Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 21 novembre 2017, n. 27559

Se tale recesso, infatti, valido non e’, il contratto continua a esistere e per la conduttrice ne discende pertanto l’obbligo al pagamento dei canoni, mentre non e’ configurabile alcun obbligo di buona fede della locatrice di adoperarsi per esonerarla da tale obbligo, essendo rimasto pienamente in vigore il sinallagma convenuto dalle parti stesse.

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 21 novembre 2017, n. 27559

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4483-2016 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona dell’A.D. – legale rappresentante p.t. Dr. (OMISSIS), (OMISSIS) SPA in persona dell’A.U. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante p.t. l’amministratore unico (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4534/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/10/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Albnerto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) anche per delega orale dell’Avv. (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con contratto stipulato il 3 novembre 2008 (OMISSIS) S.r.l. concedeva in locazione a (OMISSIS) S.r.l. un capannone industriale per la durata di sei anni, rinnovabile per altri sei, con scadenza in tal caso il 5 novembre 2020, determinando il canone annuo in Euro 140.000 oltre a Iva e aggiornamento annuale Istat. Dopo alcune cause in cui era stata dichiarata la sua morosita’, la conduttrice, con lettera del 4 marzo 2011, comunicava il recesso per inadempimento della locatrice rispetto all’obbligo di produrre la certificazione di agibilita’, la cui mancanza avrebbe impedito l’attivita’ della recedente.

Con ricorso depositato il 13 giugno 2012 (OMISSIS) S.r.l. adiva il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere perche’ fosse dichiarata l’invalidita’/inefficacia del recesso della conduttrice, e fossero condannati quest’ultima e la sua fideiubente (OMISSIS) S.p.A. al pagamento di tutti i canoni dovuti dal 6 ottobre 2011 al 5 novembre 2020, oltre a rivalutazione secondo Istat al 100% e interessi dalla scadenza dei ratei. Con sentenza del 28 marzo 2014 il Tribunale rigettava le domande di (OMISSIS) S.r.l.

Avendo quest’ultima proposto appello, ed avendo ad esso resistito le controparti, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 13-23 novembre 2015, accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando inefficace il recesso e cessato il contratto per sopravvenuta disdetta alla fine del primo sessennio, cioe’ il 5 novembre 2014, condannando le appellate in solido a pagare all’appellante i canoni dovuti dal 6 novembre 2011 al 5 novembre 2014 nella misura di Euro 439.883 oltre a Iva e interessi.

2. Hanno presentato ricorso (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.p.A. sulla base di quattordici motivi, da cui si difende con controricorso (OMISSIS) S.r.l.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso e’ infondato.

3.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’articolo 434 c.p.c., inammissibilita’ e/o nullita’ dell’appello e nullita’ della sentenza per mancata confutazione nell’atto di appello delle ragioni della sentenza di primo grado.

Quest’ultima avrebbe imperniato, infatti, la decisione “sul diniego di agibilita’ intervenuto nel 2010 e sull’impossibilita’ da parte del conduttore di richiedere il certificato di agibilita’, in quanto privo di qualsivoglia legittimazione”; e l’appellante avrebbe, nel gravame, “continuato a far riferimento alla conoscibilita’ della carenza del certificato di agibilita’ e non al problema emerso successivamente, ossia il diniego del certificato di agibilita’”, non censurando neppure la “carenza di legittimazione del conduttore” a richiedere tale provvedimento amministrativo e la indispensabilita’ di quest’ultimo per l’esercizio dell’attivita’ economica, ne’ adducendo alcunche’ sul “motivo vero e proprio su cui si incentra il mancato rilascio del certificato di agibilita’”.

Il motivo e’ palesemente infondato, dal momento che definisce fondamento della sentenza di primo grado e’ stato logicamente assorbito dalla sentenza di secondo grado come irrilevante laddove ha individuato la dirimente ragione dell’accoglimento dell’appello, ovvero la piena conoscenza della situazione del capannone da parte della conduttrice fin da quando fu stipulato il contratto locatizio.

3.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 c.p.c., violazione degli articoli 342 e 434 c.p.c., nonche’ nullita’ della sentenza per avere il giudice d’appello ritenuto ammissibile il gravame in difetto dei requisiti di cui all’articolo 434 c.p.c.

Si tratta, in sostanza, della riproposizione di quanto era gia’ stato eccepito dinanzi alla corte territoriale, che – come il motivo stesso evidenzia – era stato disatteso con apposita motivazione, la quale si rinviene alle pagine 5-6 della sentenza e puo’ ben definirsi specifica e congrua. Le argomentazioni che i ricorrenti agitano in effetti per inficiarla presentano in realta’ natura fattuale sulle vicende amministrative relative al certificato di agibilita’ (ricorso, pagine 13-14). Come quindi nel precedente motivo, i ricorrenti tentano di ricondurre alla nullita’ della sentenza quel che e’ in realta’ annoverabile al thema decidendum di merito che la pronuncia di secondo grado ha affrontato. Il motivo pertanto non ha alcun pregio.

