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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1257
la presunzione di responsabilita’ per danni da cose in custodia prevista dall’articolo 2051 c.c. non si applica, per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, le volte in cui non sia possibile esercitare sul bene stesso la custodia intesa quale potere di fatto sulla cosa; la possibilita’ concreta di esercitare tale potere non va valutata solo in base all’estensione dell’intero bene demaniale, ma alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, e in primo luogo della natura e della tipologia dell’evento dannoso; in proposito assumono rilievo determinante la natura, la posizione e l’estensione della specifica area in cui si e’ verificato l’evento dannoso, le dotazioni e i sistemi di sicurezza nonche’ di possibile segnalazione di eventuali pericoli disponibili, e ogni altro elemento rilevante; in particolare, per i parchi naturali, l’oggettiva impossibilita’ della custodia non puo’ affermarsi per i sentieri escursionistici segnati, in quanto destinati alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza, ne’ per le zone immediatamente circostanti agli stessi che costituiscono la ragione di interesse (turistico, naturale, storico o di altro tipo) della visita, almeno nei limiti in cui risulti sussistere uno stretto vincolo funzionale tra il percorso segnalato e le aree di interesse a questo circostanti.
Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo:
La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 3568 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrenti –
nei confronti di:
ENTE (OMISSIS) (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) ed (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Trento n. 183/2013, depositata in data 24 giugno 2013;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 20 settembre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) (rispettivamente moglie e figli di (OMISSIS)), hanno agito in giudizio nei confronti di dell’Ente (OMISSIS), per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del loro congiunto, finito in un profondo pozzo presente nel parco nel corso di un’escursione alpina. La domanda e’ stata rigettata dal Tribunale di Trento.
La Corte di Appello di Trento ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorrono la (OMISSIS) e i (OMISSIS), sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso l’Ente (OMISSIS).
Il ricorso e’ stato trattato in camera di consiglio, in applicazione dell’articolo 375 c.p.c. e articolo 380-bis c.p.c., comma 1.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c.”.
Con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. e articolo 2697 c.c., nonche’ dell’articolo 1227 c.c., comma 1”.
Con il terzo motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c. e dell’articolo 2697 c.c.”.
Con il quarto motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c. e articolo 1227 c.c., comma 1”.
I primi quattro motivi del ricorso sono connessi, e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati, nei limiti che si esporranno.
1.1 In base ai principi di diritto affermati da questa Corte, puo’ in estrema sintesi affermarsi che il criterio di imputazione della responsabilita’ fondato sul rapporto di custodia di cui all’articolo 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi, e quindi impone al danneggiato di provare il solo nesso di causa tra la cosa in custodia (a prescindere dalla sua pericolosita’ o dalle sue caratteristiche intrinseche) ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarita’ o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed e’ comprensivo della condotta incauta della vittima (giurisprudenza consolidata; cfr. ad es., tra le tante: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5031 del 20/05/1998, Rv. 515604 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4480 del 28/03/2001, Rv. 545244 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5236 del 15/03/2004, Rv. 571144 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 376 del 11/01/2005, Rv. 579857 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20317 del 20/10/2005, Rv. 584522 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 21684 del 09/11/2005, Rv. 584436 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26086 del 30/11/2005, Rv. 585883 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2563 del 06/02/2007, Rv. 594374 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4279 del 19/02/2008, Rv. 601911 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20427 del 25/07/2008, Rv. 604902 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011, Rv. 618175 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12821 del 19/06/2015, Rv. 635770 – 01). In particolare, la condotta incauta o negligente della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilita’ ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, va graduata sulla base di un accertamento di fatto in ordine alla sua effettiva incidenza sull’evento dannoso, e puo’ giungere anche ad assumere efficienza causale esclusiva del danno (sul rilievo della condotta della vittima, si vedano ad es., tra le piu’ recenti: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8229 del 07/04/2010, Rv. 612442 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 23919 del 22/10/2013, Rv. 629108 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 287 del 13/01/2015, Rv. 633949 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18317 del 18/09/2015, Rv. 636857 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15761 del 29/07/2016, Rv. 641162 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11526 del 11/05/2017, Rv. 644282 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 25837 del 31/10/2017, non massimata).
