la disposizione di cui all’art. 1957 c.c. – secondo cui il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché abbia proposto le sue istanze contro il debitore entro sei mesi e le abbia diligentemente coltivate -, non si applica quando sia stato espressamente convenuto che la fideiussione, anche se prestata per un’obbligazione specifica, si estingua soltanto al momento dell’estinzione dell’obbligazione principale, e cioè con l’integrale soddisfacimento del debito garantito, non essendo dunque l’azione del creditore, in tal caso, soggetta ad alcun termine di decadenza.

 

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Tribunale Roma, civile Sentenza 11 settembre 2018, n. 17136

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

DICIASETTESIMA SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 18232 del R.G.A.C.C. dell’anno 2015, e vertente

tra

(…) e (…), rappresentati e difesi dagli Avv.ti, Bo.Ma. e D’A.Lu., giusta mandato a margine dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, Via (…);

ATTORI OPPONENTI

e

(…) S.P.A., e per essa (…) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. An.Fi., giusta procura speciale rilasciata a rogito Notaio Dott. (…) di Verona del (…) – rep. (…), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Lungotevere (…);

CONVENUTA OPPOSTA

OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo; fideiussione.

FATTO E DIRITTO

All’esito di procedimento monitorio ritualmente instaurato da (…) S.p.A., questo Tribunale, in data 11 gennaio 2015, ha emesso il decreto ingiuntivo n. 78113/2014 R.G., con il quale ha intimato a (…) e (…) il pagamento, in solido tra loro, della somma di Euro 247.959,26 oltre interessi come da domanda e spese di procedura pari ad Euro 2135,00 per compensi ed Euro 286,00 per esborsi, oltre i.v.a., c.p.a. ed oltre alle successive occorrende.

A sostegno del proprio ricorso per decreto ingiuntivo, (…) S.p.A. aveva dedotto che il credito azionato traeva origine dai contratti di conto corrente n. (…) e conto anticipi fatture n. (…), stipulati da (…) S.r.l. con la Banca ricorrente, in relazione ai quali (…) e (…) avevano prestato fideiussione fino all’importo di Euro 1.800.000,00.

Con atto di citazione notificato in data 16 marzo 2015, (…) e (…) hanno proposto opposizione al predetto decreto ingiuntivo, convenendo in giudizio dinanzi all’intestato Tribunale la (…) S.p.A., per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: 1) provvedere alla sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010, in quanto materia soggetto al procedimento di mediazione obbligatorio di cui al suddetto decreto; 2) in via preliminare e nel merito, accertare e dichiarare l’intervenuta decadenza dall’azione nei confronti dei fideiussori e, per l’effetto, revocare il decreto ingiuntivo opposto; 3) in via principale, dichiarare l’infondatezza della somma portata nel decreto ingiuntivo opposto e pertanto provvedere alla revoca dello stesso; 4) in via subordinata, disporre la riduzione dell’importo dovuto secondo quanto verrà ritenuto di giustizia.

Preliminarmente, gli opponenti hanno disconosciuto le sottoscrizioni apposte in calce ai contratti di fideiussione. Hanno inoltre eccepito la decadenza dell’azione nei confronti dei fideiussori, essendo inutilmente decorso, prima del deposito del ricorso monitorio, il termine di 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita, stabilito dall’art. 5 dei contratti in espressa deroga all’art. 1957 c.c., senza che la banca creditrice avesse agito nei confronti del debitore principale o degli stessi fideiussori.

Si è costituita in giudizio (…) S.p.A., e per essa (…) S.p.A., chiedendo il rigetto dell’avversa opposizione, in quanto infondata in fatto ed in diritto. Ha inoltre chiesto di accertare la natura di contratti autonomi di garanzia delle fideiussioni prestate dagli opponenti, alla luce delle clausole di cui agli artt. 5 e 6 dei, con la conseguente impossibilità per gli stessi di sollevare eccezioni in merito al rapporto principale.

All’udienza del 23 dicembre 2015, il Giudice ha assegnato alle parti il termine di 15 giorni per il deposito dell’istanza di mediazione ex D.Lgs. n. 28 del 2010.