3.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articolo 115 c.p.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 11, 32 e 36.

Si adduce che la comunicazione del recesso non si sarebbe fondata solo sul mancato conseguimento dopo tre anni dalla stipulazione del contratto del certificato di agibilita’ dell’immobile, “ma soprattutto” sui requisiti minimi ex lege necessari per gli immobili e per l’esercizio dell’attivita’ contrattualmente pattuita: cio’ emergerebbe dalla comunicazione stessa del recesso. Vengono poi richiamati gli articoli 2 e 5 del contratto, sostenendo che avrebbe costituito ragione del recesso L. n. 392 del 1978, ex articolo 27 il “fatto nuovo” della comunicazione formale del Comune che il certificato non avrebbe potuto mai essere rilasciato, e aggiungendo che le opere sarebbero state urbanisticamente irregolari e l’immobile sottoposto a vincolo paesaggistico, con conseguente impossibilita’ di ogni uso lecito dell’immobile. Avrebbe dunque errato la sentenza d’appello dove afferma incontestato il fatto che la conduttrice abbia continuato ad esercitare la sua attivita’ nell’immobile, “essendo in re ipsa la prova del mancato utilizzo lecito” per carenza dei requisiti minimi ex lege.

Il motivo e’ palesemente contraddittorio. Dapprima, infatti, adduce che il recesso ex articolo 27 non si sarebbe fondato sulla situazione dell’immobile tre anni dopo la stipulazione del contratto, bensi’ sui requisiti minimi di legge – cioe’ su un elemento presente ab origine all’epoca della stipulazione -; e poi si fonda un asserito “fatto nuovo”, cioe’ la comunicazione del Comune dell’impossibilita’ definitiva del rilascio del certificato.

Anche a prescindere da questa sua intrinseca e inammissibile ambiguita’, il motivo e’ inammissibile per natura evidentemente fattuale: esso infatti argomenta sulle caratteristiche urbanistiche dell’immobile, per concludere proprio sull’esistenza di una prova, che peraltro non riguarderebbe la non continuazione dell’attivita’, bensi’ la illiceita’ dell’attivita’ stessa (v. ricorso, pagina 18: da quanto in precedenza esposto “consegue l’erroneita’ della sentenza anche laddove afferma che non risulta contestata la circostanza che la societa’ conduttrice abbia sempre continuato ad esercitare la sua attivita’ nell’immobile oggetto della locazione, essendo in re ipsa la prova del mancato utilizzo lecito dell’immobile, per carenza di requisiti minimi prescritti ex lege per gli immobili”).

Si giunge poi a contrastare con l’affermazione del giudice d’appello (motivazione, pagine 9-10) che la conduttrice non provo’ il definitivo diniego del certificato e che non contesto’ di avere continuato l’attivita’, anche sotto questi profili scendendo direttamente su un piano fattuale, che e’, si ripete, la reale natura del motivo, il quale censura il giudice d’appello nel suo accertamento di merito (e i riferimenti giurisprudenziali che vengono talora introdotti sono infatti conformi a quelli invocati dalla corte territoriale).

3.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articoli 1575 e 1580 c.c. D.p.r. n. 380 del 2001, articoli 11, 24, 36.

Il giudice d’appello avrebbe errato affermando che la certificazione di agibilita’ concerne parametri tecnici della normativa urbanistica “il cui difetto non preclude, di per se’, l’utilizzo abitativo”, e che la conduttrice, cio’ conoscendo fin dalla stipulazione del contratto, accetto’ il rischio economico conseguente. Invece la certezza della impossibilita’ del rilascio di certificato di agibilita’, senza regolarizzazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ex articolo 36 sarebbe sufficiente a rendere inidoneo l’immobile per l’uso convenuto e costituirebbe un fatto nuovo, indipendente dalla volonta’ della conduttrice e idoneo a giustificarne il recesso ai sensi della L. n. 392 del 1978, ex articolo 37.

Anche questo motivo, come ben si vede gia’ dalla sintesi appena tracciata, si basa su elementi direttamente fattuali che il giudice d’appello ritenne non provati, qui invece argomentando per sostenere che lo furono, con particolare riguardo all’esistenza di un definitivo diniego del certificato. E cio’ conduce la censura alla inammissibilita’.