Il suddetto criterio oggettivo di imputazione della responsabilita’, per i danni subiti dagli utenti di beni demaniali di rilevante estensione, puo’ essere escluso unicamente in caso di comprovata concreta impossibilita’ di esercitare la custodia, quale potere di fatto sul bene stesso. Tale impossibilita’ deve essere accertata non solo in relazione all’estensione complessiva del bene ed alla possibilita’ di esercitare un puntuale e diffuso controllo su di esso, ma in relazione alla causa concreta del danno (di cui va valutata la natura e la tipologia), in quanto all’ente pubblico custode possono essere addossati esclusivamente i rischi di cui egli puo’ effettivamente gestire il controllo (cfr., in proposito, ad es.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12449 del 16/05/2008, Rv. 603341 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15042 del 06/06/2008, Rv. 603742 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9546 del 22/04/2010, Rv. 612432 – 01).
Unicamente laddove sia esclusa la possibilita’ di una effettiva custodia del bene demaniale, puo’ pertanto applicarsi il diverse) criterio di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2043 c.c., che opera in termini soggettivi, richiedendo la dimostrazione (da parte del danneggiato) della colpa dell’ente proprietario del bene, la quale puo’ peraltro di fatto presumersi laddove il danneggiato dimostri che il danno si e’ verificato in ragione di una anomalia della cosa, ma che non sussiste laddove sia dimostrato che la suddetta anomalia risultava percepibile o prevedibile (e il conseguente danno evitabile) con l’ordinaria diligenza, e quindi sostanzialmente anche in tal caso in ragione della condotta del danneggiato stesso (cfr. ancora, ad es., le gia’ citate Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011, Rv. 618175 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12821 del 19/06/2015, Rv. 635770 – 01).
1.2 I giudici di merito non hanno correttamente applicato i principi di diritto appena esposti.
Essi hanno deciso la controversia negando la sussistenza di un effettivo potere di custodia in capo all’ente convenuto sul bene demaniale affidato alla sua gestione.
Di conseguenza, non si sono limitati a verificare la sussistenza del nesso di causa tra cosa e danno (eventualmente accertando se questo fosse imputabile esclusivamente ad un comportamento della vittima di imprudenza tale da potersi ritenere causa esclusiva dell’incidente, e quindi integrante il caso fortuito, in considerazione della situazione di rischio percepibile, o quanto meno sufficiente ad assumere efficacia causale concorrente nella determinazione del danno), come sarebbe stato necessario in caso di applicabilita’ alla fattispecie dell’articolo 2051 c.c., ma hanno preso in esame circostanze rilevanti essenzialmente sul piano della condotta colposa dell’ente convenuto, condotta colposa rilevante ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e che invece nella sistematica della disposizione di cui all’articolo 2051 c.c. e’ del tutto inconferente (se non nell’ottica esclusiva della dimostrazione dello stato della cosa e della sua capacita’ o incapacita’ di recare danno, cioe’ in relazione alla prova del rapporto causale tra la cosa stessa e l’evento dannoso).
L’esclusione della possibilita’ di esercitare un effettivo potere di fatto sulla cosa e’ stata peraltro sostanzialmente ritenuta solo in ragione della rilevante estensione del bene demaniale, senza l’esame di tutte le concrete circostanze di fatto in cui aveva avuto luogo l’incidente.
In particolare, avrebbe dovuto certamente considerarsi in proposito che, se la buca in cui era caduto il (OMISSIS) si trovava ad una certa distanza (50 mt.) dal sentiero segnalato, quest’ultimo – classificato come escursionistico di tipo “E”, gestito e mantenuto dall’Ente Parco e liberamente accessibile anche in pieno inverno – attraversava un sito turistico di particolare interesse soprattutto in ragione della presenza dei reperti storici della prima guerra mondiale che si trovano disseminati in prossimita’ di esso e che normalmente gli escursionisti hanno interesse a visitare, e avrebbe quindi dovuto accertarsi se in concreto poteva dirsi esistente la possibilita’ di una effettiva custodia, oltre che in relazione al percorso del sentiero segnato – in merito al quale non possono sussistere dubbi di sorta, data la sua estensione relativamente limitata e la sua destinazione alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza – anche in relazione alle aree immediatamente limitrofe, in cui risultano allocati i reperti di interesse per gli escursionisti, che e’ ragionevole presumere che questi ultimi possano intendere raggiungere nel corso della visita (almeno in mancanza di espresse limitazioni in tal senso adeguatamente segnalate).
