Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 15 febbraio 2018, n. 3700
ai fini dell’accertamento del diritto di proprieta’ (prevalente ed incompatibile col pignoramento) sul bene pignorato, dedotto dal terzo opponente ai sensi dell’articolo 619 c.p.c., le disposizioni in tema di trascrizione degli atti e delle domande giudiziali, e segnatamente l’articolo 2652 c.c., n. 6, e articolo 2915 c.c., comma 2, sono applicabili anche alle vicende circolatorie dei beni del patrimonio indisponibile degli enti pubblici astrattamente suscettibili di alienazione in favore di soggetti privati al fine di attuare la loro destinazione pubblica, quali le aree rientranti nei PEEP di cui alla L. n. 865 del 1971, articolo 35, senza che sull’applicabilita’ di dette disposizioni possa prevalere la semplice considerazione che le aree in questione appartengano astrattamente al patrimonio indisponibile dell’ente comunale al fine di ritenere estinti tutti i diritti legittimamente acquisiti su di esse dai terzi ed opponibili all’ente pubblico, e ferma restando l’applicabilita’ a tutti gli acquirenti di dette aree dei vincoli pubblicistici di destinazione derivanti dagli strumenti urbanistici
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 11429 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
(OMISSIS) S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona dell’amministratore delegato, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avvocati (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
COMUNE DI CASERTA, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– controricorrente –
e
– Curatore del Fallimento della societa’ (OMISSIS) S.r.l.;
– Curatore del Fallimento della societa’ (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione;
– (OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 480/2015, depositata in data 29 gennaio 2015;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 30 novembre 2016 dal consigliere Augusto Tatangelo;
uditi:
l’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente;
l’avvocato (OMISSIS), per il comune controricorrente; il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso ed il rigetto del primo.
FATTI DI CAUSA
Nel corso di un procedimento di esecuzione immobiliare promosso dal (OMISSIS) S.p.A. nei confronti delle societa’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.p.A., il Comune di Caserta ha proposto opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’articolo 619 c.p.c.. La domanda e’ stata rigettata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
La Corte di Appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece accolta.
Ricorre (OMISSIS) S.p.A. (subentrata, quale cessionaria, nella titolarita’ del credito posto in esecuzione), sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il Comune di Caserta.
All’esito dell’udienza pubblica del 30 novembre 2016 e’ stata disposta ed effettuata l’integrazione del contraddittorio nei confronti della curatela del fallimento della societa’ (OMISSIS) S.p.A..
Le curatele delle societa’ intimate non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’articolo 826 c.c., e articolo 2878 c.c., n. 4”.
Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’articolo 2652 c.c., n. 6”.
I due motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi.
Essi sono fondati, per quanto di ragione.
2. Per chiarezza espositiva, e’ opportuno esporre in primo luogo i fatti che hanno dato luogo al giudizio.
Secondo quanto emerge dagli atti, il Comune di Caserta nel 1992 ha ceduto in proprieta’ ad un consorzio (Consorzio (OMISSIS)), ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 35, un’area di 27.000 mq ricadente nei piani approvati a norma della L. 18 aprile 1962, n. 167, ed acquisita al suo patrimonio indisponibile, per la realizzazione di un Centro Direzionale, Commerciale ed Uffici. Contestualmente il consorzio ha trasferito l’area alla societa’ (OMISSIS) S.r.l., che successivamente l’ha a sua volta trasferita alla societa’ (OMISSIS) S.p.A. (sia il consorzio che le due societa’ sono state in seguito dichiarate fallite).
Nel 1993 sul bene e’ stata iscritta ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario concesso alla societa’ proprietaria dell’area, in favore del (OMISSIS) S.p.A. che, nel 1996, ha proceduto al pignoramento dell’intera area.
Nel 2000 il Comune di Caserta ha agito in giudizio nei confronti del Consorzio (OMISSIS) e delle societa’ cessionarie (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.p.A., per ottenere la dichiarazione di nullita’ e/o inefficacia degli atti di cessione dell’area, e nel 2001 ha proposto opposizione di terzo all’esecuzione promossa dal (OMISSIS) S.p.A. nei confronti delle suddette societa’ cessionarie, ai sensi dell’articolo 619 c.p.c., facendo valere il proprio diritto di proprieta’ sull’immobile oggetto dell’espropriazione. Il giudizio di opposizione di cui all’articolo 619 c.p.c. e’ stato sospeso (in grado di appello) in attesa della definizione di quello di accertamento della nullita’ della cessione che, nel 2012, e’ stato definito (con sentenza ormai passata in giudicato, come e’ pacifico) con la dichiarazione di nullita’ degli atti di cessione della proprieta’ dell’area del comune.
