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Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 17 gennaio 2018, n. 1920
Il limite della continenza deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine della cronaca del fatto e della sua critica: la verifica circa l’adeguatezza del linguaggio alle esigenze del diritto del giornalista alla cronaca e alla critica impone innanzitutto l’accertamento della verita’ del fatto riportato e la proporzionalita’ dei termini adoperati in rapporto all’esigenza di evidenziare la gravita’ dell’accaduto che presenti oggettivi profili di interesse pubblico (Sez. 5, n. 19381 del 20/04/2005, Marcenaro ed altri, Rv. 231562); il limite della continenza, entro il quale deve svolgersi un corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, e’ percio’ superato quando le informazioni, pur vere, si risolvano – per il lessico impiegato, per l’uso strumentale delle medesime, per la sostanza e la forma dei giudizi che le accompagnano – in un attacco personale e gratuito al soggetto cui si riferiscono: quando cioe’, al di la’ della offensivita’ della notizia e della negativa sua valutazione (che sono scriminate se veritiere e di interesse sociale) si realizzi una lesione del bene tutelato, attraverso il modo stesso in cui la cronaca e la critica vengono attuate.
La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo:
Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente
Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere
Dott. SCOTTI Umberto – rel. Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/06/2016 della CORTE APPELLO SEZIONE DISTACCATA di BOLZANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere UMBERTO LUIGI SCOTTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale FIMIANI PASQUALE, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente all’articolo 51 c.p. e per l’inammissibilita’ nel resto.
udito il difensore avv. (OMISSIS) che dopo aver illustrato i motivi di ricorso ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23/6/2016 la Corte di appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bolzano del 16/7/2015, appellata dall’imputato (OMISSIS), che lo aveva condannato alla multa di Euro 2.000,00= e alle spese processuali.
(OMISSIS) era accusato del reato di diffamazione ex articolo 595 c.p., comma 3, per avere in qualita’ di titolare del dominio (OMISSIS) e di autore dell’articolo del 30/1/2011 “(OMISSIS)” offeso la reputazione della direttrice scolastica (OMISSIS).
2. Ha proposto ricorso personale l’imputato (OMISSIS) in data 12/10/2016, svolgendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) il ricorrente denuncia violazione della legge penale e manifesta illogicita’ della motivazione, laddove egli era stato ritenuto titolare del sito Internet e autore dell’articolo.
Quanto al primo punto (titolarita’ del sito (OMISSIS)), i giudici non avevano tenuto conto che il sito era stato registrato il 14/3/2008, tre anni prima della pubblicazione dell’articolo, da certa (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), tuttora proprietaria, come risultava da un estratto del registro “(OMISSIS)” e dal certificato rilasciato dal consulente informatico (OMISSIS), in atti.
La Corte di appello aveva ignorato tali prove documentali, dando rilievo alle risultanze della Camera di Commercio relative alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., in cui peraltro l’imputato non aveva alcun potere gestorio, attribuito a tale (OMISSIS).
Quanto al secondo punto, l’imputato non aveva mai riconosciuto la paternita’ dell’articolo ma aveva detto solo di condividerne i contenuti, mentre nessun rilievo aveva il fatto che in uno scambio privato di corrispondenza con la persona offesa (OMISSIS) non avesse negato di essere l’autore dell’articolo.
2.2. Con il secondo motivo, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) il ricorrente denuncia violazione della legge penale e manifesta illogicita’ della motivazione, perche’ non era stata riconosciuta a suo favore l’applicabilita’ dell’esimente di cui all’articolo 51 cod. pen., ossia l’esercizio del diritto di cronaca e di libera manifestazione del pensiero.
La notizia era vera, sussisteva pubblico interesse alla conoscenza dei fatti e questi erano stati esposti con correttezza.
L’esimente era stata esclusa per i toni drastici del pezzo, mentre era consentito anche un accento aspro e polemico, purche’ la verita’ fosse rispettata, come neppure la sentenza impugnata contestava.
3. Il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), ha depositato in data 10/10/2017 memoria recante un motivo aggiunto, proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per denunciare travisamento del fatto, illogicita’ e carenza della motivazione con riferimento all’attribuzione della titolarita’ del nome a dominio (OMISSIS) al (OMISSIS).
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale aveva attribuito una patente di titolarita’ certa alle indicazioni della visura camerale CCIAA relativa alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., mentre tale circostanza non comportava affatto la proprieta’ del portale; inoltre la Corte di appello non aveva tenuto conto del fatto che il legale rappresentante della societa’ predetta era (OMISSIS).
La Corte di appello aveva poi dato peso alle risultanze non chiare del registro dei domini, trascurando le prove documentali fornite dall’imputato da cui risultava che la proprieta’ del sito apparteneva alla (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), ed evitando anche di procedere ad ulteriori approfondimenti istruttori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la prima parte del primo motivo il ricorrente denuncia violazione della legge penale e manifesta illogicita’ della motivazione, per essere stato stato ritenuto titolare del sito Internet sul quale era stato pubblicato l’articolo ritenuto diffamatorio.
