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Corte di Cassazione, Sezione Unite civile Sentenza 8 aprile 2008, n. 9148
In riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio – la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie.
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Corte di Cassazione, Sezione Unite civile Sentenza 8 aprile 2008, n. 9148
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente
Dott. CORONA Rafaele – rel. Presidente di sezione
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Consigliere
Dott. VITRONE Ugo – Consigliere
Dott. VIDIRI Guido – Consigliere
Dott. SETTIMJ Giovanni – Consigliere
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOCIETA’ ED. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso lo studio dell’avvocato VASI GIORGIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERLUIGI COLIVA, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RA. AN., R. A., R. A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. SCARABELLI 21, presso lo studio dell’avvocato RUPERTO TOMMASO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO CHIURAZZI, giuste deleghe a margine dei controricorsi;
– controricorrenti –
e contro
CONDOMINIO VIA (OMESSO);
– intimato –
avverso la sentenza n. 305/03 della Corte d’Appello di BOLOGNA, depositata il 19/02/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/03/08 dal Presidente Dott. Rafale CORONA;
uditi gli avvocati Pierluigi COLIVA, Claudio CHIURAZZI;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri motivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con Decreto 24 marzo 1884, il Presidente del Tribunale di Bologna ingiunse al Condominio di via (OMESSO), (OMESSO), ed ai condomini An., A. e R.A., Ca.Ug., Be.Gi., Ma.Do., Te.Ad. ed alla societa’ I. s.r.l. di pagare alla Ed. s.r.l. lire 66.800.276, quale residuo del corrispettivo per i lavori eseguiti nell’edificio condominiale.
Proposero opposizione con distinti atti di citazione An. e R.A., le quali dedussero l’inammissibilita’ della duplice condanna emessa sia a carico del condominio, sia nei loro confronti in via solidale, posto che avevano adempiuto pro quota alle obbligazioni assunte nei confronti della societa’ Ed.; Ra. Al. asseri’ di aver acquistato il solo diritto di usufrutto di una unita’ immobiliare in data 2 giugno 1993, quando i lavori commessi alla societa’ Ed. erano stati gia’ ultimati: in ogni caso, trattandosi di spese riguardanti opere di manutenzione straordinaria, esse erano a carico del nudo proprietario.
Riuniti i giudizi e chiamati in causa il Condominio, i condomini Qu.In., Bi.Tr. e la societa’ I. s.r.l., i quali chiesero il rigetto della domanda proposta con il ricorso per ingiunzione, con sentenza 28 aprile 2000 il Tribunale di Bologna revoco’ il decreto; con sentenza 19 febbraio 2003, la Corte d’Appello di Bologna respinse l’impugnazione proposta dalla societa’ Ed..
Ha proposto ricorso per Cassazione con sei motivi la societa’ Ed.; hanno resistito con controricorso An., A. e R.A.. Non ha svolto attivita’ difensiva l’intimato Condominio via (OMESSO), in persona dell’amministratore in carica.
La Seconda Sezione civile, con ordinanza 7 febbraio 2007, n. 2621, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, avendo ritenuto la sussistenza di un contrasto all’interno della sezione, posto che per un primo indirizzo (maggioritario) la responsabilita’ dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi avrebbe natura solidale, mentre per un secondo orientamento, decisamente minoritario, avrebbe vigore il principio della parziarieta’, ovverosia dalla ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nell’interesse del condominio in proporzione alle rispettive quote.
Per la risoluzione del contrasto la causa viene alle Sezioni Unite civili.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La societa’ ricorrente lamenta:
1.1 con il primo motivo, violazione e falsa applicazione degli articoli 1115 e 1139 cod. civ., in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3. La giurisprudenza dominante, anche successivamente all’isolata sentenza n. 8530 del 1996, che aveva affermato la parziarieta’, ha sempre sostenuto e continua a sostenere la natura solidale delle obbligazioni dei condomini;
1.2 con il secondo motivo, falsa applicazione degli articoli 1004 e 1005 cod. civ., ai senso dell’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, posto che la ripartizione delle spese fra nudo proprietario usufruttuario operano nei rapporti interni e non sono opponibili al terzo creditore;
1.3 con il terzo motivo, violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, poiche’ la sentenza di primo grado aveva posto a fondamento della decisione ragioni diverse da quelle dedotte nell’opposizione al decreto ingiuntivo;
1.4 con il quarto motivo, omessa compensazione delle spese processuali con riferimento ad R.A.;
Con il quinto motivo, violazione dell’articolo 91 cod. proc. civ., ai sensi degli articoli 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5 non sussistendo soccombenza nei confronti del Condominio, che era stato chiamato in giudizio da R.A.;
Con il sesto motivo, violazione dell’articolo 63 disp. att. in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, non aveva tenuto conto dell’orientamento della Suprema Corte, secondo cui l’acquirente di una unita’ immobiliare doveva essere tenuto alle spese solidalmente al suo dante causa.
