Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Sentenza 20 luglio 2016, n. 14916
“L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, si’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa”.
Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Sentenza 20 luglio 2016, n. 14916
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f.
Dott. CICALA Mario – Presidente di Sez.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1451/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
sul ricorso 4758/2008 proposto da:
(OMISSIS) INC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 360/34/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 02/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. BIAGIO VIRGILIO;
uditi gli avvocati (OMISSIS) dell’Avvocatura Generale dello Stato, (OMISSIS);
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per la dichiarazione di ammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, articolato in sei motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale e’ stato rigettato l’appello dell’Ufficio e confermata l’illegittimita’ di cinque avvisi di accertamento emessi ai fini IVA per gli anni dal 1999 al 2003 nei confronti della societa’ statunitense (OMISSIS) Inc.: con essi l’Ufficio aveva recuperato a tassazione l’imposta (precedentemente rimborsata) ritenuta illegittimamente detratta ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 74 ter, comma 3, in quanto la societa’ aveva svolto attivita’ di tour operator, e non solo di autonoleggio, con conseguente indetraibilita’ dell’IVA relativa ai costi sostenuti per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a diretto vantaggio dei viaggiatori.
Il giudice d’appello ha ritenuto inadeguate le prove fornite dall’Ufficio (sito web, procura rilasciata dalla societa’ al proprio rappresentante in Italia) al fine di dimostrare con ragionevole certezza che la contribuente, negli anni in contestazione, svolgesse effettivamente attivita’ di tour operator e non soltanto di autonoleggio.
La (OMISSIS) Inc. ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo; ha anche depositato memoria.
In via pregiudiziale, ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso ai sensi dell’articolo 330 cod. proc. civ., perche’ notificato presso il difensore domiciliatario per il giudizio di primo grado, anziche’ presso il difensore costituito nel giudizio di appello e presso il quale essa aveva eletto domicilio per tale grado del processo.
La quinta sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 15946 del 2014, resa all’esito dell’udienza del 9 giugno 2014 e depositata l’11 luglio 2014, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle sezioni unite, avendo rilevato contrasti nella giurisprudenza della Corte sulle seguenti questioni: a) se alla proposizione del ricorso per cassazione avverso sentenze delle commissioni tributarie regionali debba applicarsi la disciplina dettata dall’articolo 330 cod. proc. civ., oppure quella speciale prevista dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17, comma 2, relativo al processo tributario; b) ove si accolga la prima tesi, se sia affetta da inesistenza giuridica oppure da nullita’, sanabile secondo le norme del codice di rito, la notificazione eseguita presso il procuratore domiciliatario della controparte in primo grado, nel caso in cui questa b1) sia rimasta contumace in appello, o allorche’ b2) abbia revocato il mandato a detto difensore e lo abbia sostituito con un nuovo difensore presso il quale abbia anche eletto domicilio.
I ricorsi sono stati quindi fissati per l’odierna udienza.
L’Agenzia delle entrate ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. La prima questione che le sezioni unite sono chiamate a dirimere concerne l’individuazione della disciplina da applicare in ordine al luogo di notificazione del ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di una commissione tributaria regionale.
Si tratta di stabilire, a fronte di orientamenti non univoci, qual e’ il rapporto tra il regime dettato dall’articolo 330 cod. proc. civ. e quello previsto, per il processo tributario, dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 17: in particolare, il quesito e’ se al ricorso per cassazione si applichi in via esclusiva la disciplina del codice di rito ordinario, oppure possa, e in quali limiti, trovare applicazione la normativa speciale dettata, in materia, dal citato articolo 17 del decreto sul processo tributario.
1.2. Per quanto qui interessa, l’articolo 330 cit. (rubricato “Luogo di notificazione della impugnazione”) dispone, al primo comma, che “se nell’atto di notificazione della sentenza la pane ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l’ha pronunciata, l’impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica, ai sensi dell’articolo 170, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio” (le parole “ai sensi dell’articolo 170″ sono state inserite dalla L. n. 69 del 2009, articolo 46, comma 10, ed hanno effetto per i giudizi iniziati, in primo grado, dopo il 4 luglio 2009).