3.5 Il quinto motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ancora denuncia violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articoli 1575 e 1580 c.c., per avere errato il giudice d’appello affermando che nel contratto non e’ previsto un obbligo del locatore di acquisire il certificato di agibilita’ o farlo acquisire; e cio’ viene contestato con vari argomenti.

La censura, peraltro, difetta di interesse, perche’ non inficia la ratio decidendi sulla inesistenza di motivi imprevedibili a proposito del certificato, ovvero sulla piena conoscenza che la conduttrice aveva della situazione del capannone ab origine, a prescindere poi dalla ulteriore ratio decidendi in ordine al difetto di prova di definitiva impossibilita’ di rilascio del certificato.

3.6 n sesto motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta violazione degli articoli violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articoli 2727, 2729 e 2497 sexies c.c. e articolo 115 c.p.c.

Il giudice d’appello esclude la novita’ e la non conoscibilita’ dei motivi del diniego del rilascio, ovvero assume la piena conoscenza della conduttrice al momento della stipulazione del contratto delle condizioni del capannone in conseguenza dell’intreccio societario tra la precedente proprietaria di quest’ultimo e la conduttrice stessa, che descrive a pagina 11 della motivazione della sentenza impugnata. La censura consiste in vari argomenti fattuali, per concludere poi che la conoscibilita’ presunta non equivale a quella effettiva.

Il motivo e’ evidentemente quasi del tutto fattuale, per cui e’ inammissibile; quanto all’ultimo e residuo argomento per cui, in sostanza, non puo’ valere la presunzione per accertare un fatto, esso non ha consistenza, essendo stabilita proprio dall’invocato articolo 2729 c.c. l’utilizzabilita’ della cosiddetta prova presuntiva, peraltro nel caso di specie del tutto irrilevante visto il contenuto del tratto motivazionale della sentenza impugnata, relativo non ad una conoscibilita’ presunta, bensi’ ad una piena ed effettiva informazione della conduttrice sulle condizioni dell’immobile quando fu stipulato il contratto locatizio.

3.7 Il settimo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articoli 115 e 116 c.p.c., censurando il giudice d’appello laddove esclude che sia stato provato il definitivo diniego del certificato in questione: invece “come chiarito in punto di fatto, e’ incontestato tra le parti che nel 2010 vi fu il diniego di agibilita’”.

Il motivo, attraverso questo riferimento ad una non specificata chiarificazione “in punto di fatto”, effettua presumibilmente un riferimento alla premessa del ricorso, ma con una connotazione talmente generica da renderlo non autosufficiente e comunque non integrante, appunto, la necessaria specificita’ che l’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 esige per la conformazione dei motivi del ricorso per cassazione, cosi’ pervenendo alla inammissibilita’. Peraltro, si nota incidenter, se il motivo fosse stato conformato in modo esaustivo, il suo contenuto lo condurrebbe probabilmente alla denuncia di un errore revocatorio.

3.8 L’ottavo motivo denuncia violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, argomentando che e’ discusso e decisivo il fatto che il certificato di agibilita’ non sia stato rilasciato per mancata acquisizione del nullaosta del Consorzio ASI e dunque negato definitivamente. Il motivo e’ privo di consistenza, in quanto e’ indiscusso che il giudice d’appello ha motivato sull’assenza di prova della definitivita’ del diniego, non integrando quindi il vizio motivazionale rilevante ai fini del vigente tenore dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per di piu’ presentato in modo ambiguo, anche mediante un contestuale riferimento a una violazione di legge, cioe’ della L. n. 392 del 1978, articolo 27.

3.9 Il nono motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27 e articolo 132 c.p.c., n. 4, per non avere il giudice d’appello indicato nella motivazione da dove avrebbe desunto il carattere non definitivo del diniego. Si tratta evidentemente di una riproduzione del precedente motivo, di cui patisce la stessa ambiguita’ mescolando ora un preteso error in procedendo con un preteso error in iudicando quanto all’applicazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27. Peraltro, si rileva che queste ripetute censure relative alla definitivita’ del diniego della certificazione non inficiano la ratio decidendi realmente fondamentale nella struttura decisionale adottata dal giudice d’appello, cioe’ la conoscenza ab origine da parte della conduttrice della situazione radicalmente irregolare sul piano urbanistico del capannone preso in locazione, con conseguente assenza di ogni imprevedibilita’ (motivazione della sentenza impugnata, pagine 11-12).