1.3 La questione del criterio di imputazione della responsabilita’ dovra’ pertanto essere rivalutata, in sede di rinvio, alla luce del seguente principio di diritto:
“la presunzione di responsabilita’ per danni da cose in custodia prevista dall’articolo 2051 c.c. non si applica, per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, le volte in cui non sia possibile esercitare sul bene stesso la custodia intesa quale potere di fatto sulla cosa; la possibilita’ concreta di esercitare tale potere non va valutata solo in base all’estensione dell’intero bene demaniale, ma alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, e in primo luogo della natura e della tipologia dell’evento dannoso; in proposito assumono rilievo determinante la natura, la posizione e l’estensione della specifica area in cui si e’ verificato l’evento dannoso, le dotazioni e i sistemi di sicurezza nonche’ di possibile segnalazione di eventuali pericoli disponibili, e ogni altro elemento rilevante; in particolare, per i parchi naturali, l’oggettiva impossibilita’ della custodia non puo’ affermarsi per i sentieri escursionistici segnati, in quanto destinati alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza, ne’ per le zone immediatamente circostanti agli stessi che costituiscono la ragione di interesse (turistico, naturale, storico o di altro tipo) della visita, almeno nei limiti in cui risulti sussistere uno stretto vincolo funzionale tra il percorso segnalato e le aree di interesse a questo circostanti”.
Una volta stabilito il criterio giuridico di imputazione della responsabilita’ applicabile nella fattispecie concreta (articolo 2051 c.c. o articolo 2043 c.c.), quest’ultima dovra’ altresi’ essere nuovamente scrutinata, alla luce dei principi esposti in precedenza.
Di conseguenza, nel caso in cui fosse ritenuto applicabile l’articolo 2051 c.c. (per l’accertata sussistenza del rapporto di custodia in relazione al luogo dell’incidente), dovranno essere, in particolare, applicati i seguenti principi di diritto:
“l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, solo il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;
“la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’articolo 2043 c.c. (salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacita’ di recare danno, e a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso)”;
“il caso fortuito e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ da un punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode (con la precisazione che, incidendo le modifiche improvvise della struttura della cosa in rapporto alle condizioni di tempo, esse divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa, di cui il custode deve rispondere)”;
“nella categoria delle cause di esclusione della responsabilita’ oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato che entri in interazione con queste si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche officiosa – dell’articolo 1227 c.c., comma 1: quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, oggetto di dovere generale riconducibile all’articolo 2 Cost. e comunque rispondente ad un’esigenza di ragionevole regolazione della propria condotta, delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”;
“quando la causa di esclusione della responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c. sia indicata nella condotta del danneggiato puo’ prescindersi dalla necessita’, ai fini dell’esonero, di un’imprevedibilita’ ed inevitabilita’ intese nel suddetto senso di estraneita’ alla regolarita’ o adeguatezza causale, come invece rimane necessario quando si invoca un caso fortuito o un’elisione del nesso causale per altra ragione”.
Nel caso in cui invece, per l’accertata insussistenza del rapporto di custodia, fosse applicabile l’articolo 2043 c.c., dovra’ invece naturalmente essere posto a carico dell’attore l’onere della prova della condotta colposa dell’ente, e la colpa potra’ presumersi in caso di danno derivante da anomalia del bene demaniale, ma andra’ esclusa in caso di possibilita’ per l’utente di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia ed evitare pertanto il danno, salva anche in tale ipotesi la possibilita’ di concorso ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1.
Ai fini delle valutazioni indicate, l’eventuale condotta imprudente dell’utente del bene demaniale danneggiato (tanto ai fini dell’accertamento del caso fortuito quanto ai fini del concorso di responsabilita’ ai sensi dell’articolo 1227 c.c.) andra’ naturalmente giudicata anche alla luce dell’affidamento che questi ordinariamente ripone, in mancanza di espressi divieti generali idoneamente pubblicizzati o di adeguate specifiche segnalazioni in loco, sulla sicurezza dei sentieri escursionistici segnati e delle zone di interesse immediatamente circostanti agli stessi e a questi legate da uno stretto nesso funzionale ai fini della visita, secondo quanto e’ ragionevole prevedere in considerazione della natura dei luoghi.
In definitiva, la sentenza impugnata va cassata, affinche’ si possa provvedere in sede di rinvio ad una rivalutazione delle domande proposte, alla luce dei principi di diritto esposti.
2. Con il quinto motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 “omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti”.
Il quinto motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento dei primi quattro.
3. Sono accolti i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione, con rinvio alla con rinvio alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie i primi quattro motivi del ricorso, assorbito il quinto, e cassa in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.