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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 17 luglio 2009, n. 16713
Con riferimento al verbale di accertamento di un incidente stradale redatto da organi di polizia, l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, che ad esso deve riconoscersi – ex articolo 2700 c.c. in dipendenza della sua natura di atto pubblico, non sussiste ne’ con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, ne’ con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti che, in ragione delle loro modalita’ di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e pertanto abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante. E pertanto, al riguardo, la parte non e’ tenuta nemmeno alla prova contraria. Il predetto verbale fa invece piena prova fino a querela di falso solo in ordine ai fatti accertati visivamente dai verbalizzanti e relativi alla fase statica dell’incidente, quale risultava al momento del loro intervento (Cass., 15 febbraio 2006, n. 3282). Per le ragioni indicate dalla giurisprudenza, in relazione alla dinamica dell’incidente per cui e’ causa, non puo’ quindi attribuirsi al verbale de quo valore di prova privilegiata.
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Integrale
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RO. AN. , elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MEDILLI 7, presso lo studio dell’avvocato ZACCAGNINI LUCIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PATRONE VITTORIO, OLCESE AMEDEO giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AS. SPA, in persona del procuratore speciale Avv. Fu. Ma. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STESICORO 126, presso lo studio dell’avvocato TRICANICO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
LU. MA. ;
– intimato –
avverso la sentenza n. 338/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, Sezione 2 Civile, emessa il 13/07/2004, depositata il 08/04/2005; R.G.N. 935/02;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 06/03/2009 dal Consigliere Dott. D’AMICO Paolo;
udito l’Avvocato LUCIA ZACCAGNINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ro.An. conveniva in giudizio l’ As. e Lu. Ma. per ottenere il risarcimento dei danni riportati nel sinistro verificatosi in (OMESSO) allorche’, alla guida di un ciclomotore, veniva investito dalla moto del convenuto riportando lesioni alla gamba sinistra.
I convenuti contestavano la domanda attrice.
Il Tribunale di Genova, con sentenza del 28.5.2001, condannava Lu.Ma. e Le. As. d’. s.p.a., in solido, a pagare ad Ro.An. la somma di lire 18.702.267, oltre accessori.
Avverso tale decisione proponeva appello Ro.An. .
Le As. d’. e Lu.Ma. chiedevano la conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’Appello di Genova respingeva l’appello proposto da Ro. An. avverso la Sentenza del Tribunale di Genova e confermava integralmente tale decisione.
Condannava l’appellante al rimborso delle spese del grado.
Proponeva ricorso per Cassazione Ro.An. .
Resisteva con controricorso l’ As. -. Le. As. d’. s.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sostiene l’impugnata sentenza:
a) che in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro il rapporto della Polizia Municipale non ha valore di prova privilegiata in quanto privo di rilevamenti tecnici e di raccolta di dichiarazioni testimoniali;
b) che alla fattispecie e’ stata correttamente applicata la presunzione di pari colpa in quanto non e’ stato possibile accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia concorso a cagionare l’evento.
Le tesi della Corte d’Appello sono criticate da parte ricorrente con tre articolati motivi.
Con il primo motivo Ro.An. rispettivamente lamenta “1) Violazione o falsa applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 2, nonche’ degli articoli 40 e 41 c.p. e del Decreto Legge 30 aprile 1992, n 285, articolo 149. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. Il ricorrente sostiene in particolare:
a) che lo scontro tra i motocicli dovesse ricondursi ad un tamponamento causato dalla eccessiva velocita’ alla quale viaggiava Lu.Ma. e che la Corte d’Appello ha violato o quantomeno ha fatto erronea applicazione degli articoli di legge richiamati in epigrafe incorrendo altresi’ in violazione o quantomeno insufficiente o contraddittoria motivazione di un punto decisivo della controversia;
b) che la Corte non ha esaminato il rapporto causale tra le condotte dei conducenti e l’evento;
c) che esistevano in atti elementi sufficienti per poter attribuire il rango di efficacia esclusiva alla causa sopravvenuta individuabile nella condotta estremamente pericolosa ed imprudente del Lu. ;
d) che non si comprende come la Corte di Appello di Genova abbia potuto ritenere applicabile la presunzione di cui all’articolo 2054 c.c., comma 2, quando tutti gli elementi offerti ed acquisiti in atti evidenziano l’esclusiva riferibilita’ causale dell’evento alla imprudente condotta di guida dello stesso motociclista Lu. ;
e) che la Corte e’ incorsa in vizio logico nella valutazione degli elementi della fattispecie ed in particolare nella individuazione di un esclusivo comportamento al quale attribuire causalmente il verificarsi dell’evento. Alla Corte, si afferma, e’ totalmente sfuggito che nella ricostruzione dell’evento dannoso, sotto il profilo del nesso di causalita’, non poteva in alcun modo utilizzarsi la presunzione di pari colpevolezza.
Il motivo e’ infondato.
Nel ricorso per Cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilita’, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. (Cass., 8.11.2005, n. 21659)
In questo processo parte ricorrente sostiene che la decisione della Corte d’Appello ha violato le regole di diritto e che comunque e’ stata motivata in modo insufficiente, ma sostanzialmente propone una diversa, inammissibile ricostruzione della fattispecie concreta, non consentita a questa Corte.
