Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 28 aprile 2017, n. 10513

presupposto dell’applicazione dell’articolo 2054 c.c. e della correlata normativa attinente alla assicurazione obbligatoria per la responsabilita’ civile da circolazione di veicoli e’ che il sinistro avvenga in un’area stradale o ad essa equiparata. Il fondo agricolo non costituisce area equiparata all’area stradale. Anche sul piano concreto, con riferimento alle caratteristiche del luogo del sinistro di cui al caso di specie, manca l’accertamento dell’area privata aperta all’uso da parte del pubblico e ordinariamente adibita al traffico veicolare, costituente il presupposto di fatto della norma

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 28 aprile 2017, n. 10513

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9316/2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

(OMISSIS) SPA, in persona del procuratore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/03/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del motivo n. 7, rigetto degli altri;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Venezia (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente conducente e proprietario del trattore con il rimorchio, chiedendo il risarcimento del danno conseguente alla morte del padre (OMISSIS) (all’epoca dei fatti di anni 85) il giorno (OMISSIS). Espose in particolare parte attrice che il Teso, il quale si trovava nel fondo agricolo di proprieta’ di (OMISSIS), e di cui era usufruttuaria la vittima, per provvedere alla raccolta delle barbabietole da zucchero, investi’ il (OMISSIS), cagionandone la morte, eseguendo una manovra di retromarcia alla guida del trattore. Si costituirono i convenuti chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale. I convenuti chiamarono inoltre, in garanzia (OMISSIS) s.p.a..

2. Il Tribunale adito rigetto’ le domande. Premise in fatto il Tribunale che il (OMISSIS), il quale piu’ volte si era portato dietro al veicolo per raccogliere le barbabietole che erano sfuggite alla raccolta e piu’ volte era stato allontanato (dopo essere stato aiutato dagli stessi conducenti a raccogliere a mano i vegetali rimasti sparsi), apparentemente allontanatosi si era di nuovo inopinatamente contro ogni attesa avvicinato al mezzo condotto dal (OMISSIS), il quale, nel fare retromarcia per portarsi da un filare all’altro del corso della raccolta, lo aveva travolto. Osservo’ quindi il Tribunale che, non trovando applicazione con riferimento ad un campo agricolo l’articolo 2054 c.c., si applicava l’articolo 2043 c.c., con conseguente onere della prova a carico di parte attrice, e che, in assenza di testimoni, non si vedevano ragioni per non prestare fede alle dichiarazioni rese dai convenuti (in alternativa non si avrebbe avuta a disposizione alcuna dichiarazione utile), ed in particolare il (OMISSIS) che ebbe a dichiarare di avere controllato dove andava con la retromarcia girando la testa a destra e controllando lo specchietto per il lato sinistro, ma la visuale restava in parte coperta dalla presenza del rimorchio ed il rumore del mezzo non aveva consentito di sentire il colpo dell’investimento. Aggiunse che parte attrice non era riuscita ad invocare la violazione di alcuna norma di sicurezza specifica e che era improprio pretendere dal conducente di un trattore agricolo di farsi ad esempio aiutare da un terzo in caso di retromarcia a visuale limitata o di addebitargli alcunche’ per una guida in condizioni di rumore, trattandosi dell’inevitabile rumore del mezzo. Osservo’ inoltre il Tribunale che la vittima, sfidando qualsiasi regola di minima prudenza, ripetutamente aveva invaso il campo d’azione dei due trattori ponendosi piu’ volte dietro il mezzo che caricava, pur se questo alla fine di ogni filare faceva retromarcia per tornare indietro e allinearsi al filare successivo, avvicinandosi in particolare il (OMISSIS) al mezzo nei momenti in cui la marcia era piu’ pericolosa in quanto ripercorreva il tratto gia’ fatto dal mezzo per raccogliere le barbabietole rimaste dopo il suo passaggio e che l’alternativa per i due lavoranti sarebbe stata quella di abbandonare il lavoro, nonostante potessero legittimamente ritenere che l’anziano, dopo essere stato aiutato nella raccolta a mano delle barbabietole rimaste sparse ed essere stato allontanato, si sarebbe placato. Conclude il Tribunale come segue: “il fatto in definitiva va verosimilmente ascritto alla condotta del defunto, tale da travalicare le misure prese dai due convenuti; in ogni caso manca prova di una loro colpa”.