2.1 La questione di diritto, che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controversia, riguarda la natura delle obbligazioni dei condomini.
Secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, la responsabilita’ dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal “condominio” verso i terzi ha natura solidale, avuto riguardo al principio generale stabilito dall’articolo 1294 cod. civ. per l’ipotesi in cui piu’ soggetti siano obbligati per la medesima prestazione: principio non derogato dall’articolo 1123 cod. civ., che si limita a ripartire gli oneri all’interno del condominio (Cass., Sez. 2, 5 aprile 1982, n. 2085; Cass., Sez. 2, 17 aprile 1993, n. 4558; Cass., Sez. 2, 30 luglio 2004, n. 14593; Cass., Sez. 2, 31 agosto 2005, n. 17563).
Per l’indirizzo decisamente minoritario, la responsabilita’ dei condomini e’ retta dal criterio dalla parziarieta’: in proporzione alle rispettive quote, ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nell’interesse del “condominio”, relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli articoli 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie, secondo cui al pagamento dei debiti ereditati i coeredi concorrono in proporzione alle loro quote e l’obbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi in proporzione alle quote ereditarie (Cass., Sez. 2, 27 settembre 1996, n. 8530).
2.2 Per determinare i principi di diritto, che regolano le obbligazioni (contrattuali) unitarie le quali vincolano la pluralita’ di soggetti passivi – i condomini -occorre muovere dal fondamento della solidarieta’.
L’assunto e’ che la solidarieta’ passiva scaturisca dalla contestuale presenza di diversi requisiti, in difetto dei quali – e di una precisa disposizione di legge – il criterio non si applica, non essendo sufficiente la comunanza del debito tra la pluralita’ dei debitori e l’identica causa dell’obbligazione; che nessuna specifica disposizione contempli la solidarieta’ tra i condomini, cui osta la parziarieta’ intrinseca della prestazione; che la solidarieta’ non possa ricondursi alla asserita unitarieta’ del gruppo, in quanto il condominio non raffigura un “ente di gestione”, ma una organizzazione pluralistica e l’amministratore rappresenta immediatamente i singoli partecipanti, nei limiti del mandato conferito secondo le quote di ciascuno.
La disposizione dell’articolo 1292 cod. civ. – e’ noto – si limita a descrivere il fenomeno e le sue conseguenze. Invero, sotto la rubrica “nozione della solidarieta’”, definisce l’obbligazione in solido quella in cui “piu’ debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione” e aggiunge che ciascuno puo’ essere costretto all’adempimento per la totalita’ (con liberazione degli altri). L’articolo 1294 cod. civ. stabilisce che “i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente”. Nessuna delle norme, tuttavia, precisa la ratio della solidarieta’, ovverosia ne chiarisce il fondamento (che risulta necessario, quanto meno, per risolvere i casi dubbi).
Stando all’interpretazione piu’ accreditata, le obbligazioni solidali, indivisibili e parziarie raffigurano le risposte dell’ordinamento ai problemi derivanti dalla presenza di piu’ debitori (o creditori), dalla unicita’ della causa dell’obbligazione (eadem causa obbligandi) e dalla unicita’ della prestazione (eadem res debita).
Mentre dalla pluralita’ dei debitori e dalla unicita’ della causa dell’obbliga-zione scaturiscono questioni che, nella specie, non rilevano, la categoria dell’idem debitum propone problemi tecnici considerevoli: in particolare, la unicita’ della prestazione che, per natura, e’ suscettibile di divisione, e la individuazione del vincolo della solidarieta’ rispetto alla prestazione la quale, nel suo sostrato di fatto, e’ naturalisticamente parziaria.
