il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitabilita’, senza la quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico – sociale; la mancata consegna della medesima implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, puo’ comunque essere fonte di un danno risarcibile configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilita’.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 5 dicembre 2017, n. 29090
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4746-2014 proposto da:
(OMISSIS), ((OMISSIS)) e (OMISSIS) ((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), ((OMISSIS)), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– c/ricorrente e ricorrente incidentale –
– ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 200/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 13/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 984 dei 30/10/2009, il Tribunale di Savona dichiarava la risoluzione del contratto di compravendita datato 18/10/2005 stipulato da (OMISSIS) e da (OMISSIS) e (OMISSIS) avente ad oggetto un immobile sito in (OMISSIS), condannando la (OMISSIS) a pagare, a titolo di restituzione del prezzo, a (OMISSIS) e (OMISSIS) la somma pari ad euro 70.000,00 e l’importo di Euro 3.800,02 a titolo di risarcimento danni.
Il Tribunale riteneva, innanzitutto, infondata l’eccezione di decadenza sollevata dalla convenuta, per avere la (OMISSIS) occultato i vizi, dichiarando nel preliminare di vendita la conformita’ dell’immobile con eventuali condoni e con le vigenti leggi urbanistiche e la liberta’ da vizi, ben sapendo che cio’ non corrispondeva al vero. Nel merito, affermava che l’intero immobile di cui faceva parte l’appartamento oggetto di’ causa era privo di certificato di abitabilita’ e che la relativa violazione non era sanata dalla semplice circostanza che il venditore al momento della stipula avesse gia’ presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarita’ amministrativa dell’immobile. Deduceva che, per gli effetti restitutori conseguenti alla pronuncia di risoluzione per inadempimento, il venditore era tenuto a restituire agli acquirenti le somme ricevute a titolo di prezzo, da quantificarsi, alla stregua dell’atto definitivo che aveva sostituito il preliminare, in Euro 70.000,00. Considerava altresi’ provato quale danno l’esborso effettuato a favore del notaio per Euro 3.370,00, mentre riteneva totalmente privo di prova l’asserito danno alla salute.
Avverso tale sentenza, la (OMISSIS) proponeva appello, con atto notificato in data 10/12/2009.
Si costituivano ritualmente (OMISSIS) e (OMISSIS), resistendo all’appello, di cui chiedevano il rigetto, proponendo altresi’ appello incidentale al fine di ottenere l’accoglimento delle domande proposte nel primo grado di giudizio, nonche’, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., il risarcimento dei danni conseguenti al rilascio da parte loro dell’immobile in esecuzione della sentenza gravata, senza aver ricevuto la restituzione del prezzo pagato, consistiti nelle spese di trasloco, nei canone per la locazione di altra abitazione e negli oneri condominiali straordinari sostenuti per ottenere il certificato di abitabilita’, ancora, peraltro, non rilasciato. La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 15.1.2013, ha, in parziale accoglimento dell’appello principale, rigettato la domanda di risoluzione contrattuale e, in parziale accoglimento di quello incidentale, condannato la (OMISSIS) al pagamento, in favore del (OMISSIS) e della (OMISSIS), della somma di Euro 1.350,00, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:
1. anche a non voler inquadrare la fattispecie nell’ambito della vendita di aliud pro alio, sganciata come tale dai termini di decadenza e di prescrizione, la denuncia dei vizi non era necessaria quando, come nel caso di specie era avvenuto (avendo dapprima, in occasione del preliminare, espressamente dichiarato la conformita’ dell’immobile alla normativa urbanistica, benche’ consapevole del contrario, e poi, al momento della stipula del definitivo, taciuto il mancato rilascio del certificato di abitabilita’), il venditore aveva occultato l’esistenza del vizio;
2. La mancanza del detto certificato, tuttavia, non era di per se’ sufficiente per ottenere la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni, in quanto non era configurabile l’ipotesi della vendita di aliud pro alio nel caso in cui, come era avvenuto nella fattispecie, fosse stato successivamente rilasciato (nella specie, dal Comune di (OMISSIS) dietro presentazione di apposita istanza in data 29.10.2010);
3. cio’ non escludeva, pero’, che la venditrice dovesse rimborsare agli acquirenti le spese da questi ultimi sostenute per ottenere il certificato. Laddove andava escluso qualsivoglia danno alla salute, in difetto di nesso di causalita’ tra il comportamento contrattuale della (OMISSIS) e lo stress lamentato dal (OMISSIS) e, soprattutto, dalla (OMISSIS).
Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla base di due motivi. (OMISSIS) si e’ difesa con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1453, 1477, 1489 e 1497 c.c. (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte d’appello escluso la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice, nonostante il certificato di agibilita’ dovesse sussistere ed essere consegnato all’acquirente di un immobile gia’ al momento del perfezionamento della compravendita ed il suo mancato rilascio, rappresentando un requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento del bene e per la sua commerciabilita’, determinasse una responsabilita’ per l’alienazione di un aliud pro alio.
