le due fasi in cui si articolava il procedimento possessorio prima della riforma della L. n. 80 del 2005, cioe’ quella sommaria diretta a comporre provvisoriamente la controversia con l’emanazione di provvedimenti immediati richiesti dall’urgenza del caso e quella di trattazione del merito, che si svolgeva nelle forme di un ordinario giudizio contenzioso per culminare nella sentenza che definiva la controversia, non essendo legate da un nesso di successione necessaria, ben potevano essere unificate con il conseguente carattere definitivo del provvedimento conclusivo, che era pertanto impugnabile con l’appello anche se emesso nella forma dell’ordinanza.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 3 settembre 2018, n. 21549

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5808/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliato ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di cassazione, p.zza Cavour e rappresentato e difeso dall’avv.to (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2014 della Corte d’appello di Salerno, depositata il 07/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che.

– il presente processo trae origine dal ricorso notificato il 5/3/2014 da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 86 depositata il 7 febbraio 2014 con cui in accoglimento dell’appello proposto da quest’ultimo accoglieva la domanda di reintegra del possesso dallo stesso formulata e ordinava all’odierna ricorrente di ripristinare il passaggio con mezzi pesanti attraverso la piccola porzione di terreno sulla p. (OMISSIS), illegittimamente occupata dallo spigolo del muro di recinzione della proprieta’ (OMISSIS) posto di fronte al cancello d’ingresso della proprieta’ (OMISSIS) mediante l’arretramento dello spigolo di circa metri 1,5 e la trasformazione dello stesso da angolo retto a semicerchio, simmetricamente a quello gia’ esistente sul lato opposto della stradina;

– per la cassazione della sentenza la ricorrente ha articolato tre motivi cui (OMISSIS) resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo deduce sostanzialmente, sebbene formulato contemporaneamente come violazione di legge (articoli 342, 112 e 289 c.p.c.) e contraddittoria motivazione, l’illegittimita’ della,’conclusione della Corte d’appello laddove ha ravvisato nell’ordinanza conclusiva della fase interdittale “una sentenza” (contenente pure la pronuncia sulle spese), espressione della volonta’ del giudice di prime cure di unificare le due fasi del procedimento possessorio secondo il modello precedente la riforma della L. n. 80 del 2005, non ponendosi le stesse in termini di relazione necessaria;

– il motivo e’ infondato poiche’, come ripetutamente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimita’, le due fasi in cui si articolava il procedimento possessorio prima della riforma della L. n. 80 del 2005, cioe’ quella sommaria diretta a comporre provvisoriamente la controversia con l’emanazione di provvedimenti immediati richiesti dall’urgenza del caso e quella di trattazione del merito, che si svolgeva nelle forme di un ordinario giudizio contenzioso per culminare nella sentenza che definiva la controversia, non essendo legate da un nesso di successione necessaria, ben potevano essere unificate con il conseguente carattere definitivo del provvedimento conclusivo, che era pertanto impugnabile con l’appello anche se emesso nella forma dell’ordinanza (cfr. Cass. 28/10/1994 n. 8896; id.2841/1999; id. 22833/2005);

– il secondo motivo contesta sostanzialmente – sebbene formalmente delineato contemporaneamente come violazione di legge (articoli 703, 669 decies e 112 c.p.c.), nullita’ della sentenza e omesso esame di un fatto decisivo – la decisione di merito della Corte distrettuale:

– si censura, in particolare, la decisione gravata perche’, rivalutando le prove raccolte dal giudice di prime cure e ritenendo attendibili i sommari informatori di parte ricorrente, sarebbe incorsa nella violazione della norma che prevede la possibilita’ di revoca o modifica dell’ordinanza da parte del giudice del merito ove si verifichino mutamenti nelle circostanze;

– il motivo e’ infondato, oltre che genericamente articolato con riguardo al profilo dell’omesso esame del fatto decisivo, perche’ non tiene conto della qualificazione di sentenza data dalla Corte al provvedimento impugnato, in conformita’ al costante orientamento giurisprudenziale richiamato in motivazione, e dalla quale deriva, necessariamente, l’applicazione delle disposizioni sull’appello e l’inammissibilita’ della richiamo alla “revoca o modifica” prevista dall’articolo 669 decies c.p.c., nel testo previgente alla L. n. 80 del 2005;

– il terzo motivo contesta sostanzialmente – sebbene formulato contemporaneamente come violazione di legge (articolo 116 c.p.c., articoli 1140 e 2697 c.c.), nullita’ del procedimento e omesso esame di un fatto decisivo – la valutazione delle dichiarazioni dei sommari informatori, senza censurare la correttezza del procedimento argomentativo svolto dal giudice di seconde cure; quest’ultimo aveva comparato – ai fini della verifica della loro attendibilita’ – il contenuto delle dichiarazioni rese dai sommari informatori con le emergenze fotografiche, ritenendo all’esito della comparazione compatibili fra loro le sole dichiarazioni dei sommari informatori di parte ricorrente;

– il motivo e’ inammissibile perche’ mira ad una diversa valutazione delle risultanze degli atti di causa, non consentita al giudice di legittimita’ (cfr. Cass. 3/7/2014 n. 15205);

– dall’esito di tutti i motivi consegue il rigetto del ricorso e, in applicazione del principio di soccombenza, la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controparte liquidate in Euro 2200,00 di cui 200,00 per spese oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

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