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allorche’ la domanda di concordato preventivo sia avanzata in pendenza di istanze di fallimento proposte nei confronti della medesima proponente, deve trovare applicazione la regola prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 3, che attraverso il richiamo del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 92 esclude la sospensione feriale per i procedimenti relativi alla dichiarazione e revoca dei fallimenti.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 24395/2015 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l. Unipersonale (CF (OMISSIS)), in persona del legale rapp.te p.t. rapp.to e difeso per procura a margine del ricorso dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio legale dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in persona del curatore p.t.
– intimati –
avverso la sentenza n. 972/2013 della Corte di Appello di Ancona depositata il 3 settembre 2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 24 maggio 201.8 dal relatore dr. Aldo Ceniccola;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.ssa Soldi Anna Maria che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 972 del 3.9.2015 la Corte di Appello di Ancona respingeva il reclamo proposto da (OMISSIS) s r.l. Unipersonale avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Macerata, dichiarata l’inammissibilita’ del concordato preventivo con riserva, ne aveva dichiarato il fallimento.
Osservava la Corte che, sebbene in relazione al procedimento prefallimentare pendente il Tribunale avesse fissato una successiva udienza (per il 3.3.2015), al fine di discutere dei ricorsi di fallimento presentati da alcuni creditori, ben poteva il fallimento essere dichiarato unitamente all’inammissibilita’ del concordato preventivo, pur senza comunicare al debitore l’avviso di cui all’articolo 15 L. Fall., comma 4 e senza concedere il termine per il deposito di memorie difensive, in quanto era sufficiente che al debitore fosse stato garantito il diritto di difesa in relazione all’udienza fissata ex articolo 162 L. Fall., comma 2.
Quanto poi alla dichiarazione di inammissibilita del concordato, correttamente il Tribunale era pervenuto a tale conclusione senza concedere la proroga del termine originariamente fissato in 45 giorni, in quanto innanzitutto il termine di 60 giorni, previsto dall’articolo 161 L. Fall., comma 10, costituisce un termine massimo e non un termine da concedere necessariamente ed in secondo luogo non ricorreva alcun giustificato motivo tale da indurre il Tribunale a concedere la proroga richiesta.
In relazione alla doglianza secondo cui il Tribunale aveva omesso di esaminare la proposta di concordato preventivo, comunque depositata dal ricorrente nel corso dell’udienza fissata per la declaratoria di inammissibilita’, osservava la Corte che se in linea generale il piano tardivamente presentato andava comunque preso in considerazione dal Tribunale, in concreto pero’ quello depositato dal debitore era mancante dei requisiti e degli allegati prescritti dall’articolo 161 L. Fall., commi 2 e 3. Correttamente dunque il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la domanda, attesa la riscontrata carenza documentale.
Avverso tale sentenza (OMISSIS) Unipersonale, in persona del legale rapp.te p.t., propone ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. Sono rimasti intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in persona del curatore p.t.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 15 L. Fall., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma l, n. 3, l’omessa, insufficiente illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 15 e la nullita’ della sentenza o del procedimento ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
In particolare il ricorrente si duole della circostanza secondo cui il Tribunale, attraverso un procedimento avallato dalla Corte territoriale, ha dichiarato l’inammissibilita’ del concordato con riserva e contestualmente dichiarato il fallimento nonostante per la trattazione dei ricorsi di fallimento fosse stata fissata, con un decreto mai revocato, un’apposita udienza successiva (per il 3.3.2015) e senza che il decreto di fissazione dell’udienza per la declaratoria di inammissibilita’ del concordato contenesse l’avviso che tale udienza era volta anche all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’articolo 15 L. Fall., comma 4.
Dunque, secondo il ricorrente, l’udienza del 4.11.2014 poteva essere destinata unicamente alle valutazioni concernenti il concordato preventivo e non ad una finalita’ completamente diversa (riservata espressamente ad un’udienza successiva).
Il motivo e’ infondato.