1.1. Il motivo e’ infondato.
In tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilita’ non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravita’ dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilita’ del bene; e la risoluzione non puo’ essere pronunciata ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformita’ edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda (Sez. 2, Sentenze n. 13231 del 31/05/2010- e n. 7547/2017).
Non puo’, pertanto, negarsi rilievo, al rilascio della certificazione predetta nel corso del giudizio relativo all’azione di risoluzione del contratto, promosso dal compratore, nonostante l’irrilevanza dell’adempimento successivo alla domanda di risoluzione stabilita dall’articolo 1453 c.c., comma 3, perche’ si tratta di circostanza che evidenzia l’inesistenza originaria di impedimenti assoluti al rilascio della certificazione e l’effettiva conformita’ dell’immobile alle norme urbanistiche (Sez. 2, Sentenza n. 3851 del 15/02/2008).
In quest’ottica, nel caso di compravendita di una unita’ immobiliare per la quale, al momento della conclusione del contratto, non sia stato ancora rilasciato il certificato di abitabilita’, il successivo rilascio di tale certificato esclude la possibilita’ stessa di configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio e di ritenere l’originaria mancanza di per se’ sola fonte di danni risarcibili (Sez. 2 Sentenza n. 6548 del 18/03/2010).
Dalle considerazioni che precedono, consegue che il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitabilita’, senza la quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico – sociale; la mancata consegna della medesima implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, puo’ comunque essere fonte di un danno risarcibile configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilita’ (Cass. 20/4/2006 n. 9253; 3/7/2000 n. 8880; 19/7/1999 n. 7681). Nella fattispecie in esame, risulta ex actis e, comunque, non e’ contestato che in data 22.12.2010 il Comune di (OMISSIS) ha rilasciato il certificato di agibilita’ del bene immobile compravenduta, in tal guisa attestando di fatto che l’alloggio presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso che gli era proprio.
Il motivo va, dunque, respinto.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver la corte territoriale rigettato la loro richiesta di essere risarciti dei danni ulteriori per il trasloco (avvenuto in esecuzione della sentenza di primo grado di risoluzione) e per la stipula di un contratto di locazione per altro immobile.
2.1. Il motivo e’ inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 13.2.2013, i ricorrenti avrebbero dovuto far riferimento al novellato articolo 360 c.p.c., n. 5 applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012 (Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012). In quest’ottica, i ricorrenti non si sarebbero potuti limitare a denunciare la insufficienza o contraddittorieta’ della motivazione, bensi’ avrebbero dovuto dolersi dell’omesso esame circa un fatto decisivo che fosse stato oggetto di discussione tra le parti. Invero, nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non e’ piu’ configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo, come detto, solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13928 del 06/07/2015; Sez. 1, Sentenza n. 7983 del 04/04/2014). Inoltre, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte (e risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Nel caso di specie, da un lato, la corte di merito non ha omesso di considerare la circostanza dell’avvenuta liberazione dell’appartamento oggetto del contratto risolto e, o’ dall’altro, i ricorrenti hanno del tutto omesso di indicare il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risultasse esistente ed il “come” e il “quando” tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti. In secondo luogo, la censura non attinge la effettiva ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale si fonda sul rilievo per cui i danni per trasloco e la stipula del contratto di locazione di altro immobile non discendevano direttamente dalla provvisoria esecuzione della sentenza d’appello.
Invero, la sentenza di primo grado, confermata sul punto da quella d’appello, non conteneva altresi’ una pronuncia al rilascio immediato del cespite il quale, dunque, deve ritenersi avvenuto spontaneamente.
Inoltre, e’ notorio che la pronuncia di risoluzione per inadempimento ha, a differenza di quella di diritto, natura costitutiva, con la conseguenza che non acquista efficacia esecutiva fino al momento del passaggio in giudicato.
3. Con l’unico motivo la ricorrente incidentale si duole della violazione dell’articolo 2697 c.c. (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per aver la corte locale riconosciuto agli acquirenti l’importo di Euro 1.350,00 a titolo di rimborso delle spese sostenute per ottenere il certificato di abitabilita’, nonostante gli stessi -non avessero dimostrato di aver sostenuto il relativo costo.
3.1. Il motivo si rivela inammissibile sia perche’, anche a voler in astratto prestare adesione alle tesi della ricorrente, non si sarebbe comunque al cospetto di una violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio disciplinato dall’articolo 2697 c.c., ma, semmai, di una non corretta valutazione del materiale probatorio, sia in quanto, in violazione del principio di specificita’, la medesima ha omesso di trascrivere i quattro bonifici per spese condominiali straordinarie che, secondo il suo assunto, non avrebbero niente a che vedere con’ le spese preordinate al rilascio del certificato di abitabilita’.
Per mera completezza, va altresi’ evidenziato che l’omesso esame di elementi istruttori, comunque, non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
4. In definitiva, sia il ricorso principale che quello incidentale vanno, per quanto innanzi esposto e ritenuto, rigettati.
5.- Attesa la reciproca soccombenza vanno compensate integralmente tra le parti le spese del presente grado di legittimita’.
Sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte dei ricorrenti principali, che della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso ioncidentale, a norma dello stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia dei ricorrenti principali, che della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.