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Indennità per la perdita dell’avviamento nella locazione ad uso diverso dall’abitazione
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale: natura giuridica e funzione
L’art. 34 della legge n. 392/1978, che disciplina l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale relativa alle locazioni ad uso diverso dall’abitazione, testualmente dispone:
“In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all’articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell’articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità.
Il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all’importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l’immobile venga, da chiunque, adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.
L’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile è condizionata dall’avvenuta corresponsione dell’indennità di cui al primo comma. L’indennità di cui al secondo comma deve essere corrisposta all’inizio del nuovo esercizio.
Nel giudizio relativo alla spettanza ed alla determinazione dell’indennità per la perdita dell’avviamento, le parti hanno l’onere di quantificare specificatamente la entità della somma reclamata o offerta e la corresponsione dell’importo indicato dal conduttore, o, in difetto, offerto dal locatore o comunque risultante dalla sentenza di primo grado, consente, salvo conguaglio all’esito del giudizio, l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile.”
L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale viene generalmente definita come uno strumento a tutela di un avviamento presunto e ciò perché “Il diritto del conduttore di un immobile locato per uso non abitativo all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale compete indipendentemente dalla prova in concreto dell’avviamento e della perdita, avendo il legislatore stabilito l’obbligo di corresponsione dell’indennità al conduttore con una valutazione fondata sull’id quod plerumque accidit, ragion per cui, una volta accertata la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 34 primo comma, della legge n. 392 del 1978, il giudice del merito non è tenuto a compiere ulteriori indagini qualora il locatore si sia limitato a formulare un’eccezione meramente contestativa attinente all’asserita inidoneità dell’attività per la quale il bene era stato concesso in locazione a produrre avviamento” (Cassazione n. 15821/2005).
L’indennità in oggetto è un’obbligazione legale posta a carico del locatore che trova la sua ratio nella circostanza che l’immobile locato è stato dal conduttore destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale, per tanto deve categoricamente escludersi che tale l’indennità abbia carattere risarcitorio.
La funzione è duplice, infatti, da un lato, tale indennità ha la funzione quella di ripagare il conduttore della perdita di quell’elemento positivo del patrimonio aziendale che deriva dal numero degli utenti e consumatori che nel corso del rapporto di locazione hanno avuto contatti con l’attività commerciale nell’immobile oggetto di locazione, e dal’altro tale indennità ha la funzione di riequilibrare la posizione delle parti, evitando quindi che il locatore possa realizzare un arricchimento senza causa per effetto dell’incremento di valore dell’immobile dovuto all’attività del conduttore.
Presupposti relativi alla cessazione del rapporto di locazione nell’indennità ex art. 34 Legge n.392/1978.
Ciò posto, art. 34 della legge n. 392/1978, stabilisce, quindi, che, il conduttore, in caso di cessazione di un rapporto di locazione di immobili ad uso diverso dall’abitazione, ha diritto, ad una indennità, qualora ricorrano determinati presupposti di ordine soggettivo ed oggettivo.
Innanzi tutto va chiarito che, l’indennità è dovuta, solo qualora la cessazione del rapporto di locazione non sia dovuta:
- a risoluzione per inadempimento del conduttore;
- alla disdetta o al recesso del conduttore;
- all’apertura di una procedura concorsuale.
Quindi, solo qualora il rapporto locatizio non sia cessato per uno di tali motivi il locatore avrà diritto alla indennità di cui all’art. 34 della legge n. 392/1978 e ciò perché, “L’indennità per la perdita dell’avviamento compete al conduttore per il solo fatto che il locatore abbia assunto l’iniziativa di non proseguire la locazione e che l’intervenuta disdetta inviata dal locatore è idonea a far sorgere ipso facto, ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all’indennità di avviamento: mentre risulta del tutto irrilevante la circostanza che il conduttore, successivamente alla disdetta o al recesso, abbia cessato di svolgere la sua attività, ancorché prima della cessazione del rapporto o che, a seguito della comunicazione del locatore di non voler proseguire la locazione abbia trasferito altrove la propria attività.” Cassazione n. 18812/2015
Per ciò che attiene all’ipotesi relativa alla cessazione del rapporto locatizio dovuta all’apertura di una procedura concorsuale, si rinviane un’apposita disciplina nell’art. 80 L.F. secondo il quale:
Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto.
Qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il recesso ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.
In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati.
Quindi il fallimento del locatore, non scioglie il contratto e nella rapporto locatizio subentra il curatore fallimentare, mentre in caso di fallimento del conduttore, nel contratto di locazione può subentrare ex lege il fallimento, con l’obbligo del pagamento dei canoni, come debito della massa, in prededuzione rispetto al concorso dei creditori ammessi al passivo, salva la possibilità, per il curatore, di recedere dal contratto in qualunque tempo, corrispondendo però al locatore “equo indennizzo per l’anticipato recesso”.
Presupposti relativi alla natura dell’attività esercitata: il contatto diretto con il pubblico
Affinché il conduttore abbia diritto alla corresposizione dell’indennità, è necessario che nell’immobile locato:
- si esercitata un’attività industriale, commerciale, artigianale, o di interesse turistico (art. 2, legge 326/1968);
- l’esercizio di tali attività comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori intesi quali destinatari di beni posti in vendita a titolo di proprietà o di semplice utilizzo, comprese le attività di intermediazione nella circolazione dei beni.
In merito alla natura dell’attività esercitata, l’art. 35 della legge n. 392/1978 stabilisce che: “le disposizioni di cui all’articolo precedente non si applicano in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all’esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici”.
I termini generali può tranquillamente affermarsi che, sono, escluse, dall’ambito di applicazione della disciplina in esame, quelle attività che non richiedono un’organizzazione di tipo aziendale.
Per ciò che attiene l’accertamento relativo alla natura dell’attività esercitata nei locali in locazione secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione “per stabilire se l’attività svolta nell’immobile locato abbia natura imprenditoriale o professionale, occorre avere riguardo non alla qualifica (professionale o meno) delle persone che vi lavorano, ma alla prevalenza, nell’ambito delle attività ivi esercitate, dell’elemento imprenditoriale o di quello professionale”, cosicché anche l’attività del professionista può assumere natura commerciale quando l’organizzazione in forma di impresa sia assorbente rispetto a quella professionale, dove il professionista titolare si avvale stabilmente di una pluralità di collaboratori e di dotazioni tecniche di guisa che l’attività professionale rappresenta una componente non predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo” (Cassazione n. 13091/2017, Cassazione n. 8558/2012).
Ulteriormente, affinché il conduttore abbia diritto all’indennità in oggetto in caso di cessazione del rapporto locatizio, è altresì necessario che l’attività esercitata nei locali in locazione comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori.
Per pubblico di utenti e di consumatori si intende una generalità (originariamente) indifferenziata e non, necessariamente, una clientela occasionale, come peraltro già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità che considera “pubblico” anche essere una cerchia di utenti o consumatori limitata.
Poi deve aggiungersi che, l’attività esercitata dal conduttore nell’immobile locato deve essere prima di tutto lecita e autorizzata, in quanto, secondo consolidata giurisprudenza, “la tutela dell’avviamento commerciale, apprestata dalla L. n. 392 del 1978, articoli 34 e ss. per gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, utilizzati per un’attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell’attività senza le prescritte autorizzazioni” (una per tutte, Cassazione 655/2017).
In definitiva, il concetto che qui rileva è quello di “contatto diretto con il pubblico”, il quale va identificato con la necessità per l’attività di dirigersi ad una massa indistinta di potenziali destinatari dei prodotti/servizi, e qualora “è contrattualmente stabilita una destinazione dell’immobile locato ad attività che non comportino il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, al conduttore che invochi il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale non è sufficiente dimostrare che nonostante il tenore delle clausole contrattuali nell’immobile è stata svolta un’attività comportante detto contatto, essendo anche necessario che egli provi che sia decorso il termine di tre mesi dalla data in cui il locatore ha avuto conoscenza dell’uso pattuito, ai sensi dell’art. 80 della l. n. 392 del 1978” Cassazione 13705/2017.
