascio. La giurisprudenza considera l’inadempimento di questa obbligazione ex se foriero di danno emergente, perché costringe l’acquirente a provvedere in proprio, ovvero a ritenere l’immobile tal quale, cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe, a prescindere dalla circostanza che il bene sia alienato o comunque destinato all’alienazione a terzi (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 23157 del 11/10/2013; Sez. 3 -Ordinanza n. 25418 del 10/10/2019).

È evidente, peraltro, che il rilascio del certificato di agibilità, ai sensi dell’24 DPR 380/2001 presuppone non soltanto la regolarità igienico-sanitaria dell’immobile, ma anche la sua conformità al titolo edilizio che ne ha consentito la costruzione o la trasformazione.

Venendo al caso di specie, risulta ex actis che, al momento della conclusione del contratto di compravendita, l’odierna convenuta non era in possesso del certificato di agibilità e si impegnava a procurarne copia da consegnare all’acquirente una volta ottenuto tale certificato (cfr. contratto del 9.11.2006 doc. 1 fascicolo parte attrice). Emerge, altresì, ex actis che a seguito della richiesta di permesso di costruire prot. 13205 in data 20.11.2009 avanzata da (…), il responsabile del procedimento presso il Comune di Bellante evidenziava la “discordanza tra il progetto assentito e lo stato di fatto del piano secondo in merito all’altezza netta interna dell’imposta del solaio di copertura lato strada” (cfr. fascicolo parte attrice).

Tale difformità tra lo stato di fatto del secondo piano dell’immobile oggetto di causa e il progetto assentito dall’ente pubblico con il permesso di costruire n. 29 del 6.5.2004 e successivo permesso di costruire in variante n. 68 del 1.12.2006, consistente in un’altezza maggiore del sottotetto rispetto a quella indicata nel titolo abilitativo, è stata riscontrata dal c.t.u. nominato in sede di a.t.p.

L’esperto, con relazione che viene completamente condivisa da questo giudicante per l’adeguatezza dell’iter logico che la caratterizza e la coerenza delle conclusioni, ha affermato che tale irregolarità, indipendentemente dal fatto che l’unità immobiliare fosse ultimata o priva di opere di finitura, era presente alla data del rogito notarile e non era imputabile ai successivi interventi posti in essere dal (…) e non ancora ultimati.

L’ausiliario ha indicato che il volume dell’unità immobiliare realizzata dalla convenuta era eccedente rispetto a quello consentito in misura pari all’8%, con conseguente configurabilità di un abuso edilizio incidente sulla commerciabilità del bene e, a prescindere dagli altri documenti necessari, sul corretto rilascio della certificazione di agibilità.

Alla luce di tali risultanze, non assumono rilevanza le deduzioni di parte convenuta relative allo stato ancora grezzo e privo di finiture dell’immobile né le dichiarazioni rese dai testi escussi relativamente all’assenza di pavimenti, porte e sanitari, atteso che l’accertata discrasia tra il progetto assentito dall’ente pubblico mediante rilascio del titolo abilitativo edilizio e lo stato di fatto dell’immobile realizzato dalla (…) s.r.l. avrebbe precluso, in ogni caso, il rilascio del certificato di agibilità, in quanto la conformità fra progetto e opera realizzata costituisce un presupposto imprescindibile per il rilascio del certificato stesso.

Del pari prive di pregio devono ritenersi le allegazioni della convenuta riguardanti impossibilità di ottenere il certificato di agibilità dell’immobile a causa del comportamento inerte del (…) rispetto alla richiesta di trasmissione della documentazione necessaria, atteso che, da un lato, devono richiamarsi le sopra esposte considerazioni in punto di necessaria rispondenza dello stato di fatto al titolo abilitativo e, dall’altro, come affermato dalla prevalente giurisprudenza, l’onere di consegna del certificato di agibilità grava sul venditore, con conseguente obbligo di attivazione per occuparsi della relativa richiesta e di esborso delle spese necessarie al rilascio.

Peraltro, il c.t.u. ha precisato che la produzione della documentazione relativa agli impianti di energia elettrica, acqua e gas rientra tra i compiti della parte venditrice nel caso in cui l’immobile, alla data del trasferimento della proprietà, risulti dotato di tali impianti.

