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Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 30 marzo 2017, n. 8290

in materia di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore, secondo la regola posta gia’ dall’articolo 44 del capitolato generale approvato con Decreto Ministeriale 28 maggio 1895 e ripetuta nell’articolo 44 del nuovo capitolato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, puo’ agire per far valere il suo diritto al saldo finale, allo svincolo della cauzione e ad eventuali compensi aggiuntivi, o comunque a tutela delle proprie ragioni, solo dopo che l’Amministrazione, a norma del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350, articolo 109, abbia deliberato sull’approvazione del collaudo e sulle domande dell’appaltatore con provvedimento che deve essere posto in essere in un arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilita’ e delle normali esigenze di definire il rapporto senza ritardi ingiustificati, tenuto conto della natura del rapporto medesimo, dell’economia generale del contratto e del rispettivo interesse delle parti; di conseguenza, ove l’Amministrazione abbia omesso di adottare e comunicare le sue determinazioni in congruo periodo di tempo, tale comportamento omissivo denuncia di per se’ il rifiuto dell’Amministrazione ed il suo inadempimento, e l’appaltatore puo’ allora far valere direttamente i suoi diritti, in via giudiziaria o arbitrale, senza necessita’ di dover mettere preliminarmente in mora l’Amministrazione o di assegnarle un termine, e tanto meno di sperimentare il procedimento di cui all’articolo 1183 c.c., realizzandosi in tal modo anche le condizioni perche’, a norma dell’articolo 2935 c.c., incominci a decorrere il termine di prescrizione del suo diritto, a nulla rilevando che il momento iniziale di tale termine non sia stato preventivamente e precisamente determinato, essendo esso determinabile e individuabile in base ai suddetti oggettivi criteri di valutazione.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile Ordinanza 30 marzo 2017, n. 8290
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25021/2015 proposto da:

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELIA PROVINCIA DI BENEVENTO – IACP, in persona del Commissario Straordinario elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4989/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 9/12/2014, depositata il 15/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO.

IN FATTO ED IN DIRITTO

E’ stata depositata in Cancelleria e regolarmente comunicata la seguente relazione:

“Il Consigliere rel..

Premesso:

La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha accolto l’appello del (OMISSIS) e, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta dallo IACP avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dal (OMISSIS), titolare dell’omonima ditta, nei confronti del detto Istituto, per il pagamento della somma di Euro 4564,37, oltre interessi, per l’esecuzione di lavori nel fabbricato sito in (OMISSIS).

La Corte partenopea ha rilevato che nell’ordinativo dei lavori del 12/6/2003 era espressamente indicato che lo stesso era da “intendersi quale formale contratto di cottimo”; che dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 2001, articolo 5, nella formulazione applicabile ratione temporis, e dall’articolo 4 del detto D.P.R., derivava che il responsabile del procedimento era abilitato ad impegnare direttamente l’ente e detto ordinativo costituiva titolo contrattualmente valido in relazione ai lavori oggetto di causa, non rilevando la mancata sottoscrizione del (OMISSIS), stante la produzione in giudizio da parte dello stesso; che, quanto alla mancata collaudazione eccepita dallo IACP, andava considerato che per i lavori era stato rilasciato il certificato di regolare esecuzione, e non era stato dedotto che il mancato collaudo fosse dipeso da fatto ascrivibile all’impresa.

Ricorre avverso detta pronuncia lo IACP, con ricorso affidato a tre motivi.

L’intimato non ha svolto difese.

Rileva quanto segue.

1.1.- Con il primo motivo di ricorso, lo IACP denuncia la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 2001, articoli 4 e 5; sostiene che la celerita’ e l’informalita’ della procedura di cottimo fiduciario riguarda solo la fase di affidamento dei lavori, ma che per legittimare il pagamento occorre la formalizzazione delle pattuizioni contrattuali nell’appalto (forma scritta ad substantiam della specifica regolamentazione dell’appalto pubblico e sottoscrizione del legale rappresentante dell’ente pubblico), prevista a pena di nullita’ rilevabile ex officio.

1.2.- Col secondo, l’Istituto denuncia la violazione e/o falsa interpretazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 2001, articoli 4 e 5, ed il vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello inquadrato l’ordinativo dei lavori nel contratto di cottimo fiduciario, intendendo cosi’ perfezionato l’atto contrattuale scritto e sottoscritto da rappresentante esterno dell’ente, mancando inoltre gli adempimenti necessari per la riferibilita’ delle obbligazioni all’ente.

1.3. – Col terzo, della violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 1665 c.c. e del vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito considerato che la mancanza del conto finale e del collaudo comportava la non esigibilita’ del credito.

2.1.- I primi due motivi, da valutarsi unitariamente in quanto strettamente connessi, sono manifestamente infondati.

