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Il conduttore risponde ex articolo 1588 c.c., della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, e la presunzione di colpa a carico del conduttore e’ superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui addebitabile onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. Conseguentemente, la responsabilita’ del conduttore per la perdita o deterioramento della cosa locata per fatto del terzo, ai sensi dell’articolo 1588 c.c., comma 2, permane ove il danno si sia verificato nel tempo in cui egli ha consentito al terzo il godimento o l’uso della cosa, purche’ si tratti di fatti ricollegabili a scelte del conduttore nelle modalita’ d’uso e nella vigilanza della cosa locata, e non quando l’uso della cosa locata da parte del terzo non sia stato consentito o addirittura vietato.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5507/2017 proposto da:
(OMISSIS), con Rappresentanza Generale per l’Italia, in persona del procuratore speciale, Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, IN LIQUIDAZIONE in persona dell’Amministratore Unico e Legale Rappresentante (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1652/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 12/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 9 aprile 2015 nei giudizi riuniti avviati separatamente da (OMISSIS) (locatore) e da (OMISSIS) srl (conduttore), il Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, condannava la (OMISSIS) srl e il sig. (OMISSIS) (contumace), suo dipendente, in via tra loro solidale, al risarcimento dei danni subiti dal proprietario dell’immobile locato, in quanto solidalmente responsabili per l’incendio, di origine dolosa, che aveva provocato il danneggiamento del locale in cui la societa’ svolgeva un’attivita’ di ristorazione, condannando altresi’ la compagnia assicuratrice a versare l’indennizzo dovuto dal conduttore, suo assicurato, in via di manleva.
2. Per quanto qui di interesse, la sentenza veniva impugnata dalla compagnia assicuratrice innanzi alla Corte d’appello di Firenze la quale, con sentenza n. 1652/2016 notificata alle parti il 4.01.2017, accoglieva in parte l’appello relativamente alla sola quantificazione dei danni che la societa’ assicuratrice doveva rifondere in via di manleva e, per il resto, confermava la sentenza di condanna del conduttore a risarcire il danno, in solido con il dipendente, e di accertamento dell’obbligo di manleva, condannando l’appellante compagnia assicuratrice, il conduttore e il dipendente, in via tra loro solidale, alle spese di lite in favore della locatrice.
3. La compagnia assicuratrice notificava ricorso per cassazione in data 3/03/2017 affidato a tre motivi di ricorso. Nel giudizio resistevano con controricorso notificato la societa’ conduttrice e il proprietario locatore con controricorso. La compagnia assicuratrice produceva memoria.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la compagnia assicuratrice ricorrente deduce la omessa e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, consistente nel non aver considerato il convenuto dipendente come “socio di fatto”, in violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, fatto che avrebbe consentito alla compagnia assicuratrice di eccepire l’inoperativita’ della polizza assicurativa per effetto di una clausola della polizza.
1.1. Il motivo e’ inammissibile.
1.2. Da un lato, la censura non considera che la Corte d’appello ha valutato compiutamente tale contestazione e ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti in proposito; dall’altro, il motivo si dimostra del tutto irrilevante sia con riferimento alla pronuncia della Corte d’appello di Firenze che in sede penale ha condannato il dipendente per il reato di incendio doloso, senza svolgere alcun accertamento sulla sua qualita’ di socio di fatto, sia con riferimento alla polizza sottoscritta, che ammette questa eccezione solamente nel caso in cui il danno sia imputabile a un socio illimitatamente responsabile o a un amministratore di fatto, tra i quali non si annovera il “socio di fatto” di una societa’ a responsabilita’ limitata, normalmente destinato a godere del privilegio della responsabilita’ limitata (fatta salva l’ipotesi di cui all’articolo 2477 c.c., comma 7, tutta da dimostrare nei suoi elementi fattuali, e non dedotta dalla parte ricorrente).
2. Con il secondo motivo la compagnia assicuratrice ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1587 e 1588 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, sull’assunto che, a’ termini dell’articolo 1588 c.c., il conduttore risponde del deterioramento della cosa locata, anche causato da incendio, se non prova che il fatto si e’ verificato per fatto a lui non imputabile, essendosi nel caso di specie frapposto l’intervento doloso del terzo come circostanza non prevedibile, ne’ prevenibile. In particolare, la ricorrente deduce che nel caso concreto la presunzione di colpa del conduttore e’ stata vinta per il fatto che l’incendio e’ stato provocato da un dipendente che ha agito di notte, e quindi fuori dall’orario di lavoro, e che pertanto non puo’ ravvisarsi alcuna responsabilita’ del conduttore, datore di lavoro, per il fatto del proprio dipendente.
