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Stante l’identita’ di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex articolo 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore gia’ esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l’impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualita’ di parte comune (tant’e’ che, dopo la L. n. 220 del 2012, esso e’ espressamente elencato nell’articolo 1117 c.c., n. 3) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiche’ pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell’ascensore, in rapporto ed in proporzione all’utilita’ che possono in ipotesi trarne.
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Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 12 settembre 2018, n. 22157
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15837-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1559/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1559/2017, che aveva accolto l’appello del Condominio (OMISSIS), contro la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Latina, sezione distaccata di Terracina, n. 322/2008, e cosi’ rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 345/2006 emesso nei confronti della (OMISSIS) per il pagamento delle spese dei lavori di sostituzione dell’impianto di ascensore. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS). La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
La Corte d’Appello, dopo aver premesso di non condividere il punto della sentenza di primo grado che aveva qualificato nulla (anziche’ meramente annullabile) la ripartizione delle spese operata dall’amministratore dopo l’assemblea dell’11 settembre 2005, pur non potendo riformare tale profilo in difetto di specifica censura, ha tuttavia evidenziato come il vigente regolamento contrattuale del Condominio (OMISSIS), all’articolo 2 e articolo 10, comma 3, prevedesse l’appartenenza dell’ascensore “in comproprieta’ pro indiviso ed indivisibile” a tutti i proprietari di unita’ immobiliari, ponendo a loro carico in proporzione dei rispettivi valori delle singole porzioni le spese per il rinnovamento o la manutenzione straordinaria dell’impianto di ascensore (stabilendosi, al contrario, l’esonero dall’obbligo di contribuzione per le spese ordinarie e di esercizio dell’ascensore per i condomini che non possono servirsene). Su tali argomentazioni la Corte di Roma e’ pervenuta a negare l’invalidita’ del piano di riparto per aver esso incluso anche la condomina (OMISSIS) fra gli obbligati a concorrere alle spese di sostituzione completa dell’ascensore, pur essendo la stessa proprietaria di locali posti al piano terra ed aventi unico accesso dalla pubblica via.
Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 1137 c.c. e la “contraddittorieta’ processuale della motivazione”, negandosi che l’opposizione a decreto ingiuntivo avesse dedotto una nullita’ della deliberazione assembleare, essendosi la stessa limitata ad eccepire un contrasto del piano di riparto delle spese di rifacimento dell’ascensore con il regolamento condominiale.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366, 1367, 1369 e 1370 c.c. quanto alla interpretazione delle norme del regolamento di condominio relative alla ripartizione delle spese per la sostituzione dell’ascensore. Si sostiene dalla ricorrente che le disposizioni regolamentari non contenessero alcuna espressa ed inequivoca previsione di partecipazione alle spese in questione dei proprietari dei locali aventi acceso dalla via pubblica.
Il terzo motivo del ricorso allega ancora la violazione e falsa applicazione degli articoli 1123, 1124 e 1363 c.c. e dell’articolo 8 del regolamento di condominio.
Il quarto motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c. e dell’articolo 2 del regolamento di condominio.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
I quattro motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione. Essi presentano profili di inammissibilita’ e sono comunque privi di fondamento.
Innanzitutto, nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non e’ piu’ configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullita’ della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo articolo 360 c.p.c., per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ravvisabile, piuttosto, in ipotesi di motivazione mancante o apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorieta’ e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass. Sez. 6 – 3, 06/07/2015, n. 13928).
Si aggiunga che le disposizioni contenute in un regolamento di condominio hanno natura regolamentare, organizzativa o contrattuale, sicche’ l’interpretazione o l’applicazione di esse fatta dal giudice del merito non puo’ essere denunciata in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., come se si trattasse di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per tali intendendosi soltanto quelle risultanti dal sistema delle fonti dell’ordinamento giuridico. L’omesso o errato esame di una disposizione del regolamento di condominio da parte del giudice di merito e’, piuttosto, sindacabile in sede di legittimita’ soltanto per inosservanza dei canoni di ermeneutica oppure per vizi logici sub specie del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1406; Cass. Sez. 2, 14/07/2000, n. 9355; Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893).
