allorquando il soccombente nel giudizio in tema di distanze per l’apertura di vedute impugni la sentenza del giudice di merito che lo abbia condannato alla demolizione dei propri balconi realizzati a confine in violazione dell’articolo 905 c.c., deducendo che fosse sufficiente, ai fini del rispetto delle predette distanze, l’adozione di diversi specifici accorgimenti, deve affermarsi che l’eliminazione delle vedute abusive puo’ essere realizzata non solo mediante la demolizione delle porzioni immobiliari per mezzo delle quali si realizza la violazione di legge lamentata, ma anche attraverso la predisposizione di idonei accorgimenti che impediscano di esercitare la veduta sul fondo altrui, come l’arretramento del parapetto o l’apposizione di idonei pannelli che rendano impossibile il prospicere e l’inspicere in alienum. Perche’ il giudice disponga, in alternativa alla demolizione, l’esecuzione degli idonei accorgimenti di cui si e’ detto, e’ unicamente necessario (come avvenuto nella specie ad opera degli appellanti) che la parte interessata chieda al giudice stesso l’esercizio di tale potere.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 23 luglio 2018, n. 19494

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. TEDESCO Giusseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 708-2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 755/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata l’8/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/03/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 755/2014 della Corte d’Appello di Firenze, depositata l’8 maggio 2014.

Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.

Pronunciando sull’appello formulato da (OMISSIS) e (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Pisa in data 26 settembre 2011, la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale, volta a condannare (OMISSIS) e (OMISSIS) a demolire il terrazzino di loro proprieta’ realizzato in violazione della distanza ex articolo 905 c.c. dalla proprieta’ dell’attrice (OMISSIS), a spostare la ringhiera per evitare la veduta ed a chiudere una porta di accesso, subordinando tuttavia tale riduzione in pristino alla mancata adozione da parte degli appellanti, entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, degli accorgimenti idonei a precludere affaccio e veduta verso la proprieta’ (OMISSIS).

Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) deduce la “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto”, evidenziando come il terrazzino fosse stato realizzato ad una distanza di cm. 92 dal confine, senza percio’ osservare l’articolo 905 c.c.

Il secondo motivo di ricorso allega la “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo”, per il condizionamento della condanna imposto dalla Corte d’Appello alla mancata installazione sul terrazzino di ripari fissi dell’altezza di metri 2, in violazione della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato.

Si impone un rilievo pregiudiziale.

I ricorrenti hanno espressamente allegato che la sentenza impugnata, pubblicata l’8 maggio 2014, e’ stata loro notificata il 18 luglio 2014, pur limitandosi a produrre una copia autentica della stessa (la cui conformita’ all’originale digitale e’ stata attestata dal difensore ai sensi del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-bis, comma 9-bis), priva quindi della relata di notificazione (cfr. articolo 369 c.p.c., comma 1 e comma 2, n. 2). Va esclusa la possibilita’ di applicazione della sanzione della improcedibilita’, ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, essendo comunque la previsione di tale onere di deposito funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale della tempestivita’ dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, di regola, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, e’ esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve (cfr. anche Cass. Sez. U, 02/05/2017, n. 10648).

Nel caso in decisione, la sentenza della Corte d’Appello di Firenze risulta notificata in data 18 luglio 2014 al procuratore costituito di (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), nel domicilio eletto di (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS). Questa notifica segnerebbe il riscontro della tempestivita’ dell’impugnazione del rispetto del termine breve di impugnazione ex articolo 325 c.p.c., comma 2, essendo stato il ricorso notificato il 23 dicembre 2014 a fronte della notificazione della sentenza eseguita il 18 luglio 2014. E’ stato tuttavia dedotto dai ricorrenti, e documentato mediante produzione del certificato di morte, che (OMISSIS) fosse deceduta il (OMISSIS). Verificatasi la morte della parte (o altro evento interruttivo) dopo la notificazione della sentenza, i termini per impugnare sono allora disciplinati esclusivamente dall’articolo 328 c.p.c., secondo cui il termine per impugnare e’ interrotto e il nuovo termine decorre dal giorno in cui e’ rinnovata la notificazione della sentenza; qualora manchi tale rinnovazione l’impugnazione deve essere proposta nel termine (di un anno, per la formulazione della norma applicabile ratione temporis) previsto dall’articolo 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza e non dall’evento interruttivo, prevedendo l’articolo 328 c.p.c., comma 3, una proroga di sei mesi dal giorno dell’evento per il solo caso che questo intervenga dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza (cosi’ Cass. Sez. 1, 29/09/1999, n. 10789; Cass. Sez. 1, 22/10/2008, n. 25583). Pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima alla parte defunta durante la decorrenza del termine di cui all’articolo 325 c.p.c., il ricorso per cassazione deve, pertanto, egualmente ritenersi procedibile, ove risulti che la sua notificazione si sia poi perfezionata, in mancanza di rinnovazione della notificazione della sentenza, ai sensi dell’articolo 328 c.p.c., comma 1, entro il termine previsto dall’articolo 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza.

I due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, si rivelano inammissibili, in quanto entrambi non superano lo scrutinio ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1, (cfr. Cass. Sez. U, 21/03/2017, n. 7155). La Corte d’Appello di Firenze ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento.

(OMISSIS) e (OMISSIS) appellarono la sentenza del Tribunale di Pisa, che aveva disposto la parziale demolizione del terrazzino, chiedendo che venisse adottata una misura meno incisiva, quale una tamponatura laterale. In tal senso ha quindi deciso la Corte d’Appello, la quale ha condizionato la demolizione alla mancata installazione di idonei ripari fissi alti almeno 2 metri su entrambi i lati del terrazzino, in modo da evitare affaccio e veduta.

E’ principio consolidato quello secondo cui, allorquando il soccombente nel giudizio in tema di distanze per l’apertura di vedute impugni la sentenza del giudice di merito che lo abbia condannato alla demolizione dei propri balconi realizzati a confine in violazione dell’articolo 905 c.c., deducendo che fosse sufficiente, ai fini del rispetto delle predette distanze, l’adozione di diversi specifici accorgimenti, deve affermarsi che l’eliminazione delle vedute abusive puo’ essere realizzata non solo mediante la demolizione delle porzioni immobiliari per mezzo delle quali si realizza la violazione di legge lamentata, ma anche attraverso la predisposizione di idonei accorgimenti che impediscano di esercitare la veduta sul fondo altrui, come l’arretramento del parapetto o l’apposizione di idonei pannelli che rendano impossibile il prospicere e l’inspicere in alienum. Perche’ il giudice disponga, in alternativa alla demolizione, l’esecuzione degli idonei accorgimenti di cui si e’ detto, e’ unicamente necessario (come avvenuto nella specie ad opera degli appellanti) che la parte interessata chieda al giudice stesso l’esercizio di tale potere (cfr. Cass. Sez. 2, 27/06/2011, n. 14194; Cass. Sez. 2, 29/01/2007, n. 1804; Cass. Sez. 2, 27/04/2006, n. 9640; Cass. Sez. 2, 14/02/2005, n. 2959; Cass. Sez. 2, 24/02/1996, n. 1450).

Il secondo motivo di ricorso e’ d’altra parte inammissibile anche perche’, nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non e’ piu’ configurabile il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, da indicare in ricorso nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza in favore dei controricorrenti, nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.