Il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17 (articolo rubricato”Luogo delle comunicazioni e notificazioni”), dopo aver stabilito, al comma 1, che “le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio”, prevede, al comma 2, il quale in particolare rileva in questa sede, che “l’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo”.
Va aggiunto che: a) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del citato Decreto Legislativo n. 546 del 1992, “i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”; b) in senso sostanzialmente conforme, l’articolo 49 dispone che “alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo 3, capo 1, del libro 2 del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto” (le parole “escluso l’articolo 337” sono state soppresse dal Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 156, articolo 9, comma 1, lettera u, entrato in vigore, in pane qua, l’1 gennaio 2016); c) l’articolo 62, in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, stabilisce, infine, al comma 2, che “al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto” (ora il citato Decreto Legislativo n. 156 del 2015, articolo 9, comma 1, lettera z, ha introdotto la possibilita’, sull’accordo delle parti, del ricorso per saltum avverso le sentenze delle commissioni tributarie provinciali, unicamente a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
1.3. Queste sezioni unite, con sentenza n. 29290 del 2008, hanno affermato che la previsione di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17 costituisce eccezione alla sola disposizione di cui all’articolo 170 cod. proc. civ. per le notificazioni endoprocessuali, con la conseguenza che, mancando, per la notifica degli atti di impugnazione, una disposizione specifica, deve trovare applicazione quella prevista dall’articolo 330 cod. proc. civ. (si e’ ritenuta, quindi, nella fattispecie, validamente eseguita la notificazione del ricorso in appello effettuata presso il procuratore costituito – non domiciliatario – della parte nel giudizio di primo grado).
Con la recente sentenza n. 8053 del 2014, poi, le sezioni unite, occupandosi in particolare della questione dell’applicabilita’ al ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie delle disposizioni di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 (convertito dalla L. n. 134 del 2012), hanno ribadito la “significativa contrapposizione” tra le disposizioni di rinvio contenute nel Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 1, comma 2, e articolo 49, relative al processo e alle impugnazioni in generale, e la disposizione di rinvio contenuta nel successivo articolo 62, relativa al giudizio di cassazione: gli articoli 1 e 49 istituiscono un’autentica specialita’ del rito tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilita’; l’articolo 62, viceversa, per il giudizio di cassazione, fa espressamente riferimento all’applicabilita’ delle norme del codice di procedura civile, cosi’ attribuendo, per questa sola ipotesi, la prevalenza alle norme processuali ordinarie ed escludendo l’esistenza di un “giudizio tributario di legittimita’”, cioe’ di un giudizio di cassazione speciale in materia tributaria.
1.4. Alla stregua del sopra delineato quadro normativo, nonche’ dei principi che ne ha tratto la sentenza n. 8053 del 2014, deve ritenersi che, quanto all’individuazione del luogo in cui va effettuata la notificazione delle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie, occorre tenere distinta la disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17 per il processo tributario, cioe’ per quello che si svolge dinanzi alle commissioni tributarie, da quella prevista dal codice di rito ordinario in tema di ricorso per cassazione.
In particolare, per un verso non esistono ragioni normative che impongano di affermare che l’articolo 17 cit. si riferisce esclusivamente alle notificazioni endoprocessuali, laddove, anzi, proprio la previsione secondo cui “l’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo” (comma 2), nonche’ esigenze di coerenza sistematica, inducono alla conclusione che la norma e’ applicabile, con carattere di specialita’ e quindi di prevalenza, anche alla notificazione del ricorso in appello.
Per altro verso, alla notificazione del ricorso per cassazione si applica, ai sensi del citato Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, la disciplina di cui all’articolo 330 cod. proc. civ. (che non puo’ certo essere esclusa per il fatto che nel processo tributario ben puo’ accadere che esista un difensore che non sia anche procuratore ad litem, cio’ incidendo soltanto sull’ambito applicativo della norma in relazione alla concreta fattispecie).