Sulla questione della pendenza contestuale del procedimento prefallimentare e del procedimento concordatario e’ opportuno preliminarmente ricordare che le Sez. U. con sentenza 15/5/2015, n. 9935 hanno affermato due importanti principi: in primo luogo la necessita’ del previo esaurimento del procedimento concordatario, per cui il fallimento puo’ essere dichiarato solo a seguito di una formale declaratoria di inammissibilita’ del concordato; in secondo luogo l’esigenza, in ogni caso, di promuovere un coordinamento tra le due procedure, riconducibile al fenomeno della continenza, sicche’ nel caso in cui i due procedimenti pendano innanzi allo stesso giudice deve procedersi alla riunione ai sensi dell’articolo 273 c.p.c..
In particolare, secondo le Sez. U. “la riunione delle procedure comporta non solo la fruibilita’ in ciascuna procedura dei materiale probatorio raccolto nell’altra, ma anche lo svolgimento di un pieno contraddittorio tra le parti in ordine ai presupposti oggettivi e soggettivi di entrambe le procedure concorsuali, garantendo il diritto di difesa del debitore. Ne consegue che al momento della pronunzia negativa ex articolo 162 (…) L.F. in ordine alla proposta di concordato, il tribunale puo’ decidere in via definitiva anche le istanze di fallimento riunite”.
Tali principi sono stati ribaditi, con riferimento all’ipotesi di revoca del concordato seguita da dichiarazione di fallimento, da Cass. 31/1/2014, n. 2130 secondo cui “nel caso di proposta di concordato preventivo presentata nel corso di un procedimento prefallimentare, con conseguente riunione dei due procedimenti, non e’ necessario che il decreto di convocazione delle parti, emesso dal tribunale ai fini dell’instaurazione del subprocedimento di revoca del concordato, rechi l’indicazione che il procedimento e’ volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento, ai sensi dell’articolo 15 L. Fall., comma 4, atteso che, da un lato, il rinvio contenuto nell’articolo 173 L. Fall., comma 2, alla menzionata norma deve intendersi nei limiti della compatibilita’ e, dall’altro, in siffatta ipotesi, il contraddittorio tra creditore istante e debitore si e’ gia’ instaurato ed il debitore e’ gia’ a conoscenza che, in caso di convocazione ex articolo 173 L. Fall., l’accertamento del tribunale e, correlativamente, l’ambito della sua difesa attengono ad una fattispecie piu’ complessa di quella della sola revocabilita’ dell’ammissione al concordato, rappresentando la revoca uno dei presupposti per la dichiarazione di fallimento” (nello stesso senso v. da ultimo Cass. 6/3/2018, n. 5273).
Cio’ che dunque emerge dai richiamati precedenti e che condiziona la possibilita’ per il Tribunale di procedere alla dichiarazione di fallimento contestualmente alla dichiarazione di inammissibilita’ del concordato e’ che al debitore sia stata concretamente concessa la possibilita’ di esercitare il proprio diritto di difesa in relazione a tale eventualita’, rendendolo edotto della possibilita’ che l’arresto della procedura concordataria (dovuto alla pronuncia di revoca o, come nel caso in esame, alla dichiarazione di inammissibilita’ del concordato) puo’ essere accompagnata dall’apertura del fallimento.
E che tale informazione, nella fattispecie in oggetto, sia stata fornita al debitore emerge chiaramente dall’esame del decreto con il quale il Tribunale ha provveduto a convocarlo per la declaratoria di inammissibilita’ del concordato: dopo aver rilevato, infatti, che nel termine fissato E seguito della presentazione del concordato in bianco, il debitore non aveva provveduto a depositare la proposta di concordato, il Tribunale dava atto della pendenza di istanze di fallimento nei riguardi del ricorrente, disponendo che per l’udienza fissata ai sensi dell’articolo 162 L.F. venisse convocato anche il creditore istante il relazione al fallimento.