3. La societa’ creditrice procedente ed opposta ha, sin dall’inizio del presente processo, eccepito l’inopponibilita’ nei propri confronti, ai sensi dell’articolo 2652 c.c., n. 6, dell’esito del giudizio relativo alla nullita’ degli atti di cessione dell’area (al quale tra l’altro non risulta avere partecipato), per essere stata trascritta la relativa domanda oltre cinque anni dopo la trascrizione dell’atto impugnato.
La corte di appello ha invece accolto l’opposizione, senza accertare se la sentenza in questione e il diritto di proprieta’ del comune sui beni pignorati fossero effettivamente opponibili alla creditrice in base alla disposizione da questa invocata, avendo ritenuto assorbente la circostanza che tali beni erano da ritenersi comunque impignorabili, in quanto – proprio in conseguenza della predetta sentenza – essi erano rientrati nel patrimonio del comune e precisamente nel suo patrimonio indisponibile, connotato da impignorabilita’ assoluta.
4. La decisione non puo’ ritenersi conforme a diritto, sotto diversi profili.
Questi i motivi.
4.1 L’oggetto dell’opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’articolo 619 c.p.c., e’ l’accertamento di un diritto (reale) dell’opponente sui beni pignorati e non la loro pignorabilita’ (che e’ oggetto dell’opposizione di cui all’articolo 615 c.p.c., comma 2, riservata alla parte assoggettata ad esecuzione – fermo restando l’eventuale rilievo di ufficio del solo giudice dell’esecuzione – ma non proponibile da terzi estranei al procedimento esecutivo, come invece quella di cui all’articolo 619 c.p.c., ne’ rilevabile di ufficio dal giudice delle opposizioni esecutive; cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1961 del 24/03/1980, Rv. 405591 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1709 del 24/03/1979, Rv. 398066 – 01: “poiche’ il giudizio di opposizione all’esecuzione ex articolo 619 c.p.c. ha per oggetto l’accertamento della legittimita’ del pignoramento sotto l’esclusivo profilo dell’appartenenza o meno al debitore dei beni pignorati, l’opponente non e’ legittimato a far valere l’impignorabilita’ dei beni stessi, la quale – attesi i cennati limiti oggettivi del giudizio – non puo’ neppure essere rilevata d’ufficio dal giudice”).
Non puo’ quindi ritenersi correttamente applicato l’articolo 619 c.p.c., laddove la fondatezza dell’opposizione del terzo non venga valutata e affermata sulla base dell’accertamento del diritto reale fatto valere dal terzo (nella specie, il diritto di piena proprieta’) che, in base ai principi generali che disciplinano la materia, deve essere prevalente, cioe’ opponibile al creditore procedente, ed incompatibile con il pignoramento – ma sulla base del rilievo dell’impignorabilita’ dei beni espropriati.
4.2 Inoltre, sul piano logico, l’argomentazione in base alla quale la corte di appello ha ritenuto irrilevante verificare l’applicabilita’ nel caso concreto della disposizione di legge invocata dalla creditrice opposta (articolo 2652 c.c., n. 6), in ragione del ritenuto carattere assorbente della impignorabilita’ delle aree assoggettate ad espropriazione, si risolve in una petizione di principio.
I giudici di merito erano chiamati, ai sensi dell’articolo 619 c.p.c., a pronunziarsi sull’opponibilita’, al creditore ipotecario procedente, della sentenza (emessa in un giudizio al quale peraltro quest’ultimo non risulta aver partecipato) che aveva dichiarato la nullita’ dell’atto con il quale il bene ipotecato (e poi pignorato) era stato ceduto in proprieta’ dal comune alla societa’ debitrice esecutata, e quindi sull’opponibilita’ al suddetto creditore della situazione di titolarita’ del bene (piu’ precisamente, del diritto alla restituzione del bene invalidamente alienato al debitore esecutato).
Essi hanno pero’ del tutto omesso di pronunziarsi su tale questione, ritenendo prevalente ed assorbente l’assoluta impignorabilita’ del bene in oggetto.