E’ da ribadire in premessa che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condomino opponente non puo’ far valere questioni attinenti alla annullabilita’ della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito e’, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; da ultimo, Cass. Sez. 2, 23/02/2017, n. 4672). Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex articolo 1137 c.c., comma 2, o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorche’ non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. Sez. 2, 14/11/2012, n. 19938; Cass. Sez. 6 – 2, 24/03/2017, n. 7741).
Questa Corte ha pero’ anche chiarito, con orientamento che va ribadito, come nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilita’, anche d’ufficio, dell’invalidita’ delle sottostanti delibere non opera allorche’ si tratti di vizi implicanti la loro nullita’, trattandosi dell’applicazione di atti la cui validita’ rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305). Ora, una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, in deroga ai criteri di proporzionalita’ fissati dagli articoli 1123 c.c. e ss., va certamente ritenuta nulla, a differenza di quanto argomenta la Corte d’Appello in motivazione, occorrendo a tal fine una convenzione approvata all’unanimita’, che sia espressione dell’autonomia contrattuale (Cass. Sez. 2, 16/02/2001, n. 2301; Cass. Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233; Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651). La nullita’ di una siffatta delibera puo’, quindi, essere fatta valere anche nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei discendenti contributi condominiali, trattandosi di vizio che inficia la stessa esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa (esistenza che il giudice dell’opposizione deve comunque verificare) e che rimane sottratto al termine perentorio di impugnativa di cui all’articolo 1137 c.c..
Si ha allora riguardo, nella specie, alla ripartizione delle spese di completa sostituzione dell’impianto di ascensore condominiale.
Il costante orientamento interpretativo di questa Corte ha piu’ volte affermato (nella vigenza della disciplina, qui operante, antecedente alla riformulazione dell’articolo 1124 c.c. introdotta dalla L. n. 220 del 2012, ove espressamente si contempla l’intervento di sostituzione degli ascensori) che, a differenza dell’installazione “ex novo” di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l’articolo 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprieta’ di ciascun condomino), quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore gia’ esistente vanno ripartite ai sensi dell’articolo 1124 c.c. (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713, non massimata; Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, 17/02/2005, n. 3264).
Stante l’identita’ di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex articolo 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore gia’ esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l’impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualita’ di parte comune (tant’e’ che, dopo la L. n. 220 del 2012, esso e’ espressamente elencato nell’articolo 1117 c.c., n. 3) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiche’ pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell’ascensore, in rapporto ed in proporzione all’utilita’ che possono in ipotesi trarne (arg. da Cass. Sez. 2, 20/04/2017, n. 9986; Cass. Sez. 2, 10/07/2007, n. 15444; Cass. Sez. 2, 06/06/1977, n. 2328).
Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori puo’ essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), o in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’, ovvero col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 04/08/2016, n. 16321; Cass. Sez. 2, 17/01/2003, n. 641; Cass. Sez. 2, 19/03/2010, n. 6714; Cass. Sez. 2, 27/07/2006, n. 17101; Cass. Sez. 2, 08/01/2000, n. 126).
Deve dirsi in tal senso corretta la decisione della Corte d’Appello di Roma, la quale ha escluso che la condomina (OMISSIS) potesse dirsi esonerata dalla spesa intimatale in sede monitoria, non avendo rinvenuto nel regolamento del Condominio (OMISSIS) alcuna esplicita disciplina convenzionale che differenziasse tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di manutenzione e sostituzione degli ascensori, attribuendo gli stessi secondo criteri diversi da quelli scaturenti dall’applicazione degli articoli 1124, 1123, 1117 e 1118 c.c. E’ percio’ evidente l’errore di prospettiva della ricorrente, la quale si duole nelle sue censure dell’interpretazione delle clausole del regolamento del Condominio (OMISSIS) prescelta dalla Corte d’Appello, e contesta che non sia in esse ravvisabile il fondamento del suo obbligo di partecipazione alla spesa di sostituzione dell’ascensore, laddove il fondamento di tale obbligo discende, come visto, direttamente dalla legge, e le clausole regolamentari analizzate, secondo la plausibile interpretazione privilegiata dai giudici del merito, non contengono, al contrario, alcuna convenzione espressa che deroghi alla disciplina codicistica.
Il ricorso va percio’ rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.