2.1. Il motivo e’ infondato.
2.2. La Corte d’appello, nel rigettare l’eccezione della conduttrice, ha rilevato che il terzo non era del tutto estraneo al conduttore, poiche’ gli era stato consentito libero accesso al ristorante da lui diretto, e la mancanza di segni di effrazione ha dimostrato che il dipendente era sicuramente in possesso delle chiavi.
2.3. In merito si richiama il pronunciamento della Corte di cassazione n. 3999-1995, con il quale e’ stato sancito che “in tema di responsabilita’ del conduttore per perdita e deterioramento della cosa locata verificatisi nel tempo in cui ha ammesso il terzo al godimento della cosa, l’articolo 1588 c.c., va interpretato nel senso che il conduttore non e’ piu’ responsabile quando detti eventi si configurano, rispetto al terzo – tenuto ad osservare nel suo godimento lo stesso grado di diligenza del conduttore -, come non dipendenti da causa a lui imputabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che l’evento – consistente nel crollo di un fabbricato per effetto di un incendio provocato dal figlio di un dipendente del conduttore – non fosse imputabile al terzo ammesso al godimento del bene in base alla considerazione che il conduttore non avrebbe potuto prevedere, e percio’ neppure prevenire, il comportamento del terzo)”.
2.4. La posizione del terzo ammesso, per qualsiasi titolo, al godimento della cosa e’ pertanto equiparabile a quella del conduttore e il “fatto non imputabile” deve essere pertanto considerato da questa prospettiva.
2.5. Come piu’ volte affermato dalla giurisprudenza, il conduttore risponde ex articolo 1588 c.c., della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, e la presunzione di colpa a carico del conduttore e’ superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui addebitabile onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. In questo senso si e’ pronunciata Cass., sez. 3, n.15721/2015, Cass. n. 11972 del 2010, ma gia’ Cass. n. 2250 del 2007, Cass. n. 17429 del 2006, Cass. n. 15818 e 20357 del 2005, Cass. n. 16762 del 2002, con pronunce che hanno messo in rilievo che la presunzione di colpa sancita dall’articolo 1588 c.c., puo’ essere superata dal conduttore solo mediante la prova che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non e’ a lui imputabile: in difetto di tale dimostrazione, le conseguenze negative riconducibili alla causa sconosciuta rimangono a carico del conduttore.
2.6. Conseguentemente, la responsabilita’ del conduttore per la perdita o deterioramento della cosa locata per fatto del terzo, ai sensi dell’articolo 1588 c.c., comma 2, permane ove il danno si sia verificato nel tempo in cui egli ha consentito al terzo il godimento o l’uso della cosa, purche’ si tratti di fatti ricollegabili a scelte del conduttore nelle modalita’ d’uso e nella vigilanza della cosa locata, e non quando l’uso della cosa locata da parte del terzo non sia stato consentito o addirittura vietato (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12706 del 19/06/2015, ove, nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilita’ di un Comune, a cui era stato concesso in uso un ponte “Bailey” dal Ministero della difesa, crollato in seguito dell’attraversamento di un autotreno, appartenente a terzi, di peso superiore alla sua portata massima, poiche’ il transito era avvenuto nonostante il divieto apposto dall’amministrazione comunale mediante apposita segnaletica).
2.7. Nel caso in esame, non si sono verificate le due possibili situazioni alternative in grado di scagionare il conduttore, normalmente chiamato a rispondere del fatto del terzo, suo dipendente, in qualita’ di preposto, ex articolo 2049 c.c.. Ed invero, nel caso in cui il terzo, dipendente del conduttore, sia stato messo nella disponibilita’ materiale del bene locato per assenso del conduttore, il conduttore avrebbe dovuto provare in concreto che la causa dell’incendio era al di fuori della sfera di controllo e di prevedibilita’ del terzo, essendo il terzo tenuto agli stessi obblighi di diligenza e di custodia del conduttore; nel caso in cui il terzo dipendente, soggetto al controllo e alla vigilanza del datore di lavoro ex articolo 2049 c.c., sia penetrato nel bene locato senza che gli fosse stata concessa la disponibilita’ del bene, il conduttore avrebbe dovuto provare che l’evento era conseguente a un accesso del dipendente effettuato contro la sua volonta’. La Corte di merito, invero, ha ritenuto che nessuna delle due ipotesi esimenti sia stata provata in concreto, posto che l’incendio era stato appiccato dolosamente dal dipendente che si era dimostrato avere ampia facolta’ di accesso all’interno del bene locato e al quale non era stato vietato l’ingresso fuori dagli orari di lavoro. Il che risulta in conformita’ con i principi di cui sopra per potere affermare la responsabilita’ del conduttore per il fatto del terzo, rientrante pertanto nella copertura assicurativa.