Nella specie, la sussistenza di tali impianti al momento della conclusione del contratto può evincersi dal contratto stesso (cfr. art. VI) ed è stata confermata dai testimoni (…) (cfr. verbale di udienza del 27.4.2016 e verbale di udienza del 4.10.2016).

A tale proposito, la Suprema Corte ha affermato che, in tema di certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia, il venditore è obbligato ad attivarsi nei confronti dell’ente pubblico, riconoscendo la legittimità del rifiuto del promissario acquirente alla stipula del definitivo anche nel caso in cui il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, “perché l’acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali” (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 10820 del 11/05/2009)

Ne consegue, quindi, che nessuna responsabilità in ordine alla mancata consegna delle certificazioni relative agli impianti installati può essere addebitata a parte attrice.

A questo punto, accertato l’inadempimento della società convenuta, occorre procedere alla valutazione della richiesta di risarcimento dei danni avanzata da parte attrice.

Considerato che – come sopra specificato – la giurisprudenza considera la mancata consegna del certificato di agibilità da parte del venditore come idonea a determinare un danno emergente, in quanto comporta la necessità per l’acquirente di provvedere in proprio o di ritenere l’immobile ad un valore di scambio inferiore, il danno subito dall’attore deve essere parametrato alla sanzione applicabile in caso di abuso edilizio e di impossibilità di procedere alla demolizione senza pregiudizio per la parte dell’opera eseguita in conformità, quantificata dal c.t.u. in euro 7.080,00 (avuto riguardo alla superficie convenzionale, al costo unitario di produzione e all’incidenza pari all’8% del volume realizzato in eccedenza rispetto a quello assentito), oltre oneri, accessori e spese per l’ottenimento della sanatoria, quantificato in euro 3.000,00, per un totale di euro 10.080,00.

Tale somma deve ritenersi comprensiva del danno derivante da ridotta commerciabilità dell’immobile, con conseguente rigetto della domanda di liquidazione di un ulteriore somma riconducibile a tale voce di danno.

Devono essere, altresì, rigettate, in quanto infondate, le richieste di risarcimento relative al danno determinato dall’aumento dei costi per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione e ampliamento dell’immobile intrapresi dall’attore e dalla mancata percezione di reddito derivante dall’impossibilità di allaccio alla rete elettrica dei pannelli fotovoltaici, nonché della conseguente impossibilità di fruire dei relativi incentivi statali.

Osserva il Tribunale che tali voci di danno si fondano esclusivamente sulle valutazioni contenute nella consulenza di parte (cfr. doc. 7 fascicolo parte attrice), che, come noto, costituisce mera allegazione difensiva, le cui risultanze devono essere suffragate da idonei elementi di riscontro probatorio, nella specie non sussistenti.

Quanto alla domanda di risarcimento del danno derivante dalla spesa necessaria per l’abbattimento e la ricostruzione del tetto, quantificato in euro 30.000, la stessa deve essere rigettata, atteso che l’eliminazione delle irregolarità edilizie, oltre ad essere logicamente incompatibile con la possibilità di ottenere un titolo in sanatoria, è stata valutata come non praticabile dal c.t.u., che ha ritenuto un’opera di tal genere pregiudizievole per l’integrità e la stabilità della struttura portante.

Deve, invece, essere accolta la richiesta di risarcimento del danno in relazione alle spese sostenute per il pagamento di TARSU e ICI per la complessiva somma di euro 2.135,00 (cfr. ricevute di pagamento fascicolo parte attrice), in quanto non dovuta in ragione della sussistenza di una volumetria superiore rispetto a quanto risultante dal titolo abilitativo.

Quanto, infine, alla richiesta di pagamento delle somme sostenute da parte attrice per oneri tecnici e legali nel procedimento di a.t.p., tali voci devono essere valutate in sede di liquidazione delle spese del procedimento, atteso che “le spese dell’accertamento tecnico preventivo “ante causam” vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l’accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l’ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto” (cfr. Sez. 3 – , Sentenza n. 14268 del 08/06/2017) e che “le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue” (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 84 del 03/01/2013).

Ne consegue che nulla è dovuto a titolo di interessi e rivalutazione in relazione alle somme versate in relazione alla procedura di a.t.p. non trattandosi di poste risarcitorie.

In definitiva, parte convenuta deve essere condannata al pagamento della complessiva somma di euro 12.215,00.

Sul totale dei danni patrimoniali liquidati deve riconoscersi all’attore anche il lucro cessante.

