il direttore di un periodico online non puo’ essere ritenuto responsabile per l’omesso controllo sul contenuto delle pubblicazioni ai sensi dell’articolo 57 c.p., titolo ascritto agli imputati in questo procedimento
La pronuncia in oggetto affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’onore e della reputazione, tema che può essere approfondito leggendo il seguente articolo:
Diffamazione a mezzo stampa, profili risarcitori di natura civilistica.
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – rel. Consigliere
Dott. SCOTTI Umberto Luig – Consigliere
Dott. SCARLINI Enrico V.S. – Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta M – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile (OMISSIS) nato il (OMISSIS), nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/01/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FILIPPI Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre quale parte civile avverso la sentenza del 13 gennaio 2017 con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma dichiarava non doversi procedere per insussistenza del fatto nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di diffamazione contestato come commesso in Roma il (OMISSIS) in danno del (OMISSIS).
Al (OMISSIS) ed al (OMISSIS), nelle rispettive qualita’ di direttore responsabile e condirettore del quotidiano (OMISSIS), era in particolare contestato l’aver consentito per omesso controllo la pubblicazione sulla versione online del quotidiano di un articolo non firmato nel quale si attribuiva al (OMISSIS), parroco in (OMISSIS), la consultazione di social network o comunque di contenuti in rete per fini privati nel corso della celebrazione di un funerale, accompagnato da un video realizzato da fedeli che partecipavano alla funzione. Con la sentenza impugnata, la condotta era ritenuta scriminata dal diritto di cronaca in quanto intesa a rappresentare la percezione visiva, da parte dei fedeli, di un uso privato del dispositivo informatico, chiaramente evidenziata da quanto ripreso nel video, valutato di contro come incompatibile con l’affermazione del querelante di aver utilizzato il proprio smartphone per leggere un testo sacro inerente alla funzione.
2. Il ricorrente propone due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale sulla ritenuta evidenza probatoria in ordine all’uso privato del dispositivo informatico da parte del querelante, in quanto tratta da un’errata massima di esperienza per la quale la gestualita’ rappresentata nel video pubblicato sarebbe tipica di tale consultazione, laddove dal video risultava unicamente che il sacerdote guardava lo smartphone e ne scorreva lo schermo mentre pronunciava le formule di rito, circostanza compatibile con l’uso del dispositivo per la lettura di un testo sacro; il ricorrente osserva come tale possibilita’ non sia stata verificata dall’autore dell’articolo, il che esclude la sussistenza dei presupposti della scriminante del diritto di cronaca.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale nell’omessa considerazione, ai fini della valutazione sulla veridicita’ della versione del querelante, degli articoli pubblicati sullo stesso quotidiano nelle successive date del 4 e del 5 dicembre del 2015, nei quali si riferiva delle dichiarazioni di un esponente della diocesi, che confermava come il sacerdote utilizzasse lo smartphone per la lettura di un testo sacro, e si dava conto del dibattito esistente all’interno della Chiesa sull’uso a tali fini degli strumenti informatici, di fatto tollerato anche dalla Conferenza Episcopale Italiana.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi dedotti, che appare opportuno trattare congiuntamente in quanto entrambi afferenti la configurabilita’ della ritenuta scriminante del diritto di cronaca, sono infondati.
Nella sentenza impugnata si osservava che il non identificato autore dell’articolo incriminato si era limitato a riportare quanto riteneva oggettivamente percepibile dai fedeli che assistevano alla cerimonia officiata dal (OMISSIS), per come riprodotta anche nel video allegato; in particolare, la consultazione del dispositivo informatico da parte del parroco con la caratteristica gestualita’ del rapido scorrimento manuale dello schermo, tipica della consultazione di messaggi ed altri contenuti similari in rete, ed invece incoerente con la lettura di un testo sacro, non emergendo fra l’altro dal complessivo atteggiamento del (OMISSIS) che lo stesso riprendesse dal dispositivo le parole che pronunciava nell’espletamento della funzione religiosa. Circostanze, queste, che venivano rappresentate in quanto tali da indurre inevitabilmente gli spettatori presenti a pensare che il sacerdote fosse impegnato in un uso privato del dispositivo nel corso della cerimonia.
Tali argomentazioni, con le quali era efficacemente illustrata la dimostrativita’ del comportamento del (OMISSIS) per quanto rilevabile dal video in atti, non danno luogo ai vizi logici denunciati dal ricorrente; che per il resto ripropone una diversa valutazione di merito sulla plausibilita’ della tesi dell’uso del dispositivo per la consultazione di un testo sacro, per quanto detto adeguatamente verificata e disattesa dal Giudice dell’udienza preliminare.
L’ulteriore censura di omessa valutazione delle informazioni relative all’uso dello smartphone per la lettura di testi sacri da parte del (OMISSIS), ed all’atteggiamento possibilista della Chiesa su tale consuetudine, e’ anch’essa infondata in quanto relativa ad elementi generici ed inconferenti rispetto al caso in esame, in cui l’utilizzazione del dispositivo per fini diversi da quelli propri della funzione religiosa era legata a precisi dati comportamentali per quanto detto rilevati dall’autore dell’articolo.
Non va da ultimo trascurato che comunque, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’, il direttore di un periodico online non puo’ essere ritenuto responsabile per l’omesso controllo sul contenuto delle pubblicazioni ai sensi dell’articolo 57 c.p., titolo ascritto agli imputati in questo procedimento (Sez. 5, n. 10594 del 05/11/2013, dep. 2014, Montanari, Rv. 259888; Sez. 5, n. 44126 del 28/10/2011, Hamaui, Rv. 251132; Sez. 5, n. 35511 del 16/07/2010, Brambilla, Rv. 248507).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.