3. Con il terzo motivo la societa’ ricorrente denuncia la falsa applicazione o la violazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, e precisamente degli articoli 91, 112 e 92 c.p.c., sull’assunto che la compagnia assicuratrice, parzialmente vittoriosa nei confronti del proprietario locatore, sia stata erroneamente condannata a pagare la quota integrale di spese di lite in suo favore. Difatti la compagnia assicuratrice, in sede di gravame, aveva richiesto la riforma della sentenza di primo grado anche nella parte in cui il Tribunale di Firenze aveva liquidato l’importo di Euro 174.089,67, non tenendo conto del decremento del valore di fabbricato per l’usura dei locali pari a 15-20% del valore, come concordato tra le parti. Ritiene pertanto la ricorrente che la sentenza sia errata laddove e’ stata condannata alle spese del gravame, essendo risultata in parte vittoriosa.
3.1. Il motivo e’ fondato per quanto di ragione.
3.2. Il principio della soccombenza sancito nell’articolo 91 c.p.c., costituisce un principio generale che puo’ essere derogato, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., con disposizione della compensazione totale o parziale delle spese in caso di reciproca soccombenza o per particolari e motivate ragioni, a seconda del tenore della norma ratione temporis applicabile. Sull’argomento questa Corte ha da tempo chiarito che il principio della soccombenza non puo’ essere derogato nel caso in cui la parte risulti parzialmente vittoriosa e il giudice, non avvalendosi del potere discrezionale di compensazione delle spese, cio’ nonostante condanni la parte anche solo in parte vittoriosa alle spese di lite sopportate dall’altra parte che, invece, e’ risultata parzialmente soccombente. E’ ricorrente, in giurisprudenza, l’affermazione secondo cui il principio della soccombenza e’ violato solo se il giudice pone le spese a carico della parte interamente vittoriosa, potendo ogni altra statuizione trovare sostegno a seconda dei casi, nel combinato disposto degli articoli 91 e 92 c.p.c. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017; Sez. 1, Sentenza n. 13229 del 16/06/2011; Sez. 3, Sentenza n. 12963 del 04/06/2007).
3.3. Se e’ vero che l’accoglimento parziale della domanda puo’ giustificare la condanna della controparte all’integrale rimborso delle spese di lite, e’ a maggior ragione da ritenere che l’accoglimento della domanda, anche in misura minima, esclude la condanna del vincitore alle spese. Un’applicazione delle norme in siffatti termini, come effettuata dalla Corte d’appello nel caso concreto, contrasta con i poteri del giudice indicati dalle norme processuali sul tema del principio della soccombenza. Tale principio ha ricevuto un’apparente diversa applicazione, solo con riguardo al giudizio di impugnazione, da intendersi come una fase di un giudizio il cui esito e’ da valutare in sede finale e globale. In quest’ultimo caso, il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, infatti, non si fraziona secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a se’ favorevole (Cass. 14 dicembre 2000, n. 15787; Cass. 10 settembre 2001, n. 11543; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9060 del 06/06/2003; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6369 del 13/03/2013).
3.4. La pronuncia impugnata, su tale punto, deve pertanto essere cassata. Tuttavia, la Corte ritiene di dover decidere nel merito senza rinvio a’sensi dell’articolo 384 c.p.c., e, all’uopo, in considerazione della vittoria dell’assicurazione solo su un piano marginale, rispetto a quelli sopra trattati, comporta la opportunita’ di compensare le spese legali del procedimento di appello – per soccombenza reciproca – tra la parte locatrice, che aveva agito nei confronti della assicuratrice quale terzo pignorato in esecuzione della sentenza di primo grado, nonostante l’appello sul punto, e la compagnia assicuratrice, soccombente a sua volta sui motivi principali posti a fondamento delle sue difese, rivelatesi infondate.
4. Conclusivamente, la Corte dichiara inammissibile il primo motivo, infondato il secondo motivo e, in accoglimento del terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, compensa le spese del secondo grado di giudizio tra la compagnia assicuratrice e la locatrice, anche di questa fase. Compensa le spese legali tra la conduttrice assicurata e la compagnia assicuratrice, reciprocamente soccombenti sul primo e secondo motivo, e tra la conduttrice e la locatrice, anch’esse reciprocamente soccombenti sul primo e secondo motivo, con assorbimento di ogni ulteriore questione non fatta oggetto di specifico motivo di impugnazione in via incidentale.
P.Q.M.
1. Dichiara inammissibile il primo motivo e infondato il secondo motivo;
2. Accoglie il terzo motivo;
3. Cassa e, decidendo nel merito, compensa le spese tra le parti, anche di questo grado.