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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 28 febbraio 2017, n. 5071
in caso di cointestazione del conto: a) non rileva, in relazione alla posizione della banca, quale dei titolari sia beneficiario dell’accredito o chi abbia utilizzato la somma accreditata oppure la provenienza ed il destinatario del bonifico, che riguardano soltanto i rapporti fra terzo e correntista; b) quando una certa somma sia affluita sul conto, la stessa rientra nella disponibilita’ di entrambi i correntisti, i quali, a norma dell’articolo 1854 cod. civ., ne divengano condebitori nel caso in cui venga a risultare l’erroneita’ del suo accreditamento, restando irrilevante che taluno dei cointestatari non abbia in concreto compiuto operazioni sul conto, atteso che e’ sufficiente, ai fini della norma suddetta, che avesse titolo per compierle.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 28 febbraio 2017, n. 5071
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7840/2012 proposto da:
(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., e per essa (OMISSIS) S.p.a. (gia’ denominata (OMISSIS) S.P.A. – BANCA PER LA GESTIONE DEI CREDITI), quale mandataria di (OMISSIS) S.p.a. (a sua volta mandataria della ricorrente), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 814/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/01/2017 dal cons. DE MARZO GIUSEPPE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato C. (OMISSIS) che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata in data 15 febbraio 2012, la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la decisione di primo grado, che, nel decidere sull’opposizione a decreto ingiuntivo proposta nei confronti della Banca di Roma, aveva revocato il provvedimento monitorio e condannato l’opponente al pagamento della minor somma di Lire 16.555.380.
2. La Corte d’appello ha rilevato: a) che era stato acquisito il contratto di conto corrente, sottoscritto dalla (OMISSIS) e da (OMISSIS), ove si leggeva che qualsiasi operazione in conto corrente avrebbe potuto essere effettuata separatamente da ciascuno dei due e che entrambi, ai sensi dell’articolo 1854 cod. civ., sarebbero stati creditori e debitori dei saldi del conto medesimo; b) che, pertanto, era irrilevante il fatto che la (OMISSIS) non avesse autorizzato le aperture di credito utilizzate dall’altro correntista; c) che del pari irrilevante era la deduzione della (OMISSIS) di avere comunicato verbalmente alla banca la separazione dal coniuge cointestatario e di avere ricevuto rassicurazioni sulla chiusura del conto, dal momento che il contratto prevedeva che la “facolta’ di firma disgiunta” sarebbe rimasta operativa sino all’invio, con lettera raccomandata, di una comunicazione scritta.
3. Avverso tale sentenza, la (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS) s.p.a., quale mandataria di (OMISSIS) s.p.a., a sua volta mandataria di (OMISSIS) s.p.a. Nell’interesse della (OMISSIS) e’ stata depositata memoria ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione dell’articolo 1842 cod. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto di porre a carico della (OMISSIS) un saldo debitore che scaturiva da un contratto di apertura di credito del quale la stessa non era parte.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia trascurato di considerare che la banca, dopo che la (OMISSIS) aveva disconosciuto le sottoscrizioni apposte in calce ai contratti di apertura di credito, aveva dichiarato di non volersi avvalere dei documenti disconosciuti, con la conseguenza che non poteva essere attribuito rilievo alla circostanza che, all’epoca dei fatti, non fosse necessaria la forma scritta per la conclusione del contratto.
3. Con il terzo motivo, si lamenta che la cointestazione di un conto, al quale peraltro la (OMISSIS) non aveva accesso dal momento della separazione, non comporta il sorgere, per ciascun contitolare, delle obbligazioni assunte separatamente da altro titolare.
4. Con il quarto motivo si lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto “valida la richiesta di pagamento effettuata solo a carico di uno dei cointestatari”, peraltro non operante sul conto.
5. Con il quinto motivo si lamenta omessa pronuncia in relazione alla documentazione sulla base della quale era stato emesso il decreto ingiuntivo, ossia il solo “saldo contabile e non estratto conto”, con calcolo trimestrale degli interessi debitori, mentre quelli creditori erano conteggiati su base annua.