Del resto nella ricostruzione di un incidente stradale, l’accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e la colpa (o meno) del relativo comportamento dei rispettivi conducenti, e’ compito del giudice del merito il cui apprezzamento – ove informato ad esatti principi giuridici ed esente da vizi logici e motivazionali – si sottrae al sindacato di legittimita’. Nella fattispecie di cui ci si occupa la Corte d’Appello ha escluso, in base all’acquisito materiale probatorio, la possibilita’ della esatta ricostruzione dell’incidente ed ha percio’ imputato pari responsabilita’ ad entrambi i conducenti coinvolti nell’accadimento, applicando il principio sussidiario della corresponsabilita’ dettato dall’articolo 2054 c.c., comma 2 (Cass., 9.4.2003, n. 5578; Cass., 17.10.1984, n. 5240). In tale operazione logico giuridica non e’ incorsa in errori di sorta ed il motivo deve essere percio’ respinto.
Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta “2) Violazione o falsa applicazione degli articoli 2700 e 2727 c.c. con riferimento all’articolo 2054 c.c. Difetto di motivazione e/o comunque motivazione insufficiente circa un punto decisivo della controversia. Denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.
Sostiene in particolare il Ro. che l’impugnata sentenza della Corte d’Appello di Genova e’ incorsa nel vizio denunciato in epigrafe per aver ritenuto che il sinistro de quo sia accaduto per fatto e colpa di entrambi i conducenti e per aver ritenuto il rapporto della Polizia Municipale privo del valore di “prova privilegiata”. Essendo la responsabilita’ del Lu. ampiamente documentata dai rilievi contenuti nel rapporto dei Vigili Urbani, prosegue Ro. , prima di affermare la sua responsabilita’ concorsuale nel “tamponato”, sarebbe stato percio’ necessario tener presente che detto rapporto, oltre a far fede ex articolo 2700 c.c. per i fatti personalmente accertati dal verbalizzante aveva, per la sua natura di atto pubblico, una attendibilita’ che poteva essere infirmata solo da una specifica prova contraria: la Corte di Appello avrebbe cioe’ dovuto far riferimento ai dati probatori indiscussi, per disattendere i quali non bastava certo dire che “il rapporto non ha valore di prova privilegiata”.
Le tesi appena esposte non possono essere accolte.
Con riferimento al verbale di accertamento di un incidente stradale redatto da organi di polizia, l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, che ad esso deve riconoscersi – ex articolo 2700 c.c. in dipendenza della sua natura di atto pubblico, non sussiste ne’ con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, ne’ con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti che, in ragione delle loro modalita’ di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e pertanto abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante. E pertanto, al riguardo, la parte non e’ tenuta nemmeno alla prova contraria. Il predetto verbale fa invece piena prova fino a querela di falso solo in ordine ai fatti accertati visivamente dai verbalizzanti e relativi alla fase statica dell’incidente, quale risultava al momento del loro intervento (Cass., 15 febbraio 2006, n. 3282). Per le ragioni indicate dalla giurisprudenza, in relazione alla dinamica dell’incidente per cui e’ causa, non puo’ quindi attribuirsi al verbale de quo valore di prova privilegiata.
Con il terzo motivo Ro.An. ha denunciato “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1223 – 1226 e 2056 c.c. nonche’ dell’articolo 2727 c.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.
L’impugnata sentenza, in relazione al quantum si limita ad affermare che “non poteva estendersi al presunto licenziamento per incapacita’ di svolgere le mansioni di carpentiere” la “specifica” riconosciuta dal C.t.u., essendo all’epoca del licenziamento terminato il periodo di invalidita’ temporanea e non esistendo nesso eziologico fra l’inoccupazione dell’attore e l’evento dannoso.
Tale capo dell’impugnata sentenza e’ contestato da parte ricorrente la quale sostiene:
a) che il suddetto nesso era perfettamente rinvenibile ed evidenziato grazie alla depositata C.T.U. medico – legale;
b) che lo stesso non puo’ consistere in un dato meramente cronologico ma va delibato con riferimento all’intero contesto delle circostanze significative quali natura delle lesioni, la qualita’ del lavoro svolto dall’infortunato, le specifiche indicazioni del C.T.U. circa il rapporto tra postumi ed attivita’ lavorativa: su tali circostanze si ritiene omessa ogni congrua e logica motivazione.
Anche questo motivo dev’essere rigettato.
Come ha piu’ volte affermato questa Corte infatti, in materia di responsabilita’ da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalita’ tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimita’ se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico – giuridico (Cass., 23 febbraio 2006, n. 4009). Pur nella sinteticita’ della formulazione del giudizio sull’esistenza del nesso eziologico, tali requisiti sono senz’altro riscontrabili nell’impugnata sentenza.
In conclusione, per tutte le ragioni che precedono, il ricorso deve essere quindi rigettato mentre le spese devono essere poste a carico del ricorrente e liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi euro 1.100,00 di cui euro 1.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.