3. Avverso detta sentenza proposero appello (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Si costitui’ la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. Il (OMISSIS) propose appello incidentale.

4. Con ordinanza di data 12 febbraio 2015 ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., la Corte d’appello di Venezia dichiaro’ inammissibili gli appelli.

5. Hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di sette motivi. Resistono con distinti controricorsi sia (OMISSIS) e (OMISSIS) che (OMISSIS) s.p.a.. E’ stata presentata memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamentano i ricorrenti che, nonostante che nell’atto di citazione fosse stato affermato che data la natura pericolosa dell’attivita’ esercitata (guida di mezzi pesanti) si sarebbero dovute adottare tutte le precauzioni, il Tribunale aveva omesso di esaminare la responsabilita’ dei convenuti ai sensi dell’articolo 2050 c.c..

1.1 n motivo e’ infondato. La corte territoriale ha statuito che con riferimento al caso di specie trovava applicazione l’articolo 2043 c.c.. Una tale statuizione comporta pronuncia negativa in ordine all’applicabilita’ dell’articolo 2050 c.c., per le seguenti ragioni.

1.2. Per sciogliere il nodo interpretativo vanno chiariti quali siano i limiti oggettivi del giudicato avente ad oggetto la fattispecie del fatto illecito. La fattispecie di cui all’articolo 2043 e quella di cui all’articolo 2050 generano una situazione sostanziale unica in quanto presuppongono un unico fatto costitutivo. Esse hanno una parte in comune, che e’ rappresentata dal cagionare il danno, ma ciascuna di esse prevede un elemento ulteriore, la cui sussistenza e’ incompatibile con quella della circostanza caratterizzante l’altra. L’elemento reciprocamente specializzante e’ dato dal criterio di imputazione della responsabilita’ per il danno cagionato, che per l’una e’ dato dalla colpa, per l’altra dallo svolgimento dell’attivita’ pericolosa. La relazione fra fattispecie legali e’ quindi di esclusione, nel senso che l’applicazione dell’una esclude l’applicabilita’ dell’altra. Stante l’unicita’ del fatto costitutivo, unico e’ il diritto soggettivo al risarcimento del danno ed unica e’ l’azione a favore del danneggiato, nel senso che il giudicato formatosi sulla fattispecie di cui all’articolo 2043, esclude la riproponibilita’ dell’azione per la diversa fattispecie dell’articolo 2050. La parziale diversita’ dei presupposti di fatto delle fattispecie legale non esclude, anzi comporta, stante il nesso di reciproca esclusione, l’unicita’ dell’oggetto del processo, sicche’ pronunciare in ordine all’applicabilita’ dell’ipotesi di cui all’articolo 2043, implica pronunciare sulle altre fattispecie di responsabilita’ per fatto illecito rette da un diverso criterio di imputazione della responsabilita’ per il danno.

