Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 13 novembre 2017, n. 26751
una volta provato che il ritardo in parte ascrivibile ad un dipendente della societa’, vale a dire al superiore dell’odierno controricorrente e, per esso, alla societa’ medesima ex articolo 2049 c.c., in parte addebitabile alla struttura sanitaria ha concorso causalmente a determinare il danno ingiusto, al relativo risarcimento sono tenuti in solido ex articolo 2055 c.c., tutti i soggetti responsabili vale a dire la societa’ ricorrente e la struttura sanitaria.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 13 novembre 2017, n. 26751
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente
Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11087/2012 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 185/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 26/04/2011 R.G.N. 61/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 206/06 il Tribunale di Ascoli Piceno condannava (OMISSIS) S.p.A. a pagare in favore di (OMISSIS) la somma di Euro 15.000,00 a titolo di risarcimento del danno da lesione della dignita’ personale derivato dall’episodio del (OMISSIS), in cui un superiore dell’ (OMISSIS) aveva volutamente cercato di impedire (e, cosi’, aveva ritardato) la chiamata d’una ambulanza per soccorrere l’ (OMISSIS) medesimo, colpito da infarto del miocardio.
Rigettava, invece, la domanda di risarcimento del danno biologico.
2. Con sentenza pubblicata il 26.4.11 la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava la societa’ a pagare al lavoratore la somma di Euro 175.000,00 a titolo di danno biologico, oltre accessori.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre (OMISSIS) S.p.A. affidandosi a quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 c.p.c..
4. (OMISSIS) resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2048, 2049, 2055, 2057, 2087 e 2697 c.c., e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ravvisato il danno biologico malgrado la mancanza di prova del nesso di causalita’ fra il ritardo del soccorso (addebitato alla societa’) e l’entita’ del danno cardiaco riportato dal lavoratore.
Il motivo e’ infondato.
Con motivazione immune da vizi logico-giuridici e sulla base di apposita c.t.u., la sentenza impugnata ha accertato che il gradiente di danno biologico conseguente al ritardo delle terapie dovute all’infartuato e’ stato pari al 50%.
A sua volta tale ritardo vi e’ stato sia nel chiamare l’ambulanza dall’ufficio in cui lavorava l’odierno controricorrente (ritardo ascrivibile al suo superiore, che si e’ fisicamente opposto a che venisse chiamato il Pronto Soccorso, sempre secondo quel che si legge nella sentenza impugnata), sia – in seguito – da parte della struttura sanitaria.
Le obiezioni a riguardo mosse dalla ricorrente, che nega la prova del nesso di causalita’ fra tale ritardo e il grado di invalidita’ riportato da (OMISSIS) dopo l’infarto, scivolano sul piano del merito, intangibile in sede di legittimita’.
1.2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2048, 2049, 2055, 2057, 2087 e 2697 c.c., e vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha considerato che, quando un evento dannoso e’ riferibile a piu’ azioni od omissioni, ognuna di esse deve avere efficienza causale.
Il motivo e’ infondato.
La Corte di merito non ha affatto negato la necessita’ di tale efficienza causale, ma si e’ limitata a rilevare che, una volta provato che il ritardo (in parte ascrivibile ad un dipendente della societa’, vale a dire al superiore dell’odierno controricorrente e, per esso, alla societa’ medesima ex articolo 2049 c.c., in parte addebitabile alla struttura sanitaria) ha concorso causalmente a determinare il danno ingiusto, al relativo risarcimento sono tenuti in solido ex articolo 2055 c.c., tutti i soggetti responsabili (vale a dire la societa’ ricorrente e la struttura sanitaria).
1.3. Con il terzo motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2055 c.c., e di vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di spiegare l’applicazione dell’articolo 2055 c.c., cosi’ come non ha chiarito quale sarebbe stato il comportamento della societa’ ricorrente che avrebbe concorso a determinare l’evento dannoso, ossia l’infarto del miocardio.
Il motivo e’ infondato.
La sentenza impugnata e’ ben chiara nel puntualizzare che la condotta della ricorrente (tramite il superiore dell’ (OMISSIS)) ha avuto efficacia causale rispetto non gia’ all’infarto del miocardio, ma all’entita’ del danno derivante dal ritardo nei soccorsi. Ed ex articolo 2055 c.c., chiunque concorra a determinare il danno ingiusto e’ tenuto, in solido con eventuali coautori – giova ribadire – al risarcimento integrale del danno (danno da ritardo nei soccorsi, nel caso di specie).
1.4. Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione riguardo al danno morale e alla sua quantificazione, nonche’ violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 1218, 1226, 2059, 2697, 2727, 2729 e 2087 c.c., e articoli 115, 116 e 421 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ravvisato tale danno come in re ipsa, a prescindere dalla prova d’una reale conseguenza pregiudizievole della condotta addebitata al superiore del controricorrente.
Il motivo e’ infondato.
Come questa S.C. ha gia’ avuto modo di statuire (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 26972/08), il danno morale, pur non essendo mai in re ipsa per il solo fatto della lesione d’un diritto, nondimeno puo’ essere provato in via presuntiva e di massime di comune esperienza, come correttamente aveva gia’ fatto la sentenza di prime cure (sul punto confermata dalla Corte territoriale).
3.1. In conclusione, il ricorso e’ da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare in favore del controricorrente le spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.