Come di recente ribadito nella pronuncia 1053/2015, il cottimo fiduciario altro non e’ che una forma particolare di appalto, concluso a trattativa privata, ammissibile per legge solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’ordinamento ed in presenza di presupposti di volta in volta richiesti e caratterizzato dal fatto che l’appaltatore e’ prescelto da un funzionario responsabile mediante una valutazione ampiamente discrezionale e dalla non soggezione alle regole della contabilita’ dello Stato, limitatamente alla deliberazione a contrarre, all’intervento del soggetto capace di rappresentare la P.A., nonche’ all’affidamento dei lavori; rappresenta una deroga, in casi cosi’ ristretti e limitati, ai sistemi ad evidenza pubblica di scelta del contraente, che costituiscono il principio generale applicabile nella materia dei contratti pubblici, ma tuttavia, pur con le dette note specializzanti, anche questo tipo di contratto esige il rispetto della forma scritta, come questa Corte ha piu’ volte affermato (cosi’, tra le altre, le pronunce 4201/2004 e 13749/2003).

Cio’ posto, e trovando applicazione nel caso ratione temporis il Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 2001, deve rilevarsi che la Corte del merito non e’ incorsa nei vizi denunciati, avendo riscontrato: 1) che nell’ordinativo dei lavori(ove erano stati esplicitati i lavori da compiere, le modalita’ relative al tempo di esecuzione, all’applicazione dei prezzi, con riferimento alle norme del capitolato generale oo.pp.) era contenuta sub f) l’espressa indicazione che lo stesso era da “intendersi quale formale contratto di cottimo”, conformemente allo stesso disposto di cui all’articolo 5, comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica cit. (detta norma dispone che “Il cottimo fiduciario puo’ essere regolato da scrittura privata semplice, oppure d’apposita lettera con la quale il committente dispone l’ordinazione delle provviste e dei servizi. Tali atti devono riportare i medesimi contenuti previsti dalla lettera d’invito”); 2) che l’ordinativo era stato sottoscritto dal responsabile del servizio, che era titolato ad impegnare direttamente l’ente, come previsto dall’articolo 6. Scelta del contraente e mezzi di tutela, che al comma 1 dispone: “L’esame e la scelta dei preventivi vengono effettuati dal responsabile del servizio che provvede a sottoscrivere il contratto o la lettera d’ordinazione”.

Risulta pertanto rispettato il principio secondo il quale tutti i contratti della PA anche quando agisca jure privatorum devono rispettare la forma scritta e devono essere sottoscritti dal legale rappresentante dell’ente.

Nuovi e quindi inammissibili sono i rilievi relativi alla mancata produzione della perizia giustificativa da redigersi dal responsabile del procedimento nei dieci giorni successivi.

2.2.- Il terzo motivo e’ inammissibile.

La Corte d’appello ha rilevato che il (OMISSIS) aveva provato che era stato rilasciato il certificato di regolare esecuzione e che era decorso un congruo lasso di tempo dall’ultimazione dei lavori senza che l’ente appaltante provvedesse al collaudo, rimanendo cosi’ inerte, ne’ era stato neppure dedotto che detto ritardo fosse dipeso da fatto dell’appaltatore.

Di contro a detta argomentazione, lo IACP si limita a ribadire che la mancanza in se’ del conto finale e del collaudo determinavano la non esigibilita’ del credito.

Tale assunto non si confronta col principio espresso, tra le altre, nella pronuncia 132/2009, secondo cui in materia di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore, secondo la regola posta gia’ dall’articolo 44 del capitolato generale approvato con Decreto Ministeriale 28 maggio 1895 e ripetuta nell’articolo 44 del nuovo capitolato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, puo’ agire per far valere il suo diritto al saldo finale, allo svincolo della cauzione e ad eventuali compensi aggiuntivi, o comunque a tutela delle proprie ragioni, solo dopo che l’Amministrazione, a norma del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350, articolo 109, abbia deliberato sull’approvazione del collaudo e sulle domande dell’appaltatore con provvedimento che deve essere posto in essere in un arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilita’ e delle normali esigenze di definire il rapporto senza ritardi ingiustificati, tenuto conto della natura del rapporto medesimo, dell’economia generale del contratto e del rispettivo interesse delle parti; di conseguenza, ove l’Amministrazione abbia omesso di adottare e comunicare le sue determinazioni in congruo periodo di tempo, tale comportamento omissivo denuncia di per se’ il rifiuto dell’Amministrazione ed il suo inadempimento, e l’appaltatore puo’ allora far valere direttamente i suoi diritti, in via giudiziaria o arbitrale, senza necessita’ di dover mettere preliminarmente in mora l’Amministrazione o di assegnarle un termine, e tanto meno di sperimentare il procedimento di cui all’articolo 1183 c.c., realizzandosi in tal modo anche le condizioni perche’, a norma dell’articolo 2935 c.c., incominci a decorrere il termine di prescrizione del suo diritto, a nulla rilevando che il momento iniziale di tale termine non sia stato preventivamente e precisamente determinato, essendo esso determinabile e individuabile in base ai suddetti oggettivi criteri di valutazione (vedi anche la successiva pronuncia 11973/2013)”.

In esito all’odierna udienza, il Collegio, ribadito che si tratta di lavori in economia, e che si applica il Decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 2001, condivide integralmente le considerazioni esposte nella relazione, da cui consegue il rigetto del ricorso; non si da’ pronuncia sulle spese, non essendosi costituito l’intimato.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,

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Avv. Umberto Davide

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