1.3. Alla stessa conclusione puo’ pervenirsi anche seguendo il diverso punto di vista del rapporto di novita’ o meno fra domande nel processo. Non e’ piu’ conforme all’arresto rappresentato da Cass. Sez. U. 15 giugno 2015, n. 12310 quanto in passato affermato a proposito della novita’ della domanda ai sensi dell’articolo 2050. E’ stato in particolare affermato che la responsabilita’ per l’esercizio di attivita’ pericolose implica l’accertamento di presupposti di fatto diversi, quantomeno parzialmente, da quelli propri della responsabilita’ per fatto illecito prevista dalla norma generale dell’articolo 2043 c.c., onde la domanda che ha per oggetto l’accertamento del primo tipo di responsabilita’ deve essere considerata diversa e nuova rispetto a quella che ha per oggetto la responsabilita’ ordinaria per fatto illecito (Cass. 6 aprile 2006, n. 8095; 17 dicembre 2009, n. 26516). La diversita’ di fatto costitutivo non comporta novita’ della domanda se unica e’ la situazione giuridica sostanziale generata dal fatto. Ha affermato Cass. Sez. U. 15 giugno 2015, n. 12310 che il criterio di discernimento della novita’ della domanda (vietata) non risiede nell’incidenza della modifica sugli elementi identificativi della domanda, ma nel fatto che la domanda “nuova” non si pone come ulteriore o aggiuntiva rispetto a quella iniziale, ma come sostitutiva ed in rapporto di alternativita’, in quanto riferentesi alla medesima situazione sostanziale per la quale e’ stato promosso il giudizio. Il concorso fra le fattispecie di cui agli articoli 2043 e 2050 e’ di norme, e non di diritti, in quanto applicabili in via alternativa al medesimo bene della vita, e come l’una puo’ essere modificata mediante l’introduzione dell’altra in corso di causa, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 183 c.p., cosi’ anche la pronuncia sull’una comporta pronuncia pure sull’altra.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2050 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti, nell’ipotesi in cui si reputi intervenuto il rigetto implicito della domanda ai sensi dell’articolo 2050, che l’attivita’ svolta aveva carattere pericoloso, come ritenuto in passato dalla Corte di cassazione a proposito dell’attivita’ di falciatura dell’erba mediante mototrancia trainata da trattore (Cass. 30 ottobre 2002, n. 15288). Precisano in particolare che l’attivita’ era pericolosa trattandosi dello spostamento di un trattore di dieci tonnellate ed in considerazione della manovra di retromarcia “alla cieca”.

2.1. Il motivo e’ inammissibile. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice l’accertamento, in concreto, se una certa attivita’ – non espressamente qualificata “pericolosa” da una disposizione di legge – possa o meno essere considerata pericolosa ai sensi dell’articolo 2050 c.c., implica un accertamento di fatto, rimesso in via esclusiva al giudice del merito, come tale insindacabile in sede di legittimita’, ove correttamente e logicamente motivato (Cass. 20 maggio 2015, n. 10268; 19 gennaio 2007, n. 1195; 21 ottobre 2005, n. 2035; Cass. 30 ottobre 2002, n. 15288; Cass. 30 agosto 1995, n. 9205). Al riguardo va tenuta distinta la valutazione di merito, insindacabile nella presente sede se non nei limiti del vizio motivazionale, dalla sussunzione/qualificazione, censurabile in sede di legittimita’. Quest’ultima concerne il mancato rispetto delle coordinate di qualificazione che, nel caso dell’articolo 2050, sono definite dal riferimento all’attivita’ (che implica una certa continuita’ e predisposizione di mezzi), caratterizzata non solo da una pericolosita’ intrinseca ma anche dipendente dalla natura dei mezzi adoperati, e concernente non solo le attivita’ definite pericolose dalle leggi di pubblica sicurezza ma anche quelle suscettibili di essere considerate tali per una loro spiccata potenzialita’ offensiva, e tutto questo a seguito di una prognosi postuma sulla base dell’esame delle circostanze di fatto che si presentavano al momento dell’esercizio dell’attivita’. Cio’ che e’ di competenza del giudice di merito, sindacabile nella presente sede solo con la denuncia del vizio motivazionale, e’ il giudizio di pericolosita’ dell’attivita’, mentre rientra nella denuncia della violazione di legge in sede di legittimita’ la corretta applicazione delle coordinate di qualificazione dell’attivita’ come pericolosa previste dalla norma, nei sensi sopra indicati, nel corso della valutazione che in concreto il giudice effettui.