Ma l’impignorabilita’ (oltre a non essere stata dedotta a fondamento dell’opposizione) e’ stata desunta esclusivamente dalla circostanza che il bene immobile pignorato rientrerebbe nel patrimonio indisponibile del comune, essendovi tornato a far parte proprio in virtu’ della sentenza la cui opponibilita’ al creditore procedente e’ oggetto della controversia.
Orbene, se l’impignorabilita’ viene fatta discendere esclusivamente dall’effettiva appartenenza del bene al patrimonio indisponibile del comune (almeno nei rapporti con il creditore procedente), e cioe’ dalla titolarita’ del diritto di proprieta’ del bene in capo al comune stesso, essa presuppone necessariamente il preliminare accertamento dell’opponibilita’ di detto diritto di proprieta’ al creditore ipotecario, e non puo’ essere apoditticamente affermata a prescindere da questa.
Di conseguenza, dovendo in definitiva valutarsi l’opponibilita’ al creditore ipotecario procedente della sentenza che, dichiarando la nullita’ dell’atto di cessione del bene, avrebbe determinato il ritorno di detto bene nel patrimonio del comune, e dunque l’opponibilita’ di una vicenda attinente alla circolazione del bene stesso, avrebbe dovuto certamente tenersi conto del regime della trascrizione degli atti e delle domande giudiziali, e quindi applicare anche le disposizioni di cui all’articolo 2652 c.c., almeno in mancanza di circostanze tali da indurre ad escludere detta applicabilita’ (circostanze ovviamente diverse dalla semplice esistenza di una sentenza dichiarativa della nullita’, che e’ proprio la fattispecie presa in considerazione dalla norma).
E cio’ senza neanche considerare l’impossibilita’ di ritenere vincolanti per il creditore procedente gli effetti derivanti dal passaggio in giudicato della sentenza che ha definito un giudizio (instaurato dopo il pignoramento) relativo alla titolarita’ del bene pignorato ed al quale esso non ha partecipato, che deriva direttamente dalle disposizioni di cui all’articolo 619 c.p.c., in base alle quali l’accertamento della proprieta’ di un bene assoggettato a pignoramento (o di altri diritti reali incompatibili con il pignoramento stesso) va effettato necessariamente in contraddittorio con il creditore pignorante.
Del resto, in generale, laddove l’impignorabilita’ di un bene discenda da un vincolo di destinazione esistente solo in ragione della sua titolarita’ da parte di determinati soggetti (si tratta di una circostanza che in astratto potrebbe verificarsi anche in relazione a rapporti tra privati: si pensi ad esempio alla impignorabilita’ derivante dalla assegnazione di un bene al fondo patrimoniale, che imprime un vincolo di destinazione alle esigenze della famiglia), essa deve ritenersi un effetto di detta titolarita’, e non puo’ operare a prescindere da essa. Di conseguenza, laddove non sia opponibile ai terzi la vicenda circolatoria che determina la titolarita’ del bene (ovvero non sia opponibile ai terzi il provvedimento giudiziale che accerta l’inefficacia della vicenda circolatoria medesima, come nella specie), non potra’ ovviamente operare neanche il conseguente vincolo di impignorabilita’.
4.3 Infine, si deve considerare che l’impignorabilita’ dei beni del patrimonio indisponibile degli enti pubblici non e’ assoluta (ed in realta’ non e’ sancita positivamente ed espressamente da nessuna disposizione), ma si desume in via interpretativa della disposizione di cui all’articolo 828 c.c., che prevede che i suddetti beni “non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”.
Orbene, le aree inserite nei piani per l’edilizia economica e popolare possono essere alienate a soggetti privati, per legge ed in base alla volonta’ dell’ente locale che ne e’ titolare, entro certi limiti e a determinate condizioni, per la realizzazione di immobili destinati a tale scopo, ed in tal modo si attua evidentemente la loro destinazione al pubblico interesse, non le si sottrae alla stessa.
Nella specie, non risulta se gli immobili oggetto di causa al momento siano concretamente destinati ad un pubblico servizio, e dunque non e’ possibile affermare che l’eventuale alienazione di essi in sede di esecuzione forzata rischierebbe di sottrarli ad una siffatta destinazione, anche tenuto conto che la destinazione urbanistica delle aree inserite nei piani di zona per l’edilizia economica e popolare risulta comunque vincolante per chiunque ne divenga proprietario.