Va pero’ fatta, al riguardo, la seguente importante precisazione.
La previsione di ultrattivita’ dell’indicazione della residenza (o della sede) e dell’elezione di domicilio non puo’ non riflettersi sull’individuazione del luogo di notificazione del ricorso per cassazione: ne consegue che, in deroga alla regola ordinaria, il ricorso e’ validamente notificato, ai sensi dell’articolo 330 c.p.c., comma 1, seconda ipotesi, anche nel caso in cui il soggetto destinatario della notificazione non si sia costituito nel giudizio di appello (oppure, pur costituitosi, non abbia effettuato alcuna indicazione) (Cass. nn. 10055 del 2000, 2882 e 15523 del 2009, 20200 del 2010, 1972 del 2015).
Non si tratta di estendere al ricorso per cassazione la disciplina del processo tributario, bensi’ di riconoscere alla norma in esame un effetto esterno che indubbiamente si riverbera sul disposto dell’articolo 330 cod. proc. civ., rendendolo, dunque, in parte qua pienamente applicabile.
1.5. Deve essere, in conclusione, enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della notificazione, la disciplina dettata dall’articolo 330 cod. proc. civ.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattivita’ dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, stabilito dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 17, comma 2, e’ valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato articolo 330 c.p.c., comma 1, seconda ipotesi, nel caso in cui la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione”.
1.6. Nella fattispecie, non sussistono le condizioni per ritenere valida la notificazione, poiche’, come risulta dagli atti ed e’ evidenziato nell’ordinanza di rimessione, il ricorso e’ stato notificato presso il difensore domiciliatario della parte contribuente per il giudizio di primo grado, anziche’ presso il nuovo procuratore costituito nel giudizio di appello e presso il quale la parte stessa aveva eletto domicilio per tale grado del processo.
2.1. Vengono, quindi, in rilievo le ulteriori questioni esposte nell’ordinanza interlocutoria, concernenti le conseguenze derivanti dalla violazione della menzionata disposizione del codice di rito, in ordine alle quali si riscontrano orientamenti difformi nella giurisprudenza di questa Corte, espressi anche da pronunce delle sezioni unite.
In particolare, e in sintesi, il Collegio rimettente rileva quanto segue.
A) Notificazione del ricorso per cassazione eseguita presso il procuratore della controparte costituito in primo grado e contumacia della stessa nel giudizio di appello: a1) un primo orientamento, muovendo dal presupposto secondo cui l’elezione di domicilio presso il procuratore spiega effetto limitatamente al grado del giudizio per il quale la procura e’ stata conferita, salvo espressa contraria previsione, ritiene che siffatta notificazione del ricorso e’ affetta da giuridica inesistenza, non da mera nullita’, in quanto eseguita in luogo e presso persona non aventi piu’ alcun riferimento con il destinatario, con conseguente inammissibilita’ del ricorso, senza alcuna possibilita’ di sanatoria mediante costituzione della parte intimata o rinnovazione ai sensi dell’articolo 291 cod. proc. civ. (tra altre, Cass., sez. un., nn. 6248 del 1982 e 9539 del 1996, nonche’ Cass. mi. 1100 del 2001 e 5025 del 2002); a2) altro indirizzo, muovendo dal medesimo presupposto, perviene alla opposta conclusione secondo cui la notificazione, essendo eseguita in luogo diverso da quello prescritto dall’articolo 330 c.p.c., comma 1, ma non privo di un qualche collegamento con il destinatario della notifica, deve considerarsi nulla e non inesistente (e, quindi, sanabile mediante rinnovazione o costituzione della parte intimata), in quanto l’atto, pur se viziato, poiche’ eseguito al di fuori delle previsioni di legge, puo’ essere riconosciuto come appartenente alla categoria delle notificazioni, anche se non e’ idoneo a produrre in modo definitivo gli effetti propri del tipo di atto in questione (tra altre, Cass., sez. un., n. 10817 del 2008 e Cass. nn. 6947 del 1995, 7818 e 16952 del 2006).