In particolare, su tutte le somme liquidate a titolo di risarcimento del danno deve essere riconosciuto all’ attore anche il cd. lucro cessante e cioè il risarcimento del danno derivante dalla mancata tempestiva disponibilità della somma che, ove tempestivamente posseduta, avrebbe determinato un lucro finanziario.

In conformità al combinato disposto degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 c.c., il danno da ritardo in materia di responsabilità da fatto illecito non è presunto ex lege (non essendo applicabile l’art. 1224 I comma c.c.), ma deve essere allegato e provato facendo ricorso anche e soltanto a presunzioni semplici ed al criterio equitativo.

Quindi, non avendo fornito l’attore alcun elemento di prova in ordine ai possibili impieghi delle somme dovute, il cd. lucro cessante dovrà pertanto essere equitativamente calcolato, secondo l’orientamento della Suprema Corte (Cass. Sez. Un. 17.2.1995 n.1712 sul calcolo di interessi per debiti di valore), applicando, ad una base di calcolo costituita dall’attuale credito come sopra determinato (euro 12.215,00), devalutato all’epoca del deposito del ricorso per accertamento tecnico preventivo (28.2.2011), e rivalutato anno per anno secondo gli indici Istat Foi, un saggio di interesse corrispondente al rendimento medio degli interessi sui titoli di Stato (Bot, CCT) nel periodo di riferimento.

Sul complessivo ammontare del credito risarcitorio così come determinato e rivalutato, decorrono interessi in misura legale dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo (a quest’ultimo riguardo si richiama il consolidato orientamento della giurisprudenza di vertice secondo il quale, in tema di obbligazioni pecuniarie, qualora la liquidazione del maggior danno, ai sensi dell’art. 1224 co. 2 c.c., sia effettuata con il sistema della rivalutazione del credito in base agli indici Istat sul costo della vita, il relativo importo copre, fino al momento della liquidazione, l’intera area del danno e non può, quindi, essere cumulato con gli interessi, ferma restando la spettanza degli interessi al tasso legale a partire dalla pronuncia giudiziale di liquidazione del danno e fino al giorno dell’effettivo soddisfo del creditore (in termini, Cass.23 gennaio 1995 n. 725, Cass. 16 dicembre 1994 n. 10796, Cass. 14 marzo 1995 n. 2930, Cass. 16 luglio 1992, n. 8663, Cass. 1 marzo 1989 n. 1099; Cass. 11439/1997).

Quanto al governo delle spese di lite del presente giudizio tra parte attrice e parte convenuta, le stesse seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in base alla somma attribuita alla parte vincitrice.

Analogo criterio deve applicarsi alla liquidazione delle spese del procedimento cautelare in corso di causa per sequestro conservativo e delle spese del procedimento di a.t.p.

Sempre in applicazione del principio della soccombenza, le spese afferenti all’espletata c.t.u., liquidate con separato decreto, vanno poste a carico del convenuto.

Le spese devono essere compensate nei rapporti fra attore, convenuto e parte intervenuta, in ragione del mancato espletamento di attività difensiva in relazione a tale intervento tardivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Teramo, definitivamente pronunciando nella causa civile n. rg. 84/2014, ogni diversa domanda, istanza od eccezione disattesa, così provvede:

– dichiara l’inammissibilità dell’intervento di (…);

– in parziale accoglimento della domanda di parte attrice, condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice, a titolo di risarcimento dei danni subiti, della somma di euro 12.215,00 oltre rivalutazione e interessi come in motivazione;

– condanna il convenuto a corrispondere all’attore, a titolo di rimborso delle spese di lite del presente giudizio, la somma di euro 4.835,00 per compenso professionale, oltre euro 1.607,00 per spese, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA;

– condanna il convenuto a corrispondere all’attore, a titolo di rimborso delle spese di lite per il procedimento cautelare in corso di causa, la somma di euro 2.190 per compenso professionale per le fasi di studio, introduttiva e decisionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA;

– condanna il convenuto a corrispondere all’attore, a titolo di rimborso delle spese di lite per il procedimento di accertamento tecnico preventivo, la somma di euro 2.225,00 per compenso professionale, oltre euro 120,50 per spese, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA;

– pone definitivamente le spese di c.t.u. in capo a parte convenuta;

– compensa le spese di lite fra parte attrice, parte convenuta e parte intervenuta.

Teramo, 13 febbraio 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.