Semplificando categorie complesse ed assai elaborate, l’indivisibilita’ consiste nel modo di essere della prestazione: nel suo elemento oggettivo, specie laddove la insussistenza naturalistica della indivisibilita’ non e’ accompagnata dall’obbligo specifico imposto per legge a ciascun debitore di adempiere per l’intero. Quando la prestazione per natura non e’ indivisibile, la solidarieta’ dipende dalle norme e dai principi. La solidarieta’ raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni di una obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge privilegia la comunanza della prestazione. Altrimenti, la struttura parziaria dell’obbligazione ha il sopravvento e insorge una pluralita’ di obbligazioni tra loro connesse.
E’ pur vero che la solidarieta’ raffigura un principio riguardante i condebitori in genere. Ma il principio generale e’ valido laddove, in concreto, sussistono tutti i presupposti previsti dalla legge per la attuazione congiunta del condebito. Sicuramente, quando la prestazione comune a ciascuno dei debitori e’, allo stesso tempo, indivisibile. Se invece l’obbligazione e’ divisibile, salvo che dalla legge (espressamente) sia considerata solidale, il principio della solidarieta’ (passiva) va contemperato con quello della divisibilita’ stabilito dall’articolo 1314 cod. civ., secondo cui se piu’ sono i debitori ed e’ la stessa la causa dell’obbligazione, ciascuno dei debitori non e’ tenuto a pagare il debito che per la sua parte.
Poiche’ la solidarieta’, spesso, viene ad essere la configurazione ex lege, nei rapporti esterni, di una obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa dell’obbligazione come solidale e, contemporaneamente, in presenza di una obbligazione comune, ma naturalisticamente, divisibile viene me-no uno dei requisiti della solidarieta’ e la struttura parziaria dell’obbligazione private.
Del resto, la solidarieta’ viene meno ogni qual volta la fonte dell’obbligazione comune e’ intimamente collegata con la titolarita’ delle res.
Le disposizioni di cui agli articoli 752, 754 e 1295 cod. civ. – che prevedono la parziarieta’ delle obbligazioni dei coeredi e la sostituzione, per effetto dell’apertura della successione, di una obbligazione nata unitaria con una pluralita’ di obbligazioni parziarie – esprimono il criterio di ordine generale del collegamento tra le obbligazioni e le res.
Per la verita’, si tratta di obbligazioni immediatamente connesse con l’attribuzione ereditaria dei beni: di obbligazioni ricondotte alla titolarita’ dei beni ereditali in ragione dell’appartenenza della quota. Ciascun erede risponde soltanto della sua quota, in quanto e’ titolare di una quota di beni ereditari. Piu’ in generale, laddove si riscontra lo stesso vincolo tra l’obbligazione e la quota e nella struttura dell’obbligazione, originata dalla medesima causa per una pluralita’ di obbligati, non sussiste il carattere della indivisibilita’ della prestazione, e’ ragionevole inferire che rispetto alla solidarieta’ non contemplata (espressamente) prevalga la struttura parziaria del vincolo.
2.3 Le direttive ermeneutiche esposte valgono per le obbligazioni facenti capo ai gruppi organizzati, ma non personificati.
Per cio’ che concerne la struttura delle obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del “condominio” – in realta’, ascritte ai singoli condomini – si riscontrano certamente la pluralita’ dei debitori (i condomini) e la eadem causa obbligandi la unicita’ della causa: il contratto da cui l’obbligazione ha origine. E’ discutibile, invece, la unicita’ della prestazione (idem debitum), che certamente e’ unica ed indivisibile per il creditore, il quale effettua una prestazione nell’interesse e in favore di tutti condomini (il rifacimento della facciata, l’impermeabilizzazione del tetto, la fornitura del carburante per il riscaldamento etc). L’obbligazione dei condomini (condebitori), invece, consistendo in una somma di danaro, raffigura una prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile.
Orbene, nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarieta’ si applichi alle obbligazioni dei condomini.