B) Notificazione del ricorso per cassazione effettuata presso il procuratore della controparte costituito in primo grado e revoca del mandato a tale difensore con nomina di uno diverso per il grado di appello: B1) anche in questo caso, ed analogamente, secondo un primo indirizzo la notificazione e’ affetta da giuridica inesistenza e non da mera nullita’ (con esclusione, pertanto, di ogni possibilita’ di sanatoria o rinnovazione), dal momento che, una volta intervenuta la sostituzione del difensore revocato, si interrompe ogni rapporto tra la parte ed il procuratore cessato e questi non e’ piu’ gravato da alcun obbligo, non operando, in tale ipotesi, la proroga disposta dall’articolo 85 cod. proc. civ. per il solo caso della semplice revoca del mandato, non accompagnata dalla nomina di un nuovo difensore (tra altre, Cass., sez. un., n. 3947 del 1987 e Cass. nn. 9147 del 2007, 3338 del 2009, 13477 del 2012); b2) altro orientamento ritiene, invece, che una tale notifica, essendo eseguita in un luogo diverso da quello prescritto, ma non privo di un astratto collegamento con il destinatario, e’ affetta da nullita’ e non da giuridica inesistenza, con l’effetto che la rituale presentazione del controricorso contenente la difesa nel merito, dimostrando ex post che la notificazione ha raggiunto lo scopo cui era preordinata, impedisce di ritenerla inesistente poiche’ non riferibile al luogo ed alla parte destinataria, con conseguente ammissibilita’ del ricorso (ex aliis, Cass. n. 22293 del 2004, 13667 del 2007 e 13451 del 2013).
2.2. Anche se nella fattispecie l’ipotesi ricorrente, come detto sopra, e’ quella indicata nel paragrafo precedente sul) B), ritengono le sezioni unite che le questioni sollevate necessitano di un esame e di una soluzione unitari, poiche’ investono, in radice, un unico problema di fondo – di notevolissimo rilievo teorico e pratico (in quanto ha dato luogo da decenni, e continua a dar luogo, a persistenti oscillazioni giurisprudenziali) -, che consiste nell’individuare un criterio distintivo il piu’ possibile chiaro, univoco e sicuro tra le tradizionali nozioni di inesistenza e di nullita’ della notificazione (specificamente, del ricorso per cassazione) e che, in definitiva, tocca la stessa validita’ concettuale (e concreta utilita’) della distinzione tra le due nozioni, cioe’, in sostanza, la configurabilita’ della inesistenza come “vizio” dell’atto, autonomo e piu’ grave della nullita’, con le conseguenze che ne derivano.
2.3. L’unica norma del codice di procedura civile che si occupa dell’invalidita’ della notificazione e’ l’articolo 160, il quale, sotto la rubrica “Nullita’ della notificazione”, dispone che “La notificazione e’ nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi e’ incertezza assoluta sulla persona a cui e’ fatta o sulla data, salva l’applicazione degli articoli 156 e 157”.
Ai fini che qui interessano assume centrale rilievo l’articolo 156 (“Rilevanza della nullita’”), il quale prevede che: “Non puo’ essere pronunciata la nullita’ per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullita’ non e’ comminata dalla legge” (comma 1); “Puo’ tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo” (comma 2); “La nullita’ non puo’ mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui e’ destinato” (comma 3).
Una prima osservazione puo’ essere gia’ formulata: in tema di notificazione, come in generale di atti processuali, il codice non contempla la categoria della “inesistenza”, nemmeno con riguardo alla sentenza priva della sottoscrizione del giudice, qualificata come affetta da nullita’ per la quale e’ tuttavia esclusa, ai sensi dell’articolo 161 c.p.c., comma 2, l’applicazione del principio dell’assorbimento nei mezzi di gravame -sul tema cfr. ora Cass., sez. un., n. 11021 del 2014 -; nullita’, quindi, assolutamente insanabile (in relazione alla quale viene evocata, da una gran parte della dottrina e della giurisprudenza, la figura della inesistenza).