6. I primi tre motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono infondati.
Questa Corte ha avuto modo di puntualizzare che il collegamento negoziale non da’ luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma e’ un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo accordo, ma attraverso una pluralita’ coordinata di contratti, che conservano una loro causa autonoma anche se ciascuno e’ finalizzato ad un unitario regolamento dei reciproci interessi, con la conseguenza che, pur determinandosi, tra loro, un vincolo di reciproca dipendenza, in virtu’ del quale le vicende relative all’invalidita’, all’inefficacia ed alla risoluzione dell’uno possono ripercuotersi sugli altri, ciascuno di essi mantiene una propria individualita’ giuridica (Cass. 1 ottobre 2014, n. 20726).
Ora, la Corte territoriale si e’ confrontata con il regolamento negoziale contenuto nel contratto di conto corrente (“dichiariamo che qualsiasi operazione in c/c potra’ essere effettuata separatamente da ciascuno di noi con la firma di cui allo specimen sopra riportato e vi esoneriamo espressamente da ogni e qualsiasi responsabilita’ a termini di legge; tale facolta’ di firma disgiunta ci impegna – a norma e per gli effetti dell’ad. 1854 c.c. – quali vostri creditori e debitori dei saldi del conto”), e, con una interpretazione della clausola negoziale che non e’ stata in alcun modo censurata dalla ricorrente, ha, nella sostanza, ritenuto che tale previsione consentisse a ciascuno dei correntisti di utilizzare il conto compiendo non solo operazioni di mero prelievo e di versamento, ma in genere le “operazioni bancarie” che, al pari dell’apertura di credito, sono menzionate nell’articolo 1852 cod. civ. e illuminano il significato dell’espressione adoperata dal successivo articolo 1854, esplicitamente richiamato nella clausola contrattuale della quale si discute.
In tale prospettiva si intende come non abbia rilievo la distinzione, che pure emerge nei motivi di censura, fra la responsabilita’ per il saldo passivo e la titolarita’ delle obbligazioni scaturenti dal contratto di apertura di credito bancario, in quanto sono stati proprio i cointestatari del conto, accettando il regolamento negoziale sopra ricordato e come sopra interpretato, a volersi avvalere della funzione di servizio di cassa tipicamente ricondotta al contratto di conto corrente bancario (Cass. 24 maggio 1991, n. 5876, la quale ne ha tratto la coerente conseguenza che, in caso di cointestazione del conto: a) non rileva, in relazione alla posizione della banca, quale dei titolari sia beneficiario dell’accredito o chi abbia utilizzato la somma accreditata oppure la provenienza ed il destinatario del bonifico, che riguardano soltanto i rapporti fra terzo e correntista; b) quando una certa somma sia affluita sul conto, la stessa rientra nella disponibilita’ di entrambi i correntisti, i quali, a norma dell’articolo 1854 cod. civ., ne divengano condebitori nel caso in cui venga a risultare l’erroneita’ del suo accreditamento, restando irrilevante che taluno dei cointestatari non abbia in concreto compiuto operazioni sul conto, atteso che e’ sufficiente, ai fini della norma suddetta, che avesse titolo per compierle).
Alla stregua delle superiori considerazioni appare evidente l’assenza di decisivita’ sia della mancanza di sottoscrizione, da parte della (OMISSIS), dei contratti di apertura di credito, sia della circostanza, dedotta dalla ricorrente, che ella avesse scelto di non accedere al conto, giacche’ non risulta alcun legale impedimento alla possibilita’ per la stessa di operarvi.
7. Il quarto motivo e’ manifestamente infondato, giacche’ il creditore puo’ costringere ciascuno dei debitori solidali all’adempimento dell’obbligazione per l’intero, ai sensi dell’articolo 1292 cod. civ..
8. Infondato e’, infine, il quinto motivo.
Premesso che il decreto ingiuntivo e’ stato revocato, con la conseguenza che non assume alcun rilievo la questione della documentazione (peraltro legittimamente, attesa la portata generale dell’espressione “prova scritta”, utilizzata dall’articolo 633 c.p.p., comma 1, n. 1) posta a base del provvedimento monitorio, si osserva, per il resto, che la generica e quasi incidentale considerazione dedicata in ricorso al diverso criterio di capitalizzazione di interessi attivi e passivi si correla a questioni fattuali che non risultano essere state sottoposte all’esame dei giudici di merito.
Al riguardo, va ribadita l’improponibilita’, nel giudizio di cassazione, di questioni non dibattute nelle precedenti fasi processuali, quante volte esse presuppongano nuove indagini o valutazioni di fatto (v., ad es., Cass. 26 marzo 2012, n. 4787).
9. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie e accessori di legge.