All’udienza dell’11 maggio 2016, le parti hanno depositato la documentazione comprovante il regolare esperimento del procedimento obbligatorio di mediazione.

Atteso il disconoscimento, da parte degli opponenti, delle sottoscrizioni apposte in calce alla fideiussione, si è proceduto alla verificazione della loro autenticità mediante espletamento di apposita consulenza tecnica grafologica da parte del nominato CTU, Dott.ssa Ma.Si.

Depositata la relazione tecnica da parte del CTU, all’udienza del 26 aprile 2017, il Giudice, ritenuta la causa sufficientemente istruita e matura per la decisione, ha rinviato per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 6 giugno 2018, sulle conclusioni rassegnate in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Nel merito, l’opposizione è fondata, e va quindi accolta, per i motivi appresso indicati.

In via preliminare va dato conto del disconoscimento delle firme a nome di (…) e (…) apposte in calce alla fideiussione del 17 giugno 2009, operato da parte opponente.

A seguito del disconoscimento, è stato dato corso al subprocedimento di verificazione della scrittura privata nell’ambito del quale è stata disposta ed espletata apposita consulenza grafologica, finalizzata ad accertare l’autenticità o meno delle firme disconosciute.

All’esito delle operazioni peritali svolte, il CTU ha concluso affermando l’autografia delle sottoscrizioni apposte a nome di (…) e (…) in calce al contratto di fideiussione de quo agitur.

Difatti, rispondendo compiutamente al quesito postogli dal Giudice, il CTU, ha dichiarato che: “le firme apposte a nome “(…)”… e a nome “(…)”… e risultanti apposte in calce alla fideiussione allegata al ricorso per decreto ingiuntivo al n. 10 e prodotto in atti in originale, sono autografe e rispettivamente della sig.ra (…) e del sig. (…)”.

L’espletata consulenza tecnica risulta correttamente svolta sotto il profilo tecnico e immune da vizi di ordine logico – giuridico, per cui le conclusioni a cui è pervenuto l’esperto possono essere fatte proprie dal Tribunale e poste a fondamento della presente decisione, al fine di attribuire agli opponenti la dichiarazione di garanzia fideiussoria per cui è causa.

Sempre in via preliminare, una volta accertata l’autenticità delle firme a nome degli opponenti apposte in calce alla fideiussione, va ritenuta infondata l’eccezione, sollevata dalla Banca convenuta, relativa alla natura di contratto autonomo di garanzia delle fideiussioni prestate dagli opponenti, con conseguente impossibilità per gli stessi di sollevare eccezioni in merito al rapporto principale.

A tale riguardo, si rileva come il contratto di garanzia autonoma presenti quale connotato fondamentale, che lo distingue dalla fideiussione, quello dell’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella del debitore principale, essendo la prima del tutto autonoma rispetto al rapporto principale garantito e talvolta qualitativamente diversa dalla seconda, dal momento che non è rivolta al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

Il contratto autonomo di garanzia, difatti, non ha la funzione di garantire l’adempimento altrui, bensì quella di far conseguire senza indugio al creditore l’oggetto della prestazione garantita.

In ragione di ciò, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha stabilito che, salvo che vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione, un negozio è qualificabile come contratto autonomo di garanzia qualora le parti pattuiscano la duplice condizione che il pagamento avvenga “a prima richiesta” e senza la possibilità di porre alcuna eccezione, in quanto tale previsione risulta incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, (Cass. SS.UU. n. 3947/2010).

Nel caso di specie, dall’analisi del contratto di fideiussione sottoscritto il 17 giugno 2009 (doc. 10 fasc. monitorio), risulta che le parti, all’art. 6, hanno convenuto che il pagamento dovesse avvenire immediatamente e a semplice richiesta scritta, ovvero “a prima richiesta”. Non risulta, invece, che i garanti abbiano espressamente rinunciato alla facoltà, di cui all’art. 1945 c.c., di opporre al beneficiario tutte le eccezioni relative al rapporto principale.