Non certo l’articolo 1115 cod. civ., comma 1. Sotto la rubrica “obbligazioni solidali dei partecipanti”, la norma stabilisce che ciascun partecipante puo’ esigere che siano estinte le obbligazioni contratte in solido per la cosa comune e che la somma per estinguerle sia ricavata dal prezzo di vendita della stessa cosa. La disposizione, in quanto si riferisce alle obbligazioni contratte in solido dai comunisti per la cosa comune, ha valore meramente descrittivo, non prescrittivo: non stabilisce che le obbligazioni debbano essere contratte in solido, ma regola le obbligazioni che, concretamente, sono contratte in solido. A parte cio’, la disposizione non riguarda il condominio negli edifici e non si applica al condominio, in quanto regola l’ipotesi di vendita della cosa comune. La disposizione, infatti, contempla la cosa comune soggetta a divisione e non le cose, gli impianti ed i servizi comuni del fabbricato, i quali sono contrassegnati dalla normale indivisibilita’ ai sensi dell’articolo 1119 cod. civ. e, comunque, dalla assoluta inespropriabilita’.
D’altra parte, nelle obbligazioni dei condomini la parziarieta’ si riconduce all’articolo 1123 cod. civ., interpretato valorizzando la relazione tra la titolarita’ della obbligazione e la quella della cosa. Si tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell’appartenenza in comune, in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e, solo in ragione della quota, a norma dell’articolo 1123 cit., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni. Per la verita’, la mera valenza interna del criterio di ripartizione raffigura un espediente elegante, ma privo di riscontro nei dati formali.
Se l’argomento che la ripartizione delle spese regolata dall’articolo 1123 cod. civ., comma 1, riguardi il mero profilo interno non persuade, non convince neppure l’asserto che lo stesso articolo 1223 c.c., comma 2 – concernente la ripartizione delle spese per l’uso delle parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, in proporzione all’uso che ciascuno puo’ farne – renda impossibile l’attuazione parziaria all’esterno: con la conseguenza che, quanto all’attuazione, tutte le spese disciplinate dall’articolo 1223 cit. devono essere regolate allo stesso modo.
Entrambe le ipotesi hanno in comune il collegamento con la res. Il primo comma riguarda le spese per la conservazione delle cose comuni, rispetto alle quali l’inerenza ai beni e’ immediata; il secondo comma concerne le spese per l’uso, in cui sussiste comunque il collegamento con le cose: l’obbligazione, ancorche’ influenzata nel quantum dalla misura dell’uso diverso, non prescinde dalla contitolarita’ delle parti comuni, che ne costituisce il fondamento. In ultima analisi, configurandosi entrambe le obbligazioni come obligationes propter rem, in quanto connesse con la titolarita’ del diritto reale sulle parti comuni, ed essendo queste obbligazioni comuni naturalisticamente divisibili ex parte debitoris, il vincolo solidale risulta inapplicabile e prevale la struttura intrinsecamente parziaria delle obbligazioni. D’altra parte, per la loro ripartizione in pratica si puo’ sempre fare riferimento alle diverse tabelle millesimali relative alla proprieta’ ed alla misura dell’uso.
2.5 Ne’ la solidarieta’ puo’ ricondursi alla asserita unitarieta’ del gruppo dei condomini.
Dalla giurisprudenza, il condominio si definisce come “ente di gestione”, per dare conto del fatto che la legittimazione dell’amministratore non priva i singoli partecipanti della loro legittimazione ad agire in giudizio in difesa dei diritti relativi alle parti comuni; di avvalersi autonomamente dei mezzi di impugnazione; di intervenire nei giudizi intrapresi dall’amministratore, etc.
Ma la figura dell’ente, ancorche’ di mera gestione, suppone che coloro i quali ne hanno la rappresentanza non vengano surrogati dai partecipanti. D’altra parte, gli enti di gestione in senso tecnico raffigurano una categoria definita ancorche’ non unitaria, ai quali dalle leggi sono assegnati compiti e responsabilita’ differenti e la disciplina eterogenea si adegua alle disparate finalita’ perseguite (Legge 22 dicembre 1956, n. 1589, articolo 3). Gli enti di gestione operano in concreto attraverso le societa’ per azioni di diritto comune, delle quali detengono le partecipazioni azionarie e che organizzano nei modi piu’ opportuni: in attuazione delle direttive governative, razionalizzano le attivita’ controllate, coordinano i programmi e assicurano l’assistenza finanziaria mediante i fondi di dotazione. Per la struttura, gli enti di gestione si contrassegnano in ragione della soggettivita’ (personalita’ giuridica pubblica) e dell’autonomia patrimoniale (la titolarita’ delle partecipazioni azionarie e del fondo di dotazione).
