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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3091
Non costituisce danno risarcibile il pregiudizio subito dal traente in seguito al protesto di un assegno bancario per mancato pagamento, allorche’ la banca trattaria abbia adempiuto all’ordine di non pagare il titolo, impartito dal cliente per iscritto prima della scadenza del termine di presentazione, non potendo farsi discendere dalla non imperativita’ dell’ordine di non pagare prima dello spirare del termine, di cui al Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articolo 35, anche l’illiceita’ della sua condotta.
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Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8945/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., gia’ (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5171/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/11/2017 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma con sentenza del 2 ottobre 2013 ha respinto l’impugnazione proposta avverso la decisione di primo grado, volta alla condanna della (OMISSIS) s.p.a. al risarcimento del danno per l’illegittimo protesto di un assegno, elevato in seguito alla disposizione del cliente.
Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che legittimamente fu levato il protesto, pur in presenza di fondi, dal momento che era stato dal cliente rifiutato il pagamento, onde il protesto era atto dovuto Regio Decreto n. 1736 del 1933, ex articoli 45 e segg., anche al fine di garantire l’azione di regresso. Ne’ in capo alla banca sussisteva un particolare obbligo di informazione al cliente, trattandosi di disposizioni di legge, che devono essere conosciute. Ha aggiunto che il funzionario di banca chiari’ al notaio la ragione del mancato pagamento, consistente nella truffa ai danni del correntista, onde in nessun modo cio’ poteva ledere la reputazione del cliente. La banca, in definitiva, agi’ con correttezza e buona fede.
Quanto alla doglianza dell’inadempimento della banca per non avere pagato l’assegno, mentre cio’ essa avrebbe dovuto fare nonostante il contrario ordine del cliente, ai sensi dell’articolo 35 r.d. cit., ha ritenuto trattarsi di domanda nuova, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c..
Contro questa sentenza viene proposto ricorso per cassazione dal soccombente, affidato ad un motivo; resiste la banca con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, articoli 1175, 1176, 1227, 1710 e 1856 c.c., articolo 345 c.p.c., Regio Decreto n. 1736 del 1933, articoli 35, 35 e 46, in quanto, nella specie, non vi era esigenza dell’azione di regresso, recando l’assegno solo la firma del traente e del prenditore, mentre la banca aveva ampi spazi di autonomia nella gestione del rapporto e ben avrebbe potuto non elevare il protesto; quanto alla ritenuta novita’ della domanda di responsabilita’ ex articolo 35 Regio Decreto citato, si trattava di una mera argomentazione giuridica ammissibile; infine, la corte territoriale avrebbe dovuto rilevare la violazione dell’articolo 46 Regio Decreto citato, posto che il protesto e’ stato levato dopo lo spirare del termine di presentazione.
2. – Il motivo e’ in parte infondato ed in parte inammissibile.
Nella sua prima parte, invero, esso trascura il precedente di questa Corte, cui si intende dare continuita’, secondo cui “Non costituisce danno risarcibile il pregiudizio subito dal traente in seguito al protesto di un assegno bancario per mancato pagamento, allorche’ la banca trattaria abbia adempiuto all’ordine di non pagare il titolo, impartito dal cliente per iscritto prima della scadenza del termine di presentazione, non potendo farsi discendere dalla non imperativita’ dell’ordine di non pagare prima dello spirare del termine, di cui al Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articolo 35, anche l’illiceita’ della sua condotta” (Cass. 10 ottobre 2013, n. 23077).
Quanto alla seconda parte del motivo, esso e’ inammissibile, in quanto difetta di specificita’, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., non riportando il contenuto dell’atto introduttivo in cui il tema sia stato dedotto, ne’ censurando adeguatamente vizio processuale, atteso che la violazione di norme processuali puo’ costituire motivo idoneo di ricorso per cassazione, quando abbia influito in modo determinante sul contenuto della decisione di merito, richiedendosi pero’ per la sua ammissibilita’ che esso venga censurato a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass., sez. un., 24 luglio 2013, n. 17931).
Infine, il richiamo alla violazione del Regio Decreto n. 1736 del 1933, articolo 46, secondo cui il protesto “deve farsi prima che sia spirato il termine di presentazione”, e’ parimenti privo del requisito dell’autosufficienza, posto che non ne e’ parola nella decisione impugnata, onde il ricorrente aveva l’onere di indicare il luogo ed il tempo della precedente deduzione, a norma dell’articolo 366 c.p.c..
3. – Le spese seguono la soccombenza.
L’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio determina l’insussistenza dei presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.200,00 complessivi, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori, come per legge.