Nella specie, quindi, non sussistono entrambe le condizioni necessarie per qualificare come “autonoma” la garanzia concessa dagli opponenti.

Pertanto, la garanzia prestata dagli opponenti deve essere qualificata come fideiussione, con la conseguenza che i fideiussori ai sensi dell’art. 1945 c.c., sono legittimati a sollevare nei confronti del creditore tutte le eccezioni spettanti al debitore principale.

Passando ai motivi di opposizione, va esaminata l’eccezione, sollevata dai fideiussori, di decadenza del creditore dall’azione nei confronti dei fideiussori ai sensi dell’art. 1957 c.c.

Al riguardo, gli opponenti hanno dedotto che la creditrice opposta sarebbe decaduta dall’azione nei confronti dei fideiussori, avendola esperita oltre il termine di 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, pattuito dalle parti ai sensi dell’art. 5 del contratto di fideiussione ed in deroga espressa all’art. 1957 c.c.

L’eccezione è fondata.

Occorre innanzitutto premettere che la norma di cui all’art. 1957 c.c. può essere validamente derogata dalle parti, non avendo la disposizione carattere imperativo (v., per tutte, Sez. 3, Sentenza n. 84 del 08/01/2010 e Sez. 1, Sentenza n. 10574 del 04/07/2003), né richiedendo la doppia sottoscrizione in conformità all’art. 1341, comma 2, c.c. (per tutte Sez. 3, Sentenza n. 9695 del 03/05/2011 e Sez. 3, Sentenza n. 9245 del 18/04/2007).

In tal senso, le parti possono concordare che i diritti derivanti dalla fideiussione rimangano integri fino alla totale estinzione del debito garantito, cosicché l’estinzione della fideiussione viene ad essere ricollegata non alla scadenza del debito principale, bensì all’estinzione dell’obbligazione principale, escludendo così implicitamente l’operatività del termine decadenziale a favore del fideiussore.

Difatti, secondo il costante orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, la disposizione di cui all’art. 1957 c.c. – secondo cui il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché abbia proposto le sue istanze contro il debitore entro sei mesi e le abbia diligentemente coltivate -, non si applica quando sia stato espressamente convenuto che la fideiussione, anche se prestata per un’obbligazione specifica, si estingua soltanto al momento dell’estinzione dell’obbligazione principale, e cioè con l’integrale soddisfacimento del debito garantito, non essendo dunque l’azione del creditore, in tal caso, soggetta ad alcun termine di decadenza (Cass. n. 16836/2015; Cass. n. 2827/1994; Cass. n. 5373/1987; Cass. n. 5525/1983; Cass. n. 2901/1980; Cass. n. 2899/1980; Cass. n. 794/1976).

Nella fattispecie concreta, la banca opposta ha dedotto che nel contratto di fideiussione, sottoscritto dagli opponenti, era stata pattuita la suddetta deroga, nel senso che la garanzia sarebbe rimasta valida fino alla totale estinzione di ogni credito vantato con (…) S.r.l., senza la previsione di alcun termine decadenziale in favore del fideiussore.

Tuttavia, dall’esame dell’art. 5 del contratto di fideiussione, risulta che le parti non hanno concordato solamente che la fideiussione sarebbe rimasta valida fino all’estinzione dell’obbligazione principale, ma hanno in ogni caso stabilito – in deroga ai sei mesi previsti dal citato art. 1957 c.c. – il termine entro il quale il la banca creditrice avrebbe dovuto agire per l’adempimento, pari a “36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale”.

Na consegue allora che pur essendo ancora valida la garanzia della Banca nei confronti dei fideiussori (dal momento che le parti hanno pattuito che questa sarebbe rimasta valida fino alla totale estinzione del debito garantito), tuttavia, il diritto di agire nei confronti dei fideiussori è altresì assoggettato al termine di decadenza di 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, entro il quale l’odierna convenuta si è impegnata ad agire per l’adempimento.

Nella specie, tuttavia alla luce degli elementi acquisiti attraverso la documentazione prodotta, il termine pattiziamente pattuito risulta inutilmente decorso prima dell’esperimento dell’azione monitoria.

