Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 27 marzo 2007, n. 7523
La disciplina sull’accessione, contenuta nell’art. 934 cod.civ., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui; alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non si applica tale disciplina, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina, cioè con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all’uso delle cose comuni, cosicché le opere abusivamente create non possono considerarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente
Dott. COLARUSSO Vincenzo – Consigliere
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li difende, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) vedova (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS) deceduta, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li difende, giusta delega in atti;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS) vedova (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2898/02 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 23/07/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica i udienza del 22/02/07 dal Consigliere Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) conveniva in giudizio: a) (OMISSIS); b) i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS); c) i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS); d) (OMISSIS). L’attrice deduceva: che, con atto 9/6/1953, aveva acquistato in comune ed indiviso con (OMISSIS) un terreno di 610 mq. sul quale l’ (OMISSIS) aveva costruito un fabbricato composto da quattro appartamenti; che, con atto 6/2/1967, esse comproprietarie avevano provveduto alla divisione del terreno con esclusione del fabbricato; che, con sentenza 8/3/1985, il tribunale di Roma aveva accertato la comune proprieta’ del fabbricato; che la (OMISSIS) aveva venduto tre dei quattro appartamenti con distinti atti del 1979 (al (OMISSIS)), del 1983 (ad (OMISSIS) e moglie) e del 1984 (ad (OMISSIS) e moglie). (OMISSIS) chiedeva quindi: dichiararsi la nullita’ dei citati atti di vendita ed il suo diritto di comproprieta’ al 50% dei beni immobili oggetto di tali atti; condannarsi (OMISSIS) ed (OMISSIS) alla demolizione dei box costruiti sul terreno di sua comproprieta’; la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.
L’ (OMISSIS), costituitasi, deduceva che in sede di divisione era stata a lei assegnata la parte del terreno sul quale era stato costruito il fabbricato in questione. A tale difesa aderivano (OMISSIS) ed (OMISSIS) e le rispettive consorti. Gli eredi di (OMISSIS) e la vedova (OMISSIS) eccepivano l’inopponibilita’ nei loro confronti della sentenza 8/3/1985 emessa dal tribunale di Roma in un giudizio introdotto in epoca successiva all’acquisto dell’appartamento da parte del loro dante causa.
Il giudizio veniva interrotto per la morte di (OMISSIS) e veniva riassunto dagli eredi (OMISSIS) e (OMISSIS).
Con sentenza non definitiva del 26/10/1992 il tribunale di Roma dichiarava la non opponibilita’ agli eredi dell’attrice (OMISSIS) dei sopra indicati atti di compravendita.
Avverso la detta sentenza i soccombenti proponevano separati appelli ai quali resistevano (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il giudizio veniva interrotto per la morte di (OMISSIS). Si costituivano quindi i figli i quali chiedevano di essere estromessi dichiarando di aver rinunciato all’eredita’ della madre. Si costituiva anche l’eredita’ giacente dell’ (OMISSIS).
Con sentenza 23/7/2002 la corte di appello di Roma dichiarava l’estromissione dal giudizio degli eredi di (OMISSIS) e, in accoglimento degli appelli, dichiarava l’opponibilita’ a (OMISSIS) e (OMISSIS) degli atti di compravendita sopra menzionati. La corte di merito osservava: che il giudizio conclusosi con la sentenza del 1985 del tribunale di Roma – con la quale era stata accertata la comproprieta’ del fabbricato in capo alle condividenti (OMISSIS) e (OMISSIS) – era iniziato nel 1981; che (OMISSIS) aveva acquistato uno degli appartamenti in questione nel 1979 per cui al momento dell’indicato giudizio gli eredi del (OMISSIS) non erano aventi causa dell’ (OMISSIS) ma parti sostanziali del diritto controverso e nei loro confronti non era stato integrato il contraddittorio; che con l’atto di divisione la (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) non avevano inteso costituire un reciproco diritto di superficie sulle porzioni di terreno rispettivamente attribuitesi posto che a quel momento, essendo stato gia’ costruito il fabbricato, le condividenti non potevano ignorarne l’esistenza e che all’ (OMISSIS) era stata assegnata la porzione di terreno su cui lo stesso insisteva; che in ogni caso il fabbricato era entrato a far parte del patrimonio della (OMISSIS) per il principio dell’accessione e non era stato dichiarato nell’atto di divisione perche’ all’epoca abusivo; che pertanto il detto giudicato non poteva operare nei confronti di soggetti che avevano acquistato diritti in epoca antecedente al l’instaurazione della lite; che quindi l’atto di acquisto del 1979 era opponibile ai (OMISSIS); che, essendo stata trascritta solo la sentenza del 1985, il principio della priorita’ della trascrizione operava anche a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) – i quali avevano acquistato con atto del 1983 trascritto il 4/2/1983 – di (OMISSIS) e degli eredi di (OMISSIS) i quali avevano trascritto l’atto di acquisto nel 1984.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Roma e’ stata chiesta da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso affidato ad un solo motivo. Hanno resistito con controricorso (OMISSIS), gli eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva in sede di legittimita’.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) denunciano violazione di norme di diritto e vizi di motivazione. Il ricorso risulta articolato in tre censure.