Quanto alla titolarita’ del sito (OMISSIS), i giudici non avevano tenuto conto che il sito era stato registrato il 14/3/2008, tre anni prima della pubblicazione dell’articolo, dalla (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), tuttora proprietaria, come risultava da un estratto del registro “(OMISSIS)” e dal certificato rilasciato dal consulente informatico (OMISSIS), in atti.
La Corte di appello aveva ignorato tali prove documentali, dando rilievo alle risultanze della Camera di Commercio relative alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., in cui peraltro l’imputato non aveva alcun potere gestorio, attribuito a tale (OMISSIS).
Lo stesso tema e’ stato ripreso con la memoria del 10/10/2017 del difensore, recante un motivo aggiunto che denuncia travisamento del fatto, illogicita’ e carenza della motivazione con riferimento all’attribuzione della titolarita’ del nome a dominio (OMISSIS), perche’ ls Corte territoriale aveva attribuito una patente di titolarita’ certa alle indicazioni della visura della Camera di Commercio relativa alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., mentre tale circostanza non comportava affatto la proprieta’ del portale e non aveva tenuto conto del fatto che il legale rappresentante della societa’ predetta era (OMISSIS).
La Corte di appello aveva poi tenuto conto delle risultanze non chiare del registro dei domini, trascurando le prove documentali fornite dall’imputato da cui risultava che la proprieta’ del sito apparteneva alla (OMISSIS), con sede in (OMISSIS) ed evitando anche di procedere ad ulteriori approfondimenti istruttori.
Il complesso delle recriminazioni ruota intorno alla titolarita’ del portale, contestata dal ricorrente ma non e’ idonea a infrangere l’argomento principale speso dai Giudici del merito, orientato sulla rilevanza della disponibilita’ del sito piu’ che della sua titolarita’ formale, e fondato sulle risultanze della Camera di Commercio di Bolzano relative alla societa’ (OMISSIS) che indica tale portale come di pertinenza della societa’ e un numero di fax corrispondente all’indirizzo dell’abitazione del ricorrente; se e’ pur vero poi che l’amministratrice della societa’ e’ la sig.ra (OMISSIS), i giudici del merito hanno anche rilevato che la stessa e’ la convivente di (OMISSIS) che detiene oltre il 96% delle quote.
In ogni caso il motivo non e’ risolutivo perche’ la sentenza di secondo grado, al pari di quella di primo grado, fonda la responsabilita’ del (OMISSIS), primariamente, sulla paternita’ dell’articolo, sicche’, quand’anche l’imputato non dovesse rispondere del contenuto diffamatorio dell’articolo per averlo pubblicato sul portale di Radio Su’dtirol, la sua responsabilita’ discenderebbe comunque direttamente e primariamente per averne formato il contenuto.
2. Al proposito, con la seconda parte del primo motivo, il ricorrente osserva che l’imputato non aveva mai riconosciuto la paternita’ dell’articolo ma aveva detto solo di condividerne i contenuti, mentre nessun rilievo aveva il fatto che in uno scambio privato di corrispondenza con la persona offesa (OMISSIS) non avesse negato di essere l’autore dell’articolo.
Siffatte recriminazioni, generiche e indeterminate non si correlano alla deduzione e dimostrazione di specifici vizi della motivazione del provvedimento impugnato e mirano a sovvertire la ricostruzione dei fatti accolta nella sentenza impugnata, sollecitando inammissibilmente dalla Corte di Cassazione una non consentita rivalutazione del fatto motivatamente ricostruito dal Giudice del merito, senza passare, come impone l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), attraverso la dimostrazione di vizi logici intrinseci della motivazione (mancanza, contraddittorieta’, illogicita’ manifesta) o denunciarne in modo puntuale e specifico la contraddittorieta’ estrinseca con “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”.
I limiti che presenta nel giudizio di legittimita’ il sindacato sulla motivazione, si riflettono anche sul controllo in ordine alla valutazione della prova, giacche’ altrimenti anziche’ verificare la correttezza del percorso decisionale adottato dai Giudici del merito, alla Corte di Cassazione sarebbe riservato un compito di rivalutazione delle acquisizioni probatorie, sostituendo, in ipotesi, all’apprezzamento motivatamente svolto nella sentenza impugnata, una nuova e alternativa valutazione delle risultanze processuali che ineluttabilmente sconfinerebbe in un eccentrico terzo grado di giudizio. Da qui, il ripetuto e costante insegnamento (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708; Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile e altri, Rv. 245103) in forza del quale, alla luce dei precisi confini che circoscrivono, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo del vizio di motivazione, la Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare, sulla base del testo del provvedimento impugnato, se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento.