Orbene, nonostante l’opinabile rassomiglianza della funzione – il fatto che l’amministratore e l’assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le parti comuni appartengono – le ragguardevoli diversita’ della struttura dimostrano la inconsistenza del ripetuto e acritico riferimento dell’ente di gestione al condominio negli edifici.
Il condominio, infatti, non e’ titolare di un patrimonio autonomo, ne’ di diritti e di obbligazioni: la titolarita’ dei diritti sulle cose, gli impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini; agli stessi condomini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa responsabilita’; le obbligazioni contratte nel cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un ente, ma nell’interesse dei singoli partecipanti.
Secondo la giurisprudenza consolidata, poi, l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato.
Orbene, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell’amministratore del condominio e’ circoscritta alle attribuzioni – ai compiti ed ai poteri – stabilite dall’articolo 1130 cod. civ..
In giudizio l’amministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa nei limiti della loro quota (articolo 1118 e 1123 cod. civ.). L’amministratore agisce in giudizio per la tutela dei diritti di ciascuno dei condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei condomini rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative. Del resto, l’amministratore non ha certo il potere di impegnare i condomini al di la’ del diritto, che ciascuno di essi ha nella comunione, in virtu’ della legge, degli atti d’acquisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dell’amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui l’amministratore agisca o sia convenuto in giudizio per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini, soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto rispondono delle conseguenze della lite.
Pertanto, l’amministratore – in quanto non puo’ obbligare i singoli condomini se non nei limiti dei suoi poteri, che non contemplano la modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese stabiliti dall’articolo 1123 c.c. – non puo’ obbligare i singoli condomini se non nei limiti della rispettiva quota.
2.5 Riepilogando, ritenuto che la solidarieta’ passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralita’ dei debitori e della identica causa dell’obbligazione, ma altresi’ della indivisibilita’ della prestazione comune; che in mancanza di quest’ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarieta’ della obbligazione prevale; considerato che l’obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorche’ comune, e’ divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarieta’ nel condominio non e’ contemplata da nessuna disposizione di legge e che l’articolo 1123 cit, interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che – in conformita’ con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarita’ individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilita’ – l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto cio’ premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilita’ dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarieta’. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto “interesse del condominio”, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli articoli 752 e 1295 cod. civ., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle loro quote e l’obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie.
2.6 Il contratto, stipulato dall’amministratore rappresentante, in nome e nell’interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facolta’ conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore puo’ procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralita’ di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realta’ economica e sociale del condominio negli edifici.
Per la verita’, la solidarieta’ avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l’amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e puo’ cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarieta’, che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunita’ per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell’adempimento.
Respinto il motivo principale, non merita accoglimento nessuno degli altri motivi di ricorso.
Non il secondo ed il sesto. Stando alle disposizioni sul condominio (articolo 67 disp. att. del resto in conformita’ con quanto stabilito per le spese gravanti sull’usufrutto dagli articoli 1004 e 1005 cod. civ.), fanno carico all’usufruttuario le spese attinenti all’ordinaria amministrazione ed al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni, mentre le innovazioni, le ricostruzioni e le spese di manutenzione straordinaria competono al proprietario: ma le spese fanno capo all’usufruttuario limitatamente al tempo in cui egli e’ titolare del diritto reale su cosa altrui. Correttamente, percio’, la Corte d’Appello non ha considerato responsabile R.A., in quanto l’usufrutto da lui era stato acquistato in epoca successiva alla data, in cui l’esecuzione dei lavori era stata commissionata ed eseguita.
Non il terzo motivo, posto che il giudice del merito ha preso in esame la questione di diritto inerente alla la controversia e ritenuta indispensabile per la decisione.
Non il quarto ed il quinto motivo, in quanto la decisione sulle spese processuali e’ rimessa al giudice del merito, con il solo limite di non condannare la parte interamente vittoriosa.
Avuto riguardo alla difficolta’ della materia ed al contrasto esistente in giurisprudenza, si ravvisano i giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso e compensa le spese.