Tale constatazione, tuttavia, per un verso non e’ appagante: il legislatore non ha motivo di disciplinare gli effetti di cio’ che non esiste, non solo, com’e’ ovvio, dal punto di vista storico-naturalistico, ma anche sotto il profilo giuridico; per altro verso, induce a ritenere che la nozione di inesistenza della notificazione debba essere definita in termini assolutamente rigorosi, cioe’ confinata ad ipotesi talmente radicali che il legislatore ha, appunto, ritenuto di non prendere nemmeno in considerazione (gia’ da tempo la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di assegnare carattere residuale alla categoria dell’inesistenza della notificazione: Cass., sez. un., n. 22641 del 2007 e n. 10817 del 2008; Cass. n. 6183 del 2009 e n. 12478 del 2013).
In definitiva, deve affermarsi che l’inesistenza della notificazione e’ configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto.
L’inesistenza non e’, dunque, in senso stretto, un vizio dell’atto piu’ grave della nullita’, poiche’ la dicotomia nullita’/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l’atto e il non atto.
2.4. Rilievo fondamentale va attribuito in materia al citato articolo 156 cod. proc. civ. (richiamato dall’articolo 160), nel quale trova diretta espressione unitamente all’articolo 121 (“Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma piu’ idonea al raggiungimento del loro scopo”) e 131, comma 1 (secondo il quale, quando la legge non prescrive che il giudice pronunci sentenza, ordinanza o decreto, “i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo”) – il principio di strumentalita’ delle forme degli atti processuali, che permea l’intero codice di procedura civile ed al quale, quindi, l’interprete deve costantemente ispirarsi.
Le forme degli atti, cioe’, sono prescritte al fine esclusivo di conseguire un determinato scopo, coincidente con la funzione che il singolo atto e’ destinato ad assolvere nell’ambito del processo, e cosi’, in definitiva, con lo scopo ultimo del processo, consistente nella pronuncia sul merito della situazione giuridica controversa: che il principio del “giusto processo”, di cui all’articolo 111 Cost. ed all’articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, comprenda, tra i valori che intende tutelare (oltre alla durata ragionevole del processo, all’imparzialita’ del giudice, alla tutela del contraddittorio, ecc.), il diritto di ogni persona ad un “giudice” che emetta una decisione sul merito della domanda ed imponga, pertanto, all’interprete di preferire scelte ermeneutiche tendenti a garantire tale finalita’, costituisce affermazione acquisita nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., sez. un., nn. 15144 del 2011, 17931 del 2013, 5700 del 2014, nonche’ Cass. nn. 3362 del 2009, 14627 del 2010, 17698 del 2014, 1483 del 2015), anche alla luce di quella della Corte EDU, la quale ammette limitazioni all’accesso ad un giudice solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalita’ tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (v., tra altre, Omar c. Francia, 29 luglio 1998; Beller c. Francia, 4 dicembre 1995), ponendo in rilievo la esigenza che tali limitazioni siano stabilite in modo chiaro e prevedibile (v., ad es., Faltejsek c. Rep. Ceca, 15 agosto 2008).
2.5. In particolare, riveste importanza decisiva il comma 3 articolo 156 cit., il quale, dopo che nel comma precedente e’ previsto che la nullita’ puo’ essere pronunciata – anche al di la’ dell’espressa comminatoria di legge “quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”, stabilisce, con formula perentoria e di chiusura, che la nullita’ “non puo’ mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui e’ destinato”.
Da tale norma discendono, per quanto concerne la notificazione, le seguenti conseguenze:
a) occorre che un “atto”, riconoscibile come “notificazione”, esista, nei ristretti termini sopra indicati, e che verranno di seguito precisati;
b) se cosi’ e’, qualunque vizio dell’atto ricade nell’ambito della nullita’, senza che possa distinguersi, al fine di individuare ulteriori ipotesi di inesistenza attraverso la negazione del raggiungimento dello scopo, tra valutazione ex ante e constatazione ex post, poiche’ il legislatore ha chiaramente inteso dare prevalenza a quest’ultima – in piena attuazione del principio della strumentalita’ delle forme -, cioe’ ai dati dell’esperienza concreta, sia pure dovuta ad accadimenti del tutto accidentali, rispetto agli elementi di astratta potenzialita’ e prevedibilita’.