Nessun altro significato, dunque, potrebbe essere assegnato a tali indicazioni se non quello di porre in luce l’eventualita’ che, nel corso dell’udienza fissata ex articolo 162 L. Fall., si sarebbe anche discusso delle questioni concernenti lo stato di insolvenza evidenziato dal creditore istante per la dichiarazione di fallimento: la convocazione di quest’ultimo, nell’ambito di un’udienza disposta al fine di verificare le condizioni di ammissibilita’ del concordato, costituisce un indice inequivoco della volonta’ espressa dal Tribunale di procedere alla riunione del procedimento prefallimentare con quello concordatario, aprendo il contraddittorio alla partecipazione di un soggetto che non e’ parte del procedimento concordatario ma lo e’ necessariamente nel procedimento prefallimentare.
In questa prospettiva, dunque, nessun significato decisivo puo’ assegnarsi alla mancata revoca espressa del precedente provvedimento di fissazione de l’udienza prefallimentare o al mancato avviso imposto dall’articolo 15 che il procedimento era volto alla verifica dei presupposti per la dichiarazione di fallimento: trattasi, infatti, di omissioni che, vertendo su aspetti volti a tutelare l’affidamento del debitore e diretti ad evitare decisioni a sorpresa da parte del Tribunale, non hanno inciso in alcun modo sulle predette finalita’, risultando comunque in altro modo garantito il diritto di difesa del debitore e la conoscibilita’ dei possibili sbocchi della procedura concordataria.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 161 L. Fall., commi 6 e 10, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’omessa, insufficiente illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la Corte di Appello omesso di valutare l’assenza di discrezionalita’ del Tribunale nella concessione del termine minimo, non riducibile, di giorni sessanta fissato dalla legge fallimentare.
In particolare, secondo il ricorrente, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il termine fissato dall’articolo 161 L. Fall., comma 10, costituisce il termine massimo concedibile dal Tribunale, ferma restando dunque la possibilita’ di assegnare anche un termine inferiore. Nella specie il Tribunale ha, in effetti, concesso al ricorrente, per il deposito della documentazione, della proposta e del piano, il termine di 45 giorni, come si ricava implicitamente dal fatto che il decreto del 27.8.2014 aveva fissato come scadenza la data del 13.10.2014.
Il motivo e infondato.
In proposito va osservato che, come emerge dal chiaro tenore testuale dell’articolo 161 L. Fall., comma 10, nel caso in cui pendano ricorsi di fallimento, il termine per completare il concordato con riserva e di 60 giorni e lo scopo perseguito dal legislatore e’ chiaramente di incidere sulla discrezionalita’ del Tribunale che, invece, nei casi ordinari spazia tra il minimo di 60 giorni ed il massimo di 120 giorni; e che nel caso in cui pendano ricorsi di fallimento il Tribunale non disponga di alcun margine di discrezionalita si ricava anche dalla sentenza delle Sez. U. 15/5/2015, n. 9935 ove e’ espressamente affermato, in relazione alla predetta eventualita’, che il termine e’ di 60 giorni “senza possibilita’ del Tribunale di stabilirlo”.
Va tuttavia considerato che, nonostante la concessione di un termine inferiore a quello previsto dalla legge, all’udienza del 4.11.2014 (e dunque in un momento nel quale il termine legale di 60 giorni era gia’ scaduto), il debitore provvedeva comunque a depositare la proposta di concordato, allegando la documentazione ritenuta necessaria e sufficiente, reputando con cio’ di cautelarsi per l’ipotesi in cui il Tribunale non avesse ritenuto di concedere la proroga richiesta.
A seguito di tale integrazione, il Tribunale ha comunque provveduto a prendere in esame i documenti, giudicandoli pero’ del tutto insufficienti ad integrare la domanda di concordato.
Ne consegue che la doglianza concernente la mancata concessione del termine di 60 giorni deve considerarsi del tutto superata dal fatto che il debitore ha comunque provveduto a sfruttare l’auspicato maggior termine, senza tuttavia produrre una documentazione soddisfacente secondo il Tribunale.
In ogni caso, come recentemente statuito da Cass. 13/6/2018, n. 15935 (che sul punto richiama anche Cass. 10/01/2017, n. 270) il provvedimento, con il quale la societa’ proponente ha potuto usufruire di complessivi quarantacinque giorni (cioe’ di un termine inferiore rispetto a quello legale), non risulta impugnato dalla medesima proponente con reclamo alla corte d’appello, ai sensi dell’articolo 26 L. Fall., onde non puo’ il ricorrente dolersi, per la prima volta in questa sede, della violazione del termine minimo previsto dalla legge (comunque in punto di fatto sfruttato attraverso il deposito dell’ulteriore documentazione, come piu’ sopra rilevato).
