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Il potere – dovere di curare l’osservanza del regolamento condominiale quale fonte di responsabilità.
1 – Portata del potere – dovere di curare l’osservanza del regolamento.
Il rapporto intercorrente tra amministratore e condominio, va inquadrato nell’ambito del contratto di mandato, ovvero in quella figura negoziale con cui il mandatario (amministratore) si impegna a compiere uno o più atti giuridici in favore del mandante (il condominio).
In virtù di tale rapporto, l’amministratore, è tenuto ad adempiere tutta una serie di obblighi tra cui quello derivante dell’art. 1130, comma 1, n. 1 c.c., secondo il quale deve curare l’osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità e all’abitabilità dell’edificio.
In tale scritto si esaminerà quindi la responsabilità dell’amministratore in relazione all’obbligo curare l’osservanza del regolamento del condominio, per ciò che attiene ai profili generali della responsabilità civile dell’amministratore si rimanda al seguente articolo La responsabilità (civile) dell’amministratore di condominio.
L’art. 1130, comma 1, n. 1 c.c., come già scritto, attribuisce all’amministratore il potere – dovere di curare l’osservanza delle norme del regolamento di condominio senza che possa distinguersi, al fine della legittimazione processuale del condominio nei relativi giudizi, tra norme strettamente concernenti l’uso delle parti comuni dell’edificio e norme riguardanti le limitazioni, nell’interesse comune, primario o secondario che sia, dell’uso dei piani o porzioni di piano di proprietà esclusiva dei singoli condomini che, eventualmente, risultino inserite nel regolamento.
Tale potere – dovere, innanzitutto attiene alle parti dell’edificio comuni a tutti i partecipanti insuscettibili di proprietà separata, e riguarda inoltre la vigilanza sulla regolarità dei servizi comuni, anche per quanto concerne le interferenze con i singoli appartamenti, nonché il potere di eseguire verifiche e di impartire le necessarie direttive intese a mantenere integra la parità del godimento dei beni comuni da parte di tutti i condomini.
Stando alla citata norma, l’amministratore del condominio, deve quindi far rispettare le norme del regolamento condominiale, anche se si tratta di clausole che disciplinano l’uso delle parti del fabbricato di proprietà individuale, purché siano rivolte a tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all’abitabilità dell’intero edificio (in tal senso, Cassazione n. 8883/2005) mentre invece non rientrano nell’ambito di tale potere i rapporti personali tra i condomini.
2 – Necessità o meno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini per promuovere l’azione giudiziaria volta a garantire l’osservanza del regolamento e conseguenze in termini di responsabilità.
Secondo un primo orientamento Giurisprudenziale formatosi a partire da Cassazione n. 1131/1985, in caso di violazione delle norme del regolamento di condominio che impongono divieti di destinazione ed altre limitazioni similari all’uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva concorrono ad integrare la disciplina delle cose comuni dell’edificio in quanto dirette ad impedire un uso abnorme delle stesse in conseguenza di situazioni e comportamenti che non si esauriscano nello stretto ambito delle proprietà esclusive ne deriva che l’amministratore del condominio, indipendentemente dal conferimento di uno specifico incarico con deliberazione della assemblea dei condomini, ha, a norma dell’art.. 1130 cod. civ., il potere di farne cessare il relativo abuso e, quindi, la relativa legittimazione processuale, senza che possa trovare limiti in autonome iniziative giudiziarie dei singoli condomini.
Cassazione n. 8804/1993, proseguendo tale indirizzo, precisa che, l’amministratore del condominio, non essendo dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei singoli condomini, salvo che il regolamento di condominio, ai sensi dell’art. 70 disp. att. cod. civ., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull’uso delle cose comuni, non è obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.
Da ciò ne discenderebbe quindi che, in mancanza di una espressa regola condominiale o di una delibera assembleare, l’amministratore non sarebbe tenuto ad agire in via giudiziale per ottenere il rispetto del regolamento da parte dei condomini.
Quindi secondo questo primo orientamento interpretativo, al di fuori delle ipotesi sopra citate, l’amministratore del condominio, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall’abuso dei condomini nell’uso della cosa comune, salvo che il regolamento di condominio, ai sensi dell’art. 70 disp. att. c.c., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull’uso delle cose comuni né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.
Il secondo orientamento (oggi prevalente e predominante) sviluppatosi a partire da Cassazione n. 16240/2003 afferma invece il principio secondo cui proprio in virtù degli artt. 1130 n. 1 e 1131 comma 1 c. c., l’amministratore del condominio è legittimato ad agire e resistere in giudizio, senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione assembleare, non solo per l’esecuzione delle delibere dell’assemblea ma anche per garantire l’osservanza del regolamento condominiale e tutelare conseguentemente la condominialità dagli effetti lesivi della inosservanza dello stesso.
Tale orientamento viene ribadito anche da Cassazione n. 14735/2006 secondo cui, l’amministratore del condominio, essendo tenuto a curare l’osservanza del regolamento di condominio (art. 1130, primo comma n. 1, cod. civ.), è legittimato ad agire in giudizio per ottenere la cessazione degli abusi posti in essere da un condomino, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare e, inoltre, ha la facoltà di irrogare a detto condomino una sanzione pecuniaria, qualora ciò sia previsto dal citato regolamento, ai sensi dell’art. 70 disp. att. cod. civ., trovando altresì ulteriore conferma in Cassazione n. 21841/2010.
Da ultimo Cassazione 22582/2016 nel confermare ulteriormente che l’amministratore di condominio, è tenuto a curare l’osservanza del regolamento di condominio (art. 1130, primo comma, n. 1, cod. civ.), ed è legittimato ad agire e a resistere in giudizio per far rispettare le norme del regolamento condominiale, precisa che la necessità di una specifica deliberazione assembleare assunta con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, cod. civ., è richiesta soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell’amministratore stesso.
In sostanza, da tale orientamento ne discende che l’amministratore non deve essere preventivamente autorizzato dall’assemblea per agire contro il condomino che viola il regolamento di condominio.
Infatti, è irrilevante, che, una delibera condominiale sulla proposta di esercitare un’azione giudiziale non sia stata approvata da un numero di condomini rappresentanti almeno la metà dell’edificio quando si chiede l’osservanza del regolamento, in quanto, la tutela di tale interesse con la relativa azione è affidata dalla legge alla diretta cura dell’amministratore (artt. 1130 e 1131 cod. civ.).
Conseguentemente, la delibera assembleare sulla proposizione di tale azione ha una rilevanza meramente interna all’organizzazione condominiale e un carattere preparatorio, ma non integrativa dei poteri che all’amministratore competono per legge per cui non richiede alcuna maggioranza speciale ed è, pertanto, validamente assunta con la maggioranza sopra riferita.
Dal secondo dei due orientamenti citati, ne discende che l’amministratore non necessitando di alcuna previa delibera assembleare deve attivarsi per far cessare gli abusi, e quindi in caso di inerzia dello stesso amministratore, potrebbe ravvisarsi una responsabilità per mancato adempimento dei propri obblighi legali e contrattuali.
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