Il controllo di qualificazione presuppone la ricostruzione della fattispecie concreta cosi’ come effettuata dal giudice di merito. Nel caso di specie, in cui la non applicazione dell’articolo 2050, e’ immanente all’applicazione dell’articolo 2043, quale portata oggettiva della statuizione, per quanto evidenziato a proposito dello scrutinio del primo motivo, e’ mancato il giudizio di fatto da parte del giudice di merito in ordine alla natura, pericolosa o non, dell’attivita’. In mancanza dell’esame delle circostanze di fatto relative alla dedotta pericolosita’ non e’ possibile apprezzare la legittimita’ della valutazione sotto il profilo del rispetto dei criteri normativi di qualificazione. Oggetto del ricorso di cassazione avrebbe dovuto essere quindi la denuncia di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ove la non applicazione di una fattispecie legale consegua puramente e semplicemente all’applicazione della fattispecie in nesso di reciproca esclusione con la prima, quale obiettiva portata della statuizione, ed il giudice di merito non abbia quindi effettuato la valutazione circa la ricorrenza o meno degli elementi di fatto della fattispecie normativa non applicata, la parte che invochi l’applicazione della fattispecie legale esclusa non puo’ dolersi della falsa applicazione di norma ma deve denunciare l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 1, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti, con riferimento all’esclusione da parte del giudice di merito della fattispecie di cui all’articolo 2054, che, sulla base dell’interpretazione letterale, sistematica, storica e finalistica, la norma sulla circolazione dei veicoli trova applicazione anche nel caso di sinistri avvenuti su aree private. Sollecitano inoltre la valutazione in ordine al dubbio di costituzionalita’ dell’articolo 2054, con riferimento agli articoli 3, 24 e 32 Cost..

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 154 e 192 C.d.S., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che le previsioni del codice della strada devono essere osservate quali norme di comune prudenza anche in relazione alle aree private.

4.1. Il terzo ed il quarto motivo, da valutare congiuntamente, sono infondati. Come di recente affermato da Cass. 20 ottobre 2016, n. 21254, alla cui motivazione si rinvia, presupposto dell’applicazione dell’articolo 2054 c.c. e della correlata normativa attinente alla assicurazione obbligatoria per la responsabilita’ civile da circolazione di veicoli e’ che il sinistro avvenga in un’area stradale o ad essa equiparata. Il fondo agricolo non costituisce area equiparata all’area stradale. Anche sul piano concreto, con riferimento alle caratteristiche del luogo del sinistro di cui al caso di specie, manca l’accertamento dell’area privata aperta all’uso da parte del pubblico e ordinariamente adibita al traffico veicolare, costituente il presupposto di fatto della norma (cfr. fra le tante Cass. 23 luglio 2009, n. 17279).

Per le stesse ragioni deve escludersi che trovi applicazione il codice della strada. Prevede l’articolo 2 che “ai fini dell’applicazione delle norme del presente codice si definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali”. Tale non e’ il luogo corrispondente all’accertamento di fatto del giudice di merito (fondo agricolo).

L’applicazione della disciplina sulla responsabilita’ civile in materia di circolazione stradale non puo’ essere desunta, secondo quanto evidenziato in memoria, da Corte giust. 4 settembre 2014, causa C162/13, avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale relativo alla direttiva 72/166/CEE. Secondo il giudice euro-unitario ai fini dell’assicurazione della responsabilita’ civile risultante dalla circolazione di autoveicoli rientra nella nozione di “circolazione dei veicoli” contenuta della direttiva qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso ai fini. Tale definizione resta limitata all’ambito dell’assicurazione e non incide sulla disciplina nazionale relativa alle regole della responsabilita’ civile.

Manifestamente infondata e’ infine la questione di legittimita’ costituzionale sollevata, dovendosi far valere con riferimento all’articolo 2050 c.c., l’argomento secondo cui rientra nella discrezionalita’ del legislatore la configurazione delle distinte fattispecie di responsabilita’ civile sulla base dei diversi presupposti di fatto che le connotano.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articolo 35 e dell’articolo 1.5 dell’allegato 15 del medesimo D.Lgs., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che (OMISSIS), alle cui dipendenze era il conducente del trattore, versava in colpa per negligenza avendo violato le misure che impongono che nell’uso di attrezzatture di lavoro mobili vengano fatte rispettare regole di circolazione e venga garantita un’adeguata visione dell’area di lavoro.

5.1 Il motivo e’ inammissibile. La colpa dell’illecito aquiliano, sotto il profilo del mancato rispetto delle comuni regole di diligenza e prudenza, puo’ essere integrata dalle violazioni della disciplina sulla sicurezza sul lavoro, laddove comporti un danno per soggetti terzi rispetto ai soggetti del rapporto di lavoro subordinato. Non vi e’ tuttavia nella specie un accertamento del giudice di merito in ordine alla ricorrenza dei presupposti di fatto delle denunciate violazioni, sicche’ lo scrutinio del motivo, in mancanza della deduzione di uno specifico vizio motivazionale, si traduce in un’indagine di merito preclusa nella presente sede di legittimita’.

6. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2730 c.c. e articoli 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamentano i ricorrenti che il giudice di merito, dopo avere rilevato che non vi erano testimoni presenti al fatto, ha affermato di dover prestare fede alle dichiarazioni dei convenuti e che cosi’ facendo e’ andato oltre il principio del libero convincimento, posto che le uniche dichiarazioni di parte utilizzabili come prova sono quelle contra se e che le dichiarazioni delle parti non rientrano nel novero delle prove.

6.1. Il motivo e’ inammissibile. La censura non coglie la ratio decidendi sotto un duplice aspetto. In primo luogo riconoscendo di prestare fede alla dichiarazione della parte il giudice non ha inteso attribuire la valenza di prova in senso tecnico alla dichiarazione, ne’ tanto meno conferirle un valore di prova legale, ma l’ha fatta ricadere nell’orbita dell’articolo 116 c.p.c., comma 2, sottoponendola al libero apprezzamento (non vi e’ dunque deroga al principio di libera valutazione della prova in mancanza di una forza legale della dichiarazione – cfr. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).

6.2. In secondo luogo la censura difetta di decisivita’ in quanto non intercetta la ratio decidendi rappresentata dalla statuizione che gli attori, su cui incombeva il relativo onere, non hanno provato la colpa dei convenuti. Le dichiarazioni dei convenuti, nel processo logico della decisione, hanno consentito al giudice di merito di pervenire alla “verosimile” ascrizione del fatto alla vittima (“il fatto in definitiva va verosimilmente ascritto alla condotta del defunto, tale da travalicare le misure prese dai due convenuti; in ogni caso manca prova di una loro colpa”), ma espungendo le suddette dichiarazioni, sulla base di un argomento controfattuale, resta (“in ogni caso”, come affermato dal giudice di merito) che gli attori non hanno provato la colpa dei convenuti.

7. Con il settimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 1175, 1176 e 1227 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che il Tribunale ha ritenuto che fosse la vittima, capace di intendere e di volere, a dover prestare attenzione al trattore in movimento, mentre il conducente del trattore non era tenuto ad assumere alcuna posizione di tutela della vittima, laddove invece proprio la condotta di quest’ultima nei minuti precedenti l’investimento rendeva il rischio prevedibile e prevenibile, con il dovere di tutela della vittima e di diligenza in capo al conducente. Aggiungono che risulta violato l’articolo 1227 nella parte in cui il Tribunale ha affermato ricorrere la colpa della vittima per non essersi allontanata dall’area del trattore.

7.1 II motivo e’ inammissibile. Con riferimento alla censura in esame i ricorrenti, essendo intervenuta declaratoria di inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., non hanno indicato la specifica proposizione del corrispondente motivo di appello (Cass. 12 febbraio 2015, n. 2784). Parte ricorrente richiama in sede di sommaria esposizione dei fatti di causa il contenuto dell’atto di appello da pag. 10 in poi come riferito al profilo della colpa. In realta’, come si evince dall’accertamento del fatto processuale, i motivi di appello in discorso attengono all’accertamento in fatto della colpa e non al profilo in iure evidenziato nel motivo dell’odierno ricorso.

Sussistono ulteriori profili di inammissibilita’ del motivo. L’accertamento in concreto degli elementi che concorrono ad integrare la fattispecie responsabilita’ extracontrattuale, ed in particolare dell’elemento soggettivo, spetta al giudice del merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ se non nei limiti del vizio motivazionale. Infine si denuncia la violazione dell’articolo 1227, laddove e’ rimasta estranea alla ratio decidendi l’ipotesi del concorso del fatto colposo del creditore per avere il giudice di merito escluso la responsabilita’ dei convenuti.

8. Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di sia di (OMISSIS) e (OMISSIS) che di (OMISSIS) s.p.a.., delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.