In sostanza, ciò che rileva ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale è che il locale locato sia stato effettivamente destinato all’esercizio di un’attività con natura imprenditoriale, che comporta il contatto diretto con il pubblico, e che lo stesso, sia stato “aperto” alla frequentazione diretta ed indifferenziata dei clienti i quali avevano necessità ed interesse ad entrare in contatto con l’impresa.
Assenza di danno e misura dell’indennità dell’indennità ex art. 34 Legge n.392/1978.
Come già anticipato, essendo l’indennità in oggetto un’obbligazione legale posta a carico del locatore che trova la sua ratio nella circostanza che l’immobile locato è stato dal conduttore destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale, e dovendosi categoricamente escludere che la stessa abbia carattere risarcitorio, ne deriva che l’’indennità di avviamento spetta al conduttore indipendentemente dalla prova del danno subito per la risoluzione del contratto infatti “l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, prevista dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 34 è dovuta al conduttore uscente a prescindere da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed al danno che il conduttore stesso abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio, con la conseguenza che essa spetta anche se egli continui ad esercitare la medesima attività in altro locale dello stesso immobile o in diverso immobile situato nelle vicinanze” Cassazione n. 11770/2017
La misura dell’indennità spettante al conduttore è predeterminata in 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto e per le attività alberghiere in 21 mensilità, ma il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità, che è pari all’importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l’immobile venga, da chiunque, adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.
Per il riconoscimento dell’indennità doppia, il presupposto indefettibile è che la nuova attività sia iniziata entro l’anno dalla cessazione della precedente attività, al quale deve concorre il presupposto alternativo in base al quale la nuova attività:
- o sia identica a quella già esercitata dal conduttore uscente;
- oppure sia inclusa nella medesima “tabella merceologica” in cui rientrava l’attività svolta dal conduttore uscente, e sia a quella “affine”.
Nessun problema sorge, nel caso in cui le due attività siano identiche, mentre problemi applicativi sono sorti nel riguardo al rinvio alle “tabelle merceologiche” (soprattutto a seguito dell’abrogazione delle stesse ad opera d.lgs. n. 114 del 1998), e per ciò che attiene la definizione del concetto di “affinità” tra l’attività esercitata nell’immobile locato dal conduttore uscente e quella intrapresa dal conduttore entrante.
Per ciò che attiene le “tabelle merceologiche”, va evidenziato che “in tema di indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, il rinvio alle tabelle merceologiche, contenuto nell’art. 34, comma 2, della l. n. 392 del 1978, è un rinvio recettizio alla tabella di cui al d.m. 30 agosto 1971, la quale è pertanto divenuta parte integrante della norma di legge suddetta, sicché, né la novazione di tale fonte normativa (le tabelle “de quibus” vennero infatti abrogate e riproposte, con contenuto identico, dal d.m. 4 agosto 1988, n. 375), né la sua successiva abrogazione disposta dal d.lgs. n. 114 del 1998, hanno avuto effetti sulla disciplina dell’indennità dovuta al conduttore uscente ai sensi dell’art. 34, comma 2, della l. n. 392 del 1978” mentre quanto riguarda l’affinità tra l’attività esercitata nell’immobile locato dal conduttore uscente e quella intrapresa dal conduttore entrante “va accertata non già in base al contenuto oggettivo dei servizi o prodotti offerti al pubblico, ma in base all’astratta idoneità dell’attività entrante a intercettare anche solo in parte la clientela dell’attività uscente. Viola, pertanto, l’articolo 34, comma secondo, della legge 392/1978 il giudice che escluda la suddetta affinità per il solo fatto che il conduttore uscente e quello entrante vendano beni della stessa natura, ma di foggia, stile o marchio diversi.” Cassazione 5039/2017