In ogni caso la sentenza di primo grado aveva fondato le sue valutazioni sul fatto che la persona offesa (OMISSIS) aveva contattato il (OMISSIS) a un indirizzo di posta elettronica attraverso il quale avevano scambiato in precedenza delle comunicazioni, e lo aveva sollecitato a togliere l’articolo dalla pagina web; che dopo un’ora esatta aveva risposto l’imputato, senza negare di essere l’autore e divulgatore dell’articolo, ma assumendo di essere stato attaccato dalla (OMISSIS) come padre e giornalista; che il (OMISSIS) aveva ribadito il contenuto dell’articolo e aveva domandato alla (OMISSIS) se conosceva l’esistenza della liberta’ di opinione.
Tale circostanza e’ stata confermata come decisiva dalla sentenza di secondo grado e l’apprezzamento del contenuto e del significato di tale dialogo comunicativo (comunque non riportato dalla parte ricorrente con il conseguente vizio di specificita’ e non autosufficienza del ricorso) rientra nei compiti del giudice del merito, che vi ha letto, previa opportuna contestualizzazione, dell’interlocuzione, in via oggettiva e soggettiva, una implicita ma inequivoca assunzione della paternita’ dell’articolo da parte del (OMISSIS) e anche un’ammissione del potere di disporne o eliminarne la pubblicazione (come in effetti sollecitava la persona offesa).
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della legge penale e manifesta illogicita’ della motivazione, perche’ non era stata riconosciuta a suo favore l’applicabilita’ dell’esimente di cui all’articolo 51 cod. pen., ossia con l’esercizio del diritto di cronaca e di libera manifestazione del pensiero.
Egli osserva che la notizia era vera e che sussisteva pubblico interesse alla conoscenza dei fatti che erano stati esposti con correttezza; l’esimente era stata esclusa per i toni drastici del pezzo, mentre era consentito anche un accento aspro e polemico, purche’ la verita’ fosse rispettata, come neppure la sentenza impugnata contestava.
Il motivo e’ infondato.
Come emerge dal contenuto dell’articolo, integralmente trascritto nel capo di imputazione, il brano contiene un minimo di contenuto informativo circa fatti suscettibili di confronto con il parametro della verita’/falsita’ e la cui narrazione puo’ quindi essere riconducibile al diritto di cronaca (denuncia presentata da un padre di famiglia nei confronti della persona offesa (OMISSIS), suo contenuto, contenuto del parere indirizzato dalla sig. (OMISSIS) al Tribunale dei minori), ancorche’, la notizia riportata attinente a una denuncia proposta da un cittadino (e quindi ad un atto di parte) e non gia’ ad un provvedimento dell’Autorita’ giudiziaria dovesse, gia’ di per se, consigliare una particolare cautela.
L’articolo riporta pero’ anche una serie di considerazioni censorie, dai toni particolarmente aspri e violenti, prive di un contenuto informativo e come tali non suscettibili di essere scriminate dall’esercizio del diritto di cronaca (intenzione attribuita alla direttrice di arrecare un danno al padre e alla madre dei minori; rimprovero alla (OMISSIS) di una concezione educativa dei minori come soldati per lo Stato Italiano, come al tempo del nazismo, dell’adozione di regole dittatoriali, di gioco lesivo dei diritti umani).
In ogni caso l’articolo non puo’ ritenersi scriminato stante la mancanza del requisito, comunque imprescindibile, della continenza espressiva; l’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante in riguardo al fatto diffamatorio a condizione che la notizia divulgata, oltre che socialmente rilevante e descritta con continenza espressiva, sia vera, il che implica che sia riportata in modo completo (Sez. 5, n. 44024 del 04/11/2010, P.C. in proc. Biondani e altro, Rv. 249126; Sez. 5, n. 31392 del 01/07/2008, P.C. in proc. Alberti, Rv. 241182).
Il limite della continenza deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine della cronaca del fatto e della sua critica: la verifica circa l’adeguatezza del linguaggio alle esigenze del diritto del giornalista alla cronaca e alla critica impone innanzitutto l’accertamento della verita’ del fatto riportato e la proporzionalita’ dei termini adoperati in rapporto all’esigenza di evidenziare la gravita’ dell’accaduto che presenti oggettivi profili di interesse pubblico (Sez. 5, n. 19381 del 20/04/2005, Marcenaro ed altri, Rv. 231562); il limite della continenza, entro il quale deve svolgersi un corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, e’ percio’ superato quando le informazioni, pur vere, si risolvano – per il lessico impiegato, per l’uso strumentale delle medesime, per la sostanza e la forma dei giudizi che le accompagnano – in un attacco personale e gratuito al soggetto cui si riferiscono: quando cioe’, al di la’ della offensivita’ della notizia e della negativa sua valutazione (che sono scriminate se veritiere e di interesse sociale) si realizzi una lesione del bene tutelato, attraverso il modo stesso in cui la cronaca e la critica vengono attuate (Sez. 5, n. 6925 del 21/12/2000 – dep. 2001, Arcomanno A, Rv. 218282).
4. Il ricorso deve quindi essere rigettato e ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen. il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.