3.10 Il decimo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articoli 1334, 1372, 1373, 1218, 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c.: avrebbe errato il giudice d’appello nel ritenere illegittimo il recesso effettuato dalla conduttrice con la lettera del 4 marzo 2011: e se il contratto si scioglie ope legis ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 27 e conformemente agli articoli 1372 e 1373 c.c., la corte territoriale non puo’ condannare (OMISSIS) S.r.l. ad adempiere un contratto sciolto, che quindi piu’ non produce effetti. Dal canto suo, (OMISSIS) avrebbe potuto chiedere soltanto il risarcimento di danni, ma tale azione non l’aveva esercitata.

Il motivo e’ privo di consistenza: prese le mosse dall’affermazione che il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere illegittimo il recesso – e questo avrebbe dovuto essere dimostrato con i precedenti motivi, i quali, come si e’ visto, non sono risultati fondati – adduce che il contratto si e’ sciolto, per cui la conduttrice non e’ piu’ tenuta ad adempierlo, e in luogo dell’adempimento la locatrice avrebbe potuto semmai chiedere un risarcimento di danni. Tutto si fonda, allora, sulla validita’ del recesso, che e’ risultato invece invalido.

3.11 L’undicesimo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27 articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c. per avere la corte territoriale “posto in capo al conduttore l’onere della prova riferito al danno subito dal proprietario dell’immobile ed inerente il mancato pagamento dei canoni di locazione fino alla scadenza del contratto nel 2014″.

Il giudice d’appello (a pagina 13 della motivazione della sentenza impugnata) “ha affermato, infatti, l’obbligo del pagamento dei canoni scaduti fino alla prima scadenza da parte del conduttore a meno che non dimostri che l’immobile era stato utilizzato direttamente o indirettamente dal locatore”, prova invece non acquisita nel giudizio. Emergerebbe cosi’ la violazione di legge relativamente ai principi governanti il riparto dell’onere della prova: “la locatrice avrebbe dovuto dare prova del fatto che, pur essendo venuto meno di fatto il sinallagma funzionale del contratto a seguito della restituzione dell’immobile da parte della (OMISSIS), aveva diritto al pagamento del canone di locazione fino alla prima scadenza del contratto, a titolo di risarcimento del danno, non avendo utilizzato l’immobile”; quindi proprio la locatrice “avrebbe dovuto dare prova del mancato utilizzo dell’immobile fino alla prima scadenza del contratto, in quanto fatto costitutivo della propria richiesta di pagamento dei canoni anche a seguito dell’intervenuto recesso del conduttore”.

Si tratta, evidentemente, di una propaggine del motivo precedente, perche’ pone come presupposto l’essere venuto meno il sinallagma funzionale del contratto a seguito dell’intervenuto recesso della conduttrice, come se tale recesso fosse stato valido. E infatti, ad un certo punto, nel motivo si afferma esplicitamente che le sue argomentazioni hanno “tenuto conto dell’inammissibilita’ di una domanda di adempimento riferita ad un contratto non piu’ in essere” (ricorso, pagina 29).

Parimenti dalla infondatezza del decimo motivo sono assorbiti i successivi motivi dodicesimo e tredicesimo, nel primo dei quali – come violazione, denunciata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 392 del 1978, articolo 27, articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c. – si attribuisce ancora al giudice d’appello errore sulla ripartizione dell’onere probatorio (in questa doglianza tentando, senza successo per quanto appena rilevato, di correlarlo al principio della prossimita’ della prova), mentre nel secondo – come violazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 2697 c.c., articolo 115 c.p.c., articolo 1346 c.c. e articolo 1418 c.c., comma 2, – si adduce che la corte territoriale avrebbe errato nel richiedere alla conduttrice la prova che mai avrebbe potuto produrre, cioe’ l’utilizzo dell’immobile da parte della locatrice.

3.12 Il quattordicesimo motivo, infine, lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli articoli 2697 e 1375 c.c. e articolo 2 Cost.: (OMISSIS) S.r.l. avrebbe dovuto comunque provare “di essersi adoperata” per trarre profitto dall’immobile in altro modo e sollevare quindi la conduttrice dall’onere di continuare a pagare il canone, vale a dire dimostrare di avere tenuto un comportamento secondo buona fede.

Quest’ultimo motivo, a tacer d’altro, pretermette – come gia’ prima era stata pretermessa nel decimo motivo – la considerazione della necessita’ di un recesso valido L. n. 392 del 1978, ex articolo 27. Se tale recesso, infatti, valido non e’, il contratto continua a esistere e per la conduttrice ne discende pertanto l’obbligo al pagamento dei canoni, mentre non e’ configurabile alcun obbligo di buona fede della locatrice di adoperarsi per esonerarla da tale obbligo, essendo rimasto pienamente in vigore il sinallagma convenuto dalle parti stesse.

Anche quest’ultima doglianza, dunque, e’ priva di fondamento.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 10.000, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.