Con la prima i ricorrenti deducono che con la sentenza di primo grado il tribunale aveva affermato che la pronuncia del 1985 aveva contenuto ricognitivo e dichiarativo (e non costitutivo) per cui gli aventi causa dalla (OMISSIS) non potevano opporre il loro titolo di acquisto al comproprietario. La corte di appello ha eluso il detto problema limitandosi ad affermare la prevalenza dell’anteriorita’ della trascrizione ed omettendo di considerare che quando si tratta di acquisti a non domino la trascrizione e’ priva di effetti costitutivi e non puo’ sanare l’acquisto. Nella specie gli acquirenti – avendo comprato dalla (OMISSIS) che non era unica proprietaria – non potevano opporre il loro titolo all’affettivo comproprietario solo perche’ avevano trascritto tale titolo prima della sentenza dichiarativa della proprieta’.
Con la seconda censura i ricorrenti sostengono che (OMISSIS) (loro dante causa) con l’atto introduttivo del giudizio mirava a far dichiarare il suo diritto di comproprieta’ sugli immobili oggetto degli atti di compravendita. La sentenza di primo grado, infatti, non aveva emesso alcuna pronuncia sull’estensibilita’ del giudicato della sentenza del 1985 ma aveva solo dichiarato che gli attori erano comproprietari al 50% degli appartamenti in questione e che i convenuti non potevano opporre gli atti di acquisto dalla (OMISSIS). Anche su tale punto la corte di appello ha omesso ogni motivazione limitandosi ad affermare che la sentenza del 1985 non era opponibile agli appellanti senza considerare che il titolo di proprieta’ della attrice (OMISSIS) non discendeva dalla detta sentenza ma dall’applicazione del principio, dell’accessione atteso che gli immobili erano stati costruiti su terreno del quale essa attrice era comproprietaria.
Con il terzo motivo i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata deve essere cassata anche per la parte relativa al governo delle spese di lite.
La Corte rileva l’infondatezza delle prime due censure con conseguente assorbimento della terza formulata sul presupposto dell’accoglimento delle prime.
La sentenza impugnata va confermata sia pur con integrazione della relativa motivazione.
Occorre premettere che, come e’ principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, la disciplina dell’accessione, contenuta nell’articolo 934 c.c., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui: essa, pertanto, non trova applicazione nelle ipotesi di costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su suolo comune, cui si applica, invece, la normativa in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprieta’ della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformita’ di detta disciplina, cioe’ con il rispetto delle norme sui limiti all’uso da parte del comproprietario delle cose comuni: pertanto, le opere abusivamente create non possono considerarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerati appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica ( tra le tante, sentenze 19/11/2004 n. 21901; 22/3/2001 n. 4120; 18/4/1996 n. 3675 ).
Cio’ posto e’ evidente che la tesi dei ricorrenti – secondo cui la loro dante causa ( (OMISSIS)) aveva acquisito la comproprieta’ del fabbricato in questione in applicazione del principio dell’accessione in quanto costruito dalla (OMISSIS) su terreno del quale essa (OMISSIS) era comproprietaria – si pone in netto ed insanabile contrasto con il detto pacifico orientamento giurisprudenziale.
Ne consegue quindi che nella specie, al contrario di quanto sostenuto dai ricorrenti, i tre atti di compravendita stipulati dalla (OMISSIS) con il (OMISSIS) (nel 1979), con (OMISSIS) e (OMISSIS) (nel 1983) e con (OMISSIS) e (OMISSIS) (nel 1984) sono validi (trattandosi di vendita effettuata dalla proprietaria del bene) e validamente trascritti non potendo operare il principio secondo cui, nell’ipotesi di conflitto tra un acquisto “a domino” ed un acquisto “a non domino” dello stesso bene, non opera l’istituto della trascrizione, la cui funzione legale – esclusa ogni efficacia sanante i vizi da cui fosse eventualmente affetto l’atto negoziale trascritto – e’ solo e semplicemente quella di risolvere il conflitto tra soggetti che abbiano acquistato lo stesso diritto, con distinti atti, dal medesimo titolare.
Cosi’ integrata la motivazione della impugnata sentenza, la stessa si sottrae alle proposte censure essendo il decisum conforme al diritto posto che correttamente la corte di appello da un lato ha affermato che il giudicato rappresentato dalla sentenza 2559 del marzo 1985 del tribunale di Roma (affermativa della comune proprieta’ del fabbricato in questione in capo alla (OMISSIS) ed alla (OMISSIS)) non poteva operare nei confronti del (OMISSIS) che aveva acquistato diritti sul detto fabbricato in data antecedente all’instaurazione della relativa controversia e, da altro lato, ha evidenziato che gli altri due atti di compravendita erano stati trascritti prima della trascrizione della citata sentenza 2559/1985. Al riguardo va evidenziato che agli atti non risulta – ne’ e’ stata dedotta dai ricorrenti – trascritta la domanda introduttiva del giudizio conclusosi con la citata sentenza.
In tal modo la corte di merito ha ineccepibilmente applicato il regime della trascrizione e si e’ uniformata al principio secondo cui il giudicato puo’ spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando esso contenga un’affermazione obiettiva di verita’ che non ammette la possibilita’ di un diverso accertamento: tuttavia, tali effetti riflessi, oltre che dagli ordinari limiti soggettivi, sono impediti tutte le volte in cui il terzo vanti un proprio diritto autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile che quegli ne possa ricevere un pregiudizio giuridico ( in tali sensi, da ultimo, sentenza di questa Corte 11/3/2005 n. 5381 ). Infatti, tenuto conto che, ai sensi dell’articolo 2909 c.c., l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, le relative statuizioni non estendono i loro effetti, e non sono vincolanti, per i soggetti estranei al giudizio (sentenza 17/3/2005 n. 5796).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Sussistono giusti motivi – in considerazione, tra l’altro, del contrasto tra le pronunzie rese nei giudizi di merito – per compensare per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.