Deve infatti distinguersi tra le vicende circolatorie delle suddette aree, soggette alle ordinarie regole del diritto civile, tra cui quelle previste dall’articolo 2652 c.c., n. 6., e l’efficacia dei relativi vincoli di destinazione urbanistica, che restano operativi anche nei confronti degli eventuali acquirenti (e quindi anche degli eventuali aggiudicatari, all’esito del processo di espropriazione immobiliare).
4.4 Da quanto sin qui osservato consegue che, anche in ragione dell’oggetto della domanda (opposizione di terzo all’esecuzione: articolo 619 c.p.c.), la controversia avrebbe dovuto essere decisa verificando l’opponibilita’ al creditore pignorante della sentenza dichiarativa della nullita’ dell’atto di cessione dei beni pignorati, e quindi (anche) sulla base dell’applicazione della disposizione di cui all’articolo 2652 c.c., n. 6 (oltre ovviamente che in base ai principi relativi ai limiti soggettivi del giudicato), considerato che non esiste alcuna espressa previsione normativa che ne escluda l’applicabilita’ nei confronti degli enti pubblici.
Ammessa eventualmente l’inopponibilita’ alla societa’ creditrice procedente della sentenza che ha dichiarato la nullita’ dell’atto di cessione dell’area dal comune alla societa’ esecutata, si sarebbe determinata anche l’inoperativita’ del vincolo di impignorabilita’ (peraltro non dedotto a base dell’opposizione e non rilevabile di ufficio in sede oppositiva, al di fuori del limiti della domanda) che deriverebbe da detta sentenza, senza che cio’ possa ritenersi in conflitto con le disposizioni in tema di destinazione pubblica dei beni del patrimonio indisponibile dei comuni costituiti dalle aree incluse nei piani per l’edilizia popolare ed economica.
Tale destinazione puo’ infatti essere attuata – e anzi di regola viene attuata – con il trasferimento della loro proprieta’ (o del diritto di superficie) ai privati, ma con vincolo di destinazione, vincolo che quindi non e’ necessariamente incompatibile con l’espropriazione forzata, dal momento che esso deve ritenersi operante anche nei confronti dei soggetti aggiudicatari, che potranno utilizzare le aree acquisite solo in conformita’ dello strumento urbanistico, e quindi solo in conformita’ alla indicata destinazione, di modo che non vi sara’ alcuna sottrazione del bene alla sua destinazione pubblica, e non vi sara’ violazione dell’articolo 828 c.c..
5. La sentenza impugnata, avendo omesso di applicare alla fattispecie l’articolo 2652 c.c., n. 6, deve essere cassata.
La fattispecie dovra’ essere rivalutata in sede di rinvio, alla luce dei seguenti principi di diritto:
“proposta opposizione di terzo all’esecuzione ai sensi dell’articolo 619 c.p.c., sulla base dell’assunto dell’esistenza in capo al terzo di un diritto (prevalente ed incompatibile con il pignoramento) di piena proprieta’ sul bene pignorato, i limiti dell’oggetto della domanda impediscono che essa possa essere accolta sulla base del rilievo di ufficio da parte del giudice dell’opposizione dell’impignorabilita’ del bene oggetto di esecuzione, a prescindere dall’opponibilita’ al creditore pignorante del dedotto diritto di proprieta’”.
“ai fini dell’accertamento del diritto di proprieta’ (prevalente ed incompatibile col pignoramento) sul bene pignorato, dedotto dal terzo opponente ai sensi dell’articolo 619 c.p.c., le disposizioni in tema di trascrizione degli atti e delle domande giudiziali, e segnatamente l’articolo 2652 c.c., n. 6, e articolo 2915 c.c., comma 2, sono applicabili anche alle vicende circolatorie dei beni del patrimonio indisponibile degli enti pubblici astrattamente suscettibili di alienazione in favore di soggetti privati al fine di attuare la loro destinazione pubblica, quali le aree rientranti nei PEEP di cui alla L. n. 865 del 1971, articolo 35, senza che sull’applicabilita’ di dette disposizioni possa prevalere la semplice considerazione che le aree in questione appartengano astrattamente al patrimonio indisponibile dell’ente comunale al fine di ritenere estinti tutti i diritti legittimamente acquisiti su di esse dai terzi ed opponibili all’ente pubblico, e ferma restando l’applicabilita’ a tutti gli acquirenti di dette aree dei vincoli pubblicistici di destinazione derivanti dagli strumenti urbanistici”.
6. Il ricorso e’ accolto.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.