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 161 L. Fall., commi 6 e 10, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla L. n. 742 del 1969, articolo 3 e al Regio Decreto n. 12 del 1941, articolo 92, nonche’ dell’omessa, insufficiente illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
La questione, in particolare, attiene all’applicabilita’ della sospensione feriale al termine concesso dal Tribunale in ordine al concordato con riserva: seconco il ricorrente, considerando il periodo feriale, al momento della dichiarazione di fallimento il termine non era scaduto, per cui, non essendo venuti meno gli effetti protettivi del concordato, il Tribunale non poteva dichiarare il fallimento.
Il motivo e infondato.
Secondo quanto condivisibilmente statuito da Cass. 13/6/2018, n. 15435 allorche’ la domanda di concordato preventivo sia avanzata in pendenza di istanze di fallimento proposte nei confronti della medesima proponente, deve trovare applicazione la regola prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 3, che attraverso il richiamo del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 92 esclude la sospensione feriale per i procedimenti relativi alla “dichiarazione e revoca dei fallimenti”.
Secondo tale arresto, il principio secondo il quale allorche’ nel medesimo giudizio siano proposte piu’ domande, alcune soggette alla sospensione dei termini nel periodo feriale ed altre non soggette a tale termine, tutta la causa e’ soggetta al regime della sospensione (cfr. tra le altre Cass. 6/10/2006, n. 21572), non e’ invocabile nel caso di riunione dei procedimenti concernenti la dichiarazione di fallimento e la domanda di concordato, in quanto “le esigenze di celerita’ che sottendono alla scelta del legislatore di non sospenderei termini durante il periodo feriale, quando e’ in discussione una istanza di fallimento, permangono inalterate anche nell’ipotesi in cui, nell’ambito di un cd. procedimento prefallimentare, si innesti una domanda di concordato preventivo con riserva del deposito della proposta e del piano, ai sensi dell’articolo 161 L. Fall., comma 6, poiche’ l’intero procedimento (in cui restano riunite le istanze di fallimento e la domanda di concordato) puo’ definirsi ancora con una sentenza di fallimento dell’imprenditore che abbia avanzato la proposta concordataria”.
Ne consegue che nel procedimento per concordato preventivo con riserva, riunito al procedimento prefallimentare pendente nei confronti del medesimo proponente, i termini accordati per il deposito della proposta e del piano decorrono anche durante il periodo feriale.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente, illogica o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., comma 1, n. 5), nonche’ la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli articoli 161 e 162 L. Fall., dolendosi della mancala concessione della proroga per giustificati motivi e della mancata valorizzazione della proposta di concordato comunque presentata sebbene tardivamente.
Il motivo e’ inammissibile.
Vengono infatti riproposti aspetti di merito gia’ ampiamente considerati dalla Corte di Appello che, con ampia ed esaustiva motivazione, da un lato ha rimarcato come la necessita’ di reperire un finanziamento sufficiente a dare attuazione alla proposta di concordato, circostanza originariamente posta a fondamento della richiesta di proroga, non integrasse i giustificati motivi richiesti dall’articolo 161 L. Fall., comma 10, che andrebbero ricercati piuttosto in aspetti relativi alla complessita’ del piano o al sopravvenire di fattori imprevisti, e non alla manifestata impossibilita’ per l’imprenditore in crisi di trovare risorse economiche esterne; dall’altro ha evidenziato che la societa’ reclamante si era limitata a depositare copia degli ultimi bilanci, gli elenchi dei creditori e la bozza di una fideiussione, documenti ritenuti del tutto insufficienti in assenza della fondamentale relazione del professionista attestatore sulla fattibilita’ del piano concordatario.
Le considerazioni che precedono impongono, dunque, il rigetto del ricorso; nulla sulle spese, in difetto di attivita’ difensiva delle parti intimate. Sussistono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 – quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.