Si osserva, innanzitutto, come l’obbligazione principale consistente nel saldo debitore del conto corrente intestato alla (…) S.r.l. sia scaduta il 1 febbraio 2011, data in cui la Banca convenuta ha notificato le lettere di revoca degli affidamenti e ha intimato ai fideiussori (…) e (…) il pagamento di quanto da loro dovuto in forza della fideiussione rilasciata in data 17 giugno 2009 (all. n. 11 fasc. mon.).

Difatti, nell’ambito dei contratti di conto corrente, per il decorso del termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c. deve farsi riferimento alla data di chiusura del conto, analogamente a quanto accade per il termine di prescrizione, per il quale è esclusa la decorrenza prima della chiusura attesa l’inesigibilità del credito.

In ogni caso, il 19 maggio 2011 il Tribunale di Roma, con sentenza n. 297/2011, ha dichiarato il fallimento di (…) S.r.l. (all. n. 12 fasc. mon., pg. 4), per cui, come affermato anche dalla S.C., in caso di fallimento del debitore principale, il debito garantito da fideiussione che non sia ancora scaduto deve intendersi tale, ai sensi dell’art. 55 co. 2 L. Fall., alla data di dichiarazione del fallimento.

Di conseguenza, da tale data inizia a decorrere il termine entro cui il creditore deve proporre le sue istanze contro il debitore, ai sensi dell’art. 1957, comma 1, c.c., per fare salvi i suoi diritti nei confronti del fideiussore (Cass. Ord. 24296/2017).

Al riguardo, la pronuncia appena indicata, mutuando la precedente giurisprudenza di legittimità, ha altresì stabilito che “in caso di fallimento del debitore principale, per evitare la decadenza dalla garanzia prevista dall’art. 1957, comma 1, c.c., il creditore, se è stato pattuito il beneficio di escussione ex art. 1944, comma 2, c.c., deve necessariamente proporre domanda di insinuazione al passivo fallimentare nel termine semestrale, mentre, in mancanza di tale pattuizione (c.d. fideiussione solidale), ha facoltà di agire, a sua scelta, indifferentemente nei confronti del debitore principale fallito, insinuandosi al passivo del fallimento, ovvero nei confronti del garante nelle forme ordinarie”.

Nel caso in esame, pur non essendo stato pattuito il beneficio di escussione di cui all’art. 1944 c.c., non risulta comunque dimostrato che la banca creditrice abbia agito nei confronti degli odierni fideiussori prima della scadenza del termine decadenziale di 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, pattiziamente pattuito.

Difatti, dal momento che l’obbligazione principale è scaduta il 1 febbraio 2011 (data di revoca degli affidamenti e chiusura del conto corrente) – o, al limite, il 19 maggio 2011 (data in cui è stato dichiarato il fallimento della (…) S.r.l.) – mentre la banca creditrice ha depositato il ricorso per decreto ingiuntivo il 27 ottobre 2014, non risulta rispettato il termine di decadenza di 36 mesi, previsto dall’art. 5 del contratto di fideiussione, con la conseguenza che la creditrice opposta, pur essendo ancora titolare del diritto sostanziale, al momento dell’instaurazione del procedimento monitorio, era decaduta dall’azione nei confronti dei fideiussori.

In conclusione, per le ragioni fin qui esposte, l’opposizione proposta da (…) e (…) deve essere accolta, con la conseguenza che il decreto ingiuntivo n. 78113/2014 R.G. dell’11 gennaio 2015 disposto in favore di (…) S.p.A. deve essere revocato.

Restano assorbite le ulteriori domande ed eccezioni formulate dalle parti.

Le spese seguono il criterio della soccombenza, liquidate nella misura indicata in dispositivo, secondo i parametri stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) accoglie l’opposizione proposta da (…) e (…) e revoca il decreto ingiuntivo n. 78113/2014 R.G. dell’11 gennaio 2015;

2) condanna la convenuta opposta alla refusione delle spese processuali in favore di parte opponente, che liquida in Euro 2.738,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfetario delle spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Roma il 10 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria l’11 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.