2.6. Scopo della notificazione e’ quello di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilita’, con gli effetti che ne conseguono (in termini – per quanto qui interessa – di instaurazione del contraddittorio).
In presenza di una notificazione nulla, cosi’ come opera la sanatoria per raggiungimento dello scopo, attraverso la costituzione in giudizio della parte intimata, correlativamente, in mancanza di tale costituzione, il giudice, ai sensi dell’articolo 291 cod. proc. civ., deve dispone la rinnovazione della notificazione (fissando a tal fine un termine perentorio), a meno che la parte stessa non abbia a cio’ gia’ spontaneamente provveduto.
Entrambi i rimedi, che sono previsti a fronte del verificarsi del medesimo presupposto della nullita’ della notificazione – con l’unica peculiarita’ che l’attivazione spontanea della parte (con la costituzione o la rinnovazione) rende superfluo l’intervento del giudice -, operano con efficacia ex tunc, cioe’ sanano con effetto retroattivo il vizio della notificazione (quella originaria, nel caso di rinnovazione): cio’ e’ previsto espressamente nel citato articolo 291 (“la rinnovazione impedisce ogni decadenza”), si configura come una normale qualita’ del concetto di sanatoria e costituisce un’ulteriore espressione del principio di strumentalita’ delle forme.
Va ribadito, per completezza, che il detto effetto sanante ex tunc prodotto dalla costituzione del convenuto – la quale non e’ mai tardiva, poiche’ la nullita’ della notificazione impedisce la decorrenza del termine (per tutte, Cass., sez. un., n. 14539 del 2001) – opera anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo fine di eccepire la nullita’ (tra altre, Cass., sez. un., n. 5785 del 1994; Cass. nn. 10119 del 2006, 13667 del 2007, 6470 del 2011).
2.7. La notificazione e’ solitamente definita come una sequenza di atti, un procedimento, articolato in fasi e finalizzato allo scopo indicato nel paragrafo precedente.
Gli elementi costitutivi imprescindibili di tale procedimento vanno individuati, quanto al ricorso per cassazione: a) nell’attivita’ di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere l’attivita’ stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita: restano, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, si’ da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa.
La presenza di detti requisiti, che possono definirsi strutturali, va ritenuta idonea ai fini della riconoscibilita’ dell’atto come notificazione: essi, cioe’, sono sufficienti a integrare la fattispecie legale minima della notificazione, rendendo qualificabile l’attivita’ svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge.
In conclusione, deve essere superata la tesi che include in tale modello legale, facendone derivare, in sua mancanza, la inesistenza della notificazione, il requisito del “collegamento” (o del “riferimento”) tra il luogo della notificazione e il destinatario: si tratta, infatti, di un elemento che si colloca fuori del perimetro strutturale della notificazione e la cui assenza (come nelle fattispecie indicate nell’ordinanza di rimessione) ricade, in base all’insieme delle considerazioni fin qui svolte, nell’ambito della nullita’, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione dell’intimato o la rinnovazione dell’atto, spontanea o su ordine del giudice.
2.8. Vanno, pertanto, enunciati i seguenti principi di diritto:
– “L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, si’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa”;
– “Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto. Ne consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullita’ dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullita’), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’articolo 291 cod. proc. civ.”.
Alla luce degli esposti principi, nella fattispecie la notificazione del ricorso principale, eseguita presso il difensore domiciliatario della controparte per il giudizio di primo grado, anziche’ presso il difensore costituito nel giudizio di appello e presso il quale essa aveva eletto domicilio per tale grado del processo, e’ affetta da nullita’ per violazione dell’articolo 330 cod. proc. civ., sanata dall’avvenuta costituzione della parte medesima.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato ammissibile, con rimessione degli atti alla quinta sezione civile per l’ulteriore esame.
P.Q.M.